Date post: | 25-Sep-2020 |
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2 Volontariato Marche2 Volontariato Marche
EDITORIALE Cercasi buona politica
SOTTO LA LENTE Più valore all’azione civica
Il diritto di non soffrire
Oltre il servizio, l’impegno civile
Advocacy a tutto tondo
Casa difficile casa
Il cittadino diventa…”extra”
ATTUALITÀ Bilancio sociale: istruzioni per l’uso
Oltre i conti, valore aggiunto
INTERVENTI
Al lavoro le nuove presidenze Avm
La terapia viaggia su onde
Dalla strada al palcoscenico
Lo butto? No…lo scambio!
PROGETTI Diecimila passi per donare
Pillole... con saggezza
Pronto? Ti ascolto
La scoperta delle donne
La famiglia sempre al centro
Un patrimonio di bellezza
FARE PENSIERO
L’ALTRA ECONOMIA
LEGISLAZIONE
AMMINISTRAZIONE E FISCO
RECENSIONI
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S o m m a r i o
Volontariato
Marche
BIMESTRALE DI INFORMAZIONE SOCIALE
Autorizzazione Tribunale di Ancona
n. 21/99 del 1/10/99
Anno VIII - N. 02 / 2008
Chiuso in redazione: il 25 marzo 2008
DIRETTORE EDITORIALE
Enrico Marcolini
DIRETTORE RESPONSABILE
Lanfranco Norcini Pala
REDAZIONE
Alberto Astolfi - Alessandro Fedeli - Gianluca Frattani - Chiara Principi
Alessandro Ricchiuto - Nico Coppari - Monica Cerioni - Ivano Perosino
Monika Ruga.
IMPAGINAZIONE
Gustavo Guglielmotti
STAMPA
Bieffe s.r.l - Recanati (MC)
Tiratura 3100 copie
EDITORE
AVM (Associazione Volontariato Marche)
DIREZIONE E REDAZIONE
c/o CSV Marche - Via Trionfi, 2
60127 - Ancona
Tel. 071.2814126 - Fax 071.2814134 Stampata su carta riciclata
certificata dall'Ecolabel europeo per i prodotti a basso impatto,
sbiancata senza cloro
Volontariato Marche 3
EDITORIALE
MarcheVolontariato Cercasi buona politica
Lanfranco Norcini Pala
Appena dopo il voto politico che ha rinnovato il parla- mento la scena ci presenta un Paese esausto. L’Italia, dimentica dell’inno che la celebra, s’è seduta. Se- duta a guardare con preoccupazione il proprio futuro, in- vischiata com’è in un presente senza normalità, senza stabilità, senza entusiasmo. Sarebbe uno scenario da Day After se non fosse, invece, uno scenario da Day Before: peccato che questo “prima” (prima del nuovo governo, prima delle riforme, prima delle scelte strategiche…) si stia prolungando oltre ogni tempo ragionevolmente accettabile per problemi che crescono, ansie che aumentano, delusioni che dilagano, insicurezze che degenerano. Dare tutta la colpa alla politica sarebbe ingiusto. Così come è sostanzialmente ingiusto tacciare di antipolitica coloro che invece addebitano alla classe dirigente dell’ultimo de- cennio una qualche responsabilità sullo stato delle cose. Se c’è una osservazione da fare a chi, da una parte e dal- l’altra dello schieramento, ha guidato il Paese negli ultimi lustri, questa riguarda sicuramente la miopia con cui si è guardato a quanto stava accadendo nelle comunità locali, al disinteresse nel valorizzarne i talenti. Se fotografiamo l’Italia dall’alto del satellite vediamo un territorio cosparso di problemi. Inutile ricordarli. Chi vive la quotidianità a Milano come a Napoli, a Palermo come ad Ancona, li conosce tutti. Visto nella sua globalità questo territorio potrebbe sembrare davvero inerte e inerme. Ma se proviamo a fare uno zoom sulle realtà locali sco- priremo che, accanto ai problemi, vivono ed operano una molteplicità di esperienze forse sommesse ma non sicu- ramente sottomesse. Sono quelle realtà del volontariato, dell’associazionismo, della cooperazione, dell’autoorga- nizzazione sociale che guardano avanti, che non temono il futuro, che vogliono costruirlo e raggiungerlo. E’, questa, una Italia che non teme le difficoltà ma le af- fronta, che ai problemi risponde con le soluzioni, che non fugge di fronte alla diversità, che non ama pietismi e pia- gnistei, che è pronta a cimentarsi in “opere” di valore. E’ una Italia, insomma, che cerca la normalità. A questo volto del Paese la politica da anni non presta at-
tenzione, non dedica tempo, non lascia spazio. Eppure, in particolare in una regione di piccoli centri come le Mar- che, queste esperienze sono i punti di riferimento di in- tere comunità, sono presidi e sentinelle del territorio, sono occasioni di partecipazione e di impegno per la soluzione dei problemi locali, nella consapevolezza di non voler tap- pare i buchi lasciati aperti dall’intervento pubblico ma di poterne essere affidabile riferimento. Anche le realtà del non profit, più o meno organizzate che siano, rischiano oggi, proprio per la miopia della politica, di finire nel tritacarne del pessimismo e della rassegna- zione. Per questo, con maggiore lucidità rispetto ad altri attori della vita sociale e civile, continuano a chiedere una poli- tica che pensi al domani, che aiuti la gente a “farcela”, che rimetta in moto l’entusiasmo e la passione della cittadi- nanza attiva. Forse, però, invece che semplicemente reclamarla, do- vrebbero oggi decidersi ad esigerla.
