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CINEMA, TELEVISIONE E LINGUAGGI MULTIMEDIALI NELLA SCUOLA

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CINEMA, TELEVISIONE E LINGUAGGI MULTIMEDIALI NELLA SCUOLA 124/125 LUGLIO-OTTOBRE 2017 Supplemento Poste italiane SpA. Sped. in a.p. 70% - DCRB-Roma - Anno XXXIII - nuova serie - Periodico bimestrale - Supplemento al n. 124/125 della rivista il Ragazzo Selvaggio Tutti i film per la scuola
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CINEMA, TELEVISIONE E LINGUAGGI MULTIMEDIALI NELLA SCUOLA

124/125LUGLIO-OTTOBRE 2017Supplemento

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Tutti i film per la scuola

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SOMMARIO

30 Tangerines - Mandarini / La tartaruga rossa 31 Trolls / Tutto quello che vuoi 32 vedete, sono uno di voi / Vi presento Toni Erdmann 33 Il viaggio di Fanny / Your Name

pagina 24Qua la zampa!

In copertina: La principessa e l’aquila

di Otto BellGran Bretagna/Mongolia/Usa 2016

01 Editoriale01 A casa nostra 02 Abel, il figlio del vento / Agnus Dei 03 Alla ricerca di Dory / Allied - Un’ombra nascosta 04 L’altro volto della speranza / Animali fantastici

e dove trovarli 05 Aquarius / Arrival 06 The Assassin / La bella e la bestia 07 Il cliente / Le cose che verranno 08 Domani / Dunkirk 09 È solo la fine del mondo / Enclave 10 Fai bei sogni / The Founder 11 Frantz / Il GGG - Il Grande Gigante Gentile 12 Guardiani della Galassia Vol. 2 / La guerra dei cafoni 13 In Between - Libere, disobbedienti, innamorate /

Indivisibili 14 Io, Daniel Blake / Jackie 15 Kubo e la spada magica / La La Land 16 Lego Batman - Il film / Lettere da Berlino 17 Lo and Behold, Internet: il futuro è oggi / Il Mago di Oz

18 Manchester by the Sea / La mia vita da zucchina 19 Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali /

Moonlight 20 Nebbia in agosto / Neruda 21 Noce di Cocco - Il piccolo drago / Oceania 22 Ozzy - Cucciolo coraggioso / Paterson 23 La pelle dell’orso / Phantom Boy24 La principessa e l’aquila / Qua la zampa!25 Quando hai 17 anni / La ragazza senza nome 26 Ritratto di famiglia con tempesta / Sette minuti

dopo la Mezzanotte 27 Una settimana e un giorno /

Shin Godzilla 28 Silence / Sing Street29 Le stagioni di Louise / Sully

pagina 7Il cliente

pagina 8Dunkirk

pagina 28Sing Street

pagina 14Jackie

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pagina 3Alla ricerca di Dory

pagina 19Miss Peregrine

La casa dei ragazzi specialiAUTORI SCHEDE

f.b. Franco Bregat.c. Tullia Castagnidolim.c. Massimo Causol.c. Luisa Cerettoc.d. Carla Delmigliod.d.g. Davide Di Giorgioa.f. Anna Fellegaram.g. Mariolina Gambam.gn. Marzia Gandolfil.g. Leonardo Gregorioa.l. Alessandro Leone

m.ma. Minua Mancam.m. Marco Marrapesea.m. Alessandra

Montesantog.p. Grazia Paganellim.g.r. Maria Grazia

Roccatof.s. Francesca Savinoa.s. Andreina Sirenaf.v. Flavio Vergerioc.m.v. Cecilia M. Voil.z. Laura Zardig.za. Giancarlo Zappoli

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Chiaro fin dal titolo, tratto dallo slogandel Front National, “on est chez

nous”, questo è un film politico, schiera-to contro il partito di Marine Le Pen. Siapre e chiude sulle stesse immagini diautostrade avvolgenti una realtà una vol-ta rurale, ora squarciata da centri com-merciali, depositi, città dormitorio. Uncambiamento geografico che ha muta-to l’identità delle persone, trasformando

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dei cittadini in disadattati. In questastruttura filmica circolare si dipana ilracconto, esempio di cinema verità.

È recitato da un cast di primordine, daCatherine Jacob, caschetto biondo, veraalter ego della Le Pen, al suadente medi-co André Dussollier, alla Pauline inge-nua, priva di giudizio critico. Cieca ini-zialmente, non vota più perché delusadalla politica; innamorata dell’operaiosquadrista neofascista nottetempo, è fa-cile preda del potere di affabulazione diun partito né di destra né di sinistra, cheripulisce i propri panni in Arno cam-biando solo il linguaggio. E, mossa vin-cente, candidando la classica brava per-sona, conosciuta e amata da tutti, cre-sciuta con valori progressisti.

Ispirato al romanzo di Jérôme Leroy,Le Bloc, il film è costruito come un gial-lo, con uno schematismo manicheo ef-ficace nella narrazione essenziale. E unascelta dei personaggi che suscitano l’em-patia necessaria per tollerare la loro atratti dubbia credibilità (Pauline in pri-mis). Con un finale un po’ affrettato, unhappy end politico improvviso. Vedi an-che nel n. 123, p. 31. c.d.

A casa nostraChez nousIn un villaggio del Nord della Francia èl’alba. Pauline, infermiera a domicilio,comincia il giro di visite per assistereanziani, disabili ed emarginati. Cresce dasola due figli e si occupa del padre exmetalmeccanico. Tutti le vogliono bene.Un partito nazionalista in cerca dirispettabilità penserà di sfruttare la suapopolarità facendone la propriacandidata alle elezioni locali. Il dott.Berthier, il medico che ha curato suamadre, si incaricherà di convincerla. Pauline si innamora di Stanko,insegnante di calcio del figlio, picchiatorenottetempo di stranieri e reietti - noto alpartito che ormai lo rifiuta. Questi nonpuò rinunciare a Pauline e la convince. Ilpadre, comunista, non l’accetta più,mentre lei pensa di poter essere accoltaancora da tutti anche se di molti ha persola fiducia. Stanko oscilla tra il suo passato nascosto eun tranquillo presente; la famigliolasembra riunita anche politicamente.Quando la verità si farà strada…

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1numero 124/125· luglio-ottobre 2017

N onostante le ristrettezze economichelegate ai ritardi con cui le Associazionidi Cultura Cinematografica ricevono i

contributi ministeriali - fatto che necompromette seriamente la sopravvivenza -proseguiamo coraggiosamente sulla strada diassicurare ai nostri lettori non solo l’uscitapuntuale dei diversi numeri della Rivista, maanche l’Annuario dei film per la scuola (Stagione2016-2017), che pubblichiamo da più di diecianni. Come per le ultime quattro edizioni lomettiamo a disposizione degli interessati solo inversione digitale (PDF) come supplemento al n.124/125, scaricabile gratuitamente dal Sito delCentro Studi Cinematografici.

Oltre ai titoli e ai temi cui si riferiscono i filmscelti - che confermano come il cinema siasempre da considerare uno strumento utile perriflettere in ambito educativo e culturale suargomenti importanti e attuali - ricordiamo che,come nel recente passato, anche quest’anno sonotornati in sala diversi film “classici” (moltischedati sulle pagine della Rivista).Contiamo pertanto sul fatto che, prendendospunto dalle indicazioni contenute in questepagine e nei vari numeri della Rivista, insegnantie animatori culturali possano arricchire leproposte e le riflessioni critiche sia nella Scuolache nei Cinecircoli.

LA REDAZIONE

r. Lucas Belvaux or. Francia/Belgio 2016distr. Movies Inspired dur. 114’

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L’originalità di Abel, il figlio del ventosta in due elementi che lo distin-

guono. Innanzitutto si tratta di uno de-gli ormai rari film definibili ‘per fami-glie’ che abbiano trovato uno spazio di-stributivo nel nostro mercato non es-sendo stati realizzati da una major sta-tunitense. Poi, non è usuale poter segui-re parte del ciclo vitale di un rapace sen-za essere vincolati da una struttura nar-rativa ormai ‘classica’ alla National Geo-graphic e affini. Qui i due livelli (fiction

e documentario) si integrano con effica-cia e si vedono rendere giustizia dallaproiezione su grande schermo. Perchéle immagini naturalistiche risaltano congrande effetto in un cinema e perché lastoria di Lukas è semplice ma non bana-le. Ci offre la testimonianza di un diffici-le rapporto padre-figlio, reso tale da unareciproca ostilità che i due non sannotradurre in parole che permettano lorodi comunicarsi quale dolore li opprimenel profondo.

Una canzone di Claudio Baglioni sin-tetizza in pochi versi questa condizio-ne. “Un figlio ama il padre ma lo fa men-tre lo giudica e quasi mai perdona. Fin-ché gli scorge il segno di una lacrima e fi-nalmente vede una persona”.

A fare da trait d’union tra i due il per-sonaggio interpretato da Jean Reno, qua-si un nonno capace di comprendere en-trambe le posizioni. Nel mezzo un altro‘figlio’ che Lukas deve far crescere prepa-randosi a separarsene per dargli quellalibertà a cui i figli, una volta cresciuti,hanno diritto, come ci ha ricordato Kha-lil Gibran nella poesia dedicata ai figli.Vedi anche nel n. 118/119, p. 26. g.za.

r. Gerardo Olivares or. Austria 2015distr. Adler dur. 98’

Non credente, di famiglia operaia, ladottoressa Mathilde Beaulieu è me-

dico competente e discreto. Coinvoltanell’assistenza al parto delle monache,presta con semplicità le sue cure affron-tando incomprensioni e problemi con isuperiori. La prestazione notturna, co-raggiosamente offerta e dissimulata, as-sume toni drammatici quando lei stes-sa viene aggredita dalla soldataglia rus-sa. Questo rende più intensa la costru-

zione della vicenda, che parte dall’orro-re per la violenza subita all’interno delmonastero, complicato dalla vergognae dal senso di colpa, dalla percezione diuna violazione brutale, irreversibile e in-sanabile, dal pudore di chi considera ilcorpo un dono offerto a Dio e perciò ri-fiuta di mostrarlo e farlo toccare.

Su tutto campeggia il dramma dellaMadre superiora (contagiata dalla sifili-de), figura tormentata che, sentendosi indovere da un lato di proteggere le conso-relle dall’infamia e da nuove violenze, dal-l’altro di riproporre a tutte l’obiettivo deivoti e della vita monastica, decide di oc-cultare quanto accaduto anziché stigma-tizzarlo, di assumere su di sé la colpa e ladannazione, esponendo nel gelido inver-no i neonati, affidati alla Provvidenza.

Lineare nello sviluppo narrativo, il filmsi avvale di immagini suggestive, sia negliesterni innevati, sia negli interni, dove conaustere inquadrature sono mostrati scor-ci del monastero, soprattutto primi e pri-missimi piani delle monache, essenzialinelle linee, palpitanti di capacità comuni-cativa, vibranti di tensione interiore. Vedianche nel n. 122, p. 21. m.g.r.

Agnus DeiLes innocentes

Polonia, dicembre 1945. Una suora escedal monastero e attraversa la forestainnevata per cercare aiuto al Centro dellaCroce Rossa che si occupa di militarifrancesi. Viene respinta ma poi unagiovane dottoressa accetta di recarsi almonastero dove sette suore, rimaste incintedopo le aggressioni di militari russidell’esercito di liberazione, stanno perpartorire. Non c’è solo il problemasanitario, qualora fosse divulgata lanotizia il monastero verrebbe chiuso e lemonache buttate sulla strada perchéripudiate dalle famiglie di origine.Dopo il primo, difficile impatto ladottoressa conquista la fiducia dellereligiose divenendo un sicuro punto diriferimento. Quando le lascia, suggerisce lasoluzione all’ultimo residuo problema.Ispirato al diario del medico franceseMadeleine Pauliac Les innocentes, il filmnarra fatti veri: venticinque suore stuprateanche quaranta volte, molte uccise, molterimaste incinte.

r. Anne Fontaine or. Francia/Polonia2016 distr. Good Films dur. 110’

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Abel, il figlio del vento The Way of the EagleSe due piccoli d’aquila nascono a poco tem-po di distanza, la convivenza nello steso ni-do è difficile, ancor più se il padre muore.L’aquilotto più forte scaccerà il più debolecondannandolo a morte. Non questa voltaperché Abel - così sarà chiamato ricordan-do quanto accaduto nella Bibbia - vienetrovato e curato da un ragazzino, Lukas.Questi a sua volta non ha una vita facile perla freddezza del padre cacciatore, chiuso nelsuo dolore dopo la morte della moglie, av-venuta per salvare il figlio da un incendio. Raccolto il piccolo rapace, Lukas lo na-sconde in un casolare in rovina ma ha bi-sogno di aiuto. Lo trova in Danzer, unaspecie di guardia ecologica che gli spiegacome addestrarlo al volo e lo prepara almomento del distacco. Abel sarà così ingrado di librarsi nel cielo ma qualche an-no dopo un Lukas cresciuto e che avrà ri-costruito il rapporto con la figura paternavedrà ricomparire un Abel adulto, divenu-to a sua volta genitore.

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prende sempre più coscienza del pro-prio limite e si sforza di superarlo in no-me di un obiettivo più grande. Tutta lasaga, anche rivista retroattivamente, gio-ca d’altronde con il labile confine fra unacondizione identitaria che definisce ipersonaggi anche in base ai propri difet-ti (l’ansia di Marlin o la miopia della ba-lena Destiny, ad esempio) e il rovescia-mento di prospettive che da un lato puòvolgere questi svantaggi in un’ottica po-sitiva o, in alternativa, può dare linfa auna forza d’animo che permetta a ognifigura di superare il proprio problema.

In questo senso, il limite diventa unpunto d’osservazione privilegiato rispet-to al mondo: la smemoratezza di Dory,sebbene oggettivamente causa di guai,diventa così anche un modo per esalta-re l’istinto, affrontando i pericoli con uncoraggio non limitato dalla memoria (chespinge alla prudenza). D’altra parte, que-sta fragilità permette allo stesso perso-naggio di acquisire pure la consapevolez-za di quanto gli affetti siano importantie di continuo stimolo, e quanto impe-gno costi riuscire a mantenerli vivi. Vedianche nel n. 118/119 p. 8 e 9. d.d.g.

In un film di spie come Allied - Un’om-bra nascosta il rapporto tra verità e

menzogna si offre evidentemente comela tessitura stessa dei personaggi, ma-schere di un gioco di posizioni recipro-che in cui il valore degli atti dipende dalpunto di vista di chi li valuta.

Rispetto a un simile schema, Zemec-kis sceglie una prospettiva che si collo-ca esattamente sul crinale del punto divista, lasciando i suoi due protagonisti inbilico tra le parti contrapposte (allea -ti/tedeschi, vero/falso, giusto/sbaglia-to), in equilibrio sul filo sottile della sin-cerità di quel sentimento d’amore pro-fondo che, al di là di tutto, li unisce.

La domanda su cui il film si fondanon verte tanto sulla possibilità che ilBene alla fine prevalga sul Male, quantosull’ipotesi che il sentimento che uniscei due protagonisti sia più vero della men-zogna su cui nei fatti si basa.

Robert Zemeckis stratifica i livelli rap-presentativi, configurando un gioco in cuitra l’apparenza e la realtà si instaura undialogo che ha il suo baricentro sulla por-tata effettiva dei sentimenti. L’ambiguitàdel loro agire discende dalla realtà astrat-ta in cui Max e Marianne si muovono, dal-la sostanziale mancanza di verità che se-gna il mondo attorno a loro. Tant’è che sa-rà il deserto (nel quale viene letteralmen-te precipitato il personaggio di Max all’ini-zio) ad accogliere la nascita del loro veroamore. Vedi anche nel n. 121, p. 21. m.c.

AlliedUn’ombra nascostaAllied

1942, Seconda Guerra Mondiale. Il comandante dell’aviazione canadeseMax Vatan, agente segreto inglese,giunge a Casablanca spacciandosi peril marito di Marianne Beauséjour, unafascinosa spia francese infiltrata nelMarocco occupato dai tedeschi.Marianne si finge unacollaborazionista di Vichy, ma è inrealtà un asso della resistenzaparigina. La distanza professionale chesegna in principio il loro rapporto sitramuta in attrazione e, una voltamessa a segno la loro missione, in veroe proprio amore.Fuggiti insieme a Londra, si sposano.Ma quando sulla reale identità diMarianne insorgono dei dubbi, Maxdeve assolutamente scoprire la verità,perché i servizi segreti impongono alconiuge di una spia doppiogiochista diuccidere con le proprie mani il consorteper dimostrare la propria fedeltà.

r. Robert Zemeckis or. Usa 2016 distr.Universal dur. 147’

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Eravamo abituati a vedere Dory co-me una figura solare e simpatica-

mente sopra le righe, ma qui ne scopria-mo la natura più umbratile, un po’ suc-cube delle amnesie che la rendevano al-trove una figura esclusivamente diver-tente. Il film descrive bene la frustrazio-ne di chi, pur avendo a suo modo impa-rato a convivere con il proprio problema,

r. Andrew Stanton or. Usa 2016 distr.Walt Disney dur. 97’

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Alla ricerca di DoryFinding DoryÈ passato un anno dalla ricerca di Nemoe Dory inizia ad avere dei frammentariricordi legati ai genitori che ha smarritoin tenerissima età, sua madre Jenny e suopadre Charlie. Il fatto che unasmemorata come lei inizi a ricordareeventi così lontani è sufficiente perspingerla a una nuova avventura allaricerca della famiglia perduta. Comesempre Marlin è con lei, accompagnatodal figlioletto Nemo. La pista da seguire ètrovare il “gioiello di Morro Bay, inCalifornia”, che si rivelerà essere un parcooceanografico. È lì che Dory è nata eviveva insieme ai parenti, prima che lasua smemoratezza per errore la facessetrascinare via da un risucchio degliscarichi della vasca di famiglia. Ilproblema ora è come entrare nellastruttura e provvidenziale si rivela l’aiutodi Hank, un polpo che sogna di vivere persempre in un acquario per sfuggire aipericoli della vita nell’oceano...

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Presentato al festival di Berlino, doveha ottenuto l’orso d’argento, L’altro

volto della speranza potrebbe a tutti glieffetti costituire il secondo titolo di unanuova trilogia dedicata agli immigraticlandestini (e non, come invece ha an-nunciato l’autore finlandese, il suo con-gedo dalla regia). Tematica che già in Mi-

racolo a Le Havre entrava prepotente-mente in scena, attraverso immagini te-levisive che mostravano i disordini per losgombero della “Jungle”, il centro di rac-colta a Calais dove migranti in fuga daguerre e situazioni di indigenza sperava-no di attraversare la Manica per andarein Inghilterra.

In questa nuova pellicola, dove si in-trecciano i percorsi di un ex commessoviaggiatore e di un richiedente asilo, Kau-rismäki decide di affrontare la questio-ne della Siria, e più in generale il temadell’accoglienza in Europa, e di farlo al-la sua maniera, nello stile che gli è con-geniale e ne caratterizza il personalissi-mo tocco, fiabesco e surreale; ma so-prattutto di rovesciare il punto di vista,osservando l’Europa con gli occhi di chila raggiunge e auspica di trovarvi riparo,fosse anche solo una nuova possibilitàper ricominciare.

L’altro volto della speranza contiene alcontempo una forma di profonda empa-tia e un’asciuttezza essenziale che nelsospendere qualsiasi forma di giudizio,raggiunge un equilibrio perfetto. Vedianche nel n. 123. p. 8 e 9. l.c.

r. Aki Kaurismäki or. Finlandia 2017distr. Cinema! dur. 98’

Quindici anni fa Chris Columbus por-tava in sala il primo capitolo di una

saga che ha poi fatto la storia del cinema:Harry Potter e la pietra filosofale. Final-mente, dopo cinque anni dall’ottavo e ul-timo capitolo, David Yates ha ripreso inmano la bacchetta magica di J.K. Rowlingper far risorgere le atmosfere fantastichedi Hogwarts con un vero e proprio pre-quel che gode appieno della sconfinata

immaginazione della sua autrice. Siamoinfatti nella New York del 1926, con il ma-gizoologo Newt Scamander che, a causadi uno scambio di valigie con il panciutoNo-Mag Jacob, scatena suo malgrado unaserie di sfortunati eventi.

Con toni che spaziano - forse un po’troppo allegramente - tra la tenerezzainfantile degli animali e le più adulte al-lusioni sociopolitiche all’America “trum-piana” di oggi, Animali fantastici e dovetrovarli ha il merito di essere un film che,pur sprigionato dal mondo di Harry Pot-ter, è sotto molti punti di vista differen-te da quanto mostrato in precedenza.

Differente nei luoghi, perché alla bru-ghiera inglese si sostituisce la New Yorknegli anni del proibizionismo; e diffe-rente, soprattutto, nei protagonisti, chenon sono più bambini alla scoperta deiloro poteri fantastici, ma adulti che de-vono lottare contro i propri limiti. SeHarry e i suoi amici dovevano difender-si dal mago più oscuro di tutti, qui inve-ce gli esseri dotati di poteri straordinaridevono vedersela con l’intolleranza del-l’essere umano, ben più pericolosa. Ve-di anche nel n. 121, p. 22. f.s.

