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Il virus dell’AIDS: origine, struttura, variabilità...

Date post: 29-Dec-2018
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50 Che cos’è l’AIDS? Da dove viene? Quale agente patogeno lo provoca. Da 25 anni l’HIV/AIDS colpisce senza pietà le sue vitti- me. L’intera comunità scientifica, i malati, le loro famiglie, si pongono davanti ad un quesi- to carico di attese: si troverà un farmaco o un vaccino contro questo flagello? Oggi non ci sono dubbi: l’HIV (Human Im- munodeficiency Virus), è l’agente eziologico che provoca l’AIDS o Sindrome da Immuno- deficienza Acquisita. Sindrome, perché si pre- senta come un insieme di patologie correlate a un’unica causa, l’immunodeficenza provo- cata dal virus HIV, e acquisita, perché la si contrae per contagio. Secondo il rapporto an- nuale dell’OMS, presentato a Ginevra l’11 maggio 1999, tra le cause dei decessi nel mondo, l’HIV/AIDS occupa il quarto posto, uc- cidendo più persone di ogni altra patologia in- fettiva. Dopo la malaria, è la seconda causa di morbilità nei Paesi in via di sviluppo. Nel mondo, 39,4 milioni di adulti vivono con l’HIV, di cui: 14,8 milioni sono donne e 1,2 milioni bambini di età inferiore a 15 anni. Dal 1980 ad oggi, più di 16,3 milioni di persone sono mor- te a causa di tale sindrome. Più del 95% del- le persone con HIV vive nei Paesi in via di svi- luppo ed è proprio in questi paesi, nel corso degli ultimi anni, che si è verificato il 90% dei decessi per AIDS. In Nord America ed Europa Occidentale, grazie alle nuove terapie che ga- rantiscono il prolungamento della vita dei con- tagiati, le morti di AIDS si sono significativa- mente ridotte. La diffusione del virus non è però diminuita, dato il numero delle persone sieropositive continuamente in crescita. All’al- ba del terzo millennio, grazie agli studi epide- miologici sull’HIV/AIDS 3 , una vera sfida è lan- ciata al mondo. Ma per sradicare questo fla- gello bisognerà: sviluppare la prevenzione del contagio mediante una scrupolosa e puntuale ope- ra di educazione sanitaria con il coinvolgi- mento dei soggetti con comportamenti a rischio, attraverso una capillare informa- zione riguardo alle vie di trasmissione del virus: a) sessuale; b) trasmissione vertica- le madre-bambino (TMB); c) infezione pa- renterale attraverso fluidi biologici umani contaminati (sangue, liquido seminale maschile, secrezioni cervicali femminili, latte materno, liquidi amniotici). 4,5,6 Secon- do le ricerche attuali, il virus dell’AIDS si trova anche in altri fluidi biologici, potendo essere isolato in coltura in vitro dalla sali- va, dal liquido cefalorachidiano, dalle uri- Il virus dell’AIDS: origine, struttura, variabilità genetica e ricerche Bio-mediche dei trattamenti e dei vaccini Jacques Simporé, Università di Ouagadougou; Università di Roma Tor Vergata; Maria Esposito, Università di Messina 3 ONUSIDA, Rapporto sull’epidemia mortale dell’HIV/AIDS 1999. 4 BARON S. – POST J. – RICHARDSON C.J. – NGUYEN D. CLOYD, Oral transmission of human immuno- deficiency virus by infected seminal fluid and milk, a novel mechanism. J. Infect Dis 2000; 181: 498-504. 5 SEMBA RD. KUMWENDA N. – HOOVER DR ET AL. Human immunodeficiency virus load in breast milk, ma- stitis and mother-to-child transmission of human immunodeficiency. J. Infect Dis 1999,180: 93-98. 6 KOVACS A. – WASSERMAN STEVEN S. – BURNS DAVID – WRIGHTDAVID J. – CHON JOHNATHAN – LANDAY ALAN – WEBER KATHLEEN, CHEN MARDGE – LEVINE ALEXANDRA, MONKOFF HOWARD, MIOT- TI PAOLO, PALEFSKY JOL– YOUNG MARY REICHELDERFER PATRICIA. Determinants of HIV-1 shedding in the genital tract of women, The Lancet, Volume 358, November 10, 2001, p. 1593-1601.
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Che cos’è l’AIDS? Da dove viene? Qualeagente patogeno lo provoca. Da 25 anni l’HIV/AIDS colpisce senza pietà le sue vitti-me. L’intera comunità scientifica, i malati, leloro famiglie, si pongono davanti ad un quesi-to carico di attese: si troverà un farmaco o unvaccino contro questo flagello?

Oggi non ci sono dubbi: l’HIV (Human Im-munodeficiency Virus), è l’agente eziologicoche provoca l’AIDS o Sindrome da Immuno-deficienza Acquisita. Sindrome, perché si pre-senta come un insieme di patologie correlatea un’unica causa, l’immunodeficenza provo-cata dal virus HIV, e acquisita, perché la sicontrae per contagio. Secondo il rapporto an-nuale dell’OMS, presentato a Ginevra l’11maggio 1999, tra le cause dei decessi nelmondo, l’HIV/AIDS occupa il quarto posto, uc-cidendo più persone di ogni altra patologia in-fettiva. Dopo la malaria, è la seconda causadi morbilità nei Paesi in via di sviluppo. Nelmondo, 39,4 milioni di adulti vivono con l’HIV,di cui: 14,8 milioni sono donne e 1,2 milionibambini di età inferiore a 15 anni. Dal 1980 adoggi, più di 16,3 milioni di persone sono mor-te a causa di tale sindrome. Più del 95% del-le persone con HIV vive nei Paesi in via di svi-luppo ed è proprio in questi paesi, nel corso

degli ultimi anni, che si è verificato il 90% deidecessi per AIDS. In Nord America ed EuropaOccidentale, grazie alle nuove terapie che ga-rantiscono il prolungamento della vita dei con-tagiati, le morti di AIDS si sono significativa-mente ridotte. La diffusione del virus non èperò diminuita, dato il numero delle personesieropositive continuamente in crescita. All’al-ba del terzo millennio, grazie agli studi epide-miologici sull’HIV/AIDS3, una vera sfida è lan-ciata al mondo. Ma per sradicare questo fla-gello bisognerà:– sviluppare la prevenzione del contagio

mediante una scrupolosa e puntuale ope-ra di educazione sanitaria con il coinvolgi-mento dei soggetti con comportamenti arischio, attraverso una capillare informa-zione riguardo alle vie di trasmissione delvirus: a) sessuale; b) trasmissione vertica-le madre-bambino (TMB); c) infezione pa-renterale attraverso fluidi biologici umanicontaminati (sangue, liquido seminalemaschile, secrezioni cervicali femminili,latte materno, liquidi amniotici).4,5,6 Secon-do le ricerche attuali, il virus dell’AIDS sitrova anche in altri fluidi biologici, potendoessere isolato in coltura in vitro dalla sali-va, dal liquido cefalorachidiano, dalle uri-

