sentenza 19 novembre 1987; Giud. Guariniello; imp. ZaffaranoSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp.407/408-409/410Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179705 .
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PARTE SECONDA
PRETURA DI TORINO; sentenza 19 novembre 1987; Giud. Gua
riniello; imp. Zaffarano.
PRETURA DI TORINO;
Omicidio e lesioni personali colpose — Asma bronchiale in par
rucchiere addetto all'applicazione di tinture per capelli — Omesso
controllo sanitario — Mancato allontanamento dalla lavorazio
ne pericolosa — Responsabilità del datore di lavoro (Cod. civ.,
art. 2087; cod. pen., art. 590; d.p.r. 19 marzo 1956 n. 303,
norme generali per l'igiene del lavoro, art. 4, 20, 21).
In caso di asma bronchiale provocata a una lavoratrice dalla ma
nipolazione di tinture per capelli contenenti parafenilendiam
mina, il datore di lavoro (titolare di un negozio di parrucchiere
per signora) risponde del reato di lesioni personali colpose in
danno della lavoratrice colpita da asma, qualora non abbia sot
toposto la lavoratrice all'atto dell'assunzione e periodicamente a esami medici specifici, né l'abbia allontanata dalla lavorazio
ne nociva al manifestarsi dei primi segni di sensibilizzazione
allergica. (1)
«I cosmetici, le tinture e le altre materie adoperate per tingere
la pelle e la barba, se contengono sostanze velenose, come ad
esempio parafenilendiammina, devono portare sull'etichetta la esat
ta indicazione del contenuto, oltre ad una striscia gialla con le
parole 'Può essere nocivo' stampate in modo chiaro».
Non è una frase, né una raccomandazione, estratta dal più re
cente testo scientifico in materia, noto a rarissimi specialisti. È
invece una precisa norma di legge che il nostro paese ha emanato
oltre mezzo secolo fa, all'art. 7 r.d. 30 ottobre 1924 n. 1938.
Il fatto è che la tossicità della parafenilendiammina è larga mente nota da decenni e decenni. E noti sono, in particolare e
in prima linea, i rischi allergologici inerenti all'esposizione alla
parafenilendiammina. Basta leggere una qualsiasi scheda tossico
logica relativa a tale sostanza, per apprendere che si tratta di
una sostanza sensibilizzante, e che già nel 1921 Ritter ne segnalò la capacità d'indurre asma nei soggetti esposti (sulla parafenilen diammina quale sostanza atta a causare manifestazioni allergi
che, e. segnatamente, asma professionale, v. ad es., per tutti,
Documentation of the Threshol Limit Values, American Confe
(1) Insegna la Suprema corte che «la speciale disciplina normativa an
tinfortunistica non delimita in modo assoluto e tassativo gli obblighi e
le responsabilità del datore di lavoro»: «la determinazione di tali obblighi va fatta in concreto, secondo la particolare pericolosità del lavoro, i det
tami della tecnica, dell'esperienza ed anche alla stregua delle ordinarie
norme di prudenza, diligenza e perizia» (cosi, ad es., Cass. 5 novembre
1984, Passerini, Foro it., Rep. 1985, voce Citazione penale, n. 26, non
massimata sul punto, ove in particolare si rileva — nel settore della pre venzione infortuni— che «nel caso che uno o più dispositivi di sicurezza di una macchina si rivelino in concreto insufficienti, l'imprenditore è te nuto a predisporre tutti quegli altri accorgimenti di sicurezza, oltre ai
dispositivi già esistenti o indicati dalla legge antinfortunistica, che renda
no il funzionamento del macchinario assolutamente sicuro per gli operai che vi lavorano»: nello stesso senso, con riguardo alla prevenzione delle
malattie professionali, Guariniello, Malattie da lavoro e processo pena le, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1981, 584).
