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LE PERGAMENE NELL’ERA DIGITALE · 2010-12-17 · La pergamena è uno . 6 dei pochi documenti...

Date post: 06-Aug-2020
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Sezione ANAI Emilia Romagna Comune di Fiorano Modenese Assessorato alle Politiche Culturali Soprintendenza Archivistica per l’Emilia Romagna Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici LE PERGAMENE NELL’ERA DIGITALE Atti dei convegni di Spezzano (3 settembre 2004) e di Ravenna (24 settembre 2004) a cura di Enrico Angiolini MUCCHI EDITORE
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Sezione ANAI

Emilia Romagna

Comune di Fiorano Modenese Assessorato alle

Politiche Culturali

Soprintendenza Archivistica

per l’Emilia Romagna

Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici

LE PERGAMENE NELL’ERA DIGITALE

Atti dei convegni di Spezzano (3 settembre 2004)

e di Ravenna (24 settembre 2004)

a cura di Enrico Angiolini

MUCCHI EDITORE

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ISBN 88-7000-436-8 Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nel limite del 15% di ciascun volume o fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dall’editore.

© Enrico Mucchi Editore s.r.l. Via Emilia Est, 1527 - 41100 Modena WWW.MUCCHIEDITORE.IT [email protected] iscritta all’AIE e all’USPI

Pubblicato in Modena nel Settembre del 2005

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PRESENTAZIONE

Come scrive Carla Palma, «“tutela e fruizione” è il binomio che sinte-tizza gli obiettivi comuni a tutti i progetti che applicano ai fondi pergamena-cei le tecnologie di riproduzione digitale. Si attua la tutela con la consulta-zione sostitutiva dell’immagine del documento; si attua la tutela con la cata-logazione visiva che conserva la testimonianza dello stato di conservazione; si agevola la fruizione, rimediando alla difficoltà di accesso, con l’archiviazione delle immagini in una banca dati il cui contenuto possa esse-re reso disponibile anche da remoto; ancora si agevola la fruizione perché il mezzo tecnico può consentire una percezione visiva più efficace. Un bino-mio, dunque, tutela e fruizione, che la tecnologia digitale connette sinergi-camente con efficacia. Se la realizzazione di questo duplice obiettivo conse-guibile con la riproduzione digitale sta a cuore ad ogni soggetto conservato-re di documenti, per una Soprintendenza Archivistica coincide con la sua ragione istituzionale costituire un archivio digitale dei fondi pergamenacei vigilati, allo scopo di tutelarli dalle dispersioni cui vanno soggetti e di ga-rantirne un uso più diffuso e generale di quello assicurato dagli stessi pro-prietari».

È altresì indubbio che, come afferma Francesca Klein, «da tempo or-mai tutti i vari enti che sostengono i progetti di digitalizzazione si sono resi conto della importanza che i contenuti digitali prodotti siano il più possibile fruibili, trasferibili e durevoli nel tempo, allo scopo di massimizzare gli in-genti investimenti che sono necessari nel settore. Questo richiede che le ri-sorse create siano interoperabili, e la chiave per conseguire tale interopera-bilità è quella di assicurare un approccio coerente alla creazione, gestione e pubblicazione delle risorse digitali».

In queste parole sono sintetizzate efficacemente le motivazioni che hanno indotto la Soprintendenza Archivistica per l’Emilia Romagna a pro-porre al Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici di Fiorano Modenese di dedicare il suo IX convegno di studi a Le pergamene nell’era digitale. La necessità fortemente avvertita di fare il punto della situazione per quanto riguarda ciò che già si è sperimentato nel settore specifico delle raccolte dei fondi diplomatici, come punto di partenza imprescindibile «per codificare le buone pratiche adottate in attesa che siano diffuse a livello na-zionale delle necessarie linee guida che da ora in poi orientino all’efficace uso di standard».

Il convegno, organizzato, come ormai è tradizione consolidata, in col-laborazione con la Società di Studi Ravennati, si è svolto in due giornate – tenutesi rispettivamente a Spezzano di Fiorano Modenese e a Ravenna il 3 e

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il 24 settembre – e ha visto la partecipazione numerosa di quanti lavorano nel settore della digitalizzazione di questa particolare tipologia archivistica – studiosi, archivisti, informatici e responsabili di istituzioni archivistiche provenienti da tutta Italia –, che hanno colto l’occasione di incontro-confronto che offriva.

Molte sono le riflessioni emerse dal convegno, una sopra tutte: che la digitalizzazione documentaria non è una mera azione di riproduzione, ma è sempre all’interno di un progetto scientifico di cui le immagini sono soltan-to una parte. Su questo aspetto hanno insistito tutti i relatori, evidenziando come alla base di ogni intervento di riproduzione digitale vi debba essere sempre un accurato progetto, sia archivistico che informatico.

