Sezione I; sentenza 14 settembre 1981, n. 678; Pres. Tozzi, Est. Borea; Soc. editrice La Stampa(Avv. Pastore, Pace) c. Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato Ferri), Bosio e altri (Avv. Pini,Paoletti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1982),pp. 125/126-131/132Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174319 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
di Pisa, il prof. Renzo Rossi, incaricato (stabilizzato) nell'inse
gnamento di « chimica organica I » presso la facoltà di scienze
matematiche, fìsiche e naturali del predetto ateneo, è stato di
chiarato decaduto dall'incarico medesimo, in conseguenza della
sua nomina, a professore straordinario per l'insegnamento di « chimica organica I », presso l'università degli studi della Ca
labria, disposta con decorrenza dal 1" novembre 1980.
II - Il thema decidendum, introdotto (in via principale) per il tramite della impugnativa della rettoriale 6 aprile 1981, n.
3478 di prot. (innanzi menzionata), si risolve nel verificare la
corretta interpretazione dell'art. 113 d.p.r. 11 aprile 1980 n. 382
di cui è stata fatta applicazione nella controversa fattispecie.
L'art. 113 (conservazione degli incarichi) dispone testualmente
(al suo 1° comma) : « Al fine di garantire la conservazione degli
insegnamenti già attivati alla data di entrata in vigore del pre sente decreto (1° agosto 1980), per assicurare il connesso livello
di funzionamento delle facoltà, sono prorogati gli incarichi di
insegnamento di coloro che siano in servizio all'atto dell'en trata in vigore del presente decreto. Tale disposizione si applica anche ai professori di ruolo, anche a tempo pieno, che ricopro no incarichi di insegnamento presso università statali e non
statali ».
Alla stregua delle suesposte premesse, normative e di fatto, il ricorso si appalesa meritevole di accoglimento (in parte qua).
Viene anzitutto, in rilievo lo stesso dato letterale della ripro dotta proposizione normativa che consente di identificare il suo
ambito in termini di massima latitudine; la prima parte del
r comma dell'art. 113 chiaramente individuando in (tutti) co
loro che siano in servizio all'atto dell'entrata in vigore del d.p.r. n. 382/80 i destinatari della previsione intesa alla proroga degli incarichi di insegnamento.
Già per questo aspetto, sembra difficilmente sostenibile la
possibilità di procedere a discriminazioni nell'ambito della ca
tegoria della docenza universitaria (intesa nella composita arti
colazione delle sue componenti), onde giustificarne misure prov vedimentali del tipo in controversia.
Correlativamente (come del pari evidenziato, sia nell'atto in
troduttivo del giudizio, sia nella memoria illustrativa) la dispo sta revoca dell'incarico tace del tutto (neppure, del resto, richia
mandosi alla circ. min. 4 novembre 1980, a sua volta di con
tenuto apodittico per ciò che attiene ai fini del decidere) sulle
ragioni per cui tale revoca si giustificherebbe, alla stregua del
l'art. 113, quanto meno in relazione ai docenti che, come il prof.
Rossi, verserebbero in rapporto di incompatibilità con un inca
rico di insegnamento, in conseguenza della susseguente loro no
mina a professore straordinario.
In quest'ottica, ulteriori elementi valutativi di sostegno sono
desumibili dalla stessa ratio legis, non meno chiaramente (id est:
esplicitamente) preordinata ad assicurare (mediante lo strumento
della conservazione degli incarichi: rectius della loro proroga) l'interesse pubblico al razionale funzionamento delle strutture
universitarie nel periodo più direttamente « implicato », in que sto senso, nell'attivazione del nuovo ordinamento universitario
(significativa al riguardo, anche la disposizione contenuta nel
2° comma dell'art. 113, che circoscrive l'arco temporale della
conferma negli incarichi « comunque non oltre l'espletamento della seconda tornata concorsuale »).
Ond'è che, se devesi escludere nei docenti titolari di incarico
(come il ricorrente) una posizione giuridica qualificabile secon
do natura e grado di consistenza tipici del diritto soggettivo alla
conservazione dell'insegnamento, tale posizione risultando diret
tamente ricollegata all'esigenza di disporne la conservazione in
vista della tutela di un preminente interesse pubblico, non pare tuttavia dubbio al collegio (proprio per questo) che l'università
avrebbe dovuto esercitare il potere, che discende dall'art. 113,
motivando puntualmente sulle esigenze organizzative, in astratto
idonee a giustificare la controversa revoca, laddove (invece) il
provvedimento riduttivo non è assumibile per il solo fatto che
l'attuale ricorrente aveva conseguito la nomina presso l'univer
sità degli studi della Calabria.
Sotto questo specifico aspetto, è anche da dire che il com
portamento osservato, nella specie, dall'università di Pisa si
espone a non trascurabili profili di contraddittorietà, ove si con
sideri che (la circostanza non ha formato oggetto di contesta
zione) il prof. Rossi sebbene (e proprio in quanto) « decaduto »
dall'incarico è stato, di poi, proposto (sia pure a titolo di sup
plente) allo stesso insegnamento per l'anno accademico 1980
1981.
Il che rafforza il convincimento che, non ostandovi preclusioni correlate alla nomina presso l'università di Calabria, le stesse
esigenze organizzative emerse presso l'università di Pisa, con
vergevano (quanto meno in difetto di ulteriori elementi valu
tativi) nella direzione applicativa dell'art. 113, secondo la tesi
esposta dal ricorrente.