Il virus dell’AIDS: origine, struttura, variabilità genetica e ricerche Bio-mediche

dei trattamenti e dei vaccini

Jacques Simporé, Università di Ouagadougou; Università di Roma Tor Vergata;Maria Esposito, Università di Messina

3 ONUSIDA, Rapporto sull’epidemia mortale dell’HIV/AIDS 1999.4 BARON S. – POST J. – RICHARDSON C.J. – NGUYEN D. CLOYD, Oral transmission of human immuno-

deficiency virus by infected seminal fluid and milk, a novel mechanism. J. Infect Dis 2000; 181: 498-504.5 SEMBA RD. KUMWENDA N. – HOOVER DR ET AL. Human immunodeficiency virus load in breast milk, ma-

stitis and mother-to-child transmission of human immunodeficiency. J. Infect Dis 1999,180: 93-98.6 KOVACS A. – WASSERMAN STEVEN S. – BURNS DAVID – WRIGHT DAVID J. – CHON JOHNATHAN –

LANDAY ALAN – WEBER KATHLEEN, CHEN MARDGE – LEVINE ALEXANDRA, MONKOFF HOWARD, MIOT-TI PAOLO, PALEFSKY JOL – YOUNG MARY REICHELDERFER PATRICIA. Determinants of HIV-1 shedding inthe genital tract of women, The Lancet, Volume 358, November 10, 2001, p. 1593-1601.

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ne,7,8 seppure in concentrazioni non suffi-cienti per essere contagioso, a meno chenon esistano lesioni orali o gengiviti conconseguente perdita di sangue;

– estendere ai malati una terapia combinata,come la “Tri-terapia” (con almeno tre tipi difarmaci),9 potenzialmente capace sia diesplicare un più efficace blocco della repli-cazione virale sia di prevenire la selezionedei mutanti resistenti ai vari farmaci, diffon-dendo con urgenza la prevenzione della tra-smissione verticale madre-bambino dell’HIV(PTMB-HIV) nei Paesi in via di sviluppo;

– un impiego molto precoce delle terapie an-tiretrovirali, da iniziare quando la replica-zione virale è ancora scarsa;

– incrementare la ricerca sui vaccini control’HIV/AIDS.

Allo scopo di conoscere più da vicino quel-la che fino a pochissimi anni fa veniva consi-derata la “Peste del XX secolo”, tratteremoper sommi capi i seguenti argomenti:– Storia e origine dell’HIV– Struttura e variabilità del meccanismo d’in-

fezione– Differenti tipi di test HIV– Cura dell’HIV/AIDS e prospettive di ricerca

per il futuro.

I. STORIA E ORIGINI DELL’HIV

A. Storia

1980 – Michael Gottlieb, immunologo del-l’UCLA Medical Center di Los Angeles, utiliz-zando la tecnica del T cell-counting, testa trecasi di immunodeficienza in giovani omoses-suali statunitensi che presentano segni cliniciparticolari: dimagrimento, micosi, febbre,Candida buccale e polmonite. Precedente-mente, tali malattie non erano associate a de-corsi clinici particolarmente gravi in soggettiimmunocompetenti.

1981 – Diversi medici statunitensi informa-no su alcuni casi simili ai precedenti, tutti sog-getti omosessuali affetti da Pneumocystis ca-rinii pneumonia. Il New York Times pubblica lanotizia il 3 luglio dello stesso anno: la malattiainizia subito ad essere legata all’omosessua-lità. In breve tempo i casi diagnosticati salgo-no a 422. Le morti registrate per questa nuo-va malattia sono 159. I primi studi dimostranole vie di trasmissione sessuale ed ematica diquesta infezione sconosciuta, che da quelmomento si chiamerà Acquired Immuno Defi-ciency Sindrome (AIDS).

Maggio 1983 – Il virologo francese LucMontagnier e i suoi collaboratori dell’InstitutPasteur di Parigi, isolano dal linfonodo di unuomo a rischio di sviluppare l’Aids, quello chesembrava essere un nuovo retrovirus umano,al quale viene dato il nome di LAV (Lympha-denopathy Associated Virus).

Settembre 1983 - Montagnier presenta alGoverno francese la richiesta di brevetto deltest per individuare la presenza di anticorpiverso HIV.

Maggio 1984 – Il medico statunitense Ro-bert Gallo, del National Cancer Institute di Be-thesda, annuncia, nel corso di una conferen-za stampa, la scoperta del retrovirus respon-sabile dell’AIDS, che chiamerà HTLV-III.

1985 – Quest’anno è segnato da tre gran-di avvenimenti:

– i test che hanno permesso la scoperta del-l’agente patogeno dell’AIDS vengono im-messi sul mercato;

– negli Stati Uniti iniziano i primi trials clinicicon l’obiettivo di rendere disponibile il pri-ma possibile armi farmacologiche in gradodi contrastare l’HIV;

– negli USA, i Centers for Diseases Controland Prevention (CDC) organizzano ad At-lanta la Ia Conferenza Internazionale sul-

7 HURAUX J.M., Quantification du HIV, Virology, vol. 3, n. 6, novembre 1999, 486-7.8 SHUGARS DC - SLADE GD - PATTON LL. – FISCUS S.A., Oral and systemic factors associated with in-

creased levels of human immunodeficiency virus type 1 RNA in saliva, Oral Surg Oral Pathol Oral Radiol Edod2000, 89; 432-40.

9 Montaner JSG – Hogg RS – O’Shaughnessy MV., Emerging international consensus for use of antiretroviraltherapy. Lancet 1997, 349:1042.

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l’AIDS sponsorizzata dall’OMS: 2000 ricer-catori in rappresentanza di 30 nazioniprendono coscienza dell’esistenza del fo-colaio africano. Si inizia a parlare di tra-smissione eterosessuale.