In questo quadro si colloca la presente decisione che per la prima volta
affronta un fenomeno largamente sottostimato quale la patologia allergi ca (asma e dermatite) tra i parrucchieri addetti all'applicazione delle tin
ture per capelli. In effetti, il Pretore di Torino delinea le misure
precauzionali prescritte in materia. E non si limita a indicare i mezzi
di protezione specificamente contemplati dal d.p.r. 19 marzo 1956 n. 303
(mezzi di protezione tecnica come la ventilazione e l'aerazione, e mezzi di protezione personale come i guanti), ma desume dall'art. 2087 c.c.
due ulteriori obblighi del datore di lavoro: l'obbligo di sottoporre i lavo
ratori esposti a rischio allergogeno ad accertamenti sanitari preventivi e
periodici mirati, e l'obbligo di spostare dal posto di lavoro nocivo i lavo ratori che appaiono inidonei per motivi di salute. Misure, queste, la cui irrinunciabilità è sottolineata dalla letteratura scientifica in vista di una efficace prevenzione contro le sostanze chimiche atte a indurre reazioni
allergiche in lavoratori esposti anche a basse dosi.
Da ultimo, in tema di importazione di tinture per capelli contenenti
parafenilendiammina, cfr. Pret. Torino 5 novembre 1987, Foro it., 1988,
II, 46, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1988.
rence of Governmental Industrial Hyglenists, ed. 1986; Brooks,
Bronchial Asthma of occupational origin, in Scand. J. Work en
viron. «6 health, 1977, 63; Plunkett, Handbook of Industrial
Toxicology, 1976, 327-328; Proctorhughes, Chemical Hazards
of the Worckplace, 1978, 411; nonché, nella letteratura italiana,
per citare solo alcune voci meno recenti, Adami, Farmacologia e farmacoterapia, 1950, e Molfino, Manuale di medicina del la
voro, 1963, 481). E a scanso di equivoci purtroppo emersi nel
presente processo in alcuni elaborati tecnici di parte, conviene
soggiungere che non meno nota è l'idoneità a causare asma della
parafenilendiammina presente nelle tinture per capelli. Significa tiva in proposito è la casistica raccolta da Gelfand (Respiratory
Allergy due to chemical compounds encountered in the rubber,
lacquer, shellac, and Beauty culture industries, in /. Allergy, 1963, 374-381: proficua, in particolare, la lettura della p. 376, tavola
I). Non a caso, del resto, Rubino-Pettinati {Elementi di medici
na del lavoro, 1979, 265) osservando autorevolmente: «Le feni
lendiamine sono importanti nell'industria dei colori. La più nota
è la parafenilendiammina usata anche per la tintura dei capelli, delle pellicce, nell'industria del caucciù. Penetra nell'organismo
per via cutanea e viene eliminata attraverso la via polmonare e
la via renale sotto forma di prodotti di ossidazione. La sintoma
tologia cutanea si osserva specialmente tra barbieri, tintori, pel
licciai, ecc. Altra manifestazione frequente è l'asma bronchiale.