Né introduce argomentazioni di segno opposto il richiamo
(svolto nella memoria difensiva dell'avvocatura distrettuale) alla
seconda parte, 1° comma, del più volte menzionato art. 113, ove
si stabilisce che la proroga negli incarichi si applica anche ai
professori di ruolo, anche se a tempo pieno, che ricoprono in
carichi di insegnamento presso università statali e non statali.
Con la conseguenza che, sempre nell'assunto dell'avvocatura distrettuale dello Stato, il prof. Rossi non potrebbe avvalersi della specifica normativa in parola, difettandogli la qualità di
professore in ruolo (tale essendo lo straordinario ex art. 1 d.p.r. n. 382) alla data del 1° agosto 1980.
Da un lato invero (proprio) la circostanza che il prof. Rossi
non fosse già titolare di un posto di ruolo (conseguendo la no mina a straordinario solo dal 1° novembre 1980) alla data di
entrata in vigore del d.p.r. n. 382/80 non confligge con la in
controvertibile sua qualità (alla stessa data del 1° agosto 1980) di incaricato stabilizzato presso l'università degli studi di Pisa; ond'è che la duplice circostanza (l'una positiva, l'altra negativa) si risolve nel senso applicativo della conferma dell'incarico, alla
luce della generale previsione contenuta nella prima parte dello
stesso 1° comma.
Dall'altro, e coordinato lato, non è consentito individuare la
ragione per cui dovrebbe escludersi nei confronti dei profes sori straordinari di nuova nomina (successiva cioè all'entrata in
vigore del d.p.r. n. 382) la proroga dell'incarico, dal momento che si consente la prosecuzione del medesimo, anche allorquan do si tratti di professori di ruolo, a tempo pieno, e dunque an che in rapporto a quella categoria di docenti, la qualificazione del cui rapporto di lavoro in tale termine (id est a tempo pieno) non potrà avere attuazione se non a decorrere dall'anno acca
demico 1981-1982, in virtù dell'espressa disposizione in tal senso
contenuta nell'art. 107.
Per cui, e conclusivamente, la specifica previsione sulla esten
sibilità della proposta anche nei confronti dei professori di
ruolo, a tempo pieno, si risolve (quanto meno ai fini del deci
dere) in effetti confermativi sulla generale portata del principio enunciato in materia.
Dalle considerazioni tutte che precedono, discende l'accogli mento del ricorso, in parte qua, ed il conseguente annullamento
dell'atto impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'am
ministrazione che, a questi effetti, non potrà comunque rinno
vare la revoca dell'incarico, in relazione alla qualifica acquisita dal prof. Rossi presso l'università degli studi della Calabria.
Ili - L'esito della vicenda, in parte qua, comporta (quale ul
teriore conseguenza, diretta ed immediata) anche l'annullamen to della rettoriale 29 aprile 1981, n. 3941 (parimente impugnata) relativa al recupero della somma di lire 977.400, corrisposta per assegni « in più corrisposti sull'incarico di insegnamento ».
(Omissis)
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; Sezione I; sentenza 14 settembre 1981, n. 678; Pres.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; Sezione I; sentenza 14 settembre 1981, n. 678; Pres.
Tozzi, Est. Borea; Soc. editrice La Stampa (Aw. Pastore,
Pace) c. Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato Ferri), Bo
sio e altri (Avv. Pini, Paoletti).
Giornale e giornalista — Iscrizione nell'albo dei tele-foto-opera tori — Norma regolamentare — Impugnazione — Ammissibi
lità (L. 3 febbraio 1963 n. 69, ordinamento della professione di
giornalista, art. 29, 33; d. p. r. 19 luglio 1976 n. 649, modifica
zioni al regolamento di esecuzione della 1. 3 febbraio 1963 n.
69, approvato con d. p. r, 4 febbraio 1965 n. 115, e successive
modificazioni, art. 1). Giornale e giornalista — Iscrizione nell'albo dei tele-foto-opera
tori — Norma regolamentare — Ricorso — Giurisdizione am
ministrativa — Deliberazioni di iscrizione — Ricorso — Giu
risdizione ordinaria (L. 3 febbraio 1963 n. 69, art. 30, 44,
63, 64). Giornale e giornalista — Tele-foto-operatori — Iscrizione nel
l'albo dei giornalisti — Norma regolamentare — Illegittimità
(L. 3 febbraio 1963 n. 69, art. 2, 32, 35; d.p.r. 19 luglio 1976 n. 649, art. 1).