1986 - La comunità scientifica internazio-nale adotta il nome di HIV (Human Immune-deficiency Virus) al posto di LAV e di HLTV 3.Nel corso dello stesso anno, Luc Montagniere la sua équipe isolano, in collaborazione coni ricercatori dell’Ospedale Claude Bernard diParigi e dell’Ospedale Ega Moniz di Lisbona,un secondo virus, l’HIV-2.

1987- Mentre l’OMS ha istituito il GlobalProgramme on AIDS, la Food and Drugs Ad-ministration (FDA), approva la prima moleco-la contro l’AIDS: è l’azidovudina (AZT), un ini-bitore della trascrittasi inversa.

1990-1995- Dalla mono-terapia, seguitada numerosi pazienti, si passa alla bi-terapia.Lo studio Delta e l’ACTG 175 indicano senzadubbio che la strada da adottare è la terapiadi combinazione. Vengono registrati il saqui-navir, il primo inibitore della proteasi, unanuova e rivoluzionaria classe di farmaci, e il3TC, inibitore della trascrittasi inversa, parti-colarmente sinergico con altri inibitori.

1996 - È l’anno di svolta. La monoterapiae anche la duplice terapia sono da abbando-nare. Il ricercatore anglocinese David Ho,propone una nuova cura: la “tri-terapia”. Sonodisponibili due tipi di medicinali, che vengonosomministrati in diverse associazioni. Si tratta“degli inibitori della transcrittasi inversa” e de-gli “inibitori della proteasi”. Inibendo la protea-si si formano particelle virali immature non in-fettive. La tri-terapia, per funzionare in manie-ra ottimale, dovrebbe cominciare immediata-mente dopo il contagio, cioè al momento del-la prima infezione.

Ancora, negli ultimi sei mesi dello stessoanno, viene presentato un nuovo metodo dicura sperimentata negli Stati Uniti nota comeHAART (Highly Active Anti-Retroviral The-rapy), che mostra indubbi e impressionanti ri-sultati a breve termine sugli effetti della caricavirale, che ritardano la progressione della ma-lattia e prolungano la vita. L’HAART è la dop-pia combinazione di inibitori e cocktail di tre o

quattro farmaci e si tratta di un trattamentoantivirale aggressivo, del quale tuttavia man-cano dati sui risultati a lungo termine, sugli ef-fetti collaterali, sui tempi di assunzione.

Nello stesso anno viene messo a punto unmetodo per misurare la carica virale.

1998 - Nonostante la tri-terapia inibisca lareplicazione dell’HIV, riducendone la presen-za nel plasma a livelli molto bassi prolungan-do la vita del paziente, si manifesta scettici-smo nei riguardi di tale regime farmacologico.Tra le ragioni:– non permette di eliminare totalmente il

virus;– il regime è piuttosto complesso, difficile da

attuare e potrebbe durare tutta la vita;– non è privo di effetti collaterali gravi, tra i

quali il rischio di interferire con il processodi duplicazione del DNA che avviene almomento della mitosi, provocando effettitossici, specialmente nelle cellule in rapidadivisione come quelle del midollo osseo;

– la comparsa di ceppi virali resistenti, acausa dell’alto grado di mutazioni del vi-rus, che provocherebbero seri problemiper il trattamento con gli anti-retrovirali(ARV), seppure, generalmente, l’impiegodi questi diversi composti in modo alterna-to o combinato, può ritardare la comparsadei ceppi resistenti, ridurre la tossicità emigliorare la sopravvivenza dei pazienti;

– il cocktail di farmaci (ne sono disponibili di-versi tipi) è estremamente costoso, senzaconsiderare gli esami necessari per control-lare l’efficacia della cura, e ne impediscecosì la diffusione nei Paesi meno ricchi.

1999-2001 - Per combattere l’HIV e sradi-carlo, si aprono nuove strade per la ricerca epossibili sviluppi nella terapia antivirale, comel’immunizzazione intracellulare, la immunote-rapia genetica, la terapia genica per farmaco-modulazione.

B. Origine

In una ricerca retrospettiva, su campionisierici raccolti per altri fini nel 1959, sono sta-te effettuate analisi di laboratorio che hannoevidenziato la presenza di anticorpi controHIV. Allo stesso anno sembrano risalire anchei casi clinici più precoci, come quello di un pa-ziente deceduto a Manchester in Inghilterra, a

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seguito di un’infezione da Cytomégalovirus ePneumocystis carinii.

Il DNA estratto da questi campioni è statoanalizzato con la Polymerase Chain Reaction(PCR) sul gene gag, confermandone la siero-positività.10

La storia evolutiva dell’HIV è stata ampia-mente studiata con i metodi classici della biolo-gia molecolare, fornendo importanti informazio-ni per la ricostruzione filogenetica e la determi-nazione del cladogramma del virus dell’AIDS.

Tale ricostruzione non solo mostra comel’HIV-1 e l’HIV-2 appartengono a ceppi diffe-renti, ma permette di tracciare il dendrogram-ma dei diversi tipi di virus responsabili delleimmunodeficienze:11 scimmie (SIVmac/maca-co; SIVcpz/scimpanzè), felini (FIV), bovini(BIV), umani (HIV-1/HIV-2) (cfr. schema 1).

II. STRUTTURA, MECCANISMO

D’INFEZIONE E SVILUPPO DELL’HIV

A. Struttura dell’HIV

Lo studio della struttura genetica dell’HIVci permette di comprenderne la complessità,alcune delle sue manifestazioni cliniche e bio-logiche, di indagare possibili strategie per laricerca terapeutica.

L’HIV-1 è ormai presente nel mondo intero,mentre l’HIV-2 è localizzato soprattutto in alcunezone dell’Africa. È così possibile che numerosiindividui siano portatori di entrambi i ceppi virali.

Il virus dell’immunodeficienza umana è unretrovirus,12 appartenente al sottogruppo deiLentiviridi, con particella virale del diametro di0,1 µm ed un genoma ad Acido Ribonucleico(RNA). Dall’esterno verso l’interno, osservia-

10 WATSON JAMES D. – GILMA MICHAEL, DNA recombinant. Zanichelli, Bologna 1994, 2a edizione.11 SIMPORE JACQUES, Nouvelles Frontières de la médecine e de la génétique moléculaire, ver la globalisa-

tion térapeutique, Università di Brescia 2001, pp. 128-132.12 Gallo RC – Montagnier L. The chronology of AIDS research. Nature 1987; 326: 435-436.