La digitalizzazione documentaria comporta infatti una intersezione forte fra le aree di competenza archivistica e informatica, da cui deriva la necessità di una stretta collaborazione fra le due professionalità, come han-no sottolineato nella loro relazione «a quattro mani ovvero a due voci» Ma-rina Brogi e Giovanni Tartaglione: «lavorando insieme si rompe la usuale rigidità cliente/fornitore e gli obiettivi diventano un bagaglio comune, un patrimonio condiviso e orientato verso il miglior risultato in termini di qua-lità ed efficacia».

D’altra parte, come rileva Francesca Klein, «la produzione di immagi-ni documentarie di documenti molto antichi, sciolti, arrotolati, di formato e condizioni di conservazione estremamente variabili è di per se stessa una sfida alle possibilità delle tecnologie di digitalizzazione», ma è anche una sfida archivistica perché l’obiettivo è quello «di andare oltre le immagini e di costruire uno strumento di ricerca scientifica utile alla definizione del fondo archivistico nel suo complesso».

Non è un caso quindi che i principi ispiratori degli interventi di ripro-duzione digitale possano essere individuati in tre elementi:

- la selezione strategica dell’oggetto, avendo come obiettivo da un lato la salvaguardia di archivi di particolare rilevanza e dall’altro la prospettiva della comunicazione, intendendo con questo termine la possibilità di offrire una consultazione agevole, anche ad utenti remoti, di fonti archivistiche al-trimenti di difficile accesso;

- la consapevolezza della necessità di contestualizzare le immagini di-gitali prodotte, corredandole degli indispensabili «metadati» di descrizione archivistica;

- la scelta di evitare una rottura degli equilibri informativi costituitisi attorno alla struttura dei fondi archivistici oggetto della digitalizzazione, at-traverso una metodologia che sfrutti al meglio ciò che già esiste, tanto per quanto attiene alla struttura consolidata dei fondi quanto per quello che ri-guarda le risorse inventariali disponibili.

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Ne deriva la realizzazione di un sistema informativo complesso che possiede un valore aggiunto, perché in grado di offrire inedite prospettive di indagine dei fondi diplomatici: «tradizionalmente considerato come una semplice “raccolta” di “monumenti” individui (le pergamene), il Diplomati-co nella sua versione digitale acquista uno sviluppo tridimensionale, propo-nendosi come un archivio complesso la cui identità si delinea a partire dalla storia dell’aggregazione delle provenienze che lo compongono e dei lavori di inventariazione che l’hanno attraversato, storia dalla quale anche i singoli documenti traggono maggiore spessore ed ulteriori elementi di comprensibi-lità».

La digitalizzazione diventa così uno strumento per scomporre e ri-comporre i complessi documentari, riconducendo un fondo materialmente organizzato in mero ordine cronologico alle sue plurime provenienze, come nei casi toscani, o creando un diplomatico virtuale che riunisce in un unico sistema immagini e descrizioni delle pergamene degli archivi non statali di una intera regione, come nel caso pugliese, dei vari fondi di un istituto ar-chivistico, come nel caso romano, di una particolare tipologia di soggetti conservatori, come nel caso delle abbazie monumento nazionale, senza in-tervenire sull’organizzazione materiale dei documenti.

Progetti che ben testimoniano la funzione della digitalizzazione come strumento di comunicazione di fonti archivistiche altrimenti difficilmente accessibili, come sottolinea Raffaele Santoro; come strumento di salvaguar-dia, poiché la riproduzione digitale può rendere quasi superfluo il ricorso al-la consultazione materiale del documento e quindi ridurre drasticamente i rischi legati alla conservazione e alle consultazione della documentazione originale stessa, come auspicano Marina Brogi e Giovanni Tartaglione; co-me strumento che permette una migliore fruizione visiva e di ricerca. I con-tributi di Nicolangelo Scianna e di Maria Pia Morigi illustrano efficacemen-te come, grazie alla tecnica digitale, si ottenga qualcosa di più di una sem-plice riproduzione: non soltanto un’immagine con più informazioni e che per certi aspetti migliora l’originale, perché il restauro virtuale e le tecniche di imaging multispettrale rendono possibile scavalcare i limiti della materia per restituire al documento l’aspetto originario.