Le mifestazioni generali sono legate ai prodotti di ossidazione
della pam che possono determinare la formazione di metaemo
globina». Altrettanto autorevole, il Crepet, nel suo saggio sul
l'asma bronchiale (apparso in La sensibilizzazione allergica
nell'industria, 1976, 107-108), elenca tra gli agenti causali le «tin
ture: parafenilendiammina» nel settore «Cosmetica e parrucchie
ria»; cosi' come il Sartorelli (Trattato di medicina del lavoro) sottolinea che i parrucchieri possono presentare un'asma di ani
mine aromatiche, particolarmente da parafenilendiammina. (Sul
punto v. anche, ad es., Totaro e altri, Su alcuni aspetti di pato
logia professionale nei parrucchieri, 50° Congresso nazionale So
cietà italiana medicina del lavoro, 1987, 778; Blainey e altri,
Occupational asthma in a hair dressing salon, in Thorax, 1986,
42, settima riga del testo). Non stupisce, dunque, l'allarme sollevato già nel 1924 dal legi
slatore italiano con specifico riguardo alla parafenilendiammina
presente nelle tinture per capelli. E ben si comprende perché la
parafenilendiammina sia stata classificata come sostanza tossica
dalla Cee nella normativa sull'etichettatura delle sostanze perico lose (recepita in Italia con il d.m. 17 dicembre 1977 e ribadita
nel d.m. 3 dicembre 1985). Con la conseguenza che la parafeni lendiammina in quanto tale può circolare sul mercato, solo se
reca in etichetta il teschio su tibie incrociate, e la frase di rischio
«tossico per inalazione, ingestione e contatto con la pelle». Su questa stessa linea si colloca la direttiva Cee sui cosmetici
— ora recepita dal legislatore italiano — la quale autorizza espres samente l'uso dei diamminobenzeni come coloranti di ossidazio
ne per tintura dei capelli, a condizione però che l'etichetta della
tintura rechi la frase «Può dare reazione allergica. Si consiglia una prova preliminare di sensibilità. Contiene diamminobenze
ni». Ed è assolutamente pacifico che l'espressione «reazione al
lergica» ricomprende le manifestazioni asmatiche (in merito v.,
per tutti, Crepet, Medicina del lavoro, 1979, 509 s.). Si comprende, a questo punto, quanto preoccupante sia il ri
schio lavorativo a carico dei parrucchieri esposti alla parafenilen diammina presente nelle tinture per capelli; e quanto, dunque, si rendano indispensabili tutte le misure di prevenzione contro
un simile rischio. «I negozi di parrucchiere» — scrive, ad esem
pio, Ducombs e altro, Dermato-allergologia da contatto, 1981,
59-60, con specifico riguardo al rischio di parafenilendiammina — «devono essere spaziosi e bene aerati (ventilazione ed aspira
zione)»; e «fin dall'apprendistato conviene abituare all'uso dei
guanti, altrimenti il rischio di una sensibilizzazione ulteriore alle
tinture aumenta su dei tegumenti già lesi» (v. anche, tra i molti,
Hunter, The Diseases of occupations, 1976, 534; Totaro, op.
cit., 780). Ma oltre le misure di prevenzione tecnica e personale or ora indicate, un ruolo determinante assume per i parrucchieri
esposti a parafenilendiammina il controllo sanitario: un controllo
da effettuare sia all'assunzione, sia periodicamente, con partico
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GIURISPRUDENZA PENALE
lare attenzione per la cute e per l'apparato respiratorio (cosi, ad
es., Proctor-Hughes, op. cit., 411; Plunkett, op. cit., 328). È noto ormai da tempo, del resto, che, in linea generale, è indi
spensabile sottoporre gli esposti a rischio allergogeno ad accerta
menti ed esami specifici, in vista di una diagnostica precoce di
una eventuale sensibilizzazione allergica (in merito, per un'illu
strazione dettagliata degli esami e dei tests da esegurire, v. l'auto
revole puntualizzazione di Nava e altro, Criteri e metodi di
controllo periodico dei lavoratori esposti al rischio allergologico, 41° Congresso Società italiana medicina del lavoro, 1978, 159
s., ove si fa riferimento sia a esami immunologici, sia al control
lo della reattività bronchiale aspecifica: sul tema v. pure Mazzel
la di Bosco, Allergopatie professionali dell'apparato respiratorio,
42). Ed è pure pacifico che la presenza di una sensibilizzazione
controindica l'esposizione, e rende quindi necessario l'allontana
mento del soggetto dal posto di lavoro a rischio allergogeno (v., ad es., Nava e altro, op. cit., 164).
Sono — quelle appena messe in luce — misure preventive la
cui attuazione è imposta a carico del datore di lavoro dalla legi slazione italiana in tema di sicurezza e igiene nel lavoro: e, in
particolare, dall'art. 2087 c.c., nonché dagli art. 4, 20 e 21 d.p.r. 19 marzo 1956 n. 303. Con la conseguenza che risponde a titolo
di colpa specifica — oltre che per imprudenza e negligenza —
quel datore di lavoro che cagioni a un parrucchiere dipendente una lesione personale consistente in una manifestazione asmatica
(o in una dermatite), ove tale lesione dipenda dalla mancata o
insufficiente realizzazione di quelle misure cautelari indicate nel
presente paragrafo. Si aggiunga che, in forza dell'art. 4, lett. b), d.p.r. 1956 n.