Schema n. 1 - Dendrogramma filogenetico dell’HIV

HIV – 1 = Virus d’immunodeficienza umana tipo 1HIV - 2 = Virus d’immunodeficienza umana di tipo II SIV – cpz = Virus d’immunodeficienza dello scimpanzèSIV – mac = Virus d’immunodeficienza del macacoFIV = Virus d’immunodeficienza felinaBIV = Virus d’immunodeficienza bovina

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mo l’involucro del virione, la matrice e il cap-side. I virioni comprendono un core nucleo-proteico circondato da una membrana a dop-pio strato lipidico che contiene le proteine vi-rali dell’envelope (env) di superficie e di trans-membrana. Il core ribonucleoproteico è costi-tuito da due copie di RNA genomico virale eda enzimi virus-associati (trascrittasi inversa,proteasi, integrasi) (cfr. schema 2). È statadeterminata la sequenza nucleotidica com-pleta dell’RNA virale, che ha reso possibile l’i-dentificazione e lo studio delle proteine codifi-cate. Il genoma dell’HIV consiste di circa

9000 nucleotidi e contiene nove geni, tre deiquali, fondamentali per il suo ciclo vitale, so-no comuni a tutti i retrovirus: gag codifica perle proteine del capside, env codifica per leproteine del rivestimento e pol codifica sia latrascrittasi inversa che l’integrasi. La presen-za degli altri sei geni rende il genoma dell’HIVinsolitamente complesso, poiché alcuni codi-ficano proteine che regolano l’espressionedei geni stessi del virus. Come indicato in fi-gura, uno splicing dell’RNA è necessario perprodurre rev e tat (determinanti virali della tra-scrizione) (cfr. schema n. 3).

Schema n. 3 - Disposizione dei geni dell’HIV

Schema n. 2 - Struttura dell’HIV

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B. Meccanismo d’infezione e sviluppodell’HIV

Il meccanismo d’infezione dell’HIV com-porta sei tappe fondamentali, considerate dairicercatori “il tallone d’Achille del virus”, sullequali concentrare le risorse e gli sforzi della ri-cerca scientifica:

– fissazione: la particella virale si fissa allacellula bersaglio, seguita dalla fusione del-le membrane cellulari e dalla penetrazionedella capsula virale (Schema 4a);

– trascrizione: penetrato nella cellula bersa-glio, l’RNA virale, liberato dall’envelope,viene trascritto ad opera di un enzima vira-

le (trascriptasi inversa) ad acido desossiri-bonucleico (DNA) (Schema 4b);

– integrazione: la doppia elica del DNA vieneintegrata nel genoma della cellula ospite(pro-virus), catalizzata dall’integrasi virale,orientando la sintesi proteica verso la pro-duzione di nuovi virioni, da parte dell’RNApolimerasi della cellula ospite (Schema 4c);

– trascrizione e sintesi delle proteine (Sche-ma 4d),

– assemblaggio delle nuove particelle virali,contenenti a loro volta trascrittasi inversa,seguita dalla fase germinativa (Schema 4e),

– maturazione virale dell’HIV (Schema 4f).

Schema n. 4

HIV Membrana cellulare

Schema n. 4a Schema n. 4b: Trascrizione

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Due caratteristiche dell’HIV sono comuniai Lentivirus, consentendo una plausibilespiegazione all’assenza di risposta immunita-ria dell’ospite infettato dall’HIV:

– Latenza: la copia di DNA virale costituitoda una delle estremità LTR (Long TerminalRepeat), si integra nel DNA della cellulaospite. Questo pro-virus può rimanere si-lente per un lungo periodo prima di esserestimolato ad entrare in attività. Questa ca-pacità di mimetizzarsi fa sì che venga tra-smesso ad ogni divisione. In questa fase,il virus non trascrive né produce alcunaproteina, sfuggendo così all’azione del si-stema immunitario.

– Variabilità genetica: a complicare ulterior-mente ogni tentativo di trattare l’infezionecon farmaci antiretrovirali (ARV), interven-

gono fenomeni di variazioni genetiche traun paziente e un altro, tra la madre e il fe-to, persino nello stesso paziente. Respon-sabile della variabilità è soprattutto l’enzi-ma della trascrittasi inversa del retrovirus.La replicazione virale è spesso errata e piùmutazioni al giorno si sviluppano per ognisito del genoma HIV; in questo modo, intempi molto brevi, l’HIV sfugge alle celluleT CD8 (linfociti citotossici CTL) che inizial-mente lo riconoscevano e in parte ne pre-venivano la diffusione, rilasciando fattorianti HIV e distruggendo parte delle celluleinfettate. Seppure altre cellule CTL ricono-scano le proteine virali mutate, le continuemutazioni gradualmente diminuiscono ilrepertorio delle cellule T, già seriamente ri-dotto dalla perdita di cellule T helper CD4(cellule bersaglio dell’HIV), inibendo la ri-

Schema 4c: Integrazione Schema 4d: Trascrizione e sintesi delle proteine

Schema 4e: Assemblaggio Schema 4f: Maturazione virale dell’HIV

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sposta immunitaria. Nella straordinaria va-riabilità dell’HIV è stata dimostrata la re-sponsabilità dell’aumentata resistenza vi-rale agli ARV.13

III. I DIFFERENTI TIPI DI ESAMI HIV

Il virus dell’HIV, dopo alcune settimane dalcontagio, scatena una risposta immunitariasviluppando anticorpi anti-HIV (Schema 5).In questa fase, denominata “sindrome retro-virale acuta”, l’HIV si riproduce in grandequantità, circola nel sangue e si infiltra negliorgani del sistema linfatico, in particolare lin-fonodi, tonsille, milza, e nel tessuto linfoidelocalizzato a livello dell’apparato digerente. Ivirus e gli anticorpi circolanti nell’organismopossono essere testati attraverso particolariesami ematici.