È ammissibile l'impugnazione della norma regolamentare che
disciplina l'iscrizione dei tele-foto-operatori nell'albo professio nale dei giornalisti, insieme con le deliberazioni con le quali i consigli degli ordini regionali e interregionali li iscrivono
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PARTE TERZA
nel registro dei praticanti giornalisti, da considerarsi appli cative della norma stessa. (1)
Il giudice amministrativo difetta di giurisdizione sul ricorso con
tro le deliberazioni con le quali i consigli degli ordini regio nali e interregionali dei giornalisti iscrivono i tele-foto-ope ratori nel registro dei praticanti giornalisti, anche se sia stato
proposto da un editore di giornali, ma ha giurisdizione sul
ricorso contro la norma regolamentare che disciplina tale iscri
zione. (2)
È illegittima la norma regolamentare che consente anche ai te
le-foto-operatori per organi di informazione l'iscrizione nel
l'albo dei giornalisti. (3)
(1) In termini non risultano precedenti, ad eccezione di T.A.R. La
zio, Sez. I, 1° giugno 1977, n. 576, Foro it., Rep. 1977, voce Giustizia
amministrativa, nn. 613, 684, che aveva, per cosi dire, pregiudicato la
questione. La deliberazione di iscrizione nel registro dei praticanti
giornalisti ha natura di provvedimento di accertamento costitutivo: Cass. 8 ottobre 1979, n. 5185, id., Rep. 1979, voce Giornale e giorna lista, n. 9 (la sentenza è riportata in Foro it., 1980, I, 1735, ma non nella parte che qui interessa); 5 aprile 1978, n. 1553, id., Rep. 1978, voce cit., n. 8; 28 settembre 1977, nn. 4116-4124, 19 ottobre
1977, id., Rep. 1977, voce cit., nn. 3-8; 13 marzo 1975, n. 941, id., 1975, I, 2757, con nota di richiami. La Corte costituzionale ha rite nuto legittima la norma che prevede i requisiti che deve possedere un giornale o un'agenzia giornalistica per poter ammettere i praticanti al tirocinio: sent. 23 aprile 1974, n. 113, id., 1974, I, 1273, con nota di richiami. In dottrina, cfr. Scoca, Problemi giuridici inerenti al pra ticantato giornalistico, in Dir. radiodiffusioni, 1978, 13; Lega, An cora sulla iscrizione nel registro dei praticanti giornalisti, in Giur. it., 1978, I, 1, 1747.
(2) L'affermazione, nei suoi aspetti di carattere generale, fa riferimen to ad una situazione di difficile riscontro, relativa ad una ipotesi di
impugnabilità di un atto regolamentare, soltanto ad avvenuta emana zione di un provvedimento applicativo, la cui cognizione non appar tiene, però, al giudice ordinario. Ipotesi analoga si è verificata in pas sato (ed è menzionata da A. Romano, Osservazioni sull'impugnativa dei regolamenti della p. a., in Riv. trim. dir. pubbl., 1955, 926): Cons. Stato, Ad. plen., 17 dicembre 1951, n. 10, Foro it., 1952, HI, 248, con nota di richiami, ha ritenuto che, in materia di tributi speciali, a se
guito della pubblicazione dell'elenco dei contribuenti, il cittadino che vi è compreso ha interesse ad impugnare avanti il giudice amministra tivo la deliberazione che istituì' il tributo; d'altro canto, Cass. 14 ago sto 1951, n. 2519, id., 1952, I, 1054, con nota di richiami, ha rite nuto che è assolutamente improponibile la domanda con la quale si
impugna la deliberazione comunale istitutiva di un tributo speciale, da
parte di chi non sia ancora assoggettato ad imposizione specifica. L'orien tamento menzionato si fonda sull'attribuzione al giudice ordinario delle controversie successive alla pubblicazione dei ruoli dei contribuenti, e sull'attribuzione al giudice amministrativo delle controversie relative ad atti precedenti: l'ipotesi potrebbe verificarsi anche in materia di tassa rifiuti, anche se la giurisprudenza ritiene che la deliberazione istitu tiva sia immediatamente lesiva, T.A.R. Liguria 16 giugno 1977, n. 235, id., 1978, III, 301, con nota di richiami (nel senso, però, che la no tificazione della cartella esattoriale fa decorrere il termine per l'impu gnazione, T.A.R. Lombardia, Sez. Milano, 17 maggio 1979, n. 255, id., Rep. 1980, voce Tributi locali, n. 95).
Al giudice ordinario, in caso di impugnazione di deliberazioni del
Consiglio nazionale dei giornalisti, è attribuito il potere di annulla
mento, revoca e modificazione: Cass. 8 ottobre 1979, n. 5185, id., Rep. 1979, voce Giornale e giornalista, n. 9 (anche in Foro it., 1980, I, 1735, ma non nella parte che qui interessa). In questo senso, Tesoriere, Sul procedimento di impugnazione delle deliberazioni del Consiglio na zionale dell'ordine dei giornalisti, ex l. n. 69 del 1963, id., 1978, I, 1539, che richiama i lavori preparatori della legge, dai quali risulta l'intenzione del legislatore di accentrare nel giudice ordinario la co
gnizione di controversie altrimenti spettanti al giudice amministrativo, con superamento però per il giudice ordinario del limite posto dal l'art. 4 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali E. In tema anche Gessa, Brevi note intorno ai mezzi di tutela esperibili nell'ambito del con tenzioso professionale dei giornalisti, in Cons. Stato, 1970, II, 705.
Per riferimenti, circa la non applicabilità, in via incidentale, da
parte del giudice ordinario dei provvedimenti degli ordini professionali
(in particolare, dell'ordine dei giornalisti) concernenti l'iscrizione negli albi professionali, in quanto questa è attributiva di uno status, Cass., Sez. un., 25 novembre 1981, n. 6252 (est. Franceschelli), che apparirà in un prossimo fascicolo.