Animali fantasticie dove trovarliFantastic Beasts andWhere To Find Them

Nel 1926 il giovane “magizoologo” NewtScamander e la sua valigia piena dicreature fantastiche sbarcano a New Yorkdall’Inghilterra per quella che dovrebbeessere solo una breve sosta nel loro viaggio. Mentre Newt assiste al comizio di MaryLou Barebone, leader del movimentoestremista dei Secondi Salemiani chemira a scovare e uccidere tutti i maghi ele streghe, uno Snaso, dispettosoanimaletto amante dei metalli preziosi,scappa dalla sua valigia.Nel tentativo di catturare lo Snaso, Newtscambia inavvertitamente il suoprezioso carico con quello di JacobKowalski, pasticcere e No-Mag (cosìvengono chiamati, in America, iBabbani) che, una volta giunto nel suoappartamento, apre la valigia e libera lecreature, violando lo Statuto diSegretezza e mettendo Newt nei guai...

r. David Yates or. Usa/Gran Bretagna 2016distr. Warner Bros. Pictures dur. 132’

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L’altro volto della speranzaThe Other Side of HopeGiunto a bordo di una nave al porto diHelsinki, Kahled Alì, è un giovaneprofugo siriano. La sua vicenda siincrocia con quella di Wikström, uomopiù maturo, un commesso viaggiatoredeciso a cambiare vita che, grazie aun’ingente somma vinta a carte, compraun ristorante, “La Pinta d’oro”.Intanto le autorità preposte rifiutano ladomanda di asilo di Kahled, a cui nonresta che fuggire per non essererimpatriato. Scampato alla furia di tre teppisti, ilfuggiasco fa la conoscenza di Wikström edei dipendenti del ristorante, dove puòtrovare un rifugio sicuro. La sorella di Khaled, di cui aveva perso letracce nel corso della propria odissea, èstata ritrovata in Estonia. Wikströmchiede aiuto a un trasportatore affinchéla conduca a Helsinki. I due si riabbracciano, la donna è decisaa presentarsi alla centrale della polizia …

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Aquarius ha suscitato molte polemi-che in patria perché uscito durante

la crisi causata dall’impeachment del-l’ex presidente Dilma Roussef. Va a sco-prire le carte di un Paese allo sbando eti-co, economico, sociale.

L’appartamento di Donna Clara è nel-l’Avenida Boa Viagem, luogo simbolico divaria umanità: giovani che si amano, sidrogano, persone adulte che passeggia-

no, litigano, affresco di un Brasile riccodi contraddizioni.

La Musica, per Clara, è vitale: la don-na è stata un critico musicale affermato,ma le note per lei sono il linguaggio concui esprime le proprie emozioni e i pro-pri sentimenti. Tramite la collezione didischi che riempiono il salotto di quel ni-do-baluardo che è casa sua la protago-nista urla di no all’arroganza della finan-za, accoglie uno gigolò per dire sì allapropria femminilità rubata da una ma-lattia superata nel corpo ma non nel-l’immaginario maschile, chiede solida-rietà a dei figli irresponsabili e la trova in-vece nell’affetto di un nipote sensibile.

Resta nella mente degli spettatori labellezza mediterranea di Clara/Sonia, ilsuo viso duro e dolce allo stesso tempo, lasua ferita esposta senza vergogna, ma confierezza come fiero è il finale netto delfilm. Clara, creativa ma anche pragmati-ca, riesce a scoprire che il palazzo è statocostruito con materiale scadente e che alpiano superiore a quello in cui lei vive sinasconde un’enorme colonia di insettiche possono nuocere alla salute umana…Vedi anche nel n. 121, p. 20. a.m.

AquariusClara a trent’anni si è ammalata di cancroal seno, ma è sopravvissuta. Moglie, madredi tre figli, a sessant’anni si ritrova a viveresola nell’edificio della sua infanzia egiovinezza, chiamato Aquarius, davantialla spiaggia di Recife. L’appartamento fa parte di uncondominio che un giovaneimmobiliarista vuole acquistare perrimetterlo in vendita come residence; nelfrattempo lo utilizza per orge e altrebassezze.Clara si oppone strenuamente, ingaggiauna guerra tenace con gli imprenditori eriesce a far emergere la loro grettezza eavidità, appoggiata solo dalla domestica eabbandonata dai figli, ormai adulti edegoisticamente coinvolti dai problemidelle nuove generazioni. Forte, decisa ecoerente, Donna Clara riuscirà asmascherare i loschi traffici dellacompagnia immobiliare e a rivendicare isuoi diritti.Un inno alla lotta per la Memoria, lasalute e i valori positivi, qui accompagnatida una colonna sonora di qualità.

r. Kleber Mendoça Filho or. Brasile/Francia 2016 distr. Teodora Film dur. 140’

Cineasta da sempre attento alla con-trapposizione come chiave metafori-

ca per comprendere i limiti dell’agireumano, Villeneuve oppone il razionali-smo “scientifico” del metodo adottato daLouise Banks a una cifra più “intima”, chepermetta di stabilire il legame con l’altraparte attraverso la consapevolezza degliaffetti. L’umanità e gli alieni comunicano

quindi inizialmente a distanza, separatida linguaggi, storie e tempi, e mediatidalla tecnologia, ma arriveranno infine acomprendersi in una sorta di dimensio-ne priva di spazio e tempo, quasi un lim-bo che sembra scaturire dai sogni, doveogni linearità si rompe.

L’approccio prediletto da Villeneuveper immergere lo spettatore in questoparticolare sentire passa per una riscrit-tura dei codici narrativi tradizionali: larottura della linearità espositiva e dellascansione temporale lineare (passato-presente-futuro) si inscrive perciò nel se-gno di una circolarità che il film risolve nelracconto della vita di Louise, con il futu-ro che diventa passato, e le fornisce lechiavi per la comprensione dei problemiimmediati, oltre a “indirizzarla” verso lescelte che potrebbero determinare chi èe dove sta andando, confermando la ne-cessità di un approccio più “intimo” allequestioni. Il lavoro stesso sulle figure pro-cede quindi per sottrazione: la presenza“pesante” degli umani e dei loro macchi-nari viene sempre più ridotta e diventa af-fine all’evanescenza delle creature spazia-li. Vedi anche nel n. 121, p. 12 e 13. d.d.g.

ArrivalLa dottoressa Louise Banks, giàlinguista per i servizi segreti, vienereclutata dal Colonnello Weber pergestire la crisi globale provocatadall’arrivo di gigantesche astronavialiene. Insieme al matematico IanDonnelly, Louise deve tentare distabilire un contatto con gliextraterrestri, soprannominati“heptapodi” perché dotati di sette arti. Louise decodifica abbastanza in fretta icaratteri della scrittura adottati dallecreature, mentre decifrare il lorovocabolario per capire quale sia loscopo della loro visita si rivela moltopiù complesso. Il tempo a disposizione, purtroppo, nonè molto: altre nazioni, come la Cina,stanno infatti cadendo preda delsospetto circa le reali intenzioni deivisitatori e sono pronti a scatenare unaguerra con loro. La narrazione è inframezzata davisioni/flashback in cui vediamo Louisealle prese con sua figlia, uccisa da unaterribile malattia.

r. Denise Villeneuve or. Usa 2016 distr.Warner Bros dur. 116’

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La Cina del IX secolo è un’atmosfera fia-besca, ottenuta con immagini magni-

ficamente costruite e capaci di catturare lospettatore. La suggestione ispiratrice èquella dei racconti chuanqi, ma il regista haanche pescato a piene mani dall’icono-grafia e dalle cronache che hanno narratolo splendore e la caduta della dinastia Tang.

Il regista, fedele al suo progetto speri-mentale, non esplicita i passaggi narrati-

“C’era ancora una volta…” è diven-tato il nuovo adagio della Disney,

da qualche tempo occupata a rifare in li-ve action i propri classici animati. DopoCenerentola e Il libro della giungla arrivail ricalco barocco di La bella e la bestia.

Dalla prima versione, prodotta da Pa-thé nel 1899, La bella e la bestia non hasmesso di ispirare il cinema. Per lungotempo associata ai merletti di luce cheJean Cocteau scolpiva attorno alla pre-

r. Bill Condon or. Usa 2017 distr. TheWalt Disney Company Italia dur. 129’

r. Hou hsiao-Hsien or. Taiwan 2015distr. Movies Inspired dur. 120’

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La bella e la bestiaBeauty and the BeastIn un piccolo villaggio della Francia, viveBelle, giovane donna indipendente. Figliadi un inventore eccentrico e accanitalettrice, è biasimata dai suoi paesani edesiderata con veemenza da Gaston,spaccone del villaggio virile e arrogante.Lo accompagna La Fou, vallettoimpudente che esprime il diritto alladifferenza, capitolando sotto lo charmevirile e il machismo bisbetico di Gaston. In una misteriosa notte di neve, cadutasinistramente in primavera, il padre diBelle ripara nel castello della Bestia, unprincipe vanesio che un sortilegio hacondannato alla mostruosità. Decisa a salvare il genitore, la ragazza sisacrifica e ne prende il posto nella prigionedel castello. Da principio terrorizzata dallacreatura, col tempo scopre dietro leapparenze bestiali un uomo colto egeneroso. Un sentimento nuovo esconosciuto agita il cuore di Belle e dellaBestia, allacciati in un giro di valzer.

senza leonina di Jean Marais, la storiadi questa giovane fanciulla che prende lastrada del bosco per consegnarsi corpoe anima a una bestia spaventosa ritrovail favore del pubblico nel 1991, sotto le li-nee meno ambigue dell’estetica Disney.Nutrito da infinite ispirazioni e daun’evoluzione tecnologica maggiore, laversione animata introduceva l’eccel-lenza nella realizzazione di una storiasemplice. La scena di benvenuto (“Stiacon noi”) è da sola un esempio di pro-dezza visuale e di geometrie coreografi-che che hanno marcato un’epoca.

Nessuna innovazione estetica o musi-cale invece per Bill Condon che si è limi-tato a ri-trascrivere i quadri del 1991. Epu-rata dell’energia archetipica, l’operetta de-luxe di Condon è incarnata da Emma Wat-son, secchiona senza bagliori, che perde lamagia nello scarto tra prigioniera senti-mentale e avventuriera femminista. Tut-to è mostruosamente aneddotico, acces-sorio, come il femminismo di Belle, che ladistingue dalle masse e la conduce a vive-re in un castello con un principe perché laplebe non ama le donne colte. Vedi anchenel n. 122, p. 14 e 15. m.gn.

The Assassin Cina, IX secolo. Una didascalia ciinforma: la prospera dinastia Tang èminacciata dalle ambizioni di alcuneprovince. Il compito di eliminare itraditori è affidato all’Ordine degliAssassini, di cui fa parte Nie Yinniang. La giovane assassina, infallibile conspade e pugnali, dopo l’apprendistato eun esilio durato tredici anni, vienedestinata alla provincia di Weibo,governata dal cugino dissidente TianJi’an, a cui da piccolissima era statapromessa. L’amore ancora forte per Tian, sposatoma legato affettivamente allaconcubina, mette in crisi Nie, che haperò giurato fedeltà all’Ordine. Nonostante ciò, la donna sventa uncomplotto di corte, sfidando colei chel’aveva iniziata alle arti marziali eproteggendo, di fatto, Tian e la suafamiglia. Ma questa presa di posizionenon sarà senza conseguenze.

vi, osserva i suoi personaggi muoversi nel-lo spazio scenico rinunciando ai primipiani, limitando il lavoro di montaggio epreferendo lunghi piani sequenza. Noncerca subito la relazione empatica con lospettatore. La macchina da presa spessooscilla lentamente come fosse soggettivadi un pendolo e, dalla gamma di grigi ini-ziale, si sposta su un tappeto cromatico ac-ceso; è un procedere ipnotico, violato ditanto in tanto dall’irrompere di scene ina-spettate di combattimento: spari nellaquiete. Le spade incrociano le lame e icorpi, coreografati su geometrie perfette,entrano ed escono nello spazio stretto diinquadrature appena schizzate.

Hou hsiao-Hsien stempera l’adrenali-na per stringere nella seconda parte delfilm su Nie per esplorarne l’animo in tem-pesta, anche quando è in calma apparen-te. Assente il sentimentalismo, l’amore èalluso, per nulla descritto entro marginicerti. Il melodramma della guerriera siconsuma nella sola consapevolezza diun’educazione alla morte incompleta o,meglio, fallimentare: pietas contrappostaal dovere di uccidere, abiurato da Nie. Ve-di anche nel n. 120, pp. 6 e 7. a. l.

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Premiato al festival di Berlino con l’Or-so d’argento per la migliore regia, Le

cose che verranno è il ritratto semplice diuna donna consapevole e coinvolta nel-la sua vita e nel presente degli avveni-menti che le accadono. Detta così po-trebbe sembrare cosa facile da descri-vere, invece, a soffermarsi attentamen-te sulle strategie del racconto della regi-

sta francese, ci si rende conto di quantolavoro questo abbia comportato in fasedi scrittura, prima ancora che sul set.

Perché descrivere la vita quotidiana, ècosa assai difficile, quando si decide di at-tribuire a ogni situazione un peso e a ognipersonaggio un suo ruolo definito a tuttotondo. Nulla è mai casuale e proprio perquesto tutto scorre con estrema facilità: laleggerezza del racconto si estende allosguardo, la pacatezza dei dialoghi coinvol-ge il tono della messa in scena. L’essenzadel cinema francese, ripensata in una di-mensione completamente contempora-nea e femminile, capace di annodare l’unoall’altro i discorsi, i sentimenti, i gesti, e diriprenderli nel passare del tempo, muta-ti, eppure ancora ricchi di senso.

Così, nel suo andare e venire (Parigi,la Normandia, un villaggio di campa-gna, mentre tutto attorno a lei sta cam-biando), Nathalie ritrova se stessa neiframmenti di sé di cui ha sparso il suoambiente, e si arricchisce di saggezza elevità, ma anche umorismo e ironia, sa-pientemente dosati da Mia Hansen-Lø-ve in questo film arioso e pieno di luce.Vedi anche nel n. 123, p. 12 e 13. g.p.

Le cose che verrannoL’avenirNathalie insegna filosofia in un liceo diParigi. Per lei la filosofia non è solo unlavoro, ma un vero e proprio stile di vita.Sposata, due figli, e una madre fragile cheha bisogno di continue attenzioni,Nathalie si divide tra famiglia e lavoro,fino al giorno in cui il suo mondo vienecompletamente stravolto: suo marito leconfessa di volerla lasciare per un’altradonna, la casa editrice che pubblicava isuoi saggi cancella la collana da leidiretta, i due figli, ormai grandi, vanno viadi casa e la madre, malata, deve esserericoverata in un centro per anziani. Nathalie si ritrova, suo malgrado, aconfrontarsi con un’inaspettata libertà,ma con il pragmatismo che lacontraddistingue, la complicitàintellettuale di un ex studente e lacompagnia di Pandora, un gatto nero,riesce a reinventarsi una nuova vita, nellaquotidianità dei giorni che passano e nellanovità di quelli che verranno.

r. Mia Hansen-Løve or. Francia/Germania 2016 distr. Satine dur. 102’

Asghar Farhadi costruisce una storia incui le dinamiche della società sono il

volano che determina il continuo muta-re del valore degli atti e il progressivospostamento del significato dei senti-menti. Emad e Rana rappresentano laclassica giovane coppia della media bor-

ghesia di Teheran: la prossimità alla ba-se sociale dalla quale i due sono scaturi-ti è resa proprio nel concitato incipit am-bientato nel condominio pericolante.

È esattamente sullo stesso livello di re-lazione che Il cliente osserva sgretolarsil’edificio dell’unione tra Rana e Emad:nella fuga dell’aggressore giù per le sca-le del nuovo condominio in cui i due so-no andati ad abitare si dilegua anche larelazione di fiducia che unisce marito emoglie, non tanto di fronte alla società(che appare subito solidale e compren-siva, oltreché discreta), quanto di fron-te al sospetto di Emad che la verità siapiù grave di quanto l’opinione comunee l’orgoglio maschile ferito possano ac-cettare.

D’altro canto, il dramma di ArthurMiller che Emad e Rana stanno metten-do in scena rappresenta lo spazio di unaspecularità tra la vicenda dei suoi prota-gonisti e quella milleriana in cui Farha-di vede un parallelo tra l’America post -bellica, lanciata verso il mito del succes-so, e i cambiamenti umani e sociali im-pressi all’Iran contemporaneo. Vedi an-che nel n. 121, p. 6 e 7. m.c.

Il clienteForushande/The Salesman

Il palazzo in cui abitano Emad e Rana,giovani sposi di Teheran, è pericolantee i due così sono costretti in tutta frettaa trovare una nuova casa. Emad è un professore di liceo e ancheun attore di una piccola compagniacon cui, assieme a Rana, sta mettendoin scena Morte di un commessoviaggiatore di Arthur Miller. Grazie all’interessamento di un collegadella compagnia, la coppia trova unappartamento che si è appena liberato.Ma una sera Rana, sola in casa, vieneaggredita da uno sconosciuto e soloallora i due vengono a sapere dai viciniche la precedente inquilina era unaprostituta. Al di là del trauma subito da Rana,l’evento scatena in Emad l’ossessivobisogno di trovare il colpevole, facendoprecipitare la coppia in una serie dieventi che ricadranno sui sentimenti esulle vite di tutti.

r. Asghar Farhadi or. Iran 2016 distr.Lucky Red dur. 125’

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Dopo aver pianificato un film sul-l’evacuazione di Dunkerque, per

anni Nolan si è impegnato nella stesuradella sceneggiatura raccontando la vi-cenda dai tre punti di vista: la terra, l’ariae il mare. Queste ambientazioni diven-

Domani prende spunto da uno studioscientifico apparso nella rivista “Na-

ture” nel 2012 di Anthony Barnosky edElizabeth Hadly, in cui si prevede per l’ap-punto l’imminente scomparsa della no-stra società. Suddiviso per capitoli, portasullo schermo un’umanità varia che simuove infatti per cambiare il corso degli

eventi e promuovere una cultura “verde”,accostando varie esperienze, mostrandoche iniziative come la permacultura, l’uti-lizzo delle monete locali, le energie rinno-vabili contribuiscono a dare forma a unmondo più sostenibile.

Divenuto ben presto un caso cinema-tografico nelle sale in Francia, Domani,grazie a un sapiente montaggio che alter-na interviste e quindi un intento didat-tico a momenti più lirici e“cinematogra-fici”, ha il pregio di prefiggersi un viaggioottimista ed emozionante alla scopertadi nuove realtà.

Come dichiarano i due autori, l’in-tento del film è quello di raccontare unastoria. “Siamo stati influenzati da un sag-gio di Nancy Huston, L’espèce fabulatri-ce”. Nel trattare i temi classici dell’ecolo-gia, a partire dall’agricoltura, passandoall’energia, il documentario finisce colcondurci in un cammino più ampio econ l’affrontare problematiche legate al-l’universo dell’economia, dell’educazio-ne, della politica. Del resto, come dichia-ra Carlo Petrini, creatore di Slow Food,“mangiare è un atto politico”. Vedi anchenel n. 118/119. p. 27. l.c.

r. Cyril Dion e Mélanie Laurent or.Francia 2015 distr. Lucky Red dur. 110’

gono tre linee narrative del film che si in-trecciano liberamente.

Quella raccontata nel film è l’Opera-zione Dynamo, un episodio raramenteportato in primo piano nei film sulla Se-conda Guerra Mondiale, eccezion fattaper Dunkerque di Leslie Norman (GranBretagna1958).

Il film è girato su pellicola IMAX ingrande formato 70mm. Per aumentare ilrealismo del film la produzione ha usa-to in larga parte effetti speciali e ha uti-lizzato alcune vere imbarcazioni che ave-vano preso parte all’evacuazione rap-presentata nel film. Ha usato anche ae-roplani d’epoca. Oltre a selezionare concura gli interpreti, tra cui ha valuto Har-ry Styles, ex membro del gruppo One Di-rection (preferito ad attori professionisti),il regista per dare efficacia alle scene hausato fino a 1300 comparse.

Il film è stato acclamato dalla criticache ne ha lodato la regia, la fotografia, leinterpretazioni del cast e la colonna so-nora di Zimmer. Da alcuni critici è con-siderato uno dei migliori film di guerramai realizzati. Vedi anche nel n. 124/125,p. 6 e 7. m.g.

DunkirkNel 1940 sulla spiaggia di Dunkerque,la città più a nord della Francia,restano intrappolate migliaia di truppebritanniche e alleate. Circondate dalleforze tedesche, si trovano ad affrontareuna situazione senza via d’uscita. La prima parte del film è ambientatasulla spiaggia dove i due soldatiTommy e Gibson cercano di imbarcarsisu una nave in partenza fingendosiinfermieri: però, caricato un ferito,vengono rispediti a terra. Sperando di salire di nascosto su unaseconda nave, i due si nascondonosotto il molo. Gli attacchi tedeschi sono continui e idue, cui si unisce Alex, si rifugiano conalcuni scozzesi su una barca arenatasperando di usarla per fuggire. Maanche questa viene affondata. Allafine si salvano solo Tommy e Alex:vengono caricati dalla barca di Mr.Dawson. Tornano nel Regno Unito econ loro riescono a salvarsi numerosialtri soldati aiutati da varieimbarcazioni civili.

r. Christopher Nolan or. Usa/GranBretagna/Francia 2017 distr. WarnerBros Italia dur. 106’

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DomaniDemainUno studio scientifico annuncia lapossibile scomparsa di una partedell’umanità in un futuro piuttostovicino, entro il 2100. Cyril Dion e Mélanie Laurent, con unapiccola équipe, decidono di andare aiquattro angoli del mondo alla ricerca disoluzioni possibili, per comprendere leragioni e le cause di questa imminentecatastrofe, ma soprattutto come siapossibile evitarla. Nel corso del loroviaggio in diversi paesi incontrano figureche in questi ultimi tempi hannoinventato nuove modalità produttive,soluzioni alternative nell’ambitodell’agricoltura, dell’energia,dell’economia e in quello educativo. Traquesti, Charles e Perrine Hervé-Gruyerche nella campagna della Normandiahanno creato una fattoria biologica suiprincipi della permacultura, la cuipratica contribuisce alla rigenerazionedella biosfera, e Robert Reed,portaparola della cooperativa Recologydi San Francisco per il compostaggio…

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C’è qualcosa di dissonante nel sestofilm di Xavier Dolan, qualcosa che

si avverte subito perché è la traccia sono-ra più riconoscibile del suo cinema. Abi-tato da attori tutti francesi, È solo la finedel mondo perde l’accento quebecchesee parla letteralmente un’altra lingua.