Dal punto di vista della ricerca, Paolo Bonora osserva come «nei si-stemi informativi archivistici l’accessibilità è mediata dalla struttura archi-vistica: la serialità è una caratteristica tipica della documentazione d’archivio, e si tende quindi a digitalizzare intere serie, non singoli elemen-ti. D’altro canto, il canone della ricerca seriale, basato sul principio di pro-venienza e sulle competenze che aveva in astratto il produttore della docu-mentazione, contraddice una caratteristica piuttosto specifica della descri-zione delle pergamene: la descrizione del contenuto. La pergamena è uno

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dei pochi documenti d’archivio di cui si fa un regesto, se non addirittura la trascrizione completa. Per le pergamene digitalizzate è preferibile un acces-so basato sul contenuto o un accesso basato sul contesto? Le “pergamene digitali” sono oggetti dotati di una vita propria rispetto agli originali mem-branacei, e dobbiamo usarli in modo diverso dagli originali e sfruttarne al massimo le caratteristiche peculiari: siamo molto meno vincolati in maniera univoca dalle scelte di descrizione che si fanno tradizionalmente. L’oggetto digitale diventa insomma un nodo da cui poter seguire sia l’indagine sul contesto archivistico che percorsi orientati al contenuto documentale».

Qualunque siano le scelte descrittive, un elemento è imprescindibile: il materiale oggetto di digitalizzazione deve essere ordinato. Come emerge chiaramente dalle relazioni di Elisabetta David, di Francesco Mottola, di Raffaele Santoro e di Luigi Guardigli, un progetto di digitalizzazione diven-ta lo stimolo per un intervento di riordino e inventariazione, eventualmente anche di restauro.

Un progetto di digitalizzazione è quindi sempre un progetto comples-so e come tale oneroso, il cui costo si giustifica soltanto attraverso una larga fruizione del prodotto. Se ancora alla fine degli anni Novanta si sono realiz-zati sistemi consultabili soltanto localmente, oggi la pubblicazione in Internet è un passaggio obbligato di ogni intervento di digitalizzazione do-cumentaria che intenda ottenere una diffusione adeguata agli investimenti sostenuti, tanto che si può affermare, secondo Raffaele Santoro, che «un in-tervento di ordinamento e di riproduzione non consultabile da remoto, ma soltanto nelle sedi di conservazione, ha per larga parte fallito i suoi scopi».

La pubblicazione in rete di prodotti digitali apre nuovi scenari, offre prospettive prima impensabili, come quella tratteggiata da Paolo Bonora di un «diplomatico virtuale» disseminato sul Web e in continuo divenire. Per realizzarlo «sarà necessario procedere per tentativi e puntare su un serio co-ordinamento dei nostri sforzi, che fortunatamente oggi è reso più facile da Internet: vi è finalmente la possibilità di creare comunità virtuali estese e pro-fondamente integrate con le attività di ricerca quotidiane di ciascuno di noi».

Insomma, stando a quanto emerso dal convegno, verrebbe da dire che le pergamene nell’era digitale ci stanno benissimo.

Euride Fregni (Soprintendente Archivistico

per l’Emilia Romagna)

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FRANCESCA KLEIN

Il Progetto «Diplomatico» dell’Archivio di Stato di Firenze

Sono particolarmente lieta di partecipare a questo convegno di studi or-ganizzato qui a Fiorano Modenese sul tema Le pergamene nell’era digitale, che può offrire a quanti come me hanno lavorato o stanno lavorando nel setto-re della digitalizzazione documentaria di questa particolare tipologia archivi-stica, importanti spunti di riflessione in vista della creazione di modelli di in-tervento coerenti e condivisi. Da tempo ormai tutti i vari enti che sostengono i progetti di digitalizzazione si sono resi conto della importanza che i contenuti digitali prodotti siano il più possibile fruibili, trasferibili e durevoli nel tempo, allo scopo di massimizzare gli ingenti investimenti che sono necessari nel set-tore. Questo richiede che le risorse create siano interoperabili, e la chiave per conseguire tale interoperabilità è quella di assicurare un approccio coerente alla creazione, gestione e pubblicazione delle risorse digitali.

In attesa che siano diffuse a livello nazionale delle necessarie linee guida che da ora in poi orientino all’efficace uso di standard, codificando le buone pratiche adottate, questa può essere l’occasione per fare il punto della situazione per quanto riguarda ciò che già si è sperimentato nel settore spe-cifico delle raccolte dei fondi Diplomatici. La scelta del Diplomatico

Ripercorrendo i vari passaggi di quello che costituisce il cosiddetto «ciclo di vita» del progetto fiorentino, che rappresenta una declinazione par-ticolare del Progetto Nazionale IMAGO finanziato dalla Legge 10 febbraio 1992, n. 145, occorre premettere alcune considerazioni su quelli che sono i principi ispiratori che hanno guidato questo come altri interventi di digita-lizzazione documentaria portati avanti dall’Archivio di Stato di Firenze, so-prattutto nella fase iniziale, quella della sua pianificazione progettuale.