A. I metodi diretti

Alcuni metodi sono indirizzati ad isolarel’HIV a partire dai linfociti o dai frammenti pro-teici virali. È così possibile dosare l’antigenep24, presente ad uno stadio molto precocedell’infezione ma non evidenziabile durantetutta la fase asintomatica. L’antigene p24 (Agp24) è una proteina del virus HIV che può es-sere ritrovata libera nel sangue o nei tessutiinfettati dal virus. La proteina può essere pre-sente in tutti gli stadi dell’infezione, ma preva-lentemente si riscontra durante il periodo ini-ziale della sieroconversione (cioè quando cisi infetta) e nelle fasi avanzate della malattia.La determinazione della antigenemia p24,sebbene ancora potenzialmente utile (previadissociazione acida degli immunocomplessi)in alcune specifiche situazioni, appare dotatadi bassa sensibilità ed è oggi sostanzialmen-

13 BRUCE ALBERTS – TENNIS BRAY - ULIAN LEWIS, Biologie moléculaire de la cellule, Medicine-Science,troisième édition, Parigi 1995.

Schema n. 5

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te sostituita dai test di biologia molecolare(HIV-RNA, HIV-DNA).

Tuttavia il costo elevato di queste nuovetecniche, le riserva ai laboratori di ricerca al-tamente specializzati.

Altri metodi si avvalgono di alcune tecni-che di genetica molecolare, come la PCR(Polymerase Chain Reaction) e l’RT-PCR, al-lo scopo di:a) amplificare e identificare il DNA virale inte-

grato nella cellula ospite (HIV-DNA);b) titolare la viremia, ovvero la carica virale.

La ricerca del DNA virale integrato ha unasensibilità e specificità del 98% e può esseredi utile impiego diagnostico durante la faseche intercorre tra l’infezione e la comparsadegli anticorpi circolanti, “periodo finestra”. Inparticolare, la PCR è la tecnica di elezionemaggiormente utilizzata nella diagnosi preco-ce dell’infezione neonatale. Questi bambinisono portatori degli anticorpi anti-HIV svilup-pati dalla madre ed ancora presenti nel loroorganismo per un periodo di 10-15 mesi dopola nascita, potendo così sfuggire alla trasmis-sione verticale madre-figlio dell’HIV.

B. Metodi indiretti

Poiché l’infezione da HIV aggredisce prio-ritariamente il sistema immunitario, è eviden-te che la valutazione della competenza im-munologica rappresenta un parametro fonda-mentale, insieme alla valutazione virologica,per ottenere un quadro preciso dello statoevolutivo dell’infezione stessa. L’esame di ri-ferimento a tal fine è la determinazione dellesottopopolazioni linfocitarie della serie T, checonsente di determinare i livelli circolanti del-le cellule CD8+ (linfociti citotossici) e soprat-tutto CD4+ (linfociti helper), la cui quantifica-zione è di particolare importanza nella stadia-zione del paziente sieropositivo.

• test ELISA (Enzyme Linked Immuno Sor-bent Assay) attualmente in commercio èin grado generalmente di identificare i sie-ri reattivi nei confronti di HIV-1 e di HIV-2.La sensibilità del test è elevatissima (>99%), consentendo dunque di evitare i ri-

sultati falsamente negativi. Per tale motivorappresenta il test di screening di primoimpiego.

• Western Blot rappresenta il test di confer-ma, la cui positività è necessaria prima diformulare una diagnosi di sieropositività inquanto la sua elevatissima specificità (chesi approssima al 100%) consente di identi-ficare i risultati falsamente positivi che,seppur raramente, possono talora esseresegnalati dal sensibilissimo test ELISA.

Tali metodiche sono però molto costose esofisticate, pertanto non vengono utilizzatecome esami di massa.

IV. LA CURA DELL’HIV/AIDS: PROSPETTIVE DI RICERCHE PER L’AVVENIRE

Per la cura dei pazienti affetti da HIV, oggisono disponibili diverse categorie di farmaci, icui protocolli terapeutici, basati sulla monote-rapia, la diterapia, la tri-terapia e, non ultimo,il cocktail di farmaci, hanno dimostrato un’in-dubbia efficacia.

Tuttavia, non tutti i pazienti possono be-neficiare delle terapie multiple per diverseragioni:

– comparsa di reazioni secondarie gravi;

– instaurarsi di uno stato di resistenza dovu-to alle continue mutazioni dell’HIV;

– terapie che possono essere complesse edifficili da seguire;

– costo molto elevato, soprattutto per i Pae-si in via di sviluppo.

Questi problemi non certo trascurabili, sol-lecitano la ricerca scientifica a proseguire nonsolo in vista di un vaccino o di nuove moleco-le, ma a spingersi verso altre possibilità tera-peutiche che comprendano anche la terapiagenica. Seppure alcune sperimentazioni clini-che mirate a determinare l’efficacia della tera-pia genica applicata all’AIDS siano già in cor-so, la terapia genica trova ancora oggi la suaapplicazione clinica d’elezione nella cura dipatologie genetiche ereditarie, di alcuni deficitimmunitari acquisiti o del cancro.14

14 ANDERSON WF, Human gene therapy, Nature 1998; 392: 25-30.

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Il virus dell’AIDS: origine, struttura, variabilità genetica…

A. Le nuove molecole antivirali in sviluppo

Sono allo studio nuove molecole antivirali:– inibitori della penetrazione del virus dei re-

cettori specifici della cellula ospite;– inibitori nucleosidici della trascrittasi inver-

sa (INTI);– inibitori non nucleosidici della trascrittasi

inversa (INNTI);– inibitori della proteasi acido virale (IP).

L’utilizzazione di queste molecole ha dimo-strato risultati interessanti in termini di effica-cia sulle cariche virali o sui virus stessi cheesprimono mutazioni.

B. Possiamo sperare di ottenere un giornoun vaccino anti-HIV?

La ricerca di un vaccino contro l’HIV hacontinuato a progredire soprattutto nel corsodi questi ultimi anni, anche se non ha ancoraraggiunto risultati rilevanti. Sull’uomo sonogià stati realizzati più di trenta trials clinici edaltri, in fase I e fase II, sono tuttora in corso.

Gli obiettivi di un vaccino contro l’HIV pos-sono essere così sintetizzati:– introduzione di anticorpi capaci di neutra-

lizzare il virus, diretti contro le proteine del-l’involucro (risposta umorale);

– introduzione di cellule T citotossiche (CTL)che distruggono le cellule infette.

L’elaborazione dei vaccini comprende:vaccini sotto-unitari, vaccini sintetici, utilizza-zione del virus vivo attenuato da pseudo-par-ticole (virus-like particles), del DNA nudo e ivaccini a base di DNA ricombinante.