303, il datore di lavoro ha l'obbligo di rendere edotti i lavoratori
circa i rischi specifici cui sono esposti e di portare a loro cono
scenza i modi di prevenire i danni derivanti da tali rischi. Né
il datore di lavoro può addurre a propria scusante la sua ignoran
za dei rischi presenti in azienda o dei modi di prevenire siffatti
rischi. Invero, a suo carico, «la legge ha posto l'obbligo strumen
tale di acquisire la necessaria competenza tecnica», «un dovere
di aggiornamento sugli sviluppi della tecnica e sulle scoperte circa
gli aspetti rischiosi del lavoro, e conseguentemente di aggiorna mento sulle misure di sicurezza da adottare» (come insegnano la Corte d'appello di Torino e la Corte di cassazione nelle rispet
tive sentenze sul caso Ipca). È un principio desunto dall'art. 2087
c.c. e destinato a fungere da criterio di colpa per gli imputati
di lesione personale o omicidio per causa di lavoro. Nel senso
che l'imprenditore disinformato sui rischi o sulle relative misure
precauzionali incorre in colpa, qualora non adotti gli accorgi
menti necessari o non fornisca ai lavoratori le cognizioni del ca
so, per inottemperanza all'obbligo di aggiornamento scientifico.
Si tratta di un principio che la Corte suprema ha ribadito in nu
merose sentenze, e, in particolare, nelle pronunce 20 ottobre 1981,
Valsecchi (Foro it., Rep. 1982, voce Errore penale, n. 3); 12 di
cembre 1983, Fabbri (id., Rep. 1985, voce Omicidio e lesioni per sonali colpose, n. 115); e 22 maggio 1987, Bisogni. Nella sentenza
Fabbri, la Suprema corte precisa che il giudizio sulle misure pre cauzionali da adottare «non può essere rimesso alle empiriche
valutazioni di chi esegue o fa eseguire il lavoro, ma richiede l'o
pera del tecnico qualificato e specializzato». Nella pronuncia Bi
sogni, poi, la Cassazione sottolinea che l'esclusione di un rischio
«deve corrispondere ad una certezza fondata su approfondite co
gnizioni tecniche, e non sulla personale convinzione dei dirigenti,
tratta dal fatto che non si sono verificati incidenti per un lungo
periodo di tempo». Ma quanto mai calzante appare soprattutto la sentenza Valsec
chi. Ove si fa il caso di due piccoli imprenditori ex-operai con
dannati per un duplice infortunio sul lavoro. E dove si insegna
che essi «versano in colpa, perché, data la loro scarsa preparazio
ne tecnico-culturale, avrebbero dovuto valersi di una persona ido
nea che organizzasse l'attività lavorativa e predisponesse le
condizioni ambientali in modo da evitare rischi per l'incolumità
dei lavoratori».
È una esigenza che a maggior ragione dovrebbe essere appaga
ta dal datore di lavoro, ove sia in giuoco il rischio da parafeni
lendiammina nelle tinture per capelli. Visto che sin dal 1924 le
Il Foro Italiano — 1988.
confezioni recanti siffatte tinture segnalano la pericolosità del pro
dotto, ove contengano la parafenilendiammina (come si è ampia mente illustrato nel primo paragrafo anche con riguardo alla
direttiva Cee sui cosmetici). (Omissis)
PRETURA DI VERONA; sentenza 22 settembre 1987; Giud. Grie
co; imp. Stevanoni.
PRETURA DI VERONA;
Animali (uccisione, danneggiamento, maltrattamenti, omessa cu
stodia e malgoverno) — Maltrattamento di animali — Reato — Fattispecie (Cod. pen., art. 727).