In estrema sintesi possiamo dire che tali principi ispiratori sono stati: - una selezione strategica dell’oggetto della digitalizzazione documen-

taria: gli obiettivi sono stati naturalmente la salvaguardia di archivi di particolare rilevanza ed insieme anche la prospettiva della comunica-zione, intendendo con questo termine la possibilità di offrire una con-sultazione agevole, anche ad utenti remoti, di fonti archivistiche nella loro integralità. Ma se di apertura alla comunicazione si può parlare, va tuttavia anche specificato che l’Archivio di Stato di Firenze ha ri-

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tenuto di non venir meno alla tradizionale vocazione scientifica dell’I-stituto, rivolgendosi come destinatario principale di questa operazione al mondo della ricerca in tutte le sue svariate articolazioni;

- la consapevolezza della necessità di contestualizzare le immagini digi-tali prodotte, corredandole degli indispensabili «metadati» di descri-zione archivistica;

- la scelta di evitare una rottura degli equilibri informativi costituitisi attorno alla struttura dei fondi archivistici oggetto della digitalizzazio-ne, attraverso una metodologia che sfruttasse al meglio ciò che già e-sisteva, tanto per quanto attiene alla struttura consolidata dei fondi quanto per quello che riguardava le risorse inventariali disponibili. È stato giustamente affermato che «il tempo speso nella pianificazione

del progetto verrà ripagato tramite una gestione ed una esecuzione del pro-getto più facili». L’Archivio di Stato di Firenze ha dedicato alla progetta-zione del piano l’intero anno 1997, ricorrendo anche all’ausilio della consu-lenza esterna degli esperti fiorentini del C.N.R. In tale fase si è proceduto alla selezione documentaria, alla individuazione delle risorse da utilizzare e delle modalità specifiche del processo di lavorazione. Tale analisi comples-siva ha dato luogo ad una serie di documenti, primo fra tutti il piano di fatti-bilità che ha guidato la direzione del progetto e la sua esecuzione.

Veniamo quindi alla selezione del materiale. A tale riguardo occorre

osservare che nel 1997, al momento di individuare la documentazione da digitalizzare per il progetto IMAGO, l’archivio fiorentino come anche quel-lo lucchese optò per le pergamene del fondo Diplomatico. Questa scelta comune, che allora appariva come obbligata, alla luce di un riesame più di-staccato dei fatti risulta in larga misura condizionata dalla storia e dalla tra-dizione archivistica e scientifica dei due istituti. I fondi Diplomatici sono complessi documentari che hanno segnato le origini degli Archivi di Stato toscani ma, nonostante i numerosi studi e interventi stratificatisi nel corso del loro percorso plurisecolare, essi tuttora rappresentavano una autentica sfida per le attività di descrizione archivistica e di riproduzione documenta-ria, trattandosi di raccolte particolarmente articolate e difficili da dominare, sorta di labirinti fatti di insiemi e di sottoinsiemi in vario modo connessi tra loro e connessi altresì ad aggregazioni documentarie diverse, entro e fuori gli istituti che le conservano. In un certo qual modo i fondi Diplomatici oc-cupano nell’immaginario collettivo degli archivisti toscani un ruolo tutto speciale, denso di richiami e di suggestioni, e, non di meno, essi sono stati sin dalle loro origini territorio di elezione per la ricerca storica e scientifica.

Le origini del Diplomatico fiorentino risalgono al 1778, quando con innovativo atto di politica culturale il Granduca Pietro Leopoldo impose agli

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uffici centrali e periferici del granducato di Toscana, ai comuni e alle opere pie (e propose come facoltativa ai privati) la consegna delle antiche perga-mene sciolte che essi conservavano ed istituì un apposito Pubblico Archivio. Si trattava di una concentrazione archivistica di tipo nuovo, uno dei primi istituti statali, se non il primo in assoluto, aperti al pubblico per finalità di studio e non solo per scopi amministrativi. Al nucleo originario si aggiunse-ro in seguito nuove accessioni: durante il periodo napoleonico le pergamene provenienti dai conventi soppressi e, successivamente 1, le pergamene dona-te e depositate da vari soggetti o acquistate dal mercato antiquario. Il fondo archivistico oggi assomma oltre 140.000 documenti, per la maggior parte pergamene arrotolate, di 681 provenienze diverse. I suoi caratteri rimangono ancora oggi quelli definiti al momento della sua istituzione. In particolare, esso tradisce la sua originaria vocazione erudita nell’ordinamento materiale delle pergamene, disposte fin dagli inizi del Diplomatico in una sequenza rigorosamente cronologica dalla più antica (726 d. C.) alla più recente (se-colo XIX), disposizione questa che ha dissolto in una astratta tassonomia li-vellatrice di stampo illuminista i residui dei legami archivistici che univano tra loro le pergamene di una stessa provenienza. Un ordinamento rispettoso del principio di provenienza è stato mantenuto unicamente nella redazione degli spogli che contengono regesti delle singole pergamene (i regesti ripor-tano per ciascuna pergamena la data, il sunto del dispositivo, il luogo di ro-gito ed il notaio rogante). Gli strumenti di corredo disponibili nel 1997 (tutti manoscritti) riflettevano questo duplice assetto del fondo, materiale e forma-le: erano infatti in uso per la ricerca tanto un elenco generale cronologico in 16 volumi, iniziato nel 1821 e via via aggiornato, quanto, parallelamente, i 131 «tomi di spogli» organizzati per provenienze, compilati a partire dal 1778. Caratteri generali del progetto