(3) In termini non sussistono precedenti, nella giurisdizione ammini strativa. La sentenza, in motivazione, fa riferimento a controversie di carattere privatistico intercorse tra tele-foto-operatori e organi di infor
mazione; in effetti, numerose controversie sono state intraprese nei confronti della R.a.i.: nella maggior parte dei casi, la legittimità del d. p. r. 19 luglio 1976 n. 649 non è stata rilevata, e le pronunzie si sono preoccupate del problema (sul quale cfr. da ultimo Trib. Mi lano 26 gennaio 1981, in Lavoro 80, 1981, 457, con brevi note di L. Boneschi) della qualificazione in termini di creatività o meno del
l'opera dei tele-foto-operatori: Trib. Milano 7 agosto 1979, Trib. Ca
gliari 11 gennaio 1980, Pret. Milano 6 febbraio 1979, Pret. Cagliari 28
marzo 1979, Pret. Milano 19 febbraio 1980, Foro it., Rep. 1980, voce Giornale e giornalista, nn. 8-12; Pret. Roma 12 ottobre 1979, Pret. To
Diritto. — Con i due ricorsi in esame, che possono essere
riuniti per evidenti ragioni di connessione, s'impugnano tanto il
d. p. r. 19 luglio 1976 n. 649, contenente, in via di modifica al
precedente regolamento approvato con d. p. r. 4 febbraio 1965
n. 115, nuove norme d'attuazione della 1. 3 febbraio 1963 n. 69
(sull'ordinamento della professione di giornalista) con riguardo alle modalità di accesso all'albo professionale dei tele-cine-foto
operatori (parte comune ad entrambi i ricorsi), quanto due
successive distinte delibere del consiglio interregionale dell'or
dine dei giornalisti del Piemonte-Valle d'Aosta, con le quali due distinti gruppi di tele-foto-cine-operatori, dipendenti della
società ricorrente, sono stati iscritti nel registro dei praticanti
giornalisti.
Va in primo luogo ricordato che questa stessa sezione, con
decisione n. 576 del 1° giugno 1977, (Foro it., Rep. 1917, voce
Giustizia amministrativa, nn. 613, 684), pronunciando su di un
ricorso della Federazione italiana editori giornali ed altri av
verso la sola norma regolamentare di cui s'è detto (prima cioè
dell'adozione di eventuali atti applicativi), dopo aver in via ge nerale affermato che la detta federazione ed i singoli editori
(qual è l'attuale ricorrente) in essa associati sono titolari di un
interesse qualificato e differenziato in relazione alle norme che
disciplinano lo status dei giornalisti e pubblicisti, con conseguen te legittimazione ad impugnare i provvedimenti che tale status
incidono, aveva comunque nella specie dichiarato il ricorso
inammissibile per carenza di lesione attuale dell'interesse fatto
valere, la capacità lesiva della norma regolamentare in sé consi
derata — dato il suo contenuto generale ed astratto — poten dosi concretare soltanto in occasione dell'adozione di eventuali
atti puntualmente applicativi.
Ciò premesso, occorre a questo punto fissare l'attenzione su
due distinte eccezioni d'inammissibilità sollevate dal resistente
ministero di grazia e giustizia, concernenti la prima la ritenuta
persistenza dell'inattualità della lesione imputata alla norma re
golamentare introdotta dal d.p. r. n. 649/76, e l'altra l'asserito difetto di giurisdizione del giudice adito a conoscere delle de liberazioni degli ordini dei giornalisti in materia di iscrizione
degli interessati negli albi e registri professionali.
Ritiene il collegio, per ragioni di ordine logico che si ver ranno evidenziando in seguito, di dover esaminare le suaccen nate eccezioni nell'ordine stesso indicato dall'amministrazione re
sistente, pur se di norma l'esame della sussistenza della giurisdi zione del giudice adfto s'imponga come pregiudiziale ad ogni altra questione.
Si osserva dunque in primo luogo che le delibere del con
siglio dell'ordine avrebbero un oggetto diverso — e quindi non ne sarebbero applicative — da quello della norma regolamen tare, posto che, mentre le prime dispongono l'iscrizione di ta luni soggetti nel registro dei praticanti giornalisti, e cioè di co loro che intendono avviarsi alla professione giornalistica (art. 33 1. n. 69/63), la seconda concerne fattispecie diverse in quan to detta una disciplina per l'accertamento dei requisiti necessari
per ottenere l'iscrizione nell'albo professionale (composto di due elenchi: dei professionisti in senso stretto e dei pubblicisti).
Con la conseguenza, a giudizio dell'amministrazione, che la situazione quo ante in base alla quale si è con la precedente decisione affermata l'inammissibilità del gravame nei confronti della norma regolamentare sarebbe rimasta immutata, l'adozio ne e quindi la valutazione di legittimità delle delibere dell'or dine prescindendo dalla norma regolamentare stessa.
rino 10 maggio 1980, Dir. radiodiffusioni, 1980, 138 e 346. Invece, il problema è stato trattato, e la soluzione raggiunta è stata identica a quella accolta dalla sentenza che si riporta, da Pret. Torino 31 luglio 1980, ibid., 353. Per riferimenti, cfr. Pret. Roma 10 aprile 1980, ibid., 329, che ha ritenuto che per l'iscrizione nell'albo dei giornalisti dei tele-foto-operatori è necessaria l'attestazione della compiuta pratica da parte del direttore. In dottrina, Santoro, Riprese televisive di fatti di attualità, giornalismo, creatività, ibid., 136.