Bloccato come il suo protagonistanello scarto temporale tra l’intenzione

È solo la fine del mondoJuste la fin du mondeLouis, giovane drammaturgo, ritorna daisuoi per la prima volta dopo dodici annidi esilio volontario. Per recuperare iltempo perduto ma soprattutto per provaread anticipare quello che resta. Perché stamorendo. A casa lo accolgono l’abbracciodi Suzanne, la sorella minore che non havisto crescere, Antoine, il fratello maggioreche si sente minacciato dal ritorno delfratello che aveva monopolizzatol’attenzione dei genitori nell’infanzia,Catherine, la cognata mai conosciuta cheesprime le sue verità balbettando, lamadre, affatto preparata al ritorno di unfiglio mai compreso. Cerimonia degli addii in cui la ferocias’impone sull’umorismo, Louis ètrattenuto, gli altri smodati nellaperplessità che nutrono verso chi anniprima li ha ‘ripudiati’. Nessuno sa piùniente dell’altro, la morte si appressa e lavoce per annunciarla si spegne su unindice che chiede il silenzio.

r. Xavier Dolan or. Canada/Francia 2016distr. Lucky Red dur. 95’

Enclave è un territorio in uno statodiverso da quello cui appartiene.

Con la speranza di garantire la pace leNazioni Unite, al termine della guerranell’ex Jugoslavia, hanno creato, in Ko-sovo, enclavi cristiane in territorio pre-valentemente musulmano. I bambini,che vengono allenati al sospetto, allaprevaricazione, alla vendetta. tra loronon si chiamano per nome, si identifica-no per appartenenza a una etnia piutto-sto che a un’altra. Sono le prime vitti-

me, eppure proprio da loro (e forse nonpotrebbe essere diversamente) arriva unsegnale di speranza. Nenad, il protago-nista, serbo di dieci anni, è costretto a la-sciare l’enclave e a trasferirsi a Belgrado,ma sa di aver trovato un amico proprionell’albanese Bashkim, nonostante en-trambi siano stati programmati per sen-tirsi diversi, fino al punto di odiarsi.

Interessante che il regista apra e chiu-da il film con immagini di scuola. È nell’au-la Named quando rilegge alla maestra ilcomponimento in cui ha descritto la suasolitudine di bambino che non ha nessu-no con cui giocare e si relaziona solo colprete e col papà. Ed è sempre in un’aula,a Belgrado, quando, nelle ultime inquadra-ture, è alle prese con il componimento Ilmio migliore amico. Che la scuola possa edebba essere terreno sul quale far nasce-re la condivisione è una bella immagine.E vale presso qualunque cultura, con qua-lunque religione. Una condivisione chenon significa assimilazione, ma reciprocoriconoscimento perché identità diverseche collaborano possono aumentare inmodo esponenziale il potenziale creati-vo. Vedi anche nel n. 120 p. 23. f.b. e t.c.

Enclave Enklava

Nenad -10 anni, serbo - vive in un paesefantasma del Kosovo. Va a scuola su uncarro armato ed è l’unico allievo. Treragazzi lo osservano da lontano: sonoalbanesi e si parlano a sassate. Il nonnodi Nenad muore e, durante il funerale,nella casa di Bashkim (uno dei tre ragazzialbanesi) si celebra un matrimonio. Quelgiorno Nenad gioca con altri ragazzi, maBashkim spara all’impazzata contro lanuova campana vicina alle macerie dellachiesa, imprigionando Nenad e ferendosia una gamba. Nel desiderio di trovare un colpevole ifamigliari di Bashkim danno fuoco alsimbolo della cristianità senza sapere chesotto c’è un bambino. Ma Nenad non èmorto. A Belgrado deve fare i conti conaltri ragazzi che lo apostrofano “albanese”. Nulla è cambiato? È cambiato Nenad.Forse lui un amico ce l’ha. È Bashkim chelo ha salvato da morte certa e gli hagridato “Torna!” quando stava perandarsene dall’enclave.

r. Goran Radovanović or. Serbia/Germania 2015 distr. Lab 80 dur. 92’

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di rivelare una (brutta) notizia e l’im-possibilità di farlo, È solo la fine del mon-do conferma l’equilibrio (sbilanciato)del cinema di Dolan (intensità e irrisio-ne, esuberanza e disperazione) ma ri-pensa la sua ‘musica’, ‘suonando’ la finedi una stagione artistica. Compresso fi-no all’asfissia, è il film più aspro dell’au-tore che segna una maturazione stilisti-ca ma ribadisce il medesimo e assolutobisogno di essere amati. Da J’ai tué mamère a Mommy è l’emozione comples-sa della vergogna, la vergogna di sé aseparare da sempre i membri delle fami-glie di Dolan che navigano a vista inquerelle infinite.

Con È solo la fine del mondo quella se-parazione è consumata senza appello inun’emorragia di parole quasi postumeche affondano nella pièce di Jean-LucLagarce. Atto unico, baleno di disagioassoluto, arco di isteria incontenibile, Èsolo la fine del mondo annuncia la finedel mondo, quello del protagonista equello dell’autore, che si fanno silenti.Perché gli altri non vogliono sentire, per-ché gli altri non possono sentire. Vedianche nel n. 120, p. 14 e 15. m.gn.

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Scommettere sull’incontro tra il suomondo narrativo e quello di Massimo

Gramellini, autore del libro omonimoda cui prende le mosse il film, due pia-neti apparentemente lontanissimi fra diloro, era arduo. Invece Bellocchio nonsolo ha sostanzialmente “rispettato” queltesto - la storia personale del giornalistae scrittore piemontese (comunque noncoinvolto nella sceneggiatura, scritta dal

regista insieme a Edoardo Albinati e Va-lia Santella) - ma ha reinventato, anco-ra una volta, il suo cinema.

L’infanzia nell’Italia di Canzonissima,delle foto di Gianni Morandi incollatesu un album e di quel Belfagor amatoda Massimo e da sua madre, quella crea-tura televisiva che il protagonista daadulto (Valerio Mastandrea) indicheràcome figura che lo ha protetto e salvatodopo la morte della donna, che ha impe-dito di farlo “impazzire”, dirà.

Nella scena del ballo casalingo diver-tito tra il piccolo Massimo e la sua mam-ma che apre il film la fantasia belloc-chiana è immagine, una musica che rac-chiude il tempo, che proprio nella gioiadell’attimo custodisce già l’imminenzadella perdita.

Quello di Bellocchio è un lavoro sugliocchi, sullo sguardo del protagonista bam-bino, poi teenager e dopo adulto, più chesulle parole. È un film sul desiderio che siimpietrisce, sul sentimento occluso; ope-ra che in un bacio sottratto alla vista de-gli invitati di una festa, però, sa conse-gnarci forse l’ipotesi di una rinascita. Ve-di anche nel n. 120, p. 10 e 11. l.g.

r. Marco Bellocchio or. Italia/Francia2016 distr. 01 Distribution dur. 133’

Dopo Saving Mr. Banks, Hancock cipresenta un altro personaggio emi-

nente del Novecento americano, comeDisney - protagonista del primo film -ricco di ambiguità e ne disegna la perso-nalità grandiosa e allo stesso tempo in-gombrante. Il dato storico è curioso: nel-la Prima Guerra Mondiale Ray Kroc fuambulanziere per la Croce Rossa e tra i

suoi commilitoni c’era Walt Disney lacui ascesa imprenditoriale nel mondodell’entertainment lo avrebbe ispirato.Con The Founder assistiamo a un’asce-sa più squisitamente finanziaria, pursempre legata ai valori della cultura nor-damericana: la famiglia, il divertimento,il marketing che fa degli “archi d’oro”della M di McDonald’s il simbolo stessodell’America. Come nel processo di ele-vazione a icona di Mary Poppins, Disneyfu il fondatore del mito, ma Pamela Tra-vers l’autrice, così in questa vicenda esi-stono due autori misconosciuti che ilfilm svela, i fratelli McDonald. Si ripeteuna storia nota: un inventore ha l’idea eun imprenditore - che diventa celebre -la sfrutta per il successo economico. Fa-cebook e Mark Zuckerberg ne sono uncaso recente.

Dick e Mac hanno inventato il fast-food,applicando alla ristorazione i meccani-smi della catena di montaggio. Sono an-che i detentori dell’anonimo cognomeche, a loro insaputa, si rivelò l’asso nel-la manica di Kroc nel trasformare iMcDonald’s in un mito mondiale. Vedianche nel n. 122, p. 26. c.m.v.

The FounderIllinois, anni Cinquanta. Ray Kroc è unrappresentante di macchine per frappèche cerca di vendere ai bar e drive-in. Haraggiunto una discreta posizioneeconomica ma ambisce a qualcosa di più. Un giorno riceve l’ordine di acquisto di seifrullatori da un ristorante in California.Incuriosito, guida per chilometri fino aSan Bernardino dove trova un piccolochiosco su strada, che in pochi secondi gliserve un hamburger completo e unabibita. È gestito dai fratelli Dick e MacMcDonald, brillanti e ingegnosi self-made men che hanno messo a punto ilSistema Espresso: macchinari semi-automatizzati accompagnati damovimenti ottimizzati, permettono acuochi e camerieri di essere rapidi ecompetitivi nel servizio. Intuendo le potenzialità di questo mododi fare ristorazione, Ray Kroc propone aifratelli la diffusione del loro marchio edel loro sistema in altre città tramite lamodalità del franchising. È la nascitadei McDonald’s e dell’imperomiliardario di Kroc.

r. John Lee Hancock or. Usa 2016 distr.Videa (2017) dur. 115’

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Fai bei sogniHa 9 anni, vive a Torino con un padresevero e freddo e una madre che adora,ricambiato. Passa molto tempo con lei:in casa, fuori. Una notte, però, ladonna si uccide gettandosi dal balcone.Massimo scoprirà la verità (chedunque non è stato un “infartofulminante” a portarla via) soltanto daadulto, quando ha ormai più anni diquelli di sua madre, trentottenneall’epoca dell’accaduto. Per anni Massimo racconterà ai suoicompagni di scuola che sua madre vivein America, poi crescerà, diventerà ungiornalista sempre più noto, cronistasportivo, inviato di guerra in Bosnia,fino a quando la risposta alla lettera diun lettore del suo giornale lo renderàancora più celebre e, al contempo, loriporterà ai fantasmi di un’infanziache hanno bloccato la sua vita e isentimenti fino all’età adulta. Un attacco di panico, un giorno, loporterà a conoscere una donna, unapossibilità nuova…

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La guerra che doveva risolversi in unlampo è ormai terminata. Attesa e

auspicata dalla vecchia Europa comeuna festa catartica, inneggiata dagli in-terventisti nelle piazze del ‘maggio ra-dioso’ e della‘comunità di agosto’, ha im-molato 15 milioni di vittime. Ovunque èdisinganno. La Germania, costretta a sot-toscrivere la pace più umiliante mai in-

flitta a un nemico, si macera in un risen-timento che di lì a poco sfocerà nell’in-dividuazione di un capro espiatorio e inun rinnovato nazionalismo.

Ozon coglie i suoi protagonisti nellacupa intersezione di questo periodo sto-rico, in una cittadina tedesca all’alba delDiktat, tra il dolore della sconfitta, la dif-fidenza verso lo straniero, l’odio crescen-te verso la Francia vincitrice.

Tutto sembra avvolto in un lenzuolofunebre, gli uomini sono come ombrevicine ai morti. Il bianco e nero definiscel’anoressia interiore, le esistenze ormaiscolorite con sogni in frantumi e giornicongelati dinanzi ai sepolcri.

Il cimitero dove Anna e Adrien si in-contrano è un luogo sospeso, crocevia diafflizioni, rassegnazione e sensi di colpa.Entrambi portano un peso enorme:Adrien per il rimorso e la ricerca dispe-rata di assoluzione e Anna per l’incapa-cità di uscire dal lutto.

Ozon non teme di esaminare la socie-tà postbellica, di esplorare la paura dellostraniero, il risveglio dei nazionalismi inun’inquietante simmetria col nostro pre-sente. Vedi anche nel n. 118/119, p. 24. a.s.

Frantz Al termine della Prima guerra mondiale,in una cittadina tedesca, Anna si recatutti i giorni al cimitero sulla tomba delfidanzato Frantz, deceduto sul frontefrancese. I genitori della vittima hannoaccolto la ragazza come una figlia e conlei condividono il dolore e larassegnazione del lutto. Un giorno Anna scorge un giovanesconosciuto omaggiare la tomba diFrantz con dei fiori in uno stato d’animodi particolare commozione. Il misteriosouomo è Adrien, un ex soldato francese. La presenza di questo straniero suscitareazioni sociali molto forti e sentimentiestremi nella cittadina che, nei giornidelle trattative di Versailles cheinchiodavano la Germania in una pacepunitiva, è in preda all’odio verso laFrancia. In questa assiduafrequentazione Anna comincerà anutrire sentimenti ambivalenti versoAdrien. Il film è tratto da uno spettacolo teatraledi Rostand, adattato nel 1932 daLubitsch.

r. François Ozon or. Francia 2016 distr.Academy Two dur. 113’

Sofia è piccolissima al confronto dellamano del GGG così come lui, gigante

nel mondo degli umani, è praticamenteun nano in quello dei giganti. I due sonoinizialmente diffidenti l’uno dell’altra ehanno validi motivi per esserlo: il GGG te-me che la bambina riveli la sua esisten-za e Sofia ne ha semplicemente paura.Capiranno di dover fare un reciproco sfor-zo di comprensione finendo così per co-

stituire una coppia di amici che sannoascoltarsi. Infatti solo grazie all’opera diconvinzione da parte della bambina il gi-gante accetterà di presentarsi alla Reginad’Inghilterra in una delle sequenze più di-vertenti dell’intero cinema spielberghia-no. Qui il regista porta sullo schermo tut-ta l’ironia che un americano pragmaticopuò esercitare, seppure in modo bonario,nei confronti della formalità e dell’eti-chetta che improntano la vita di corteportando anche sullo schermo una sosiadella regina Elisabetta II. Non è poi sicu-ramente un caso che l’orfanotrofio in cuivive Sofia ci rimandi a una società chepotremmo definire dickensiana mentresuccessivamente entrano in scena ele-menti della contemporaneità.

È come se Spielberg ci volesse ricor-dare che ancor oggi esiste un’infanziasofferente che ha bisogno di poter so-gnare e realizzare una vita diversa e cheil bullismo, di cui è praticamente vittimail pur anziano GGG, sta mettendo radi-ci che vanno estirpate senza per questoutilizzare la violenza. Vedi anche nel n.121, p. 17. g.za.

Il GGGIl Grande Gigante GentileThe BFG

Londra. La piccola orfana Sofia una notte,affacciandosi alla finestra dell’istituto incui è ospite, è catturata dall’enorme manodi un gigante che la porta con sé in unagrotta del Paese dei Giganti. La bambinateme di essere mangiata, ma scoprirà chechi l’ha rapita è il GGG, il Grande GiganteGentile, diverso dai suoi consimili. Questisi nutrono di esseri umani prediligendo ibambini, il GGG si ciba invece di vegetali. Sofia scopre che il GGG l’ha rapita perchévoleva evitare che diffondesse la notiziadell’esistenza dei giganti, anche sevorrebbe fare di tutto per ostacolare leimprese dei suoi simili che lo maltrattanoper la sua diversità. La bambina decide di aiutarlo. Capirà cheè lui il personaggio che cattura i sogni e liinvia ai bambini. I due visiterannoinsieme il Paese dei Sogni ma dovrannoanche convincere la regina dell’esistenzadei giganti perché i cattivi siano messi incondizione di non nuocere.

r. Steven Spielberg or. Gran Bretagna/Usa/Canada 2016 distr. Medusa dur. 115’

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James Gunn prosegue la sua esplora-zione dei legami affettivi in quanto

motore delle imprese umane, in una per-sonalissima visione per effetto della qua-le la famiglia non è data necessariamen-te dai legami parentali, quanto dall’em-patia che si stabilisce fra gli individui.Lo scontro edipico fra padre e figlio ca-rica infatti di tragicità una ridefinizione

della famiglia che il ragazzo ritrova tan-to nei naturali compagni di viaggio (iGuardiani appunto) quanto nella figuradel “padre putativo” Yondu, che ottienecosì la sua promozione da semplice mer-cenario, a figura fondamentale per la de-finizione del protagonista.

L’aspetto qualificante del tema affron-tato da Gunn, però, sta tutto nel modo incui la sua opera si rapporta all’iconografiaconsolidata dalla tradizione: restano sem-pre centrali i riferimenti all’avventura spa-ziale del cinema anni Ottanta. Contestual-mente, il gioco dei riconoscimenti è ac-compagnato dalla tendenza a smarcarsidal già fatto per ottenere una propria spe-cificità, segnale di un cinema che non vuo-le essere mero ricalco e che, nel rispec-chiamento con i modelli, trova anzi la pro-pria unicità. La storia di Peter e della suaconsapevolezza in quanto persona (primaancora che personaggio) si accompagnaperciò a una dialettica feconda con la tra-dizione cinematografica della fantascien-za moderna, incarnata non a caso dal vol-to iconico di Kurt Russell (eroe di 1997:Fuga da New York e Stargate), interprete diEgo. Vedi anche nel n. 123, p. 24. d.d.g.

Guardiani dellaGalassia Vol. 2Guardians of the GalaxyVol. 2

I Guardiani della Galassia, Peter Quill,Gamora, Drax, Rocket e Baby Groot,portano a termine il recupero di alcunebatterie spaziali per conto dei Sovereign.Ma Rocket “trattiene” parte del bottino,attirando sul gruppo l’ira dei proprietari.A salvare la situazione arriva Ego, il padreche Peter non ha mai conosciuto e che oraè tornato per ricucire il rapporto con suofiglio. Ego è un pianeta vivente, ha amatouna terrestre assumendo forma umana eora è pronto a passare il suo potere a Peter,poiché in lui ha individuato traccia delsuo stesso gene celestiale. Nel frattempoYondu, il mercenario che ha cresciutoPeter, viene incaricato dai Sovereign dirintracciare i Guardiani. Si scoprirà cosìche l’alieno ha sempre lavorato per Ego,che, dal canto suo, ha cercato per anni digenerare un erede con cui ridisegnare edominare l’universo a suo piacimento.

r. James Gunn or. Usa 2017 distr. WaltDisney dur. 136’

Barletti e Conte, adattando l’omonimolibro di Carlo D’Amicis, portano sul-

lo schermo una favola grottesca domina-ta da bambini senza età che giocano ofanno la guerra portando sulle spalle ilpeso del passato. Un mondo lontano dal-le immagini ricorrenti e stereotipate delSud Italia che richiama lo spettatore attra-verso la fotografia di Dario Cimatti - satu-

ra di colori - a uno stato primitivo, ance-strale. Un mondo nuovo, accennato, dise-gnato, dove raccontare il momento delcambiamento, l’emancipazione dalla lot-ta di classe, secolare come i personaggi.

I registi costruiscono un mondo inequilibrio nella dualità: ricchi e poveri,amore e odio, acqua e terra, dove i per-sonaggi esistono in rapporto al loro con-trario, in continua tensione e sofferenza.

Uno dei sottotesti del film, oltre alla ri-bellione, la lotta di classe e il racconto diformazione, si trova nella rilettura che idue registi fanno della metà degli anni70. Attraverso un’elaborazione psicolo-gica e culturale, più che folcloristica enostalgica, il film mette in scena l’ambi-to mentale di quel periodo formato daun sistema di valori, di rapporti inter-personali e sociali specifici, diversi daquelli di oggi. Per il meridione è il mo-mento della rottura, della bipolarizza-zione ricchi e poveri scandita dalla nasci-ta della nuova classe sociale, la borghe-sia, e dal coraggio, dalla volontà di anda-re altrove verso nuove terre, come faràMela attraversando il mare. Vedi anchenel n. 123, p. 21. s.h.v.p.

La guerra dei cafoniA Torrematta è guerra tra padroni e poveri- Signori e Cafoni - i primi per dominare, isecondi per sopravvivere. Il prologosuggerisce la lettura del film. Nel 70 Marinho (per i Signori) e Scaleno(per i Cafoni) guidano ancora una volta lerispettive bande - formate da ragazzi ebambini - per il dominio su Torrematta:gli adulti sono assenti. Durante unamissione punitiva Morhino, intrufolatosinella casa di Mela (sorella del piccoloCafone Tonino) piscia sul santo protettoredei Cafoni Papaquaremma e, colpendo ilcane Mosè (che si perde nelle acque) mettein moto la storia.Mela va alla ricerca del cane.Imbattendosi in Morhino più volte, i due siscoprono innamorati, amanti archetipici,segreti come Romeo e Giulietta. Dopo aver perduto la bandiera dei Signoriduramente conquistata i Cafoni decidonodi chiedere aiuto al terribile Cuggino,esterno a Torrematta, che porterà i duegruppi a guardarsi e a riconoscersi.

r. Davide Barletti, Lorenzo Conte or.Italia 2017 distr. Ismaele Film dur. 97’

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Gli uomini presenti nel film della re-gista Hamoud, siano essi mussul-

mani o cristiani, giovani o meno giova-ni, non si rendono conto che la forza deldesiderio di emancipazione delle donnepuò essere rivoluzionaria. E quindi nonsanno stare al passo delle loro compagnedi strada. Le quali, pur provenendo da si-tuazioni familiari e culturali molto di-

verse tra loro, piano piano, e ciascuna amodo suo, affinano la percezione della li-bertà intesa come possibilità di scelta.

Il titolo originale, Bar Bahar, sta a in-dicare uno stato di incertezza, un esse-re in bilico che rispecchia la difficile scel-ta delle tre protagoniste tra tradizione emodernità, tra l’adeguarsi (e l’acconten-tarsi) e il proprio riconoscimento.