Il fatto di lasciare due cani sempre all'aperto, senza riparo anche
con temperature molto rigide, legati costantemente a catene mol
to corte tali da impedire loro i normali movimenti, nutrendoli
saltuariamente, e di tenere tre pecore da anni non tosate in
un recinto molto angusto, integra gli estremi della contravven
zione di maltrattamenti di ammali di cui all'art. 727 c.p. (1)
Fatto e diritto. — Con querela presentata in data 27 gennaio 1987 il presidente della sezione provinciale Enpa di Verona espo neva che Romano Stevanoni deteneva in un terreno adibito a ci
mitero di macchinari vari due cani e tre ovini. Entrambi i cani
perennemente legati ad una corta catena, nonostante le rigidissi me temperature raggiunte nella stagione invernale, erano privi di
(1) La fattispecie concreta, considerata tale da destare ripugnanza e ribrezzo alla stregua dell'evolvere della sensibilità verso gli animali, è dal
l'organo giudicante pacificamente inquadrata nella ratio dell'art. 727 c.p., costituita appunto dalla duplice esigenza di tutelare il sentimento comune di pietà verso gli animali e di promuovere l'educazione civile, evitando ciò che abitua l'uomo alla durezza e all'insensibilità per il dolore altrui: cfr. Cass. 22 aprile 1985, Guglielmina, Foro it., Rep. 1986, voce Animali
(uccisione), n. 2. La condotta tipica di incrudelimento ex art. 727, 1° comma, è stata
precedentemente individuata: nel trasportare un cane nel portabagagli di
un'autovettura, lasciando il coperchio appena socchiuso (Cass. 7 aprile 1966, Bertonieri, id., Rep. 1967, voce Animali in materia penale, n. 16); nell'allevare vitelli in celle tanto ristrette da costringerli a stare sempre in posizione eretta (Cass. 6 luglio 1966, Rossi, id., 1966, II, 522, con nota di Bollino Bossi); nell'esercitare i giuochi della «cattura delle ana
tre» e del «maiale unto» (Pret. Modena 30 aprile 1985, id., 1985, II,
403, con nota di richiami). Il reato è stato, invece, escluso: nei confronti di un imputato che aveva
lasciato morire di fame delle tartarughe, in quanto, considerata la parti colare resistenza alla fame di questi animali, sarebbe stata necessaria una
perizia tecnica per verificare la gravità delle sofferenze (Cass. 28 maggio 1975, Ziboni, Mass. pen., 1976, 697, con commento critico di Lattanzi, e Foro it., Rep. 1977, voce Animali (uccisione), n. 4); nel caso dell'orga nizzatore del campionato mondiale di tiro al piccione, il quale aveva sot
toposto gli animali al normale trattamento contemplato in queste occasioni
(Pret. Monsummano Terme 11 luglio 1984, id., Rep. 1986, voce cit., n. 3). Con riferimento all'ipotesi preveduta dall'art. 727, 2° comma, cfr. Cass.
23 maggio 1979, Carpanese, id., 1981, II, 380, con nota di Iacoboni
(fattispecie di vivisezione in reparto chirurgico universitario, ove il reato
è stato escluso in considerazione del fatto che gli esperimenti, non svol
gendosi in pubblico, non erano atti a suscitare alcun turbamento per l'o
pinione pubblica). In dottrina, cfr. Coppi, Maltrattamento o malgoverno degli animali,
voce dell' Enciclopedia del diritto, 1975, XXV, 266. Per alcuni spunti ten
denti a problematizzare la tutela penalistica dei «sentimenti» collettivi, all'interno di una prospettiva teorica che finalizzi il diritto penale all'im
pedimento dei fatti «socialmente dannosi», cfr. Fiandaca, Il «.bene giuri dico» come problema teorico e come criterio di politica criminale, in Riv.
it. dir. e proc. pen., 1982, 54 e nota 46.
Quanto alla posizione degli enti protezionistici nel processo penale, cfr.
Iacoboni, Costituzione di parte civile degli enti collettivi e postille in te
ma di lesione degli interessi superindividuali, in Foro it., 1982, II, 185.
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