La sentenza si sofferma anche sulle conseguenze che l'annullamento del provvedimento impugnato può avere sugli atti conseguenziali: nel senso che l'annullamento di una variante allo strumento urbanistico travolge anche i provvedimenti di occupazione d'urgenza e di espro priazione che su di essa si fondino, Cons. Stato, Ad. plen., 21 otto bre 1980, n. 37, Foro it., 1981, IH, 144, con nota di richiami; nel senso che l'annullamento della graduatoria dei vincitori in un concorso pubblico travolge i decreti di nomina, Cons. Stato, Sez. VI, 26 set tembre 1978, n. 1016, id., 1979, III, 260.
La sentenza che si riporta è brevemente annotata da R. Della 'Lena, in Temi romana, 1981, 362.
Sulla nozione di attività giornalistica (alla cui mancanza nella 1. n. 69 del 1963 si fa cenno in motivazione) v. Cass. 12 dicembre 1981, n. 6574 (est. Fanelli), che sarà riportata in un prossimo fascicolo.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
L'eccezione non può essere condivisa. Se pur è vero in fatto
quanto si afferma, è da rilevare che in base alla disposizione contenuta nell'art. 29 1. n. 69/63 in precedenza citata, l'iscrizio
ne nel registro dei praticanti costituisce uno dei presupposti o
requisiti necessari per ottenere poi l'iscrizione nell'elenco dei
giornalisti professionisti; ne consegue logicamente che la previ sione operata dalla norma regolamentare, e cioè l'accesso dei
tele-foto-cine-operatori come tali nell'albo dei giornalisti, in tanto
può trovare concreta applicazione in quanto i soggetti interes
sati possono preventivamente conseguire i requisiti a tal fine
prescritti. E se il d. p. r. n. 649/76, pur occupandosi espressa mente dei soli professionisti e pubblicisti, va perciò inteso nel
senso che il medesimo ha implicitamente voluto consentire ai
soggetti ivi contemplati anche l'iscrizione nel registro dei prati
canti, risulta di conseguenza evidente — secondo quanto ha cor
rettamente inteso del resto il consiglio dell'ordine piemontese —
la natura tipicamente attuativa ed applicativa degli atti puntuali ora impugnati contestualmente alla sovraordinata norma regola mentare.
Accertate cosi, a coronamento ed in armonia con le conclu
sioni alle quali questa sezione era pervenuta con la precedente decisione, l'attuale, piena ammissibilità del gravame nella parte concernente l'impugnazione della più volte ricordata norma re
golamentare, per essere ormai venuti in essere gli atti della stes
sa direttamente applicativi (in cui l'attuale capacità lesiva non
può poi essere messa in discussione, contrariamente a quanto
pure ex adverso si mostra di dubitare, sol che si considerino le
differenze di trattamento normativo ed economico esistenti sul
piano contrattuale, come risulta dimostrato dalle numerose ver
tenze — documentate in atti — instaurate sul punto da vari
soggetti interessati di fronte al giudice civile), occorre passare all'esame della eccezione di difetto di giurisdizione di cui s'è
in precedenza detto.
Eccezione la quale, pur sollevata con riguardo alle sole delibe
razioni del consiglio dell'ordine, in tanto — come si dirà —
appare capace di coinvolgere anche la norma regolamentare so
vrastante (in ciò sta la ragione della precedenza data dalla que stione sopra esaminata) in quanto a quest'ultima si possano far
risalire eventuali vizi rilevabili nelle successive delibere dell'or
dine, per essere appunto, queste, atti applicativi ed attuativi di
quella, secondo un nesso di presupposizione-conseguenzialità. Ciò premesso, è certo, innanzitutto, che gli art. 63 ss. 1. n.
69/63 demandano alla competenza dei tribunali civili e delle
corti d'appello, in composizione allargata a due giornalisti no
minati dal presidente della corte d'appello (art. 102 Cost.), la
cognizione delle controversie in materia d'iscrizione e cancella
zione dagli albi e registri professionali dei soggetti interessati.
E se pur è vero che la legge stessa, là dove parla dell'obbligo di notifica (art. 30) e di comunicazione (art. 44) delle determi
nazioni adottate in proposito dai consigli dell'ordine sembra iden
tificare due sole categorie di soggetti legittimati ad agire (il cit
tadino al quale l'atto direttamente si riferisce e il p. m.) non ap
pare meno vero che, come in precedenza accennato e come più
ampiamente è stato spiegato nella precedente decisione, deve ri
conoscersi in capo agli editori dei giornali la titolarità di una
situazione legittimante ad opporsi giudizialmente (art. 24 Cost.) a determinazioni le quali, come la norma regolamentare più volte ricordata (alla quale si riferiva espressamente la preceden te decisione), e come gli atti di questa applicativi (per i quali le
argomentazioni allora addotte paiono ancor più pertinenti), in
cidono sullo status di lavoratori del settore che sono dipendenti
degli editori stessi.