Nel definire le modalità della digitalizzazione delle pergamene si è proceduto a ideare un progetto scientifico in cui le immagini fossero parte di un sistema informativo complesso. Il progetto dell’Archivio di Stato di Fi-renze avviato dagli inizi del 1998 parte dalla digitalizzazione delle immagini dei documenti, passa attraverso l’utilizzo e la valorizzazione degli strumenti di corredo esistenti per poi affrontare il fondo Diplomatico in tutta la sua «tridimensionale» articolazione. 1 Soprattutto dopo la confluenza nel 1852 dell’Archivio Diplomatico in quello che attual-mente è l’Archivio di Stato.

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Entrando più in dettaglio sulle singole componenti di tale archivio e-lettronico, a partire dalla prima, quella delle immagini, va innanzi tutto sot-tolineato che l’orientamento è stato quello di procedere, in prospettiva, alla riproduzione integrale dell’archivio, e non a selezioni antologiche della do-cumentazione. L’archivio elettronico che è stato costituito comprende ora la riproduzione digitale a colori delle prime 85.430 pergamene (secoli VIII - fine XIV), riprese recto e verso (immagini totali: 243.476).

Seppure la produzione di immagini documentarie di documenti molto antichi, sciolti, arrotolati, di formato e condizioni di conservazione estre-mamente variabili quali i diplomi conservati nella raccolta fiorentina poteva considerarsi di per se stessa una sfida alle possibilità delle tecnologie di di-gitalizzazione, il taglio generale dell’operazione è stato quello di andare ol-tre le immagini, come abbiamo detto, e di costruire uno strumento di ricerca scientifica utile alla definizione del fondo archivistico nel suo complesso. Il progetto Diplomatico, oltre alle immagini a colori di oltre la metà del fondo, ha permesso di realizzare anche la digitalizzazione dei 131 tomi di spogli (ottenuta attraverso la conversione in digitale dei microfilm esistenti per un totale di circa 50.000 immagini, a livelli di grigio), la descrizione delle sin-gole pergamene in apposite sintetiche schede archivistiche, ed infine anche la produzione di un data base informativo sulle 681 provenienze che com-pongono il fondo. Il processo di lavorazione

Non mi soffermerò sulle tecnologie adottate per l’acquisizione digitale delle immagini; mi limiterò ad osservare che per l’occasione tanto l’Archivio di Stato di Firenze ha ritenuto di dotarsi delle più aggiornate at-trezzature allora disponibili, che esse hanno già consentito, una volta termi-nato il progetto IMAGO, di intraprendere ulteriori lavori di digitalizzazione documentaria, senza tuttavia eccedere nell’ampliamento del «parco macchi-ne», data la rapida obsolescenza delle tecnologie digitali. Per quanto riguar-da l’hardware, intendo solo segnalare il dorso a matrice Dicomed Bigshot 3000, che ha garantito una ripresa ad alta definizione tanto spaziale che cromatica. In particolare questa attrezzatura consente l’acquisizione di do-cumenti di 63,5 cm alla densità di 150 PPI e di documenti di 47,5 cm alla densità di 200 PPI (e per quanto riguarda la densità cromatica consente 8 bit x pixel nativi).

Per quanto riguarda invece il software, è stato realizzato un applicati-vo che utilizza SQL Server per il data base relazionale e Fulcrum-Informix per la ricerca testuale.

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Le pergamene sottoposte alla riproduzione sono state dotate di un di-spositivo per permettere di identificare univocamente le singole unità; anche questa non è una acquisizione di poco conto: fino ad oggi, infatti, le perga-mene riportavano come segnatura unicamente la data e la provenienza, e si registravano numerosi casi in cui ad una stessa segnatura corrispondevano più pergamene. Le procedure di ripresa, infine, sono state studiate in modo da offrire le maggiori garanzie per una corretta conservazione di originali così antichi e preziosi: le pergamene da digitalizzare sono state inserite in una struttura di cristalli a sandwich appositamente costruita.