Laila, Selma e Nour non sono presen-tate come eroine, sono ragazze norma-li e, seppur piene di cicatrici, non han-no perso la voglia di sognare. Non so-gnano il principe azzurro, sognano diessere se stesse e si dimostrano fortissi-me nonostante le fragilità.

Nella significativa scena finale esco-no dall’appartamento e si affacciano albalcone come se si affacciassero al lorofuturo. È notte a Tel Aviv, ma si è a un pas-so dall’alba. Sono Donne come quelledescritte nei bellissimi versi di Alda Me-rini. Ci sono donne. E poi ci sono le Don-ne Donne. Amale sapendo che non nehanno bisogno: sanno bastare a se stesse.Ma appunto per questo sapranno ama-re te come nessuna prima di loro. Vedianche nel n. 123. p. 20. f.b. e t.c.

r. Maysaloun Hamoud or. Israele/Francia 2016 distr. Tucker Film dur. 96’

Nell’epoca in cui tutti ambiscono aquindici minuti di celebrità, due so-

relle attaccate tra loro da un lembo dipelle non desiderano che vivere una vi-ta normale. Una normalità che può pas-sare solo attraverso la separazione deiloro corpi. Scelta non facile, che compor-terebbe sofferenza per le due ragazze.

Il corpo umano e la sua superficie,organo simbolico interposto fra il sé e il

mondo, luogo su cui costruire moltepli-ci discorsi, fantasie e desideri. Attorno aquesto nucleo tematico, De Angelis e losceneggiatore Nicola Guaglianone im-bastiscono una storia di formazione daitratti carnali e onirici. Le due cantanti ri-scuotono successo soprattutto per la lo-ro particolarità fisica, esibita senza trop-pe discrezioni dai genitori delle due pertrarne profitto. Una famiglia disastrata,Peppe è un padre-padrone, mentre Tit-ti è una madre con una forte dipenden-za dalla marijuana. Nonostante questo,il contesto familiare non è del tutto pri-vo di amore, i due genitori sono coscien-ti delle loro miserie, pur non sapendocirinunciare, e conoscono bene anche ilcontesto di degrado in cui vivono, quel-lo dell’hinterland napoletano.

Proprio il degrado è una delle compo-nenti importanti, splendidamente ritrat-to nelle ambientazioni trash-decadentidel litorale domizio. Le spiagge semide-serte e gli edifici fatiscenti restituisconoun’atmosfera sospesa e onirica, in cui simuovono personaggi bizzarri e in cui ilmelting pot etnico la fa da padrone. Ve-di anche nel n. 120, p. 24. m.m.

IndivisibiliDaisy e Viola sono due gemelle siamesidiciottenni con un grande talentocanoro. Fanno su e giù con il lorofurgone lungo tutto il litorale Domizioper prendere parte come cantanti aogni tipo di evento in cui è richiesta laloro presenza. Ad accompagnarle c’è laloro sconquassata famiglia, che hacostituito una vera e propria impresaper portare in giro lo spettacolo canorodelle sorelle. A orbitare attorno alla famiglia delleragazze c’è anche Don Salvatore, uncontroverso prete che sta per fondareuna sedicente chiesa nuova. Il preteritiene che le ragazze siano due sante ele vuole al centro del suo progettoreligioso. La vita delle ragazze subisce una svoltaquando un medico dice loro di poterleseparare. Le due vogliono effettuare gliaccertamenti per capire se l’interventosia fattibile, mentre i loro genitori sonocontrari, preoccupati che la famigliaperda l’unica fonte di sostentamentoeconomico.

r. Edoardo De Angelis or. Italia 2016distr. Medusa Film dur. 104’

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In BetweenLibere, disobbedienti,innamorateBar BaharTre ragazze palestinesi condividono unappartamento a Tel Aviv. Sono diverse traloro e le differenze creano fin da subitocrepe nel menage. A complicare il clima cipensa Wissam, il fidanzato di Nour,scontento di vedere la futura moglie viverein quell’appartamento. Quando Wissam, con un’azione di forza,compie il più ignobile atto nei confronti diuna donna, le tre ragazze scoprono diavere in comune la ribellione verso unasocietà patriarcale che stritola ogniaspirazione. Coalizzano per sciogliere lapromessa di matrimonio di Nour. Ma, sfondato un soffitto, ce n’è sempre unaltro. Selma deve rassegnarsi a non essereaccettata dai genitori quando scoprono lasua omosessualità e Laila deve fare i conticon un fidanzato dalla mentalità apertafino alla porta di casa perché, nello spaziochiuso tra le pareti domestiche, la parola“volontà” non ammette il plurale.

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Il film inizia su schermo nero con dialo-ghi tra il protagonista e un funzionario

statale che deve verificare il diritto a un’in-dennità di malattia. L’ottusità spietata del-la macchina burocratica tocca in questaconversazione vertici surreali. Oltre al de-siderio di raccontare gli ultimi della socie-tà, caratteristica costante del cinema di

Loach/Laverty, questa volta i due autorisono andati a intervistare le persone chefrequentano i banchi alimentari oppurei consultori dove si ottengono i sussidi dimalattia e disoccupazione.

In questa avventura kafkiana, un osta-colo quasi insormontabile si rivela l’in-formatica, efficace strumento del pote-re per scoraggiare le persone digiune ditecnologia. Per Daniel che non conosceil web e non sa usare il mouse, compila-re una domanda è impresa impossibile:e il film ce lo mostra in scene tinte diamaro humour.

Su uno sfondo grigio, si tratti del cie-lo o dei muri delle case di un triste quar-tiere periferico, i personaggi affrontanole difficoltà da soli, anche se cercanocompagnia e solidarietà.

La deriva dell’esistenza imposta dalloStato è narrata con la consueta ironia (chenon ha altro effetto che quello di potenzia-re il dramma), la solidità della sceneggiatu-ra, l’intensità delle interpretazioni, con Da-ve Johns, un cabarettista e improvvisatoreche presta volto e sguardo al suo personag-gio e Hayley Squires, perfetta nel ruolo diKatie. Vedi anche nel n. 120, p. 27. m.ma.

Io, Daniel BlakeI, Daniel Blake

Newcastle: su al nord, lontano da Londra.Un tempo sede di cantieri tra i piùimportanti al mondo e ora un quartierepovero dove vive il proletariato, quellovero. Gente dignitosa che non ha i soldiper fare una spesa al supermarket e chedeve vendere i mobili di casa persopravvivere. Come Daniel Blake, unfalegname di Newcastle di sessantadueanni, di cui quaranta trascorsi facendo ilcarpentiere, costretto a chiedere unsussidio statale in seguito a una grave crisicardiaca. A causa di incredibili incongruenzeburocratiche si trova nell’assurdacondizione di cercare lavoro mentreaspetta la sua richiesta di indennità permalattia. Durante una delle sue visite alcentro per l’impiego, Daniel incontraKatie, giovane madre single di due figlipiccoli, disoccupata. L’uomo vede in quellaragazza, con due bambini a carico enemmeno un centesimo in tasca, la figliache non ha mai avuto.

r. Ken Loach or. Belgio/Gran Bretagna/Francia 2016 distr. Cinema di Valerio DePaolis dur. 100’

Larrain ha ricostruito la Storia rompen-do ogni schema narrativo convenzio-

nale. Le dichiarazioni del regista sono unachiave di lettura al tempo stesso didasca-lica e misteriosa del film. Il regista elimi-na il più possibile notizie e giudizi storico-politici sui due personaggi centrali.

Di JFK si ricordano solo alcune presedi posizione e operazioni. Anche di Jac-

queline Bouvier non si forniscono noti-zie sulla biografia privata. Si coglie solol’eleganza e la raffinatezza nella sceltadella divisa tipica: una serie di tailleursdisegnati dalla parigina Coco Chanel mafabbricati a Manhattan, una bella testacotonata di capelli bruni, raccolti sottoun cappellino “a tamburello”.

Tutto il film è costruito sul tentativo diJackie, largamente riuscito, di manipola-re gli avvenimenti e di conferire loro ladimensione simbolica, immutabile e sa-crale del Mito e della Leggenda. Del re-sto la donna nella lunga intervista che fada cornice al film afferma la volontà dicontrollo totale sul testo, imponendo algiornalista il silenzio sulle parti più de-licate e criticabili del suo racconto. Espli-citamente Jackie gli dice: “La gente amale favole”, oppure “la storia non esiste”,“la verità è l’opinione della gente”, “larealtà non si vede, ma adesso abbiamola televisione e tutti potranno giudicare”.In altri termini Jackie ha ben chiaro ilsuo progetto narrativo all’interno delquale costruire la propria immagine equella del Presidente. Vedi anche nel n.122, pagine 6 e 7. f.v.

JackieUna settimana dopo l’assassinio delmarito Presidente degli Stati Uniti(Dallas, 22.11.1963) JacquelineKennedy concede a un giornalista unalunga intervista in cui rievoca la suaesistenza da first lady e da testimoneprivilegiata degli avvenimenti. Il lungoflash-back si sviluppa attorno ai tregiorni che seguirono l’assassinio, sinoal solenne funerale. Jacqueline imponeun percorso a piedi, con ildispiegamento di un apparatospettacolare volto a costruirel’immagine mitica del grandePresidente. Del resto la medesima strategia erastata dispiegata nel documentariotelevisivo del regista Franklyn J.Schaffner A Tour of the White Housewith Mr. John F. Kennedy (1960), in cuila first lady guidava gli spettatoriattraverso gli interminabili saloni dellaCasa Bianca, colmi di quadri esuppellettili, raccolti con la finalità diricostruire l’identità storica dellaresidenza-simbolo degli Usa.

r. Pablo Larrain or. Cile/Usa/Francia/HongKong 2016 distr. Lucky Red dur. 91’

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La La Land è una congiunzione idea-le tra diverse epoche cinematografi-

che, in cui il cinema contemporaneo vaa nutrirsi di schemi e suggestioni classi-che, omaggiando i fasti dell’età dell’orodel cinema hollywoodiano.

Chazelle dimostra che un film può ispi-rarsi a ogni epoca, in una percezione tra-sversale che gli consente di riattivare nel-

lo spettatore emozioni nostalgiche e rivi-sitare il connubio delle ispirazioni classi-che e della sensibilità della nostra vita at-tuale con le attrezzature del XXI secolo.

Per Emma Stone e Ryan Gosling il re-gista si è ispirato a coppie leggendariecome Fred e Ginger. La musica nel filmrapisce i protagonisti in un turbine dan-zante, è un filtro magico che li trasferisceogni volta in un mondo parallelo mentrela città di Los Angeles, di riflesso, diven-ta una tela dove i sogni prendono vita.

Mia e Sebastian hanno aspirazionicomuni ma paradossalmente il raggiun-gimento delle mete professionali li por-terà a dividersi, in una inequivocabilerappresentazione del precario equilibriotra la vita e l’arte. Interessante la scansio-ne delle stagioni che concorda con glistati d’animo: la primavera che vedesbocciare aspettative lavorative e pro-messe sentimentali, l’estate dove l’amo-re divampa, l’autunno che accenna aiprimi dubbi e l’inverno che sfocia neldisincanto.

Del tripudio musicale dell’incipit re-stano le note meste del rimpianto. Vedianche nel n. 122, p. 12 e 13. a.s.

La La LandLos Angeles. Sebastian è un pianistajazz costretto a sbarcare il lunario coningaggi di ripiego, ma desideroso diaprire un live club dove poter esprimereil proprio talento. Mia è invece un’aspirante attrice chelavora come cameriera in un caffè,all’interno degli studi cinematograficidella Warner Bros, e tenta in ogni mododi realizzare le proprie aspirazioni daattrice presentandosi invano ainnumerevoli casting. Le strade dei due giovani si incrocianoper casualità e i due iniziano asupportarsi a vicenda, condividendopassioni e ambizioni. Sebastian accetta la proposta di unapop band molto distante dalle sueaspirazioni artistiche ma in forteascesa. Il repentino successo dalla bandinizierà a incrinare il rapporto dicoppia con Mia. Seguire le proprie ambizioni restandoaccanto alla persona amata si riveleràun’impresa davvero difficile da portarea termine.

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Prima ancora di essere personaggio,Kubo è un narratore e crea vicende

fantastiche di un passato che non cono-sce e che deve essere scritto nel suo far-si: il destino è condiviso con i due com-pagni di strada, una Scimmia che untempo era un oggetto inanimato e che fale veci di una madre afflitta da radi bar-

lumi di memoria, in una vita altrimenticaratterizzata da un continuo stato cata-tonico; e poi lo Scarabeo, cui pure la ma-ledizione sembra aver cancellato i ricor-di – forse la figura più radicale per comeoscilla in continuazione fra lo status dipersonaggio leggero e demistificatorioe quello di vero eroe, in cui si realizza unrepentino cammino iniziatico paralleloa quello del protagonista.

Tre personaggi che sono tre punti dipartenza, tre fogli bianchi su cui scrive-re una nuova storia che vediamo svi-lupparsi in tempo reale, attraverso unastruttura narrativa che a sua volta rie-cheggia modelli classici di avventura,horror, fantasy e mistero, e un citazio-nismo mai esplicito ma sempre atten-to a creare possibili risonanze verso mo-delli altri e comunque universali. Kuboe la spada magica non si fa infatti ste-rile lezione teorica sul potere della nar-razione, ma mira a un risultato che per-metta al suo pubblico di riscoprire ilpiacere dell’affabulazione e del meravi-glioso (tipico di ogni narrazione avven-turosa o fantasy). Vedi anche nel n. 120,p. 31. d.d.g.

Kubo e la spadamagicaKubo and the Two StringsAntico Giappone. Kubo è figlio di unamaga ormai malata e orfano di padre,ucciso dal malvagio nonno Raiden, lostesso che ha privato lui di un occhioappena nato. Le sue giornate trascorronoal mercato, dove usa la magia peranimare la carta e raccontare storiefantastiche sull’eroico guerriero Hanzo esulla sua lotta contro il male. Ma nonsono soltanto storie, come avrà modo discoprire presto: Hanzo era infatti suopadre, reo di aver amato sua madre,maga di un regno fantastico chedisprezza l’umanità, e che per amoreaveva abbandonato le sue radici. Così,rimasto fuori dopo il tramonto, Kuboviene trovato dalle perfide sorelle dellamadre che vogliono rubargli l’altroocchio per conto di Raiden. Salvato dallamadre con le sue ultime forze, Kubo deveora intraprendere un viaggio alla ricercadell’armatura paterna, che potràsalvarlo dagli attacchi dei nemici.

r. Travis Knight or. Usa 2016 distr.Universal dur. 101’

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r. Damien Chazelle or. Usa 2016 distr.01 Distribution dur. 127’

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Lego Batman potrebbe anche essereconsiderato uno stretto parente dei

Batman burtoniani e, perché no, di quel-li di Nolan, con l’eroe avventuroso, unpizzico arrogante, sfrontato ma ancheirrisolto nel rapporto con il suo tragicopassato. Non te lo aspetti proprio chel’ennesima puntata cinematografica del-l’uomo pipistrello possa essere un rac-conto degno di una graphic novel sofisti-cata e non una parodia montata ad arte

per il mercato come si montano i mat-toncini Lego.

Ma se gli albi patinati hanno un pub-blico più maturo, il miracolo di Lego Bat-man sta nel coniugare registri linguisti-ci e figurativi adatti anche ai bambini,sulla tradizione dei migliori film di ani-mazione dell’ultimo ventennio, perchénonostante Batman sia squadrato e lu-cido come un mattoncino in plastica,riesce a incarnarsi fino all’empatia conlo spettatore.

La storia non è originalissima, maconvince l’idea di complicare la tramacon l’esasperante egocentrismo di Bat-man, per nulla convinto di dividere lascena con Barbara Gordon o di farsi aiu-tare da Dick e Alfred. Il film viaggia spe-dito su funamboliche sequenze di azio-ne e momenti comici, ciò che sorpren-de è però vedere allo specchio Bruce, ilmiliardario solo, raramente senza ma-schera, proprio come un bambino chenasconde la propria fragilità, rimprove-rato dal “padre adottivo” Alfred, che lo in-vita a diventare uomo fuori dal gioco delsuperumano, lasciando spazio alle emo-zioni. Vedi anche nel n. 122, p. 30. a. l.

Lego BatmanIl filmGotham City saluta il commissarioGordon, finalmente in meritatapensione, e si prepara a un nuovo corsocon la figlia dello stesso commissario,Barbara. Quest’ultima intendedelegittimare l’autonomia dei vigilantimascherati nella lotta al crimine. CosìBruce Wayne si ritrova solo nella suaenorme dimora. A rompere la quiete ci pensa Joker - chenon desidera altro che essere consideratoda Batman il più importante tra i suoinemici - e il giovane Dick Grayson, che sifa adottare da Wayne, sulla spinta delmaggiordomo Alfred. Nonostante siariluttante, per fronteggiare Joker e tutti imostri che lo hanno seguito a Gothamdopo la fuga dalla Zona Fantasma, ilmiliardario è costretto a fare squadracon Dick (nei panni di Robin), BarbaraGordon e lo stesso Alfred. Dopo una battaglia epica, il bene avrà lameglio sul male, ma soprattuttoBatman/Bruce Wayne accetterà l’idea difamiglia, adottando Dick.

r. Chris McKay or. Usa 2017 distr. WarnerBros. dur. 90’

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La prima immagine del film è un reti-colo in bianco/nero, che ben presto si

trasforma nel folto intrico dei rami di unbosco in mezzo al quale corre un solda-to tedesco raggiunto da una fucilata chelo uccide. L’intrico, l’indecifrabilità, la dif-ficoltà di comprendere insieme con lapaura e un’incombente minaccia di mor-te torneranno più volte nel testo con va-lore metaforico, per esempio nelle portea vetri che non lasciano intravedere, attra-

verso le quali tuttavia traspaiono immi-nenti minacce.

Le immagini tetre rendono efficace-mente il clima di oppressione e di terro-re in cui vivono i sudditi del Reich, delquale strumenti di dominio sono la men-zogna della propaganda, il controllo ca-pillare, la corruzione, la delazione, il ri-catto e la violenza, utilizzata sistemati-camente. La sceneggiatura si giova delmodulo più volte ripetuto di scrittura erecapito delle cartoline in luoghi pub-blici che ne favoriscono la diffusione e siavvale della suspense da thriller.

L’analisi psicologica è affidata all’abilitàdegli interpreti, i quali rendono in manierapersuasiva pensieri, esitazione, dubbi, an-goscia, dolore, trepidazione, determinazio-ne, ferma solidarietà dei due protagonisti e,nell’ispettore di polizia Escherich,la consa-pevolezza della propria professionalità, consenso del dovere, offerta al Reich quale ser-vizio, progressivamente incrinata dall’espe-rienza della violenza gratuita di cui è obbli-gato a essere vittima e autore, dal senso dicolpa e dalla presa di coscienza del nonsenso del proprio ruolo e dell’intero siste-ma. Vedi anche nel n. 120. p. 21. m.g.r.

r. Vincent Pérez or. Germania/Francia/Gran Bretagna 2016 distr. Videa dur. 97’

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da BerlinoAlone in BerlinBerlino 1940. Alla notizia che il figlioHans, è morto, Anna si ribella, accusandoil regime di aver ingannato i sudditi conmenzogne. Il marito Otto, capofficina, allavoro osserva con sofferenza il manifestocon cui il Führer invita i giovani adarruolarsi; a casa modifica la scrittariportata in una cartolina sottol’immagine di Hitler con l’espressione “Ilbugiardo”. Poi scrive cartoline anonimeche accusano il regime di falsità, invitanoalla ribellione e alla diffusione dellaconsapevolezza. La moglie decide diaccompagnarlo.La polizia indaga per scoprire l’identità diquesto Uomo Ombra, giovandosi disegnalazioni e delazioni. Il film è dedicato a Otto ed Elisa Hampel,giustiziati nel 43 per aver cercato disollevare il popolo tedesco contro il regimee si ispira al romanzo di Hans FalladaOgnuno muore solo, edito da Sellerio,scritto nel 1947, basato su una storia vera.

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Il Mago di Oz è tornato in sala lo scor-so dicembre grazie al nuovo restauro

realizzato da Warner Bros e presentato inItalia dalla Cineteca di Bologna.

Nella vicenda Dorothy passa da unmondo senza colori a un luogo lussu-reggiante che però ha anch’esso dei latinegativi, nasconde tensioni e problemi

come era nella fattoria. Anche nel sognoinfatti esiste la Strega Cattiva e ci sonopersonaggi che, pur non rendendoseneconto, hanno caratteristiche positive co-me l’intelligenza, la generosità e il co-raggio. Del resto, soprattutto facendo ri-ferimento al “grande e potente” Mago diOz, troviamo nel film considerazionigraffianti sulle debolezze e gli echi pom-posi che spesso caratterizzano perso-naggi squalidi e incapaci.

Lo spunto di riflessione più eviden-te della vicenda è quello ancorato alpersonaggio di Dorothy, al suo sentirsistretta nella quotidianità che caratte-rizza la sua vita nella fattoria in compa-gnia degli zii, il suo desiderio di autono-mia che si concretizza nella fuga-sognoche la porta a fare e a condividere espe-rienze importanti e formative, al suo ri-conoscere che il miglior traguardo an-che di un’esperienza entusiasmante re-sta il ritorno alla realtà e agli affetti diogni giorno.

Comunque ciò che colpisce maggior-mente nel film è la folgorante messinsce-na che lo rende sempre apprezzabile eattuale. m.g.