A questi studi, nella prospettiva di vaccini edi nuovi farmaci, di cui alcuni sarannoprossimamente disponibili, deve continuaread affiancarsi la ricerca nella direzione dellaterapia genetica.

C. Come l’ingegneria genetica pensa diaffrontare l’HIV?

Oggi la terapia genetica, frutto dell’inge-gneria genetica attuata attraverso la modifica-

zione di funzioni e capacità di singoli geni o digruppi di geni, è molto avanzata soprattutto inoncologia ed in numerose patologie geneti-che. Per quanto riguarda il trattamento dell’in-fezione da HIV, si è giunti alla modificazionediretta dei geni delle cellule malate e l’utilizzodi cellule già modificate.

Immunizzazione intracellulare

Mentre il vaccino protegge i soggetti noninfetti, l’immunizzazione intracellulare conferi-sce una protezione contro il virus nei sogget-ti infetti. Il maggior interesse verso questa te-rapia risiede nella possibilità di bloccare la du-plicazione della cellula infettata. Il principio èsemplice e si basa sulla modificazione dellestrutture genetiche delle cellule bersaglio del-l’HIV (i linfociti CD4). Le cellule modificateprodurranno allora dei mutanti, vere e proprieproteine virali o leurres ARN, che mimano l’R-NA virale. Questi nuovi elementi, prodotti dal-la biotecnologia, possono “ingannare” l’HIV obloccarlo o competere con il virus nella ricer-ca dei substrati.

Distruzione selettiva delle cellule infette

Un altro interessante utilizzo della terapiagenetica nell’infezione da HIV, mira a distrug-gere specificamente le cellule infette attraver-so un gene che codifica una tossina. Un gene“suicida” è messo sotto il controllo trascrizio-nale del promotore LTR dell’HIV, per innesca-re la distruzione cellulare al momento dellasintesi proteica di tat, prodotta alla replicazio-ne virale.15

Secrezione delle proteine inibitrici

È noto come alcune proteine, secrete na-turalmente dai linfociti, hanno proprietà anti-HIV. La conseguente strategia terapeuticaconsiste nell’introduzione di un gene che pro-duca una quantità elevata di tali proteine.16

Farmaco-modulazione genetica

L’azione dei farmaci antivirali si svolge,nella maggior parte dei casi, all’interno della

15 CARUSO M. – KLATZMENN D., Selective Killing of CD4 cells harboring a human immunodeficiency virus-inducible suicide gene prevents viral spread in an infected cell population. Proc Nati Acad Sci USA 1992, 89 182,6.

16 MOULLIER P. – BOHI D. – HEARD JM. – DANOS O., Correction of lysosomal storage in the liver and pleenof MPS VII mice by implantation of generically modified skin fibroblasts, Nature Genet 1993; 4 154-9.

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cellula infetta. Nel caso della zidovudina, lasua azione è limitata dagli effetti tossici e dal-le mutazioni che aumentano la resistenza vi-rale. Del resto, il meccanismo cellulare chepermette l’attivazione di questi farmaci non èsempre ottimale, poiché una parte del farma-co è eliminata dalla cellula prima che si sia at-tivato. Il principio della cosiddetta farmaco-modulazione genetica si basa sull’introduzio-ne di un gene che rafforzi l’attività antiviraleall’interno della cellula stessa. Questo meto-do è molto interessante, perché garantirebbe,anche a dosi antivirali identiche a quelle at-tualmente in uso, un’efficacia da 3 a 10 voltemaggiore. Allo stesso tempo consentirebbesia la diminuzione degli effetti collaterali deglialtri antivirali mal tollerati, che le dosi di as-sunzione di tali farmaci.17

Immunoterapia genetica

L’immunoterapia genetica consiste nell’uti-lizzare a fini terapeutici, cellule immunocom-petenti geneticamente modificate,18 celluledendritiche (DC) o altre cellule, capaci di mi-mare il virus che provoca l’AIDS al fine di atti-vare una risposta immunitaria. In effetti le DCsono capaci di sintetizzare proteine sotto for-ma di peptidi antigenici e presentarli sia ai lin-fociti T CD4+ per il complesso maggiore del-l’istocompatibilità di classe II (CMH II), sia ailinfociti TCD8+ via CMHI.19

Attraverso l’immunoterapia genetica, “trat-ti di virus” vengono in contatto con i linfocitiche, dopo averli riconosciuti, vi aderiscono at-tivandosi e, nello stesso tempo, poter distrug-gere tutti i virus presenti. Potremmo così defi-nirla una sorta di “vaccinazione genica”.

D. Ricerca sul vaccino pediatrico Anti-HIV/AIDS dell’UNESCO

Sponsorships: Cooperazione Italiana alloSviluppo del MAE – UNESCO.

Partners:

– Università di Roma “Tor Vergata”, Italia

– Università del Maryland, Baltimora, USA– Fondazione Mondiale Ricerca e Preven-

zione AIDS, Parigi, Francia– Ministero della Sanità del Burkina Faso– Centro Medico San Camillo (CMSC) in

Burkina Faso.

Dal 2003 il CMSC partecipa alla ricerca diun vaccino pediatrico anti-HIV patrocinatadall’UNESCO e condotta dall’Università “TorVergata” di Roma (Professor Vittorio Colizzi)in collaborazione con i professori Montagniere Gallo, a cui si deve la scoperta del virusdell’AIDS.

In Occidente non si verificano più casi ditrasmissione verticale dell’HIV, grazie all’azio-ne combinata del parto cesareo, del tratta-mento della madre e del neonato con farmaciantiretrovirali e dell’allattamento artificiale.Tutte queste procedure sono di difficile attua-zione in Africa, dove ogni anno muoiono620.000 bambini di AIDS contratto alla nasci-ta o durante l’allattamento. Nel continenteafricano, mentre sembra possibile perseguirela diminuzione della carica virale e la conse-guente trasmissione di HIV al momento dellanascita, grazie alle terapie con ARV, a tutt’og-gi è di difficile attuazione la completa sostitu-zione dell’allattamento materno.