Per quanto riguarda la fase di controllo e rielaborazione delle immagi-ni, occorre dire che è stata scelta una linea della massima aderenza alla real-tà documentaria, scegliendo di non procedere al ritocco delle singole imma-gini digitali ma soltanto a limitate correzioni, ritenendo che parametri fissi di ripresa consentissero di evidenziare le differenze nello stato di conserva-zione dei documenti.

Per quanto riguarda invece le operazioni di schedatura, la scheda ela-borata appositamente tiene conto del principio multilivellare introdotto dalle regole ISAD(G) utilizzando elementi di descrizione specifica, trattandosi di materiali speciali, come le stesse norme ISAD suggeriscono. Sono state alle-stite schede contenenti metadati descrittivi anche per i complessi documen-tari contenuti nel fondo archivistico e i soggetti produttori (in conformità a-gli standard ISAD e ISAAR). È stato inoltre predisposto un collegamento (link) dall’immagine della pergamena al regesto corrispondente. Il sistema di consultazione

Nella impostazione delle modalità di ricerca interna la versione digita-le dell’archivio Diplomatico cerca di conciliare il rigore scientifico con la facilità di accesso ed offre per la prima volta la possibilità di recuperare, a livello virtuale, tanto l’ordinamento cronologico che l’ordinamento per pro-venienza.

Il data base relazionale delle schede del Diplomatico consente infatti le seguenti modalità di consultazione: - navigazione per l’esplorazione gerarchica dell’archivio dei documenti,

che consente di prendere visione della struttura interna articolata per provenienze;

- ricerca testuale («full text») su tutti i campi delle schede, che attinge a tutto l’archivio sulla base di particolari chiavi di ricerca;

- ricerca per chiavi su tutti i campi della scheda archivistica che, impo-stando delle chiavi di ricerca entro campi definiti o combinati, permet-

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te ad esempio di recuperare le pergamene per una determinata data o per intervalli di data (anche quelle che presentano data incompleta, ad esempio solo l’indicazione del secolo, o dell’anno e del mese). Selezionata la pergamena che interessa, è possibile aprire la scheda

descrittiva, quindi le immagini del documento (con possibilità di ingrandi-mento e selezione di aree di interesse e di semplici elaborazioni delle imma-gini) o le immagini del regesto relativo; è possibile aprire direttamente un tomo di spogli e sfogliarne le immagini in ordine sequenziale. Infine dalla scheda archivistica del singolo documento è possibile risalire alle schede in-formative sulla provenienza cui il documento appartiene.

Infatti un aspetto particolarmente qualificante del progetto fiorentino, che introduce elementi di decisa novità nelle modalità di approccio al Di-plomatico, è rappresentato dal data base delle provenienze, messo a punto come integrazione del sistema generale di consultazione del fondo. Il data base consente per la prima volta di operare una analisi stratigrafica interna al Diplomatico prendendo in considerazione le 681 provenienze. Di ciascu-na di esse fornisce informazioni originali che riguardano le modalità di ver-samento delle pergamene, l’identità dei soggetti produttori, la redazione de-gli strumenti di corredo disponibili tanto interni al fondo (i tomi di spogli) che esterni, la eventuale presenza all’interno dell’Archivio di Stato di altri fondi archivistici originati dagli stessi produttori. Il data base in questo mo-do consentirà in futuro di accedere ad altri sistemi informativi contenenti descrizioni dei fondi archivistici collegati alle provenienze del Diplomatico.

Grazie proprio al collegamento con il data base delle provenienze, il sistema possiede un valore aggiunto, offrendo del fondo Diplomatico una inedita prospettiva di indagine. Tradizionalmente considerato come una semplice «raccolta» di «monumenti» individui (le pergamene), il Diploma-tico nella sua versione digitale acquista infatti uno sviluppo tridimensionale, proponendosi come un archivio complesso la cui identità si delinea a partire dalla storia dell’aggregazione delle provenienze che lo compongono e dei lavori di inventariazione che l’hanno attraversato, storia dalla quale anche i singoli documenti traggono maggiore spessore ed ulteriori elementi di com-prensibilità.