Il Mago di OzThe Wizard of OzDorothy vive in una fattoria nel Kansascon gli zii. È affezionata al cane Toto,odiato da Miss Gulh. Per salvarlo laragazza scappa, ma il Professor Meravigliala convince a tornare, anche perché staarrivando un tornado. Rientrata, viene sollevata con la casa eplana nella terra dei Mastichini, piccoliesseri che la accolgono con simpatia. Lacasa è finita in testa alla Malvagia Stregadell’Est lasciando fuori le sue scarpe rosse.Per magia Dorothy se le ritrova ai piedi.Sentendo nostalgia di casa, Dorothyviene indirizzata alla Città di Smeraldodove sembra possa aiutarla il Mago diOz. Lungo il cammino incontra unoSpaventapasseri in cerca di un cervello,un Uomo di Latta senza cuore e unLeone pauroso. Durante il percorso i trecompagni mostreranno intelligenza,generosità e coraggio mentre il Mago ilOz sarà una delusione. A esaudire ildesiderio della ragazza di tornare a casasarà la Strega Buona. Così Dorothy sirisveglia nel suo letto…

r. Victor Fleming or. Usa 1939 distr.Warner Home Video dur.100’

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In origine il progetto prevedeva la rea-lizzazione di sei brevi racconti, ognu-

no riguardante un aspetto del mondo diInternet, ma ben presto Herzog si trovadi fronte una materia ben più comples-sa da decidere di farne un documenta-rio vero e proprio.

Il viaggio inizia con il professore del-la UCLA Leonard Kleinrock, il precurso-

re di ciò che oggi chiamiamo comune-mente Internet. In un piccolo ufficioKleinrock mostra il grande computer dacui è partita la prima comunicazione.Seguono illuminanti interviste sul pre-sente e il futuro del mondo connesso,sorta di comunità di esploratori dell’im-possibile, responsabili di innovazioni ra-dicali dagli effetti che solo in parte pos-siamo conoscere e controllare.

Fin dal titolo Herzog riesce a suggerireil tono di questo film, insinuando persinouna certa ironia dello sguardo. Lo and Be-hold, Internet: il futuro è oggi è un’analisitanto seria da trasformarsi in calembourdello sguardo, che sa colpire direttamen-te il centro del discorso per scoprire ununiverso tanto vero quanto eccentrico. “Inquale tipo di mondo vogliamo vivere?” sichiede il regista di Fata Morgana, rappre-sentando realtà umane che vanno disuma-nizzandosi, consuetudini che hanno per-so la concretezza di un rapporto reale discambio. Il risultato, però, non è un’invet-tiva contro la rete, la tecnologia e la ricer-ca, ma una riflessione profonda di quelloche si rischia di perdere a non volerci pen-sare. Vedi anche nel n. 120, p. 4 e 5. g.p.

Lo and Behold,Internet: il futuro è oggiLo and Behold. Reveriesof the Connected WorldCos’è Internet oggi? Che ruolo ha nellenostre vite e come influirà sul nostrofuturo? Werner Herzog ci guidanell’esplorazione del mondo digitalecontemporaneo attraverso dieci tappe,che analizzano tutte le facce di questarealtà ricca e onnipotente che è il Web,alla scoperta dei suoi lati piùsorprendenti tra robotica e hacking, nuovifenomeni psicologici e dinamiche sociali,rischi e meraviglie. Si intravede, così, unfuturo in cui forse Internet sarà capace disognare se stesso, gli asceti avrannobisogno del wi-fi e i robot saprannogiocare a calcio meglio degli atleti. Apartire dalle scoperte scientifiche e daiprogressi della tecnologia, si osservano ipro e i contro della modernità e dell’usosempre più intensivo di internet. Oggi,infatti, i confini del cyberspazio si sonoampliati in una rete complessa, checollega quasi ogni informazione esistente.

r. Werner Herzog or. Usa 2016 distr. IWonder dur. 98’

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Nel film gli stereotipi dell’esclusionevengono ribaltati: il poliziotto come

rappresentante della legge ed esecutoredelle regole diventa un attento osserva-tore dell’animo e percepisce subito ildramma vissuto dal bambino. La diret-trice autoritaria e a volte tirannica si tra-sforma in un’amabile persona che ge-stisce la vita della casa con rispetto peri drammi dei suoi ospiti. Il personale è at-tento e affettuoso.

L’ambiente è accogliente nei confron-ti dei protagonisti, ma nella loro memo-ria ristagna il dolore per le esperienzevissute. Simon trasforma il dolore inun’apparente durezza, Alice maschera imomenti più tristi sotto la fluente ban-da di capelli che le nasconde parte delvolto, Ahmed, Jujube, Beatrice, tutti contristi esperienze famigliari e rappresen-tanti di una società multietnica.

Il film, girato in stop-motion, presen-ta caratteristiche originali e innovative alivello stilistico. Agli interni connotati daun realismo minuzioso si contrappongo-no i paesaggi surreali che fanno da sfon-do ai “viaggi” affrontati dal protagonista.

I volti dei pupazzi, come è nella tra-dizione dei bravi marionettisti dell’ani-mazione, riportano impercettibili segnidi emozioni, i movimenti accennano atipici atteggiamenti infantili, entrambitrasmettono allo spettatore la reale con-notazione del personaggio bambino.Non vi sono segni troppo evidenti delloscorrere del flusso emotivo quasi che imutamenti avvenissero solo nella no-stra percezione. Vedi anche nel n. 120,pp. 16 e 17. l.z.

La mia vita da zucchina Ma vie de courgetteSi chiana Icaro, ma la mamma, spessoubriaca, lo chiama Zucchina. Il papà se neè andato e lui lo ha disegnato su di unaquilone: gioca costruendo castelli con ibarattoli di birra vuoti. Un giorno, mentregioca nella sua stanza, sente la voce dellamamma che minaccia di picchiarlo;istintivamente chiude la porta che dàsulla scala da cui lei sta arrivando: ladonna cade e muore. Un poliziotto porta il bambino in unacasa-famiglia. Dopo un primo momentocritico, gli altri piccoli ospiti, tutti con unpassato problematico, stabiliscono con luiun rapporto di amicizia.Poi arriva Camille, rimasta con una ziache non la ama. In un momento in cuisono sole riesce a registrare la voce dellazia che rivela le sue intenzioni e il giudicele concede di rimanere nella casa.Compreso il dramma di Icaro, il poliziottova spesso a trovarlo; poi, intuendo l’affettoche lo lega a Camille, li adotta entrambi.

r. Claude Barras or. Francia 2016 distr.Teodora dur. 66’

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C’è un’atmosfera glaciale che invadeil film. Non è solo il clima. È un ge-

lo che ghiaccia più delle basse tempera-ture dell’inverno nel Massachusetts, cheha fermato in uno stop-frame inespres-sivo il volto di Lee, incapace di tradireemozioni nemmeno di fronte al corpoibernato del fratello Joe: si capisce subi-to che saranno rare le inquadrature fo-tografate in tinte calde in questo raccon-

to doloroso, una storia di perdita incon-solabile che il regista frammenta in fla-shback calibrati per tempismo e inten-sità: mai didascalici o troppo esplicativi,piuttosto delle schegge fuggite dalla me-moria di Lee.

Uno svelamento che non ha mai il ca-rico dell’informazione che deve arriva-re, ma del tassello che potrebbe sugge-rire. Immagini che, al pari dei dialoghi,prendono forza da tutto ciò che rimanesospeso, fuori inquadratura, alluso. I si-lenzi, le risposte balbettanti, l’evasività,se all’inizio sembrano spigolature carat-teriali, diventano presto maschere di untrauma che solo a metà film ci viene sve-lato in tutta la sua drammaticità.

Affleck disegna un personaggio quasibiblico, provato dalla più tragica delle sor-ti (sopravvivere ai figli) e condizionato daldover scomparire, autopunito e conse-gnato alla schiavitù del dolore eterno, an-che quando Patrick gli chiede di ritorna-re a esserci e di amarlo. Così come spes-so succede nella vita, Lee è fermo in unguado doloroso, nella dolente consape-volezza che sopravvivere è il minore deimali. Vedi anche nel n. 122, p. 8 e 9. a.l.

Manchester by the SeaManchester-by-the-Sea è una freddalocalità a nord di Boston, affacciata sulmare. Lee Chandler vi ritorna dopo laprematura morte del fratello Joe. Per voleretestamentario, Lee è nominato tutorelegale del nipote Patrick.Ma Lee, che vive in uno scantinato aBoston, pur essendo molto legato aPatrick, ha ormai rinunciato a qualsiasiresponsabilità verso altre persone,guardandosi bene dal costruire legamiaffettivi. La sua esistenza, infatti, è statasconvolta dalla morte dei suoi tre figli nelrogo della casa che abitava con la moglieRandy, causato da una sua disattenzionedopo una serata brava con amici. L’impossibilità di dare sepoltura al fratelloin tempi brevi trattiene Lee a Manchester.Il rapporto con Patrick non è semprefacile, nonostante il nipote cerchi di nonpesare sullo zio. Il ritorno a Boston diventauna fuga obbligata, per di più dopo cheRandy ritorna a farsi viva, incinta di unaltro uomo.

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r. Kenneth Lonergan or. Usa 2016 distr.Universal Pictures dur. 135’

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Invisibili o più leggeri dell’aria, dotati diuna forza gigantesca o di una bocca

vorace, pieni di fuoco o di api, i ragazziletterari di Ransom Riggs forniscono aTim Burton il soggetto ideale. Trasposi-zione del romanzo omonimo, Miss Pere-grine - La casa dei ragazzi speciali abitaun mondo di infanzia eterna, affollato diragazzini lunari a cui mostri invisibilivorrebbero divorare gli occhi.

Burton realizza un film personale, pe-scando di nuovo eroi fuori dal comune

e schiusi alla vita da adulti illuminati.Vecchi folli, mentori immortali, padrimitomani, nonni affabulatori che rac-contano una vita sognata. Ma poi so-gnata lo è davvero?

Interpretato da Terence Stamp, porta-tore di un immaginario cinematograficofantasmagorico come Vincent Price eMartin Landau, Abraham Portman ali-menta la fantasia del nipote lasciandoemergere la poesia del diverso. E Jacobcresce diverso, pieno dell’unica luce chepossiamo sperare di ricevere, il baglioredello stupore e la volontà di crederci.

Burton riprende l’angoscia infantiledi perdere gli occhi e come in un rac-conto di Hoffmann ne mette in scena iltrauma, convertendo la negazione bru-tale della visione in creazione poetica.Serbatoio delle sue ossessioni, l’orfa-notrofio di Miss Peregrine è un museoespressionista in cui ogni bambino re-plica i marginali della sua filmografia. Edi nuovo l’accesso è consentito soltan-to a persone speciali, quelle che credo-no che un’altra umanità e un altro mon-do siano possibili. Vedi anche nel n 121,p. 4 e 5. m.gn.

Miss PeregrineLa casa dei ragazzispecialiMiss Peregrine’s Homefor Peculiar ChildrenJacob ha sedici anni, una madre distrattae un padre pragmatico. Timido eimpacciato è cresciuto col nonno,Abraham, sfuggito alle persecuzioninaziste e riparato in un orfanotrofiodiretto da Miss Peregrine. Di quell’infanziain un’isola al largo del Galles raccontameraviglie incantando Jacob. PerchéJacob, come il nonno, è speciale e scopriràla sua vocazione in circostanzedrammatiche. Alla morte del nonno,ucciso dal suo peggiore incubo, Jacoblascia la Florida per il Galles alla ricerca diqualcosa che possa spiegare le sue ultimevolontà. Spiaggiato sull’isola, scopre cheMiss Peregrine non era un’invenzione mauna giovane donna che accudisce ragazzicon doni speciali. Doni che mostri avidi evoraci vorrebbero possedere. Protetti da unloop temporale, Jacob e compagnirisponderanno alla minaccia.

r. Tim Burton or. Usa 2016 distr. 20thCentury Fox dur. 127’

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In moonlight black boys looks blue, è il ti-tolo dell’opera teatrale da cui Barry Jen-

kins ha tratto il suo film vincitore di tre sta-tuette all’ultima edizione degli Oscar.

La narrazione di storie su afroameri-cani negli Stati Uniti ancora oggi ha uncerto significato, innanzitutto perché ilcolore della pelle è portatore di una me-moria storica che rievoca a prima vistagli anni di schiavitù e le battaglie per la

conquista dei diritti. Ai retaggi della sto-ria, i personaggi di Jenkins, aggiungonoi drammi moderni, come il bullismo el’emarginazione.

Un film che a prima vista potrebbesembrare chiudersi in sé stesso per laspecificità della realtà descritta, e cheinvece non esita a svincolarsene. Il ghet-to, la droga, la discriminazione razzialee sessuale sono sì degli elementi impor-tanti, ma che hanno una posizione disecondo piano. Ciò che realmente il filmpropone e che gli permette di avere unrespiro universale è la riflessione sull’es-sere umano e sulla ricerca da parte diquesto di un’identità individuale, socia-le e anche sessuale.

Una storia di persone indipendente-mente dal colore della loro pelle e dailoro orientamenti sessuali. Attraversouna narrazione fortemente ellittica e conpiglio linklateriano, Jenkins ritrae tre mo-menti della vita di Chiron dall’infanziaall’età adulta, passando per l’adolescen-za. Il giovane protagonista non cerca al-tro che scoprire se stesso e quale sia ilmodo migliore per stare al mondo. Vedianche nel n. 122, p. 25. m.m.

r. Barry Jenkins or. Usa 2016 distr. LuckyRed dur. 111’

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NI Moonlight

Chiron ha dieci anni e vive neisobborghi di Miami con la madre Paula,una donna che si prostituisce e che fauso di droghe. Il ragazzino ha uncarattere introverso e fa fatica arelazionarsi con gli altri, per questo èvittima del bullismo dei suoi coetanei.La madre attribuisce questi problemialla presunta omosessualità del figlio enon si preoccupa di aiutarlo, né loaccudisce come dovrebbe. A causa diquesto, Chiron è relegato a vivere in unacondizione di solitudine edemarginazione. Un giorno il ragazzo incontracasualmente Juan, uno spacciatore che siaffeziona a lui. L’uomo cerca di aiutarload affrontare le discriminazioniquotidiane e comincia a farglifrequentare la sua casa, dove il ragazzotrova un ambiente più accogliente.Gli anni passano ma per Chiron le cosenon migliorano, la situazione famigliareè sempre più disastrata e la ricerca diuna identità individuale non divienepiù semplice.

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Larrain, regista di raffinata intelligen-za, aggira le trappole del film biogra-

fico, che codifica gli obblighi di aderen-za e rispetto del personaggio racconta-to su grande schermo, distillandone lanatura immaginifica, la capacità di rein-ventarsi come fosse un character di fin-zione letteraria. Certi fatti, allora, nonsono più fatti ma supposizioni; altri fat-

ti vengono sovrascritti dai versi di Can-to General; e altri ancora finiscono perconfondersi con il racconto che Nerudastesso reinventa di quel gioco tra gatto etopo ingaggiato con il prefetto Peluchon-neau, a cui affida la voce narrante.

Neruda, il biopic, si deforma, si gonfiamaliziosamente per vestire abiti cinema-tografici inaspettati: in maniera irriveren-te il film calza il pamphlet storico, combi-na poliziesco e noir, si veste con un man-tello da western di frontiera andina. Scrit-tura e regia non sono mai dissonanti e lalibertà creativa di Larrain ha la sfronta-tezza del suo poeta, che muta forma pre-occupandosi poco della coerenza ideolo-gica dei suoi comportamenti. Abbando-nando l’asciutta compostezza dei suoiprecedenti film, il regista scompone e ri-compone la storia di Neruda sin nellastruttura delle singole sequenze, infi-schiandosene della continuità anche nel-le scene dialogate, con personaggi che adogni stacco di montaggio cambiano posi-zioni e localizzazioni, a sottolineare la na-tura labirintica del film e la perdita di ni-tidezza del profilo morale del poeta. Vedianche nel n. 120, pp. 8 e 9. a.l.

NerudaCile, 6 gennaio 1948. A Santiago ilsenatore Pablo Neruda, davanti alsenato cileno, elenca i nomi dei minatoritenuti prigionieri in carceri militaridopo un violento sciopero e si scagliaapertamente contro il PresidenteGonzales Videla, colpevole di avertradito le promesse pre-elettorali e lafiducia del Partito Comunista, che neaveva appoggiato l’elezione. La reazione di Videla non si fa attendere:viene ordinata la cattura del poeta,costretto alla latitanza con la fedelemoglie, la pittrice Delia del Carril. Ilcompito di arrestarlo viene affidato alPrefetto della polizia OscarPeluchonneau, che ne segue le tracce inuna casa di militanti del Partito, neibordelli frequentati da Neruda, poi aValparaiso, dove dovrebbe imbarcarsiper l’Europa, fino alla Cordigliera delleAnde. Nel frattempo Neruda scrive uno deisuoi capolavori, Canto General,diventando progressivamente simbolo dilotta e resistenza.

r. Pablo Larrain or. Argentina/Cile/Francia/Spagna 2016 distr. Good Filmsdur. 107’

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Èrealmente accaduta la storia del pic-colo nomade. Il vero Ernst Lossa è

morto per un’iniezione letale nell’agostodel 1944 nella clinica gestita dal medicocapo nazista Valentin Faltlhauser.

Ciò che colpisce nel film di Wessel è lavolonterosa e scrupolosa determinazio-ne con cui il personale medico si dedi-ca a compiere omicidi “legalizzati”. Nonun dubbio, non un’incertezza. Il dottor

Walter Veithausen è un ghiacciaio chenessun raggio di sole illumina. Lo aiuta,con pari cecità, l’infermiera Pauline, dalviso dolce e dai modi gentili, che convin-ce i bambini a bere il letale succo di lam-pone, accarezzandoli.

È la visione di una follia che non lasciaspazio alla ragione. E quando gli ospitidella struttura iniziano a insospettirsiper il numero di decessi difficilmentegiustificabile con problemi di salute, ildottor Veithausen si dedica con impe-gno a escogitare una modalità più di-screta, ma altrettanto efficace. È con or-goglio che riferisce ai colleghi e ai diri-genti nazisti di aver messo a punto unadieta che non avrebbe destato sospetti inquanto i pazienti sarebbero “morti di fa-me mangiando”.

Si tratta della famigerata operazioneAktion T4 che tra il 1939 e il 1944 avreb-be soppresso 200.000 “vite indegne diessere vissute”. Perché questi raccontinon siano derubricati a “storia del seco-lo scorso”, quindi superata e non più of-fensiva, è importante che non se ne can-celli la memoria. Vedi anche nel n. 121,p. 25. f.b. e t.c.

r. Kai Wessel or. Germania 2016 distr.Good Films dur. 126’

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NI Nebbia in agosto

Nebel im AugustErnst, orfano di madre, viene spostato daun istituto all’altro perché appartieneall’etnia degli Jenish, popolazionenomade europea catalogata condisprezzo come “zingari bianchi”. Quando arriva all’ospedalepsichiatrico di Kaufbeuren, Ernst,essendo dotato di una vivaceintelligenza, è pieno di rabbia e diribellione. Eppure, poco a poco, anchein quell’ambiente così difficile, sistringono alleanze e fa capolino il piùdolce dei sentimenti: l’amore per Anne,una graziosa bambina, anche leiorfana, che soffre di epilessia. Ernst ben presto comprende che ifrequenti decessi tra i pazienti non sononaturali, bensì indotti da medici einfermieri. Si pratica l’eutanasia perservire l’efficiente macchina del Reich. Dopo aver intralciato come può, incollaborazione con suor Sophia, questoterribile progetto, Ernst affronta il dottorVeithausen firmando in questo modo lapropria condanna.

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Nocedicocco ha origine letteraria. È le-gato a una serie di racconti illustrati

del tedesco Ingo Siegner che in Germaniahanno ottenuto notevole successo pressoi più piccoli e sono stati tradotti anche initaliano. Non mancava che l’arrivo sulgrande schermo per completare l’opera.Si tratta di una trasposizione che rispettale origini del personaggio e che non cer-ca di ammiccare al pubblico adulto rivol-

gendosi in modo diretto ai bambini. I qua-li si sentiranno vicini al draghetto e ai suoiamici che vivono gli adulti come estenso-ri di regole e inculcatori di paure veden-do il pericolo in ogni dove.

C’è però un’eccezione: il nonno ilquale sa di essere amato dal proprio fi-glio e dalla sua consorte ma ogni giornoha la prova di non essere ascoltato. Ec-colo allora rivolgersi al nipote non perfargli le prediche ma per dargli fiducia edichiararsi pronto a scommettere sullasua capacità di darsi degli obiettivi e diraggiungerli. Grazie alla necessità di re-cuperare l’erba di fuoco Nocedicoccoimpara ad allearsi con individui diversida lui come un draghetto mangione euna porcospina. Comprenderà ancheche le regole dettate dagli adulti non so-no tutte sbagliate a priori e avrà modo diverificare che trasgredire a quelle neces-sarie non porta esiti positivi.

L’animazione è semplificata con lo sco-po di aderire alla visione dei più piccoli aiquali viene richiesta attenzione costantegrazie all’introduzione di nuovi personag-gi e a una struttura narrativa a piani paral-leli. Vedi anche nel n. 124/125. p. 24. g.za.

NocedicoccoIl piccolo dragoDer kleine DracheKokosnussNocedicocco è un draghetto sputafuocoche non ha ancora appreso le tecnichedel volo attirandosi il dileggio deicoetanei e non solo. Inoltre non haancora imparato a sputare il fuoco. I suoi genitori iniziano a essereseriamente preoccupati. A darglifiducia resta solo il nonno che si rivedein lui. Gli assegna così un compito digrande responsabilità: deve fare laguardia per un’intera notte alla grottain cui ha depositato l’erba di fuoco. Sitratta di un vegetale molto raro chegarantisce ai draghi un perfetto sputodi fuoco fornendo il combustibilemigliore. Sopraggiungerà però un vitellino chesarà attratto da quell’erba e da quelmomento Nocedicocco dovrà superarenumerosi ostacoli per cercare ditornarne in possesso rischiando moltoma trovando anche degli utili alleati.

r. Nina West or. Germania 2016 distr.Notorius Pictures dur. 83’

L’orizzonte infinito dell’oceano si apresulla Polinesia di 3000 anni fa dove

Vaiana, esuberante sedicenne dal grandedestino, userà il mare come tappeto volan-te per inseguire i propri sogni. Ma l’ultimaprincipessa Disney ascolterà il suo cuore

senza dimenticare la mente. La figlia delcapo non cercherà l’amore di un principe,affronterà impavida avventure e pericoliper affermare la propria libertà. E saràproprio questa affermazione di sé comenavigatrice a permettere la riscoperta del-le radici antiche di un popolo di navigato-ri e la salvezza dell’ecosistema dalla di-struzione. Mente e cuore in lei raggiungo-no l’equilibrio.