Direttore Volontariato Marche
4 Volontariato Marche
SOTTO LA LENTE
Più valore all’azione civica Per una reale democrazia partecipativa, servono davvero nuovi strumenti?
Si reclamano strumenti di-versi per accrescere lapartecipazione democra- tica e, insieme, si dimentica di valorizzare quelli che esistono: le tante espressioni di attivismo civico che, tuttavia, restano irri- levanti nell’ambito della “poli- tics”. Si discute molto, in Italia, in Eu- ropa e nel mondo, della neces- sità di una nuova democrazia partecipativa, capace di rimettere i cittadini al centro della gestione della cosa pubblica e di superare il “circolo vizioso della sfiducia”, per cui il mondo della politica subisce la crisi di fiducia della cittadinanza e a sua volta esprime verso di essa di- sprezzo e superiorità, generando nuova e più forte sfiducia nei cittadini.
In luce i tentativi
istituzionali Ipotesi e tentativi, promossi o sostenuti (paradossalmente) per lo più dalle istitu- zioni, godono in questo momento di grande considerazione. Tra questi si pos- sono citare la tematizzazione della de- mocrazia partecipativa essenzialmente come consultazione (ad esempio da parte della Unione europea); il crescente affidamento che politici e intellettuali fanno sulla “democrazia deliberativa”, ossia su processi di deliberazione ope- rati da rappresentanze della cittadinanza selezionate di solito con un campionamento statistico; gli esperimenti
di nuovi strumenti di partecipazione promossi in Italia so- prattutto dai Comuni – dai bilanci partecipativi ai bilanci di mandato, dalle iniziative di e-democracy alla progetta- zione partecipata di misure di governo del territorio o re- lative ai servizi di interesse generale. Senza nulla voler togliere a queste proposte ed espe- rienze, vorrei segnalare che il dibattito sulla necessità di
nuove forme di democrazia par- tecipativa si fonda su un para- dosso. Esso è legato al presupposto implicito o espli- cito di tale dibattito, che ci sia un declino della partecipazione tale da richiedere, appunto, un nuovo impulso. Il punto è che nella realtà le cose sono molto differenti. Quello che mi pare che stia accadendo, infatti, è che, mentre le forme tradizio- nali o considerate canoniche della partecipazione democra- tica vivono un effettivo declino e forse una insuperabile diffi- coltà (si pensi alla appartenenza
ai partiti o all’attività delle loro sedi o sezioni nel territo- rio), esistono da anni forme nuove e largamente diffuse di impegno civico che tuttavia non erano previste e che forse non hanno i caratteri che ci si sarebbe aspettati che avessero.
Ecco il paradosso, quindi: mentre si auspicano nuove forme di democrazia partecipativa che prendano il posto
Crescono associazioni, comitati e movimenti ma manca una relazione rilevante con la politica
Giovanni Moro*
di quelle tramontate o inefficaci, non si ricono- sce dignità e valore po- litico a quelle che esistono. Mi riferisco a forme au- tonome di azione civica come quelle di cui sono protagonisti associa- zioni, comitati, comu- nità, movimenti, reti di cittadini organizzati – una realtà che presenta, tra l’altro, una impo- nente dimensione quantitativa (90.000 è la più recente stima della consistenza numerica di tali organizzazioni in Italia). La loro crescita è concomitante – chissà se correlata – con la crisi delle forme tradizionali della partecipazione politica.
Il volto nuovo della democrazia
partecipativa Che esista un tale paradosso è sicuramente comprensi- bile, perché le nuove forme di partecipazione democra- tica hanno caratteristiche che difficilmente rientrano nei paradigmi tradizionali. Per esempio esse, a differenza dei tradizionali fenomeni aggregativi riconducibili alla libertà di associazione politica, e ad onta delle stesse interpreta- zioni che ne sottolineano la vocazione di “privato so-
ciale”, svolgono un ruolo di attori delle poli- tiche pubbliche attra- verso strategie di advocacy o di costru- zione di servizi volte a tutelare diritti o difen- dere beni comuni. Inoltre, nello svolgere questo ruolo in nume- rosi campi e in gene- rale con un’alta capacità di influire sul corso del policy ma- king, queste espres- sioni di azione civ