Il Diplomatico è stato aperto alla consultazione on-site del pubblico nella sua prima parte dal gennaio 2001 e completato nell’autunno 2002. Da questa data il Diplomatico digitalizzato è stato fatto oggetto di un numero crescente di studi e di esplorazioni: progetti di ricerca nuovi (nuovi per am-piezza e contenuti) sono stati impostati in considerazione della disponibilità di tale imponente archivio di dati e immagini. Di alcuni di questi sono stati pubblicati i primi risultati: ad esempio una tesi di laurea che ha avuto per oggetto le trasformazioni della scrittura a Firenze nell’età di Dante e che è

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stata resa possibile dall’analisi comparativa delle immagini di migliaia di documenti, incrociata con i dati descrittivi relativi ai notai, luoghi di rogito e così via 2. Le stazioni di consultazione in Sala di studio si sono rivelate ripe-tutamente insufficienti e hanno dovuto essere accresciute, imponendosi infi-ne l’adozione di un sistema di prenotazione. Le prospettive della Rete

Quando nel 1997 il progetto Diplomatico fu varato, le possibilità dell’inserimento in rete di riproduzioni digitali di documentazione archivi-stica apparivano ancora alquanto remote, meritevoli di esser prese in consi-derazione solo in prospettiva. In effetti l’archivio Diplomatico, seppure con-cepito in formato esportabile, è stato pensato per essere consultabile solo lo-calmente, ed è stato dotato di un sistema di gestione degli utenti e restitu-zione.

La restituzione, cioè la consegna di materiale stampato o memorizzato su vari supporti, avviene sulla base di una lista, costruita dall’utente, di «og-getti multimediali» che egli intende acquistare (stampa di schede archivisti-che o di immagini anche elaborate, CD-ROM, etc.).

Un’apposita stazione di restituzione collegata al data base degli utenti di Sala di studio gestisce i profili-utente, le loro autorizzazioni e scadenze ed assegna i privilegi concessi per la consultazione; effettua inoltre la regi-strazione del traffico svolto e del materiale richiesto da ciascun utente, per le statistiche di uso dell’archivio.

A pochi anni di distanza dalla definizione del progetto le cose sono radicalmente cambiate, e la pubblicazione in Internet sta assumendo i tratti di un passaggio obbligato di ogni intervento di digitalizzazione documenta-ria che intenda ottenere una diffusione adeguata agli investimenti sostenuti.

È pur vero che l’eventuale inserimento in Internet dell’archivio Di-plomatico, che ha per oggetto un intero corpus di fonti testuali di complessa interpretazione e destinate ad un pubblico fortemente specialistico, non può non apparire una scelta elitaria, abbastanza in controtendenza rispetto ai progetti di diffusione via Internet di materiale archivistico sinora realizzati e che hanno riguardato soprattutto riproduzioni di materiali grafici (foto, carte geografiche, mappe) dall’impatto più immediato e dal maggiore potenziale evocativo. 2 I. CECCHERINI, La scrittura dei notai a Firenze tra la fine del Duecento e gli inizi del Tre-cento, Università di Firenze, Facoltà di Lettere, tesi di laurea, relatore prof. S. ZAMPONI, a. 2003.

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Certamente la pubblicazione sul Web di fonti testuali quali ad esempio il Diplomatico non si rivolge ai cosiddetti «travellers» del Web (quegli uten-ti disposti solo nello 0,5 % dei casi a usare opzioni avanzate di ricerca, e che non guardano più di una pagina della lista dei risultati di ricerca). Esso può invece venire incontro alle esigenze di quel pubblico in crescita fatto di ri-cercatori accademici e di utenti «educational» che chiedono strumenti sem-pre più sofisticati di accesso agli archivi (entrate multiple, sistemi di ricerca avanzati, opportunità di usare thesauri, meccanismi che suggeriscano una ricerca per termini, ricerca vocale, correzione di errori di digitazione, im-magini zoomabili, legami tra le fonti, funzioni di glossario e informazioni sul copyright).

In questa prospettiva la digitalizzazione di archivi anche testuali, con-tribuendo a costruire legami tra contesti, confronti e integrazioni di docu-menti, indici di nomi, authority files di soggetti produttori, può offrire trami-te Internet la disponibilità di quelle che oggi, con un neologismo anticipato-re coniato da Jean-Philippe Genet e ripreso recentemente da Andrea Zorzi, vengono definite «metafonti» 3: complessi documentari digitali, archivi di dati e immagini destinati ad accrescersi secondo le modalità dei palinsesti e ad agire come moltiplicatori di conoscenze per la comunità internazionale dei ricercatori.