Tutto il film è un inno alla determina-zione. Vaiana agisce, trascina, non s’inna-mora, non ha mai un vero cattivo controcui combattere. I personaggi maschili, in-vece, non brillano; sono resistenti al cam-biamento, quasi deboli, dal padre al suoaiutante magico, il semidio mutaformaMaui, un Prometeo vanaglorioso.

I registi fondono il mito con i valorimoderni, immergendo la vicenda in uncontesto degno della grande tradizioneDisney. Una storia semplice, un viaggio,animazione e computer grafica eccezio-nali. Bizzarri animaletti comprimari, ot-timismo, grandi musiche: un musicaloceanico. Si segue con ammirazione, maVaiana non resta a lungo nel ricordo. Ve-di anche nel n. 121 p. 27. c.d.

OceaniaMoanaVaiana, 16 anni, figlia del capo delvillaggio e destinata a succedergli, vivein una idilliaca isola dell’anticaOceania. Tutti sono in armonia nelpiccolo paradiso, protetto dallabarriera corallina (il reef), che nessunosupera mai, per nessun motivo. L’isolaoffre il necessario per vivere. Ma Vaiana è irresistibilmente attrattadall’oceano fin dai primi anni.Incoraggiata dalla nonna, ne seguirà ilrichiamo, come gli antichi Maori,grandi navigatori, improvvisamentediventati stanziali. Di più: i pescicominciano a scarseggiare, lavegetazione marcisce, il buio sembraimpadronirsi dell’isola. Anche lanonna muore.Vaiana capisce di essere stata sceltadall’Oceano per restituire alla dea Te Fitiil cuore che il semidio Maui le avevarubato, perdendolo poi nell’oceano econdannando l’umanità. Salpa Vaianaverso il mare aperto alla ricerca di Maui.Il grande viaggio ha inizio.

r. Ron Clements, John Musker co-r.Chris Williams, Don Hall or. Usa 2016distr. Walt Disney Pictures dur. 103’

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Alberto Rodriguez è stato co-registadell’interessante serie tv Pocoyò e in

questa produzione dimostra di essere ingrado di costruire una storia in grado diattrarre l’attenzione sia dei bambini chedei loro accompagnatori. Gli adulti vitroveranno echi di film conosciuti e spes-so amati, come ad esempio Fuga per lavittoria, Nick mano fredda, Le ali della li-bertà. I più piccoli vengono invece mes-

si in sintonia con questo cucciolo sem-pre pronto al gioco, simpatico anchequando combina guai e anche, forse co-me loro, incapace di reagire ai soprusiche compie il ragazzo che consegna por-ta a porta i giornali del mattino.

L’inattesa situazione carceraria con-serverà intatte le sue doti ma gli serviràcome palestra per imparare a non farsischiacciare. Grazie alla collaborazionedi compagni di sventura come Hot Dog,Rutto e Scheggia potrà opporsi agli im-mancabili e qui più che mai incomben-ti ‘cattivi’. Su di loro domina il boss DonVito la cui raffinatezza di modi è pari al-la pericolosità. È proprio per riconquista-re la libertà e tornare alla vita preceden-te che Ozzy troverà in sé la forza di vo-lontà per aggregare gli amici e riuscire afuggire. Tutto questo in una produzioneche non ha nulla da invidiare a quelledelle major statunitensi sia sul pianodella storia che su quello dell’animazio-ne. Nella quale si può notare l’attenzio-ne offerta all’uso dei colori che passanodalla brillantezza della vita in libertà al-l’opacità degli spazi di reclusione. Vedianche nel n. 124/125, p. 25. g.za.

r. Alberto Rodriguez or. Spagna/Canada2016 distr. Eagle dur. 90’

ri vagava in un’ambientazione da finedel mondo in Solo gli amanti sopravvi-vono, Paterson segna un ritorno alla quo-tidianità, alla semplicità di personaggile cui giornate procedono più o menouguali a se stesse, per dirla con il regista,“è una storia tranquilla i cui personaggiprincipali non vivono conflitti tangibilio drammatici”.

E Jarmusch si prende il tempo di rac-contarne il percorso esistenziale, predi-ligendo una struttura che segue la vitadei protagonisti e coglie le piccole va-riazioni di ogni singolo giorno. Una re-gia rigorosa ed essenziale che si fondasulla ripetizione di alcuni piani, una ri-presa dall’alto sulla coppia al risveglioscandisce lo scorrere del tempo e l’avviodi un nuovo giorno, a seguire in una sor-ta di pedinamento del suo personaggio.

Ma al contempo il film è anche un’oc-casione per raccontare la storia di unacittà, non scelta a caso, dove ha trascor-so una parte della propria esistenza Al-len Ginsberg, dove sono nate figure ar-tistiche come Lou Costello, come il poe-ta William Carlos Williams. Vedi anchenel n. 121, p. 10 e 11. l.c.

PatersonA Paterson, nel New Jersey, Paterson,conducente di autobus, vive con lamoglie, Laura. L’uomo si sveglia presto ogni mattina, siprepara per uscire e andare al lavoro,prima di dare inizio al proprio serviziosulla linea 23, scrive poesie sul propriotaccuino. Finito il turno, torna a casadove la moglie gli racconta di qualchenuovo progetto, come ad esempio larealizzazione di gustosi cupcakes o ladecorazione di qualche elemento diarredo della casa. Dal canto suo Laura è sempre pronta adappoggiare l’inclinazione del marito allapoesia e lo invita a fare una copia delprezioso taccuino che contiene tutte lesue composizioni. Una sera, distrattamente, invece diriporre il taccuino nel suo studio,Paterson lo dimentica sul divano ed esce,insieme alla moglie. Di ritorno, iltaccuino giace a terra vicino al divano inmille pezzi, e il cane finisce in garage.L’indomani, un turista giapponese gliregala un nuovo quaderno…

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Paterson è l’omonima città situatanello stato del New Jersey che dà il ti-

tolo alla nuova opera presentata alla ses-santanovesima edizione del festival diCannes, ma è anche il nome del prota-gonista. Abbandonati gli scenari nottur-ni di Tangeri, dove una coppia di vampi-

r. Jim Jarmusch or. Usa 2016 distr.Cinema! dur. 115’

OzzyCucciolo coraggiosoOzzy - Fast & Furry

Ozzy è un cucciolo di Beagle che conducela sua tranquilla vita da cane a casa deisuoi padroni, i Martins, due disegnatori difumetti e la loro bambina, Jenny. Invitati auna prestigiosa Fiera del fumetto a Tokyo iMartins debbono decidere a chi affidareOzzy. Le pratiche per autorizzare l’ingressodi un cane in Giappone sono infatti moltocomplesse. Decidono quindi di affidarlo,nonostante i costi elevati, a una specie diSpa per cani dove gli verranno offerteprestazioni di alta qualità. Si tratta però di un imbroglio perchè,appena i Martins se ne vanno, Ozzy vieneportato in un carcere per cani gestito dacani che sono alle dipendenze di Roccia,un San Bernardo che supervisiona lastruttura su mandato dell’uomo che haarchitettato la truffa. Ozzy attiral’attenzione di Don Vito, il chihuahua bossdella prigione che lo costringe apartecipare a gare di corsa. Ozzy subiscema intanto si prepara alla fuga.

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La cifra tematica e stilistica del film simanifesta sin dallo spostamento (da-

gli anni 60 ai 50) dell’azione rispetto alromanzo cui si ispira: in un tempo chesembra immoto. L’uomo è abbarbicatoa una natura maestosa ma avara dona-trice di mezzi di sussistenza. La struttu-ra sociale sembra cristallizzata. Una so-la impresa in mano a un solo padrone, lacui personalità è definita dal cupo silen-

zio degli operai. Tra gli abitanti del villag-gio non c’è solidarietà, ma rifiuto edemarginazione del diverso, ricerca di uncapro espiatorio su cui proiettare la pro-pria miseria.

Il racconto procede per allusioni etempi morti, scanditi dalla visione dellevette lontane, dai colori cangianti degli al-beri e dalle ombre misteriose del bosco,segni di una natura testimone - parteci-pe e impassibile - dei destini dell’uomo.

Il principio narrativo ed espressivo del-l’allusione invita lo spettatore a cogliere ladimensione simbolica del film. La primasequenza determina la costruzione a-nar-rativa del racconto. Alcuni uomini ma-scherati e alcuni musicanti escono dalbosco (il mondo del Mistero e forse degliInferi) e in una disordinata processionecarnevalesca attraversano il villaggio. Fraessi la figura dell’orso (una maschera or-ribile) sotto cui si nasconde Pietro, og-getto degli insulti e del lancio di pietre daparte dei ragazzi. L’orso è il capro espia-torio, il colpevole di tutti i mali, e la suapersecuzione e uccisione salverà la co-munità dalla decadenza e dalla morte.Vedi anche nel n. 120, p. 28. f.v.

La pelle dell’orso Anni 50. Pietro, burbero montanaro diun paese delle Dolomiti bellunesi -vedovo e reduce dalla galera - vive colfiglio tredicenne Domenico che si occupadella stalla, dei prati e dei pasti. L’uomo lavora in una cava di pietra. Ilrapporto col ragazzo è caratterizzato dalunghi silenzi e scoppi d’ira. Trattatomale dal padrone e respinto dallapopolazione del villaggio, trascorre leserate nell’unico bar del villaggio, spessoubriacandosi. Una sera i paesani favoleggiano di unorso che da anni infesta la valleuccidendo il bestiame. Per dimostrare ilproprio coraggio Pietro scommette colpadrone: se ucciderà la bestia avrà600.000 lire. Armato di un vecchio fucile, l’uomoparte per la partita di caccia. Domenicolo segue di nascosto incontrando Sara,una commerciante nomade amica dellamadre, che gli rivela i segreti di famiglia.Dopo un certo tempo Domenico siunisce al padre: accomunati dalpericolo, i due finalmente si parlano.

r. Marco Segato or. Italia 2016 distr.Parthénos dur. 92’

L’aspetto è quello dell’avventura li-neare, con un disegno dal tratto

semplice, chiaramente debitore della li-nea chiara dei fumetti di scuola franco-belga. L’ambientazione è invece unaNew York simpaticamente stilizzata e ingrado di fondere l’influenza noir ameri-cana con una cifra più vicina al polarfrancese.

Ma a contare sono poi le dinamichesottili, con un’azione “congelata” nellafissità del corpo di Léo, bloccato in ospe-dale e costretto a muoversi in forma in-corporea, per catturare un criminale

che agisce attraverso contorti schemimentali, essendo poi fisicamente co-stretto pure lui a restare nascosto inclandestinità.

In ragione di questo sfasamento traazione reale e movimento extracorpo-reo, la vicenda lascia risaltare il valoredella narrazione: il cattivo di turno, in-fatti, cerca sempre un pubblico cui rac-contare la storia che gli ha trasformatoil viso nella tragica maschera che or-mai lo identifica, ma ogni volta qual-cosa gli impedisce di concretizzare ilresoconto verbale. Al contrario, Léo,sebbene impossibilitato ad agire mate-rialmente sulla realtà, può riferirne ver-balmente, diventando in questo modoprotagonista attivo e tornando letteral-mente a vivere in una condizione di nonsubalternità.

In questo senso, il bilanciamentostesso fra una narrazione teoricamenteforte, e una messinscena apparente-mente lieve e essenziale, completa ilgioco fra gli opposti, e tra una frontali-tà dell’apparenza cui si contrapponeuna ricchezza progressivamente sem-pre più evidente dei temi. d.d.g.

Phantom BoyNew York. Un criminale sfigurato, geniodei computer, minaccia la città con unvirus informatico, promettendo il blackout totale se non gli verrà pagato unriscatto. Alex, l’ispettore di polizia che haprovato a fermarlo, è rimasto feritonello scontro e viene così ricoverato inospedale con una gamba ingessata. Qui conosce Léo, anche lui nel repartoper sottoporsi a un’operazione: adispetto delle sue precarie condizioni disalute, il ragazzo ostenta un caratterevivace e amante dell’avventura. Possiede anche un segreto: riesce a“uscire” dal suo corpo a piacimento,diventando uno spirito invisibile chepuò così vagare per la città. Léo non può comunicare nella suaforma incorporea, ma può spiare imalfattori e riferirne ogni movimento. Fra il ragazzo e il poliziotto si crea cosìun’alleanza per fermare il supercriminale.

r. Jean-Loup Felicioli, Alain Gagnol or.Francia/Belgio 2015 distr. PFA dur. 84’

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Nel film, tratto da un bestseller di suc-cesso, è lo stesso cane a narrare la

propria storia, a esprimere le proprie e lealtrui emozioni. Quella di Bailey, unicavoce narrante, ci conduce, nel corso dicinque decenni, in un viaggio coinvol-gente alla ricerca dello scopo della vita diun cane, alla riflessione su quale sia il

senso dell’amore e della lealtà che pro-va nei confronti dei padroni.

Da qui prende corpo la seconda ori-ginalità del film. Si sa infatti che la vitamedia di un cane va dai dieci ai quattor-dici anni. Ma Bailey è speciale: il suo spi-rito può reincarnarsi e passare da un ca-ne a un altro mantenendo il ricordo del-le vite precedenti, degli affetti provati,delle emozioni legate all’amicizia congli uomini. Può perfino ritrovare il suoprimo padrone a distanza di molti anni,quello al quale è rimasto più affeziona-to e che ha più bisogno di lui. Nella vi-cenda infatti lo spazio e il legame conEthan è il più importante: occupa l’inte-ro primo tempo del film e il finale.

Un film per famiglie che commuovesoprattutto chi viva o abbia vissuto conun cane e ne abbia apprezzato la com-pagnia e l’amicizia.

Molti studi scientifici hanno confer-mato che i cani riescono a comprendereda 40 a 50 parole collegandole a un signi-ficato preciso. Si affezionano al loro padro-ne, partecipano alla sua vita e possonogiungere a comprendere il suo stato d’ani-mo. Vedi anche nel n. 122, p. 24. a.f.

Qua la zampa!A Dog’s Purpose

1962. Ethan (8 anni) e la mamma trovanoun cucciolo di Golden Retriever ferito e loportano a casa. Il cane resterà con loro. TraEthan e il cucciolo (Bailey) nasce unaprofonda amicizia. Bailey, cane da riporto,trova un pallone bucato, se lo fa lanciareper riportarlo e riprendere il gioco. Ethan conosce i primi successi negli studi,una delusione sportiva, l’amore per unaragazza. Ma parte per il College e lascia siaHannah che il cane. Durante la suaassenza Bailey, divenuto anziano, muore.Ma il suo spirito ha la capacità direincarnarsi più volte cambiando aspetto- anche sesso - rimanendo sempre se stessoe conservando la memoria delle viteprecedenti. Come Ellie, un pastore tedesco delDipartimento di Polizia di Chicago,partecipa a un’azione poliziesca. ComeTino, un piccolo corgi, regala affetto a unaragazza sola; infine come Buddy, unincrocio tra un pastore australiano e unSan Bernardo, ricerca il primo padrone.

r. Lasse Hallstöm or. Usa 2017 distr.Eagle Pictures dur. 120’

Otto Bell vive a New York ed è di origi-ni scozzesi. Quando ha sentito parla-

re di Aishoplan e della sua confidenza conle aquile ha deciso di raggiungere lei e lasua famiglia nell’area dei Monti Altai. Il ca-so ha voluto che proprio in quei giorni pa-dre e figlia avessero deciso di andare a pre-levare un aquilotto nel nido perché quel-lo divenisse il rapace di pertinenza esclu-siva della ragazzina. Questo ha consenti-

to di entrare subito in azione evitando ri-costruzioni posticce. Le riprese si sonosvolte in sei periodi dell’anno e documen-tano anche la necessità, con il sopraggiun-gere dell’inverno, di un cambio di abitazio-ne per una popolazione ormai divenutasemistanziale. Assistiamo così alla pro-gressiva influenza che Aishoplan e l’aqui-la esercitano reciprocamente. Siamo peròstati messi sull’avviso sin dall’inizio: ognicacciatore con aquile deve essere consape-vole che un giorno dovrà permettere al ra-pace di riconquistare la sua libertà. Vieneanche sottolineato come ci si trovi in unasocietà decisamente maschilista in cui glianziani (ad eccezione del nonno) non ve-dano per nulla di buon occhio il fatto cheun’appartenente al sesso femminile vadaa caccia con un’aquila e che intenda addi-rittura partecipare all’annuale Golden Ea-gle Festival. Il fatto che Aishoplan superitutte le prove e vinca rappresenta una svol-ta destinata a segnare un notevole passo inavanti per l’emancipazione femminile nel-l’area. La voce narrante di Lodovica Co-mello aggiunge alle splendide riprese untocco di fiabesco che si rivela utile. Vedianche nel n. 124/125, p. 21. g.za.

La principessa e l’aquilaThe Eagle HuntressLe popolazioni nomadi che da duemilaanni vivono in Mongolia hanno dasempre coltivato la tradizione della cacciacon le aquile. I rapaci sono in grado diattaccare i lupi, anche di procurareselvaggina per gli uomini. Le aquilevengono prese ed addestrate da chi ha unaparticolare propensione per il loroaddestramento. La pratica si tramanda digenerazione in generazione per lineamaschile. Ora la tredicenne Aishoplan, conil sostegno del padre e del nonno entrambicacciatori con le aquile, decide di andare aprendere un’aquila, addestrarla epartecipare al Golden Eagle Festival dovesi misurano i cacciatori. Aishoplan,lontana da casa cinque giorni su sette perfrequentare la scuola, è disposta a faresacrifici per raggiungere l’obiettivoprefissato. A partire dalla catturadell’aquilotto da addestrare, prelevatodirettamente da un nido collocato in unaposizione difficile da raggiungere.

r. Otto Bell or. Gran Bretagna/Mongolia/Usa 2016 distr. I Wonder Pistures dur. 87’

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Ventidue anni dopo L’età acerba, AndréTéchiné torna a filmare l’adolescen-

za, i suoi desideri, le sue erranze, la sua in-troversione, la sua violenza. Un ritornopieno di grazia che a dispetto del titolo, unverso di Rimbaud, si confronta con unagenerazione niente affatto dandy e disin-volta. Lontani dai suoi grands enfants ro-manzeschi, assorbiti dall’amore per il ci-nema, gli adolescenti di oggi covano in lo-ro l’ostacolo più grande.

André Téchiné racconta di nuovo lanascita di un sentimento travagliato chemonta in piena natura, nondimeno sa-rebbe un errore ridurre Quando hai 17anni alla sola descrizione di una passio-ne. Perché il film si misura con pudore eintelligenza con la virilità, la filiazione etutto quello che determina profonda-mente un individuo.

Téchiné indaga gli insondabili senti-menti umani, partendo proprio dall’istin-tualità dell’adolescenza e adoperandouna strategia situazionale dove la macchi-na da presa scruta al millimetro il corpo.Il punto di vista dei giovani protagonistiè rapportato sempre al nucleo familiare esociale la cui riformulazione è al passocon la storia. Se L’età acerba abitava nel-la Francia del conflitto algerino, Quandohai 17 anni è ficcato nelle montagne del-l’Ariège e in un Paese assediato e sospe-so tra raid aerei e missioni di pace.

Ancora una volta Téchiné coglie lachiarezza dell’essere, lasciando emer-gere tutto il disagio del movimento os-servato, ripetuto, arrampicato sui rilie-vi della vita. Vedi anche nel n. 118/119,p. 10 e 11. m.gn.

Quando hai 17 anniQuand on est 17 ansDamien ha diciasette anni e frequentacon profitto il liceo. Figlio di un pilota inmissione e di una madre dottoressa, daqualche tempo ha un problema. Unproblema che ha il volto e il pigliosfrontato di Tom, che non perdeoccasione a scuola per provocarlo. Figlio adottivo di una coppia che gestisceuna fattoria in montagna, Tom ha pauradi amare e tiene a distanza chi vorrebbetanto farlo. Come Damien che con lapubertà ha scoperto il desiderio e la suainclinazione sessuale. Ma Tom non ci stae tra loro il confronto si fa aspro. Tra i due ‘litiganti’ si accomodaMarianne, madre rigenerante erigenerativa, che accudisce e ascoltal’impetuosa inquietudine dei figli. Unobiologico, l’altro ‘orfano’ e riflessospeculare di suo figlio. Poi la vita,scandita da trimestri, irrompe gravosatogliendo o donando dentro unanuova stagione.

r. André Théchiné or. Francia 2016 distr.Cinema di Valerio De Paolis dur. 114’

Questo film ripete il procedimentoadottato dai registi in Due giorni, una

notte. Là un’operaia bussava inutilmentealle porte dei colleghi per salvare il postodi lavoro. Qui una donna che si sente col-pevole di una morte inconsciamente pro-curata bussa alle porte di sconosciuti pervincere il senso di colpa. Le “porte” diven-tano così il luogo simbolico di transizio-

ne fra due condizioni morali, il loro attra-versamento assume la dimensione miti-ca di un rito di passaggio.

Il film connette in modo sottile l’in-chiesta poliziesca e lo sviluppo interioredella protagonista. I Dardenne hanno scel-to per interpretare Jenny un’apparente-mente inespressiva Adèle Haenel. Ma ilcorpo, la gestualità e la recitazione del-l’attrice giocano per assenze e contrasti. Siveda il complesso rapporto che Jenny hacon lo studente di medicina Julien, cuiimpone il controllo delle emozioni.