Né potrebbe opporsi (come di fatto si è opposto all'udienza
di discussione) alla tesi della giurisdizione del giudice ordinario
a conoscere anche nella specie delle delibere in esame da circo
stanza che la ricorrente società, più che muoversi alla difesa di
un proprio diritto alla non iscrizione dei controinteressati, sem
bra piuttosto titolare di un interesse legittimo al corretto uso
del potere, assentito in vista della tutela dell'interesse pubblico
perseguito, da parte dell'ordine dei giornalisti: a conforto di tale
conclusione, alla quale del resto era già in sostanza pervenuta
questa sezione, si può ora richiamare il fatto che la 1. n. 69/63,
da un lato, come si è visto, non prevede espressamente una tu
tela giudiziaria se pur a favore degli editori dei giornali, dall'al
tro li chiama a partecipare, nelle persone dei direttori delle te
state, alle relative procedure, mediante rilascio di determinate
dichiarazioni agli aspiranti.
Ed invero, il fatto che nella specie il giudice ordinario sia
competente anche in materia disciplinare, ciò che coinvolge si
curamente questioni attinenti ad interessi legittimi, e, ancor più,
il fatto che lo stesso giudice, in deroga ai principi generali, sia
investito del potere di annullare e riformare le deliberazioni del
consiglio dell'ordine (art. 64 1. cit.), inducono a ritenere che la
fattispecie configuri un caso di giurisdizione del giudice ordina
rio in presenza (anche) di interessi legittimi, raro ma non raris
simo nel nostro ordinamento: cfr. art. 8 1. 11 giugno 1971 n.
426 (iscrizioni nei registri dei commercianti); art. 87 1. 7 marzo
1933 n. 141 (sanzioni pecuniarie a carico di istituti di credito); art. Ili t. u. 13 febbraio 1959 n. 449 (idea per società d'assicu
razioni); art. 17 1. 24 marzo 1958 n. 195 (sanzioni disciplinari a
carico dei magistrati ordinari).
Ma ciò potrebbe dare adito a' validi sospetti di illegittimità co
stituzionale, giacché la disposizione contenuta nell'art. 103 Cost,
(la quale, com'è ben noto, affida al Consiglio di Stato e agli altri
organi di giustizia amministrativa la giurisdizione per la tutela
nei confronti della p. a. degli interessi legittimi) non va intesa
come una riserva assoluta di competenza, bensì, avuto riguardo allo sfavore della Costituente nei confronti delle giurisdizioni spe ciali espresso nell'art. 102, come una specifica volontà di mante nere intatta, nel nuovo ordinamento, la giurisdizione del Consi
glio di Stato cosi come questa si era storicamente venuta carat
terizzando nel corso di decenni precedenti.
Senza dire che diversamente opinando si dovrebbe pervenire alla conclusione, quanto meno singolare e certamente in con
trasto con l'esigenza di certezza e unitarietà che deve presiedere alla distribuzione di competenza fra le varie giurisdizioni, che
su di una medesima fattispecie siano ugualmente competenti due giudici diversi a seconda che il soggetto agente sia l'uno
o l'altro degli interessati (con i conseguenti possibili contrasti
di giudicato che da ciò possono sorgere).
Ritenuta cosi', in via generale, la competenza (con potere di
annullamento) del giudice ordinario a conoscere della legittimità delle deliberazioni dei consigli dell'ordine dei giornalisti in ma
teria di iscrizioni e cancellazioni dagli albi e registri professio
nali, da qualunque soggetto interessato l'azione sia proposta, si
deve peraltro a questo punto ricordare che nella fattispecie in
esame oggetto di impugnazione diretta è altresì, prima ancora
delle deliberazioni del consiglio dell'ordine, la norma regola mentare a monte.
Detto questo, pare chiaro innanzitutto che la disposizione con
tenuta nell'art. 64 1. n. 69/63 con la quale è stato dato al giu dice ordinario il potere di annullare le deliberazioni del con
siglio dell'ordine, in quanto vistosamente in deroga alla regola
generale in base alla quale — salvi, appunto, i casi espressa mente previsti dalla legge: cfr. art. 113, ult. comma, Cost. —
al giudice ordinario è precluso il potere — in via generale ri
servato al giudice amministrativo — di annullare gli atti ammi
nistrativi, costituisce norma di stretta interpretazione, e come
tale non può essere certamente estesa ad atti diversi — sia pur strettamente collegati — da quelli ivi contemplati.
È bensì vero (con ciò riprendendosi e specificandosi quanto
già in precedenza accennato in ordine alla possibilità di ritenere
che anche la norma regolamentare, dato lo stretto rapporto di
presupposizione che la lega alle deliberazioni del consiglio del
l'ordine sia sottratta alla cognizione del giudice amministrativo)
che nella specie il giudice ordinario, in ipotesi recta vis inve
stito della domanda di annullamento delle deliberazioni del con
siglio dell'ordine, potrebbe da queste ultime, in quanto atti me
ramente applicativi, risalire incidenter tantum alla norma rego lamentare della quale le deliberazioni stesse ripetono i propri eventuali vizi, con ciò assicurando comunque, nella via della
disapplicazione, l'integrale accoglimento del petitum (annulla mento atti di iscrizione).
Senonché se pur tale soluzione può essere apparentemente considerata equivalente, sul piano degli effetti, a quella deri
vante da un vero e proprio annullamento diretto dell'atto pre
supposto, nella specie a ben vedere cosi non è, dato che mentre
un annullamento della norma regolamentare precluderebbe in
radice, in considerazione dell'effetto erga omnes che è proprio dell'annullamento degli atti regolamentari in quanto generali ed
astratti, ogni ulteriore possibile controversia simile a quella ora
in esame, la disapplicazione, in quanto limitata al caso deciso,
esporrebbe la società ricorrente al rischio di dover nuovamente
e defatigatoriamente imboccare la via della tutela giudiziaria.