Il progetto di ricerca riguarda lo sviluppodel Vaccino Pediatrico UNESCO, il cui obiet-tivo è di stimolare la risposta immunitaria delneonato nei primissimi giorni di vita, preve-nendo l’attecchimento del virus durante l’allat-tamento. Il Vaccino Pediatrico UNESCO ècomposto di più di 20 peptidi sintetici di pro-teine di HIV-1 e viene somministrato nellostesso giorno e nel medesimo sito del vacci-no antitubercolare BCG. Infatti, il Vaccino Pe-diatrico UNESCO sfrutta le proprietà del vac-cino BCG per indurre una forte risposta im-munitaria in grado di attivare i linfociti T helpere T citotossici specifici contro il virus. La pro-tezione contro la trasmissione di HIV attraver-so l’allattamento, viene quindi indotta in una

17 CARUSO M. – KLATZMANN D., Genetically controlled pharmacomodulation for HIV gene therapy, CR AcedSci Parigi 1994; 317 1027-30.

18 LEMOINE F.M. – KLATZMANN D. – HERSON S., Thérapie génique de l’infection par le HIV, Virologie, Vol,3, maggio-giugno 1999: 217-26.

19 LEMOINE F.M. – KLATZMANN D. – HERSON S., Thérapie génique de l’infection par le HIV, Virologie, Vol,3, maggio-giugno 1999: 217-26.

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fase molto precoce dell’infezione, quando ilsistema immunitario del neonato è ancora in-tatto e con un alto grado di maturazione.

Il Progetto Vaccino UNESCO è suddivisonelle seguenti 3 fasi:– Ricerca pre-clinica di laboratorio per defi-

nire la sequenza dei peptidi sintetici checompongono il Vaccino. Questo processoè già in corso, attraverso la mappatura del-la sequenza dei ceppi virali presenti neiluoghi di vaccinazione prescelti in Africa eattraverso la caratterizzazione dei genotipidi istocompatibilità delle popolazioni.

– Sperimentazione clinica di fase I in adultivolontari sani, allo scopo di documentarela completa innocuità del Vaccino e la nonalterazione della risposta antitubercolareindotta dal BCG. Questa sperimentazionesarà eseguita a Roma e a Baltimora(USA) su 30 individui sani con limitato ri-schio di infezione naturale da HIV. La vac-cinazione consiste nell’inoculo di BCG (In-stitue Merieux, Francia) secondo le normevaccinali nell’avambraccio, seguito dall’i-noculo di 100 g (10 individui), 200 g (10 in-dividui) e 400 g (10 individui) di peptidisintetizzati secondo le direttive delle GMP(Good Manifacturing Practice) e previstedalla FDA. Sono previste le possibili rea-zioni locali descritte dalla vaccinazioneantitubercolare.

– Sperimentazione clinica di fase II in neo-nati di madri sieropositive, allo scopo diconfermare e documentare la completa in-nocuità ed assenza di tossicità del VaccinoPediatrico UNESCO. Questa sperimenta-zione sarà eseguita in Costa d’Avorio nel-l’Ospedale Generale di Alepè, con la colla-borazione dell’ONG delle Suore Dorotee diVicenza, ed in Burkina Faso nel CentroMedico S. Camillo di Ouagadougou, gesti-to dai Religiosi Camilliani. Nei due Ospe-dali è in atto una campagna di sensibiliz-zazione e prevenzione con farmaci antire-trovirali della trasmissione materno-infanti-le da parte dell’OMS e della CooperazioneItaliana. La Vaccinazione consiste nell’ino-culo di BCG (Institue Merieux, Francia) se-

condo le norme vaccinali nella parte inter-na della coscia, seguito dall’inoculo delladose di peptidi sintetizzati, identificata nel-la fase precedente. Sono previste le possi-bili reazioni locali descritte dalla vaccina-zione antitubercolare.

Lo svolgimento delle tre fasi sopra descrit-te permetterà di programmare ed eseguire lafase successiva dello sviluppo del Vaccino Pe-diatrico UNESCO che ha lo scopo di valutarel’immunogenicità e la protezione del Vaccino.

Il governo burkinabè e il Comitato di Eticadel Burkina Faso hanno già approvato questoprogetto di ricerca l’11 agosto 2003. Nel me-se di settembre 2003 questa ricerca ha avutoinizio nel nostro Centro Medico S. Camillo aOuagadougou.

E. Etica di ricerca sull’HIV/AIDS

Con il progresso della tecnologia, il cam-po sperimentale non cessa di allargarsi e lefrontiere della ricerca si dilatano verso l’infini-to. Dall’agricoltura primitiva alla “gene-coltu-ra”, ovvero coltura in vitro dei geni per clona-zione o per PCR, assistiamo a tutta una se-rie di esperienze bio-tecnologiche e bio-me-diche sia a livello agro-alimentare che tera-peutico. Le basi etiche che definiscono i trialsclinici riguardo l’infezione da HIV sono conte-nute nelle Direttive Internazionali che regola-no tutta la sperimentazione sui soggetti uma-ni. I principi fondamentali della bioetica, datenere sempre presenti in un progetto di ri-cerca che coinvolga un essere umano,20 so-no descritti di seguito.

1 - Il rispetto della dignità umana

Il rispetto della dignità umana presupponeil rispetto dell’inviolabilità della vita umana, ilrispetto della sua integrità, della sua identità.Questo significa che in ogni sperimentazioneclinica sull’uomo bisognerà: • avere volontari che diano il loro libero e in-

formato consenso nell’accettare il progettodella ricerca;

• garantire la riservatezza dei dati personaliraccolti.

20 Simporé J., Génie génétique: enjeux thérapeutiques et éthique de la recherche biomédicale, Pontificia Aca-demia Pro Vita, Libreria Editrice Vatican, 2003, p 127-138.

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2 - Il rispetto dei principi e della metodolo-gia della scienza

La riflessione sulla ricerca biomedica, a cuici richiama la bioetica, si pone in un contestoben definito: da una parte, l’accettazione del-l’inevitabile coinvolgimento di soggetti umani;dall’altra, il riconoscimento della singolarepreziosità del soggetto di studio e di conse-guenza, l’atteggiamento etico di rispetto e diresponsabilità da parte del ricercatore in pri-mis. Su questa base, la ricerca dovrebbe pro-cedere secondo un binomio inscindibile chepone su un piano egualitario sia la crescitaqualitativa e quantitativa nella conoscenzadell’uomo, che la finalizzazione di tale pro-gresso al servizio dell’uomo stesso. La perti-nenza della ricerca, la qualità metodologicadel progetto sperimentale, del suo sviluppo edella restituzione dei risultati, la qualità delplateau delle tecniche usate, nonché le pro-vate competenze e attitudini del ricercatoreresponsabile della ricerca e dei suoi collabo-ratori, costituiscono i criteri di giudizio fonda-mentali circa il rispetto dei principi etici e me-todologici della scienza.