Se molti critici hanno descritto il filmcome l’elaborazione del senso di colpa daparte della protagonista (e di altri perso-naggi), a me sembra che esso rappresen-ti soprattutto il riconoscimento di sè nel-l’accettazione e nella manifestazione del-le proprie emozioni. Così, dopo il primoatteggiamento direttivo nei confronti diJulien, poco alla volta il rapporto con ilgiovane si arricchisce di altre dimensioni:affettività nei confronti di un collega piùgiovane e insicuro (effetto-specchio), so-stituzione di una figura parentale man-cante, inconscia attrazione sentimenta-le. Vedi anche nel n. 120, p. 26. f. v.

La ragazzasenza nomeLa fille inconnuePeriferia di Liegi. La dottoressa Jenny ricevepazienti di modeste condizioni. L’aiuta iltirocinante, Julien, cui suggerisce in modoautoritario un comportamento distaccato.Gli impone anche di non rispondere alcitofono di un malato fuori orario. Il mattino dopo Jenny è interrogata dallapolizia per la morte di un donna africanatrovata vicino allo studio. Colta da sensodi colpa, inizia una difficile inchiestapersonale per scoprire l’identità dellasconosciuta, aiutata dall’anziano dottoreche l’ha preceduta e che conosce lacomunità africana. Incontra così una seriedi personaggi ambigui e a vario titolocoinvolti nella vicenda.Malgrado le minacce della locale banda ditrafficanti di droga, Jenny ottiene laconfessione di un cliente pentito che haprovocato la fuga e la morte accidentaledella prostituta. Jenny rinunciaall’assunzione nel nuovo ospedale eriprende il lavoro nello studio periferico.

r. Jean-Pierre e Luc Dardenne or.Belgio-Francia 2016 distr. Bim dur. 106’

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Sono tre le generazioni su cui Kore-eda costruisce Ritratto di famiglia

con tempesta: il protagonista, Ryota, fi-glio del Giappone della rinascita postbel-lica, incapace di perseguire il successocome unico valore; la vecchia madre, Yo-

shiko, che ha attraversato la guerra, havissuto la ricostruzione e si è dovutaadattare al nuovo mondo; e poi il picco-lo Shingo, figlio di un Giappone cheguarda con disincanto al presente, traattese e nuove paure (i tornadi numera-ti a esprimere il post Fukushima).

Ryota coltiva un senso di apparte-nenza e un vissuto di estraneità, il suorapporto col mondo è blando non peruna sua innata debolezza, ma per unaseparatezza che proviene dal suo sentir-si estraneo come un bambino al mondodegli adulti. Il suo bisogno di mantene-re viva la sua relazione col figlio sembraquasi dettato dalla necessità di ritrova-re la propria infanzia, il proprio rappor-to irrisolto con quel padre che è il gran-de assente del film, lo spettro che ritor-na invisibile in ogni momento. Ryotagalleggia tra quei mondi cui non appar-tiene più, come fosse a sua volta unospettro che guarda da fuori se stessonello sguardo disilluso del figlio, in quel-lo deluso della moglie, in quello inaspri-to della sorella e in quello rassegnatodella madre. Vedi anche nel n. 123, p.14 e 15. m.c.

Ritratto di famigliacon tempestaUmi yori mo mada fukaku/After the StormRyota ha un promettente passato discrittore e un presente naufragato nelledifficoltà della vita. Divorziato dallamoglie Kyoko, fatica persino a pagarle ilmensile per il mantenimento del figlio,l’undicenne Shingo, al quale è pure moltolegato. Intanto lavora come investigatoreprivato in una piccola agenzia,arrotondando i guadagni ricattando lemogli fedifraghe. Ma poi dilapida tuttoscommettendo alle corse dei ciclisti. Quando arriva il giorno da trascorrere conShingo, il tifone che si addensa sulla cittàcostringe la famiglia a passare una nottedi nuovo insieme, nella casa di Yoshiko, lavecchia madre di Ryota, che vive daquarant’anni in un quartiere popolare.Una visita notturna al parco giochi dovetrascorreva il suo tempo da bambino,sembra avvicinare per un attimo davveroRyota e Shingo, anche se il mattino dopola vita riprende con il suo solito ritmo.

r. Hirokazu Kore-eda or. Giappone 2016distr. Tucker Film dur. 117’

La vita di Conor si dipana tra i momen-ti di intimità con la madre sempre più

sofferente, la scuola, dove Harry, il bullodella situazione, lo ferma spesso per pic-chiarlo, e gli incontri con l’albero - mostroche attraverso le sue storie gli trasmette laconsapevolezza della complessità dellanatura umana: i personaggi sono un po’buoni e un po’cattivi e riflettono l’ambi-guità che può caratterizzare l’apparatoemotivo. Una visita del padre lo rallegra

ma non fa che confermare l’abisso cheormai esiste tra loro.

Costretto ad andare a vivere dalla non-na che odia, una sera Conor, colto da unostrano impulso, distrugge il salotto; al ri-torno la donna osserva sconvolta il disa-stro, ma non lo rimprovera. In uno scon-tro con il compagno che lo perseguita loaggredisce ferendolo pesantemente: nem-meno per questo viene punito.

In fondo il ragazzo chiede agli adulti lagiusta punizione per i suoi impulsi ag-gressivi, alimentati dal disagio che sta vi-vendo, ma essi non rispondono. Solo ilmostro gli indica la strada: quando lo co-stringe a raccontargli la sua storia si rive-la l’origine dell’incubo: la mano che egli la-scia è quella della madre. È questa la ve-rità inconfessabile: pur continuando asperare che viva, in realtà egli desideraanche che muoia, perché tutto finisca: ilmostro dice che tutto questo è umano,dirlo vuol dire liberarsi dall’incubo.

Nel comune dolore che segue la mor-te, la nonna riesce a trovare un modoper comunicare col ragazzo e pensare auna futura vita in comune. Vedi anchenel n. 123, p. 16, 17 e 18. l.z.

Sette minuti dopola MezzanotteUn monstruo viene a vermeLa madre di Conor, malata di cancro,non reagisce alle cure cui vienesottoposta. Le notti del ragazzo sonopopolate da un incubo in cui regge lamano di una persona sospesa nel vuotofino a lasciare la presa: a questo puntosi sveglia per ritrovarsi nella tristerealtà che sta vivendo; non è solo ildolore a opprimerlo ma anche unasorta di isolamento in cui si senterelegato. La nonna non riesce acondividere nulla con il nipote e luivive la sua presenza comeun’intrusione. Il padre vive moltolontano con una nuova famiglia nondisposta ad accoglierlo. Una notte un vecchio tasso sullacollina adiacente la casa si anima ediventa un mostro enorme dagli occhidi fuoco: dice di avere tre storie daraccontargli, la quarta vorrà sentirlada lui e, a suo dire, riguarda una veritàche il ragazzo rifiuta di ammettere.

r. Juan Antonio Bayona or. Usa/Spagna2016 distr. 01 Distribution dur. 108’

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Una settimana e un giorno, operaprima di Asaph Polonsky, poco più

che trentenne regista e sceneggiatorenato in America ma cresciuto in Israele,è un lavoro che si muove su un terrenopericoloso: nel mettere in scena l’espe-rienza della perdita e l’elaborazione dellutto i rischi sono sempre molti. Tuttavia,per raccontare di un padre e di una ma-

dre che devono affrontare l’inaffrontabi-le, Polonsky sceglie di evitare i toni dram-matici e si concentra sull’inutilità di ge-sti e parole con uno stile tragicomico,surreale che, nel prendersi poco sul se-rio, fa capire quanto l’ironia possa esse-re un buon antidoto all’angoscia.

Il burbero protagonista Eyal, un mi-scuglio di lacerazione e rabbia interpreta-to dal bravissimo Shai Avivi, non ha nes-suna intenzione di tornare alla normalitàe, al contrario, assume un atteggiamentodi rifiuto della realtà, abbandonandosiperò non tanto alla disperazione, quantoall’assurdo e al politicamente scorretto.Tratta malissimo i vicini di casa che van-no a trovarlo all’ultimo momento; va inospedale nella stanza in cui era ricovera-to suo figlio per recuperare una coperta esi mette a rovistare tra gli oggetti di unmalato terminale; litiga e arriva quasi al-le mani con un tassista; fuma marijuanacon Zooler, il figlio di quegli stessi vicinicon cui ha rotto i ponti. Eppure, nel cor-so di questa giornata in più rispetto allaShiv’ah che viene citata nel titolo, il con-fuso e confusionario Eyal pian piano si ri-trova. Vedi anche nel n. 123, p. 30. f.s.

Una settimana e un giorno Shavua Ve YomEyal Spivak e sua moglie Vicky, coniugiultracinquantenni della borghesiaisraeliana, si trovano ad affrontare laprematura morte del figlio a causa di untumore. Dopo la Shiv’ah, rituale settimanadi lutto tipica della tradizione ebraica, ègiunto il momento di ritornare allaquotidianità, e i due genitori cercano inmodi completamente differenti dielaborare il lutto. Vicky si sforza dicondurre una vita normale, come seniente fosse accaduto, mentre Eyal, dopoun primo momento di apaticoscoraggiamento, torna alla clinica permalati terminali per recuperare la copertadel figlio e trova invece una confezione dimarijuana per uso medico. Invece di restituirla, decide di portarla viae chiede allo sconclusionato figlio degliodiati vicini, Zooler, di aiutarlo apreparare una canna. Grazieall’improbabile sodalizio con il ragazzo,Eyal riuscirà, forse, a riaffacciarsi alla vita.

r. Asaph Polonsky or. Israele 2016 distr.Parthénos dur. 98’

Arrivato alla sua trentunesima pelli-cola in 62 anni, Godzilla continua a

dimostrarsi un’icona in grado di riflette-re sui traumi sociali e storici del Giappo-ne, attraverso forme narrative spettaco-lari, ma al contempo d’autore: per rac-contare l’ennesima incursione del sau-ro, il regista Hideaki Anno, coadiuvato daShinji Higuchi, imbastisce un raccontosatirico sull’inefficienza della burocrazia

nipponica, che diventa incentivo a ri-pensare la propria cifra identitaria. Lavicenda chiama chiaramente in causale mancanze occorse durante il disastrodi Fukushima e affida il ritmo alle con-citate discussioni fra ministri e burocra-ti, assumendo Godzilla quale paradig-ma della forza ignota che riverbera tan-to l’afflato inarrestabile della natura,quanto l’incarnazione dell’indole auto-distruttiva umana causata dalla propriastupidità. Il tema dell’atomica torna per-ciò a fare capolino, intrecciato a doppiofilo con la subalternità di un Giapponeevidentemente percepito come potenzadebole rispetto a uno scenario globalevorace e calcolatore. Il recupero di unavolontà in grado di autodeterminare ilproprio destino, procedendo a braccet-to con le lezioni già fornite dalla Storia,si accompagna così a un afflato tragico,ma allo stesso tempo aperto a una sor-ta di fascinazione pura per l’estetica di-struttrice forgiata dal mostro: l’equili-brio negli opposti, tipicamente nipponi-co, osserva così un rapporto ambivalen-te con la tecnologia, strumento di perdi-zione, ma anche di salvezza. d.d.g.

Shin GodzillaShin Gojira

Il governo cerca di capire cosa abbiaprodotto l’allagamento dell’Aqua-LineBaia di Tokyo. Scopre così che aprovocare il disastro è stata una enormecreatura marina. Il mostro dimostrauna capacità evolutiva non comune,che lo porta dapprima ad assumere laforma terrestre strisciante, per poiraggiungere quella eretta. Godzilla,come viene soprannominato dai servizisegreti americani che seguonostrettamente la vicenda, infine evolve inuna forma gigantesca e dal devastantepotenziale distruttivo. Il governo èimpotente e si perde dietro strategieinconcludenti, salvo vedersi infinecostretto ad accettare la risoluzione delleNazioni Unite che ordina lo sgancio diuna bomba atomica su Tokyo. Ma ilgiovane funzionario Rando Yaguchi nonsi dà per vinto ed elabora una strategiaper inoculare nella creatura uncoagulante in grado di fermare il suosistema di raffreddamento interno.

r. Hideaki Anno, Shinji Higuchi or. Giappone2016 distr. QMI Stardust dur. 120’

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Tratto dal romanzo di Shûsaku Endô,Scorsese con Silence guarda agli

eventi che caratterizzarono parte dellungo medioevo nipponico, non per co-struire una metafora attuale sullo scon-tro tra civiltà lontane per cultura, ma perritornare su temi a lui cari e non estraneialla sua formazione cattolica. La religio-sità di Scorsese si manifesta non certonella professione di fede, quanto nell’in-

faticabile ricerca di una prova, nella sot-tomissione al dubbio, lacerante e dispo-tico agente sulla coscienza, nell’impos-sibile integrazione di senso di colpa epossibilità di redenzione.

Padre Rodriguez è personaggio che in-carna alcuni di questi temi, soprattuttonella costante e disperata chiamata al Pa-dre, che rimane invece nascosto. Rodri-guez deve decidere da solo se salvare cen-tinaia di vite umane abiurando o restan-do fedele all’idea del martirio collettivoin attesa di un paradiso difficile da spiega-re ai buddisti giapponesi. Dilata il tempodella decisione e aspetta di sentire lavoce imperiosa di Dio, che gli indichi lastrada, fino a quando il dilemma esplodevisivamente nel finale, quando l’apostataFerreira si materializza davanti a Rodri-guez, delineando l’unica via possibile chepossa conciliare buddismo e cristianesi-mo, ovvero la via della vita senza riserve:uscire dall’IO, togliere valore a simboli eicone, calpestare la piastrella bronzea conil Cristo scolpito. Abiurare, farsi Giuda inassenza di una voce profonda che rassicu-ri sulla salvezza dopo le sofferenze. Vedianche nel n. 121, p. 8 e 9. a.l.

Silence 1633, Portogallo. Padre Valignanoriferisce ai giovani Padre Rodrigues ePadre Garupe che il loro mentorespirituale, Padre Ferreira, ha abiurato.Questi, partito per il Giappone anniprima in missione evangelizzatrice, haceduto alle torture dello Shogunato,deciso a fermare l’espansione delCristianesimo nel paese. Rodrigues e Garupe partono perl’Estremo Oriente, con l’intento discoprire cosa sia accaduto realmente econtinuare l’opera missionaria deigesuiti. Nel porto di Taiwan incontranoKichijiro, un ubriacone che, purdefinendosi cristiano, terrorizzato dalletorture ha tradito famiglia e villaggio.Diventa la loro inaffidabile guida, finoa quando, dopo aver assistito alladevastazione punitiva del villaggio cheli ha ospitati, Rodrigues e Garupe siseparano. L’inquisitore Inoue arresta Rodrigues elo costringe a scegliere tra l’abiura, chesalverebbe la vita di centinaia dicontadini cristiani, o il martirio.

r. Martin Scorsese or. Usa 2016 distr. 01Distribution dur. 161’

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Il regista irlandese John Carney ha am-bientato il suo ultimo lavoro a Du-

blino nel difficile periodo degli anni ot-tanta quando disoccupazione e insicu-rezza avevano indotto molti giovani aemigrare e l’Inghilterra sembrava la na-zione in grado di offrire nuove oppor-tunità.

I cenni storici fanno da sfondo allavicenda del film. Si tratta in realtà di unaintelligente e briosa commedia di for-mazione in cui la musica e l’amore sonoper Conor, il protagonista, una occasio-ne per superare l’adolescenza, dimenti-care le umiliazioni subite nelle aule sco-lastiche, il dolore provocato dal disac-cordo tra i genitori, infine per compren-dere che per crescere veramente bisognatuffarsi nel mare della vita.

L’amore sboccia improvviso. Conorogni mattina vede una ragazza che sem-bra in attesa... Raphina è un po’ più adul-ta, sicura di sé. L’amore fa maturare nelgiovane, ancora inesperto, ma determi-nato, l’idea di girare un video musicalee sarà lo spunto per far nascere la bandSing Street. La musica diventa personag-gio, magistrale la colonna sonora. Ria-scoltiamo canzoni famose dei gruppi de-gli anni ottanta: i Duran Duran, The Cu-re, A-ha... Degno di nota anche il cast.Perfettamente in parte il giovane FerdiaWalsh-Peelo (Conor) alla sua primaesperienza attoriale e l’americana Boyn-ton, una Raphina energica e molto fem-minile. Vedi anche nel n. 120, p. 30. a.f.

Sing StreetDublino anni ottanta, Il giovane Conor,ha talento: scrive canzoni e le arrangiaalla chitarra. Un ottimo mezzo perdimenticare i frequenti litigi deigenitori e il fallimento del loromatrimonio. Quando il padre perde illavoro Conor deve lasciare la scuolaprivata per la pubblica. Il nuovoambiente si rivela difficile: il Preside èsevero e il “bullo “ della scuola prendesubito di mira il nuovo arrivato.L’incontro con Raphina, una ragazzache vive sola e vuole fare la modella,segnerà una svolta definitiva. Conor leoffre di girare un video con la sua bande la ragazza accetta. Occorre formare laband inesistente. Nasce Sing Street: ungruppo di giovani che suonano i piùdisparati strumenti. Successoassicurato. Il concerto finale è latrasfigurazione dei personaggi chemostrano tutti il loro aspetto migliore.Ma l’Irlanda di quel periodo apparetroppo piccola e il sogno è raggiungerel’Inghilterra.

r. John Carney or. Irlanda 2016 distr.BIM Distribuzione dur. 106’

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Il film si apre sulle pagine di un albumdi foto d’epoca con paesaggi e mo-

menti di una stagione balneare sulle co-ste della Normandia.

Dopo la tempesta Louise rivede il suopassato di bambina, la sua adolescenzainquieta, le prime schermaglie amorosecon alcuni coetanei, e una sorta di ami-co immaginario che lei aveva identifi-cato nel corpo di un soldato morto du-rante la guerra. Vaghi sensi di colpa riaf-

fiorano e si rivelano in un sogno surrea-le in cui viene giudicata da una cortecon esseri umani dalla testa di animale:la colpa di cui la si accusa è di aver di-menticato.

Garantirsi una sopravvivenza e ricor-dare sono prerogative dell’esperienza diun naufrago famoso e molti indizi ci ri-portano a Robinson… La vecchiaia èun’isola in cui si “naufraga” inesorabil-mente e nella quale occorre misurarsicon forze più esigue, con una nuova “sag-gezza” che evidenzia un lato insolito diogni cosa e con la ricerca di ricordi chepermettano di rivisitare il passato percapire cosa si è stati. Louise, come unnaufrago, si ritrova ad affrontare una di-mensione di solitudine alla quale devedare un senso e che la porta a fare i con-ti con se stessa e con la morte.

Riconosciuto maestro del Cinemad’animazione francese, l’ottantenne Je-an-Francois Laguionie, come il suo per-sonaggio, ha animato la sua terza etàcreando qualcosa di nuovo in uno stileche in fondo si discosta da quello di tut-te le sue opere precedenti. Vedi anchenel n. 121, p. 28. l.z.

Le stagioni di Louise Louise en hiverL’anziana Louise, al mare, si prepara atornare a casa, ma perde l’ultimo treno.Torna a casa. Il paese è deserto, scoppiauna tempesta, il livello del mare sale, èimminente un disastro. Tra sogno e realtàla piena invade la camera: la presenza dimolti orologi segnala la sospensione deltempo cronologico.Nella vana attesa che qualcuno venga acercarla, Louise costruisce una capanna inriva al mare. Un giorno arriva un vecchiocane, probabilmente anche lui naufrago:“Potrei chiamarti Mercoledì”- dice Louise el’allusione a Robinson è dichiarata… malo battezza Pepe. Louise si ciba del pescepescato e crea un piccolo orto; unatemporanea scomparsa di Pepe la gettanello sconforto, rischia di annegare, ma luitorna in tempo per salvarla. Ricomincia l’estate. Il treno riporta ivacanzieri; Louise e Pepe si allontananoalla ricerca della solitudine alla qualeormai non riescono a rinunciare.

r. Jean-François Laguionie or. Francia/Canada 2016 distr. I Wonder Picturesdur. 75’

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Il cinema di Clint Eastwood si confron-ta con un evento realmente accaduto

e che ha suscitato grande emozione: ep-pure la dimensione globale occupa unaporzione ridotta del racconto, interessasolo in quanto mitopoiesi moderna, chepermetta di far assurgere l’evento sin-golo a paradigma di un sentire diffusoche il regista vuole far emergere in quan-to esempio di quell’America migliore al-trimenti negata dalle circostanze.

Eastwood illustra così la dimensionegenerale da un punto di vista personale,scegliendo di indagare nel dietro le quin-te della vicenda, portando alla luce even-ti poco noti e che hanno rischiato di ri-scrivere l’eroismo del salvatore di 155vite in chiave negativa.

Eastwood fa ancora una volta appelloal senso della condivisione alla base delsuo cinema, trasformando la cabina del-l’aeromobile in un ennesimo perimetro incui far convivere dinamiche semplici chesi innalzano però a paradigma del fun-zionamento del mondo. Lo spettatore,immerso nell’esperienza del salvataggio,assapora il senso di condivisione del mo-mento e comprende quanto nell’abitaco-lo agisca un’umanità mossa da un unicosentire, dove solo la comprensione deldramma reciproco ne può restituire la gra-vità e l’urgenza. Lo stesso Sully chiede nona caso alla commissione che lo interrogadi poter riascoltare le registrazioni del-l’accaduto, per permettere alla separazio-ne tra giuria e imputato di annullarsi nel-la condivisione dell’accaduto e nella reci-proca comprensione di quanto successo.Vedi anche nel n. 120, p. 12 e 13. d.d.g.