Appare di conseguenza necessario ritenere (a pena di una
sostanziale vanificazione del precetto contenuto nell'art. 113 Cost.,
a tenore del quale la tutela giurisdizionale contro gli atti della
p. a. non può essere non solo esclusa, ma neppure limitata —
e sarebbe il caso di specie — a particolari mezzi d'impugnazio
ne) che la competenza a giudicare della legittimità della norma
regolamentare ora impugnata non sia sottratta al giudice ammi
nistrativo, al quale soltanto, salvo espressa norma contraria, spet
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PARTE TERZA
ta il potere di annullare gli atti amministrativi in connessione
alla posizione rivestita di giudice naturale degli interessi legit timi: conclusione alla quale del resto questa sezione era già per venuta con la precedente decisione più volte citata, sia pur con
argomentazioni volte non già a contestare, come ora accade, l'as
serito difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, bensì'
ad affermare — contrastandosi una diversa e in certo modo op
posta eccezione ex adverso proposta — l'esistenza in capo alle
società editrici di giornali di un interesse differenziato e quali ficato (e cioè di un interesse legittimo) come situazione legitti mante al ricorso.
Tutto ciò premesso, e chiarito dunque che avuto riguardo ai
due distinti oggetti d'impugnazione — norma regolamentare e
atti di questa applicativi — l'eccezione di difetto di giurisdizio ne ex adverso proposta deve essere sicuramente disattesa per ciò
che concerne la norma regolamentare (o quanto meno a questa non può essere estesa, posto che l'eccezione si appunta soltanto
sulle deliberazioni del consiglio dell'ordine, senza porsi il pro blema delle conseguenze a carico dell'atto presupposto, che in
altro modo, come si è visto, si è vanamente tentato di far rite
nere non suscettivo di impugnazione) un ulteriore problema si
presenta all'attenzione del collegio, la cui soluzione appare ne
cessaria prima di poter eventualmente dare ingresso all'esame
delle censure rivolte avverso la suddetta norma regolamentare. Problema che consiste nello stabilire se sussista o meno un
concreto interesse della società ricorrente ad ottenere un even
tuale annullamento della norma regolamentare senza che, per i
vizi in essa riscontrati, conseguenzialmente addivenirsi — data
la preclusione per il giudice amministrativo a pronunciare su
atti rimessi alla cognizione del giudice ordinario — all'annulla
mento in via derivata di quelle deliberazioni del consiglio del
l'ordine alle quali in definitiva si deve, come si è detto, l'attua
lità e l'effettualità della lesione operata in pregiudizio dell'inte
resse fatto valere.
A ben vedere peraltro il suddetto problema non ha ragion
d'essere.
In primo luogo pare certo che, anche a voler ammettere la
« resistenza » degli atti applicativi pur dopo l'annullamento even
tuale dell'atto presupposto, sia indubbio il vantaggio, sia pur
di natura strumentale, ottenuto dalla ricorrente, la quale, pre
sentandosi al giudice ordinario, otterrà un più agevole ricono
scimento delle proprie ragioni dimostrando la ormai avvenuta
caducazione del presupposto sul quale soltanto si fonda la de
terminazione impugnata. In secondo e principale luogo ritiene poi il collegio, ricolle
gandosi con ciò ad una consolidata giurisprudenza, che nella
specie trovi applicazione il principio in base al quale, qualora un provvedimento sia legato ad un'altra precedente determina
zione da un nesso di immediata e diretta conseguenzialità (ca so tipico la nomina dei vincitori di un concorso rispetto all'ap
provazione della relativa graduatoria), è sufficiente l'annulla
mento dell'atto presupposto ad assicurare l'integrale soddisfaci
mento dell'interesse fatto valere, dato che è da escludere che
l'atto attuativo, una volta privato del suo unico oggetto, possa
esplicare qualunque effetto, in quanto da considerare automati
camente travolto senza necessità di distinta impugnazione per vizi di illegittimità derivata.
E questa è appunto la situazione che ricorre nella fattispecie,
posto che, come pare evidente, in tanto le deliberazioni impu
gnate hanno potuto essere concepite ed adottate in quanto co
stituiscono mera e doverosa attuazione della più volte ricordata
norma regolamentare la quale prevede appunto le modalità d'iscri
zione nell'albo dei giornalisti (e nell'elenco dei praticanti) dei
foto-cine-operatori (cfr., sul punto in generale, Cons. Stato, Ad.
plen., 27 ottobre 1970, n. 4, id.. Rep. 1974, voce cit., nn. 143, 146). Può dunque a questo punto finalmente passarsi all'esame delle
censure rivolte avverso il d. p. r. n. 649/76.
Tra queste, fondata ed assorbente appare la radicale doglian za contenuta nel quinto mezzo del ricorso n. 380/80 e nel terzo
del ricorso n. 2842/79 con la quale (con differenza di argomen tazioni solo di carattere formale tra l'uno e l'altro ricorso) si de
duce il vizio di violazione della 1. n. 69/63, per essersi in de
finitiva illegittimamente voluto ricomprendere i foto-cine-opera tori nella categoria professionale dei giornalisti.