3 - Principio di autonomia e di indipendenza

Questo principio afferma la libertà del pa-ziente e tende a difenderlo da ogni forma dipaternalismo medico che imponesse dellescelte, senza il dovuto consenso da parte delpaziente stesso o del suo tutore legale. Taleprincipio sottolinea l’importanza del rispettodella libera scelta individuale.

4 - Principio di beneficenza

Afferma che il medico deve sempre cerca-re il bene del paziente: è per questo che il pa-ziente vi si rivolge. Il criterio del primum nonnocere, principio guida della pratica medica,ha ben altro e più importante significato chefare il bene. Tale principio bioetico tende acompensare il principio di autonomia, inqua-drandola in limiti che non possono essere su-perati dal medico. La beneficenza non puòche essere alla base del contratto di cura conil paziente, permettendo di superare, almenoin gran parte, una contrapposizione tra dirittidel medico e diritti del paziente. Pone infatti alcentro della professione medica il bene cheessa ha come suo oggetto specifico: la salu-te del paziente.

5 - Principio di giustizia.

Come scrive con rara efficacia e semplici-tà John Rawls: “La giustizia è il primo requisi-to dei sistemi sociali, così come la verità lo èdei sistemi di pensiero”. Secondo una defini-zione giuridico-morale, giustizia è garantiread ognuno il suo proprio diritto; in campo bio-medico, giustizia è garantire ad ognuno il di-ritto alla cura che gli è necessaria, senza al-cuna discriminazione di sesso, di razza, di re-ligione o di qualsivoglia diversità tra i pazientistessi. Dal Codice di Norimberga (1947) inpoi, passando dalla Dichiarazione di Helsinki,adottata a Helsinki, Finlandia (1964) edemendata a Tokyo, Giappone (1975), a Vene-zia, Italia (1983), a Hong Kong (1989), a So-merset West, Repubblica del Sud Africa(1996) ed a Edimburgo, Scozia (2000), finoalle numerose Direttive Internazionali sulla ri-cerca biomedica, la comunità scientifica puòavvalersi di Norme che definiscono chiara-mente i protocolli, l’esecuzione e l’utilizzazio-ne dei risultati delle ricerche in cui sono coin-volti soggetti umani. La realizzazione di unprotocollo clinico sperimentale necessita difondamentali pre-requisiti:

– la scelta dei volontari adulti, liberi, disponi-bili e consapevoli del protocollo di tratta-mento;

– una dimostrazione chiara dell’efficacia del-l’esperienza in vitro;

– quando si utilizza un transgene (gene eso-geno), si deve fornire la prova dell’efficaciadel suo trasferimento nelle cellule bersa-glio con un vettore appropriato ed efficace;

– dimostrare l’innocuità della ricombinazionedel vettore con il gene esogeno. Il vettorenon dovrà produrre né inversioni, né dela-zioni, né traslocazioni, né mutazioni, cosìcome effetti immunogeni, quali lo “shockanafilattico”.

Inoltre, il protocollo della terapia per i pa-zienti contagiati da HIV, deve permettere:– che i risultati dello studio siano interpreta-

bili, riproducibili, soprattutto in rapporto al-le questioni poste in termini di realizzazio-ne, tolleranza, innocuità ed efficacia;

– che i dati scientifici ottenuti permettano losviluppo di ulteriori terapie o di esperienzecliniche complementari.

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In questo senso, è evidente che ogniesperienza clinica sull’uomo deve essererealizzata in condizioni ben definite e secon-do i principi bioetici, cercando sempre, inogni fase della sua realizzazione, il bene in-tegrale dell’essere umano e il rispetto dellasua dignità.

CONCLUSIONE

Il virus dell’HIV rimane per i ricercatori, perle persone colpite dall’AIDS e per l’opinionepubblica, un microrganismo che simboleggiala vergogna, la tribolazione morale, la soffe-renza fisica fino alla morte. Secondo il mes-saggio del 26 giugno 2001, inviato da SuaSantità Giovanni Paolo II a Kofi Annan, “l’epi-demia dell’AIDS rappresenta una delle cata-strofi maggiori della nostra epoca”. Per il Pa-pa, l’AIDS non è soltanto un problema di sa-nità, risolvendosi drammaticamente sulla vitasociale, economica e politica delle popolazio-ni colpite.21 L’AIDS è anche l’agente patoge-no dello spirito, che distrugge non soltanto il

corpo, ma l’intera persona, nelle sue relazioniumane e nella sua vita sociale, spesso porta-trice di una crisi di valori morali.22

Quest’anno celebriamo il 25° anniversariodella comparsa dell’AIDS. A memoria d’uomonessuna malattia infettiva ha ucciso in cosìbreve tempo tanti giovani come il virusHIV/AIDS. È ormai innegabile l’urgenza chetutti gli scienziati agiscano insieme nel pro-gredire delle loro ricerche.

“I padri han mangiato l’uva acerba e identi dei figli si sono allegati”23. La trasmis-sione dell’infezione ai feti e ai neonati, la sof-ferenza e la morte dei bambini a causa del-l’AIDS, sono le grandi sfide per la scienza, lasocietà e la Chiesa cattolica. In questadrammatica situazione, soltanto delle giustescelte culturali, giuridiche ed etiche possonopermettere agli uomini del nostro tempo diingaggiare, collettivamente e solidalmente,una lotta di tipo nuovo per la salvaguardia ela protezione della nostra comune umanità,rendendo più responsabili i nostri comporta-menti umani.24

21 Messaggio di GIOVANNI PAOLO II al sig. Kofi Annan, martedì 26 giugno 2001, in favore delle persone chevivono con l’HIV/AIDS, Zenit.org.

22 Intervento della SANTA SEDE in occasione della XXVIª sessione speciale dell’Assemblea Generale dedi-cata alla pandemia di HIV/AIDS, 27 giugno 2001.

23 Ez 18, 2-3.24 SIMPORE J., Problèmes biomédicaux et étiques posés par le mariage de personnes sérodiscordantes, “Ca-

millianum”, Anno I, terzo quadrimestre, dicembre 2001, n. 3, pp. 533-544.


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