SullyIl 15 Gennaio 2009, il boeing USAirways 1549 si scontra con uno stormodi uccelli poco dopo il decollodall’aeroporto LaGuardia di New York.Con entrambi i motori in avaria, ilcapitano Chesley “Sully” Sullenbergernon può rientrare nei vicini aeroporti edecide di ammarare sul fiume Hudson:in questo modo tutti i 155 passeggeri sisalvano. Diventato un eroe per l’opinionepubblica, Sully deve però confrontarsicon l’inchiesta ordinata dallacompagnia. Le indagini sulla dinamica del volomettono infatti in dubbio la correttezzadel comportamento del comandante: lesimulazioni indicano che c’erano iltempo e il carburante sufficienti pertentare un atterraggio sicuro in unaeroporto vicino.

r. Clint Eastwood or. Usa 2016 distr.Warner Bros dur. 96’

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T angerines rimanda alla guerra ab-caso-georgiana (1991-1993) che, a

seguito dell’autoproclamata indipen-denza dell’Abcasia, rivendicata comepropria dalla Georgia, è stata teatro dimassacri e di pulizie etniche da entram-be le parti.

Per raccontare l’insensatezza e l’orro-re della guerra, Urushadze sceglie di vi-rare sul piano simbolico e di privilegia-

re una costruzione narrativa dall’impian-to teatrale, da kammerspiel, optando peruna recitazione che favorisce l’analisiintimista e psicologica dei personaggi.

La casa è un microcosmo la cui strut-tura interna riflette con evidenza quelche sta accadendo all’esterno: in unastanza è collocato il mercenario ceceno,ferito, il cui intento primario è di vendi-care l’amico rimasto ucciso; nella stan-za adiacente giace in gravi condizioni ilsoldato georgiano.

All’interno delle mura domestiche laguerra e le incomprensioni tra etnie as-sumono i contorni dell’esemplarità e po-co alla volta emergono invece le qualitàumane, le aspettative e i vissuti di cia-scun personaggio e, almeno momenta-neamente, sembra possibile superareogni ostilità.

Per l’ostinazione a non abbandonareuna terra che ritiene propria, ma anche arifiutare qualsiasi forma di odio naziona-lista, e invece a credere in quella “gentesenza confini”, vero leitmotiv del film perdirla col regista, Ivo è una figura eroica, diun eroismo intriso di profondo umanesi-mo. Vedi anche nel n. 120. p. 20. l.c.

TangerinesMandariniMandarinid

Un gruppo di estoni trasferitosi nelCaucaso per un secolo convive con quellecomunità pacificamente, ma intorno al1990 l’esplosione di un conflitto tra laGeorgia - che rivendica quella terra - e laRepubblica separatista di Abcasia locostringe a tornare in Estonia. Malgradogli scontri, Ivo e Margus rimangono persalvare il raccolto di mandarini. Un giorno, mentre Ivo sta preparandodelle casse per il raccolto, giungono duececeni in cerca di cibo. Di lì a poco c’è unoscontro a fuoco. Vicino alla casa di Margusil ceceno Ahmed è gravemente ferito, chiguidava il veicolo è morto. Sul furgone ditre soldati georgiani resta in vita soloNika, in gravi condizioni. Ivo porta i due sopravvissuti a casa e licura con un medico compatriota. Appenail ceceno si rimette in piedi, vuol vendicarel’amico ucciso. Ma Ivo si fa promettere chein casa sua nessuno alzerà un dito control’altro e nasconde le armi di entrambi…

r. Zaza Urushadze or. Estonia/Georgia2015 distr. PFA dur. 89’

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Il film racconta un modo diverso di vi-vere il rapporto con la Natura; essa ci

appare nel profilo dell’isola che si stagliatra cielo e mare, nell’intreccio del verdeche si apre su cieli, nella furia degli ele-menti, ma anche nella figura femminileuscita dalla pelle dell’animale che ri-manda ad antiche leggende di esseri chevivono tra terra e mare. I suoni dell’am-biente, riprodotti con realismo, formanola colonna sonora di molte sequenze epermettono allo spettatore l’immersio-

ne nel paesaggio; la musica accompa-gna invece le attività dell’uomo, diven-ta la voce dei suoi sentimenti, dei mo-menti lirici in cui fiorisce l’idillio amoro-so e di quelli in cui prevale la disperazio-ne. Non ci sono parole, tutto è detto coni suoni e i gesti dei protagonisti.

Molte sono le allusioni a un percorsoiniziatico propiziatorio all’accettazionedi un nuovo status: poco dopo l’appro-do sull’isola l’uomo cade in un baratrotra le rocce e finisce nel ventre dellamontagna per uscirne nuotando attra-verso un cunicolo: compie così il ritoche gli permette di rinascere a nuova vi-ta, di accettare l’esistenza sull’isola. An-che il figlio vivrà la stessa esperienza pri-ma di affrontare la crescita.

Il regista propone un racconto di unarara bellezza - semplice e lineare - che al-lo stesso tempo rivela una certa comples-sità e trae le radici dalle leggende che han-no alimentato l’immaginario dell’uomo,dai suoi legami con l’ambiente e il mon-do animale. Restare sull’isola può essereanche la metafora della rinuncia a unaciviltà che sta distruggendo la terra. Vedianche nel n. 122, p. 16 e 17. l.z.

La tartarugarossaLa tortue rougeIl film ci propone un’originale riscritturadel mito di Robinson. Il naufrago dell’isolaviene ostacolato nei suoi tentativi di fugada un’enorme tartaruga rossa cheregolarmente affonda la sua improvvisataimbarcazione. Quando la tartaruga approda sullaspiaggia l’uomo furioso la uccide; dopoalcuni giorni trova dentro al gusciodell’animale un bellissimo corpo di donnache sembra uscire da un sonno letargico.Una creatura viva che diventa la suacompagna e dalla quale avrà un figlio. La famigliola vivrà sull’isola cibandosi diprodotti del mare e della terra senzacostruire infrastrutture che nemodifichino la natura incontaminata. Ilragazzo, cresciuto, figlio dell’uomo e delladonna-animale, sceglierà la sua stradaandandosene nuotando con le tartarughe. Il ciclo della vita si conclude con la mortedell’uomo assistito dalla sua compagnache in seguito tornerà nel mare.

r. Michael Dudok de Wit or. Francia/Belgio/Giappone 2016 distr. Bim dur. 80’

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Da un lato il cromatismo eccessivo e li-sergico del regno dei Troll, dall’altro

il grigiume di Bergen Town, in un gioco diaccostamenti che spesso determina i mo-menti visivamente più forti della storia.

Di fronte a questo ritratto così marca-to, il film lavora di piccoli scarti, utili a de-finire come la natura in apparenza im-modificabile dello scenario sia in realtà

anche un limite che costringe i personag-gi a non potersi affrancare da quanto de-finito a monte: la fuga dei Troll avvieneattraverso un tunnel che sembra una pa-rafrasi dell’apparato digerente nel qualesarebbero altrimenti costretti dai Bergen,e la loro felicità diventa altresì il pretestoche li costringe a perpetuare in eterno laricerca di un posto dove fuggire per nonessere divorati. La sfida intrapresa da Pop-py diventa così anche un momento diconfronto propedeutico a cambiare lo sta-to delle cose, stabilendo un gesto di volon-tà che prescinda da quanto determinatodal proprio ruolo: la principessa si fa nona caso avventuriera e potenziale vittimadel pericolo, riscrivendo i rapporti e le di-namiche interne al racconto.

L’intento dichiarato è dare forma aun racconto che incentivi le giovani spet-tatrici a rifuggire i ruoli predefiniti per ilraggiungimento dei propri desideri, finoa una impossibile pacificazione fra Trolle Bergen che passi per l’acquisita consa-pevolezza che non esistono ricette per lafelicità, destinata invece a essere costrui-ta con le proprie azioni. Vedi anche neln. 123, p. 32. d.d.g.

TrollsI piccoli Troll vivono nell’albero dellafelicità, spargendo il buonumore: igiganteschi e apatici Bergen scopronoperò che possono assaporare la felicitàingurgitando i poveri Troll e danno cosìvita al Trollstizio, una festa annualeper divorarli tutti. Ma Re Peppy,sovrano dei Troll, riesce a organizzarela fuga, salvando i suoi sudditi.Vent’anni dopo, la comunità dei Troll èpiù lieta che mai, ormai hadimenticato i pericoli e, spronata dallafelicissima principessa Poppy,organizza la sua più grande festa disempre. Il frastuono provocato daifesteggiamenti, però, attira l’attenzionedi Chef, la cuoca reale dei Bergen, cheriesce così a far ripristinare ilTrollstizio. Prima che si tenga l’empiobanchetto della sua gente, Poppy deverecarsi a Bergen Town, per salvare isuoi compagni. L’aiutano il pessimistaBranch e la sguattera Brigida,segretamente innamorata di Re Gristle.

r. Walt Dohrn, Mike Mitchell or. Usa2016 distr. 20th Century Fox dur. 92

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Un film lineare e gradevole che, comeil precedente del regista, Scialla!, cer-

ca di colmare un divario generazionale.Nel primo film si trattava di un padre e diun figlio, qui si tratta invece di un “nonno”e di un “nipote”. La differenza è abissale,perché a essere diverso nei due personag-gi è il vissuto delle rispettive giovinezze.Giorgio è stato il testimone di una guerra

che ha stravolto la quotidianità di un licea-le che si preparava ad affacciarsi all’amo-re, sogno brutalmente spezzato dalla ne-cessità di nascondersi e farsi partigiano.Alessandro invece è il riflesso di un qua-lunquismo strisciante, di un abbandonoa se stessi in un contesto sociale opaco.

I protagonisti sono tuttavia accomu-nati dalla solitudine, degli affetti e del-l’età, e questo sarà il primo passo percostruire un ponte che li metta in relazio-ne. Il secondo passo è la curiosità che fi-nalmente scuote Alessandro, quandoscopre lo studio di Giorgio.

Il film non insiste in modo didascali-co su questi aspetti, che si possono intra-vedere in trasparenza, è concentrato adavvincere lo spettatore nell’intreccio co-mico e incalzante degli eventi, con Gior-gio schierato dalla parte dei giovani, eva-nescente nelle sue perdite di memoria edivertente nel suo forbito accento to-scano. Le situazioni commoventi nonmancano e dicono della necessità diuscire dal guscio ristretto delle propriefrequentazioni abituali per aprirsi a unavisione del mondo più ampia e profi-cua. Vedi anche nel n. 123. p. 29. c.m.v.

Tutto quello che vuoiRoma. Alessandro, 22 anni, passa legiornate al bar. Lasciati gli studi, vive conle mance del padre operaio ed è l’amantedella giovane madre del coetaneoRiccardo. Dopo una lite finita male e unanotte in prigione, il genitore gli impone unlavoro: far compagnia a un anziano. Alessandro è costretto a rassegnarsi. Vaquindi all’appuntamento dove lo accogliela vicina di casa del nuovo datore dilavoro, Giorgio Gherarducci, poeta di 85anni ora affetto da Alzheimer. È autosufficiente, ma deve camminare eparlare con qualcuno. Alessandro si vergogna del nuovo impiego,ma fa quello che può: Giorgio è colto egarbato, lui ignorante. Dalla memorialabile dell’uomo emergono frammenti diun passato partigiano che incuriosisconoAlessandro e lo spingono a indagare suglianni giovanili del poeta in Toscana. Sullascia di un misterioso tesoro, parte conGiorgio e gli amici alla ricerca di quellache potrebbe essere una svolta per tutti.

r. Francesco Bruni or. Italia 2017 distr.01 dur. 106’

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Vecchiaia fertile quella di Ermanno Ol-mi. Il suo film sul cardinal Martini è

una conferma della ricchezza del suo ci-nema, da sempre ritratto fedele di unmondo ‘buono’, quello della fede, dellabellezza della natura, dell’autenticità delvivere. Restituiti anche nel racconto dellavita di un alto rappresentante della Chie-

sa cattolica, un uomo vero che si mette allivello degli altri, perché vedete, sono unodi voi (le Maiuscole infastidiscono Olmi),cui il regista presta la propria voce, parlan-do in prima persona in un processod’identificazione profonda, che scatta an-che nello spettatore, nel ripercorrere la vi-cenda umana del sacerdote, dello studio-so, del vescovo. Un racconto a ritroso…

Un omaggio, un testamento, ma so-prattutto un film appassionato giocatosull’intersezione di due livelli, intimo euniversale; è Carlo Maria Martini, ma èanche Ermanno Olmi, è la poesia, la sen-sibilità del regista degli umili. Sostenuto daun imponente lavoro di gruppo: Garzonioper la scrittura logicamente coerente del-l’insieme delle citazioni, il montaggio -importantissimo in un racconto che pro-cede a sbalzi - di Paolo Cottignola, le mu-siche - dalla Messa da requiem di Verdi aquelle di Fabio Vacchi e Paolo Fresu.

Il film si chiude su un primissimo pia-no di Martini, anziano, malato, quasi sen-za voce, che impartisce con gesti sicuri labenedizione ad alcuni amici. Un docu-mento vero e commovente come tutto ilfilm. Vedi anche nel n. 122, p. 20. c.d.

vedete, sonouno di voiLa vita del Cardinal Martini - nato aTorino nel 1927, gesuita, eminentestudioso, arcivescovo di Milano, morto nel2012 - raccontata da Olmi e Garzonio inun docufilm con un vasto patrimoniodocumentale, visivo e testuale. La vocefuori campo del regista accompagna tuttoil film: è il cardinale stesso a raccontarsicon la voce roca dell’amico.Una famiglia altoborghese, un’infanziafelice e sobria, la precoce frequenza delcollegio, la consapevolezza sicura già daidieci anni della scelta di vita religiosa, lostudio e l’insegnamento, l’improvvisadestinazione all’opera pastorale nelladiocesi di Milano voluta da GiovanniPaolo II, l’impegno fino a diventare unpunto di riferimento per credenti e non.La storia di una vita e quella di un Paese,Milano, l’Italia e il mondo in annidrammatici: la guerra, il terrorismo,Tangentopoli, le crisi del lavoro vissute daun uomo di Chiesa fedele alla vocazione eai suoi ideali.

r. Ermanno Olmi or. Italia 2017 distr.Istituto Luce - Cinecittà dur. 76’

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Apartire da una durata non conven-zionaleVi presento Toni Erdmann fuo-

riesce da una facile classificazione. MarenAde sceglie un registro narrativo mutevo-le, che gioca sulle tonalità del farsesco, unumorismo decisamente inatteso.

La narrazione prende infatti avvio inmodo lieve, da gag comica, con la com-

parsa di Winfried sulla soglia di casa. Co-me è stato osservato, la sua, può riman-dare alla figura della tradizione circenseoccidentale dell’Auguste, il clown pastic-cione, stralunato e incapace, che è affian-cato dal clown Bianco, serio, autoritario,preciso, nel film rappresentato da Ines.

Ma, via via che il racconto procede, daquelli di una commedia i toni mutanosegno, si delinea un punto di non ritor-no, in cui si evidenzia la posta in gioco,seria se non drammatica, del film: la pre-sa di coscienza da parte del padre di unadistanza incolmabile che lo separa dal-la figlia e la necessità di un riavvicina-mento per non perderla del tutto.

Sullo sfondo di una Romania doveemergono le contraddizioni generatedalla globalizzazione economica,Vi pre-sento Toni Erdmann svela le sue cartepoco alla volta.

Terzo lungometraggio della Ade, Vipresento Toni Erdmann ha ottenuto ilpremio Fipresci al Festival di Cannes,successivamente ha riportato cinque Eu-ropean Film Awards, oltre al Premio Luxdel Parlamento Europeo. Vedi anche neln. 122. p. 10. e 11. l.c.

Vi presento ToniErdmannToni ErdmannInes è consulente per una societàpetrolifera, a Bucarest, dedita al lavoro ealla carriera. In un breve soggiorno inGermania, fa appena in tempo a salutareil padre, Winfried, che le promette cheandrà a trovarla a Bucarest per portarle ilregalo di compleanno, progetto che mettein atto di lì a poco.Lunghe riunioni, resoconti di performanceaziendali, il padre non esita a mostrare ilproprio scetticismo nei confronti dello stiledi vita di Ines e ben presto tra i due si creauna frattura. Quando la donna è convinta che il padresia tornato in Germania, fa l’incontro conuna figura decisamente vistosa che si fachiamare Toni Erdmann, suo alter ego.Winfried è ancora più audace nei panni diToni, che non si fa scrupolo alcuno apresentarsi davanti a Ines nei momentimeno opportuni; tuttavia la figliacomincia ad accettare la presenza delgenitore e ad apprezzarne le intenzioni…

r. Maren Ade or. Germania/Austria/Romania 2016 distr. Cinema! dur. 162’

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Ci appare seduta su un albero Fanny,nell’ombra folta di un’età che sta per

disfarsi. Legge una lettera di sua madrementre i suoi compagni giocano a na-scondino; sua sorella fa la conta e la chia-ma più volte. Tra poco il nascondersinon sarà più un gioco. Segue una brevescena di uno spettacolo con le mario-nette: protagonisti un agnello e un lupo.

L’agnello ha la voce di Fanny, ancoraignara del tempo che si avvicina in cui gliagnelli incolpevoli si disperderanno alcrudele spasmo dei venti.

Il male della storia sta per reciderel’infanzia. La vita, nella sua violenza,chiede una crescita repentina. Bisognainasprirsi per sopravvivere, imparare aessere indipendenti.

Fanny, prova dopo prova, diventa piùmatura sotto i nostri occhi, col peso del-la responsabilità sempre più gravoso. Ledisposizioni del governo collaborazio-nista, per una scelta registica, restano inuno sfondo invisibile, vissute attraversogli occhi vigili e terrorizzati dei bambini.Anche in questo giovane gruppo caleràun clima di tensione e sospetto. Non esi-stono occhi pietosi.

I carnefici costringeranno a cancella-re nomi e identità mentre le vittime do-vranno preservare quello che è stato,senza mai cedere al rischio dell’oblio.L’obiettivo fotografico della protagonistadiventa un occhio che consente di serra-re i ricordi nel cuore, bloccare la memo-ria che il tempo sbiadisce. Vedi anchenel n. 121, p. 24. a.s.

Il viaggio di Fanny Le voyage de FannnySud della Francia, 1943. Per sottrarlialla deportazione nazista, migliaia dibambini ebrei francesi vengono affidatidai propri genitori all’organizzazionefrancese OSE che conta diverse colonieclandestine. In una di queste vieneaccolta Fanny, tredicenne ebrea,assieme alle due sorelle Erika eGeorgette. La comunicazione con igenitori diventa sempre più sporadica ela lontananza fisica un pesodilaniante. A causa di una denuncia, Fanny e glialtri bambini sono costretti a trasferirsiin una colonia situata a Megève.L’unica via di salvezza per i ragazzidiventa quella di attraversare il confineper raggiungere la Svizzera. Ma primaad Annecy e poi ad Annemasse sitrovano ad affrontare prove inattese,restando soli e senza protezione. Fannysi trova così costretta a mettersi a capodel gruppo, a fare ricorso a tutto il suocoraggio per scampare ai pericoli econdurre i compagni verso la libertà.

r. Lola Doilon or. Francia/Belgio 2016distr. Lucky Red dur. 94’

C’è sempre una distanza da colmarenel cinema di Makoto Shinkai: sta-

volta è sia fisica che temporale, in un gio-co a incastri che coinvolge lo spettatore,apparentemente consapevole degliscambi in atto fra i protagonisti, ma poispinto a condividerne la sfasatura tempo-rale e l’impossibile ricongiungimento.

C’è però un terzo elemento, che vie-ne chiamato in causa e che pure si misu-

ra sulle lancette dell’orologio della vita:la memoria, apparente custode dei sen-timenti più profondi, che si rivela peròfallace alla prova del tempo, con i perso-naggi che cercano di “trattenere” le reci-proche esperienze inviandosi messaggio lasciandosi indizi di quanto seminatonell’esistenza altrui, non potendo conta-re su ricordi che sbiadiscono in fretta.

Shinkai per questo descrive un’uma-nità ostinata nel suo attaccamento a unavita qualificata dai sentimenti e dalle pas-sioni, ma fugace nella sfida con un tem-po che sembra destinato a sovrastareogni possibilità di mantenere per semprequegli attimi qualificanti. Un’umanitàche per la sua velleità si dimostra anco-ra più straordinaria e capace di sconvol-gere l’ordine delle cose, a volte anche ri-scrivendo il destino: è il chiaro retaggiodi una cultura convinta delle possibilitàinfinite della nostra specie, ma al con-tempo consapevole della caducità dellesingole vite, capace per questo di impri-mere un significativo apporto alla Storiadel mondo, anche se le vicende partico-lari sono destinate a estinguersi in fretta.Vedi anche nel n. 122, p. 29. d.d.g.

Your NameKimi no na wa

Mitsuha Miyamizu vive nella tranquillaItomori e sogna la grande città. Unamattina si risveglia nel corpo di TakiTachibana, un coetaneo di Tokyo chefrequenta il liceo e svolge anche unlavoro part-time in un ristorante. Loscambio è temporaneo, ma si ripete altrevolte nel tempo e così, una voltametabolizzata la bizzarra situazione, idue cercano di lasciare dei messagginelle vite altrui, in modo da avere unaguida da seguire ogniqualvolta siverifica lo strano fenomeno. Non solo: ildiverso carattere porta i due aintervenire significativamente nella vitareciproca. Ma, così come era iniziato, ilfenomeno a un certo punto smette diverificarsi, e Taki cerca di rintracciare lavera Mitsuha. Accompagnato daOkudera e dall’amico Tsukasa, Takiscopre così che il paese in cui abitaMitsuha è stato spazzato viadall’impatto di un meteorite, staccatosidalla cometa Tiamat tre anni prima.

r. Makoto Shinkai or. Giappone 2016distr. Nexo Digital dur. 107’

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Page 36: CINEMA, TELEVISIONE E LINGUAGGI MULTIMEDIALI NELLA SCUOLA

Bimestrale di cinema, televisione e linguaggi multimediali nella scuolaAnnoXXXIII,nuovaserie, supplemento al n. 124/125luglio-ottobre 2017

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ISSN 1126-067XUn numero euro 6,00

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Alla rivista si collabora solo su invito dellaredazione. Testi e immagini vanno inviati a:[email protected]

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