È vero, come si afferma ex adverso, che la 1. n. 69/63, cit., il
cui scopo è quello di dettare norme sull'ordinamento della pro fessione di giornalista, non fornisce una definizione specifica di
ciò che si deve intendere esattamente con termine « giornali sta », e può anche ammettersi, su di un piano puramente logico e per cosi dire pregiuridico (salvo quanto in seguito si osser
verà) che la riproduzione di immagini in quanto tale, nelle sue
varie forme (fotografia, cinema, televisione) possa essere idoneo
strumento a fornire al pubblico, non meno della parola, adegua ta conoscenza di ciò che quotidianamente accade nel mondo.
Pare peraltro evidente che queste sono considerazioni che
esorbitano dai limiti consentiti all'interprete, il quale deve na
turalmente attenersi a quanto risulta dagli atti normativi senza
possibilità di discostarsene.
E nella specie i dati normativi, pur in assenza, come si è det
to, di una precisa definizione del significato del termine « gior nalista », non consentono, a giudizio del collegio, l'interpreta zione « evolutiva » ex adverso proposta a sostegno della legitti mità della norma regolamentare impugnata.
Ed invero la 1. ti. 69/63, sia nelle disposizioni di carattere
generale e sostanziale (art. 2: diritti e doveri) che in quelle di
carattere procedurale (art. 32 e 33: modalità di accesso agli elen
chi di giornalisti e pubblicisti) mostra chiaramente, pur in as
senza, si ripete, di una formale definizione (evidentemente non
ritenuta necessaria), di aver assunto a proprio implicito ma chia
ro presupposto la concezione per cosi dire tradizionale del gior
nalista, inteso come colui che per assolvere alla sua funzione
di informatore e commentatore si avvale essenzialmente della
parola. In questa logica si muove l'art. 2, là dove si parla di libertà
d'informazione e di critica, del dovere di rettifica delle notizie che risultino non esatte; e ancor più trasparenti sono gli art. 32 e 35, con i quali, con riguardo rispettivamente ai professionisti e ai pubblicisti, si specifica che l'accertamento d'idoneità profes sionale deve avvenire a mezzo di prove scritte nel primo caso e sulla base delle pubblicazioni scritte nel secondo.
Dal che appare evidente la figura del giornalista « scrittore »
alla quale il legislatore si è ispirato. Ciò premesso, appare chiaro, contrariamente a quanto sosten
gono i controinteressati in memoria, che con il d. p. r. n. 649/76, di modifica al regolamento di attuazione approvato con d. p. r. n. 115/65, si è sostanzialmente proceduto ad una innovazione normativa rispetto alla sovraordinata 1. n. 69/63, estendendo la qualifica di giornalista ad una categoria di soggetti nella legge stessa non contemplati.
E di tale contenuto innovativo appare del resto chiaro sinto mo il tenore della relazione introduttiva allo schema di d. p. r.
poi approvato dal consiglio dei ministri (riprodotta in memoria
dagli stessi controinteressati), nella quale si afferma tra l'altro clie « il problema del riconoscimento della natura giornalistica della attività svolta nei diversi settori della cronaca dei tele-foto
cine-operatori appare ormai maturo per una soluzione in senso
positivo » : frase la quale, per il suo contenuto di carattere chia ramente politico-legislativo, più acconciamente avrebbe potuto o dovuto accompagnare uno schema di disegno o proposta di
legge.
Senza aggiungere poi che anche sull'accennato piano di po litica legislativa l'asserita equivalenza tra giornalisti « tradizio nali » e tele-foto-cine-operatori non sembra allo stato, quanto meno a livello europeo, del tutto acquisita, posto che, come ri sulta da una direttiva in materia di attività giornalistica emana ta dal Consiglio delle Comunità europee (esibita in udienza dal difensore dei controinteressati) il problema non risulta in alcun modo espressamente affrontato (pur in presumibile presenza di istanze o pressioni in tal senso), nessun particolare argomento a favore della tesi ora contrastata potendosi trarre dalla indica zione ivi contenuta dei requisiti professionali necessari per po ter far uso del titolo di giornalista (« esercitare a titolo di pro fessione principale e contro retribuzione una attività che costi tuisce un diretto contributo intellettuale al contenuto redazio nale e artistico di una e più pubblicazioni quotidiane o perio diche, dedicate all'informazione e destinate alla diffusione pub blica, di una o più agenzie di stampa, di notiziari trasmessi per radio, per televisione e di notiziari filmati »): definizione dalla
quale anzi, ancora una volta, il ruolo dell'immagine sembra man tenuto distinto ed in subordine rispetto a quello della parola (scritta o letta).
Fondata apparendo dunque la radicale censura ora esaminata, deve disporsi l'annullamento del d. p. r. n. 649/76. Le altre cen sure restano evidentemente assorbite.
E poiché, in ragione delle considerazioni in precedenza svol
te, a tale annullamento consegue automaticamente la caduca zione altresì delle deliberazioni ugualmente impugnate del con
siglio interregionale dell'ordine per il Piemonte e la Valle d'Ao sta del detto d. p. r. applicative, i ricorsi devono essere integral mente accolti, senza necessità di specifica e distinta pronuncia sulla eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito, con
riguardo alle suddette deliberazioni, della quale si è in preceden za trattato. (Omissis)
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