Per realizzare la estensione ad una fruizione remota via Internet del Diplomatico fiorentino dovrebbero almeno essere previste le seguenti ope-razioni tecniche, in parte già attuate: - allestimento di un Web server (PC Linux); - predisposizione di hardware di memorizzazione delle immagini dei

documenti e dei regesti (Disk array: già predisposto); 3 Cfr. A. ZORZI, Documenti, archivi digitali, metafonti, in I Medici in rete, atti del conve-gno <http://www.archiviodistato.firenze.it/atti_map/>. «Si può - e forse si dovrebbe - co-minciare a parlare di metafonti. Il termine è stato usato per la prima volta nel 1992 da un medievista francese, Jean-Philippe Genet (Source, Métasource, Texte, Histoire, in Storia & multimedia, a cura di F. BOCCHI e P. DENLEY, Bologna 1994, pp. 3-17), in relazione all’in-sieme complesso di testi e di banche dati digitali di cui ciascun studioso ormai potenzial-mente dispone lavorando anche solo sul proprio computer. Da allora nessuno ha ripreso questa nozione, forse anche perché essa si riferiva alla mera dimensione informatica delle banche digitali (Genet scriveva infatti prima della creazione del Web e dell’impetuoso svi-luppo dell’ipermedialità), una prospettiva che appare ormai irrimediabilmente obsoleta nel mondo delle reti. Ma essa può essere utilmente sviluppata - a mio avviso - proprio in rife-rimento agli archivi consultabili on line, vale a dire a quella nuova tipologia di documenta-zione immateriale che viene crescendo tra le mani degli storici che alla riproduzione in formato immagine dei documenti accompagna trascrizioni o edizioni critiche, strumenti in-formativi (regesti, descrizioni e inventari archivistici, etc.), banche dati, bibliografie, saggi e altri materiali miscellanei, come anche strumenti di ricerca sempre più affinati (motori e softwares dedicati)».

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- trasferimento della base dati tramite formato di scambio (formato no-to: SQL Server per il data base relazionale, Fulcrum-Informix per la ricerca testuale);

- conversione dei files immagine dal formato proprietario a formato bmp (programma già disponibile), e da questo nel nuovo formato d’uso per Web (piramidale, compresso JPEG standard, J2K progressi-vo od altro);

- creazione di una copia di sicurezza di quest’ultimo archivio di imma-gini, corredata dei file XML contenenti i metadati (MAG) relativi alle immagini;

- generazione del nuovo programma di consultazione e gestione utenti per Web, con fruizione regolamentata (ad esempio: possibilità di navi-gazione e consultazione limitata senza oneri, accesso alle schede e alle immagini con password e restituzione di files su supporti vari tramite pagamento). Ci auguriamo che l’Amministrazione archivistica nazionale si volga a

prendere in considerazione questa possibilità.

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MARINA BROGI - GIOVANNI TARTAGLIONE

Un’esperienza a quattro mani sul campo: la digitalizzazione delle pergamene dal progetto Imago ad oggi

Premessa 1

I perché di una relazione «a quattro mani ovvero a due voci» sono rias-sumibili nella stretta intersezione fra le due aree di competenza coinvolte (ar-chivistica-informatica), insieme ad una fondamentale e mutua comprensione del progetto: due motivi che possono ben spiegare come, «lavorando insieme», si rompa di fatto la usuale rigidità esistente in un comune rapporto tra cliente e fornitore, anche in considerazione del fatto che gli innovativi obiettivi diventa-no un bagaglio comune, un patrimonio condiviso e orientato verso il miglior risultato in termini di qualità ed efficacia. È sembrato inoltre un modo per sotto-lineare tangibilmente che le scelte spesso devono essere compiute proprio «strada facendo» e che il procedere aggregando energie è ormai quasi l’unica strada percorribile; nella costante «miseria pecuniaria» che ormai caratterizza il settore ARCHIVI nei beni culturali, parola d’ordine è senz’altro: «evitare ogni spreco» sia pure di lavoro, di conoscenza o mera esperienza.

In tale ottica si muove anche il proposito di consegnare ai lettori di questi atti solo un breve testo a commento di una presentazione con slides, esemplificativa di quanto «già fatto», ma attenta a dare almeno qualche as-saggio di quanto «in via di farsi»; con l’impegno, comunque, di inviare (a chi ne restasse interessato) una copia del file con la «demo» integralmente presentata in sede di convegno 2.

Naturalmente, prima di parlare di sviluppi in corso d’opera, è da ri-cordare che «Lucca non ha cosa più pregevole, né che tanto la distingue, quanto i suoi doviziosissimi archivi diplomatici», come già scriveva nel 1819 il piemontese Giulio Cordero da San Quintino invitando la duchessa Maria Luisa di Borbone a provvedere «alla conservazione ed al miglior si-stema di questi tesori» per salvarli dalle funeste dispersioni rivoluzionarie. 1 L’autore di questa premessa, Marina Brogi, con cui è commentata la selezione di slides che fa seguito al testo, si premura di precisare che, non essendo possibile far apprezzare pienamente la qualità delle immagini digitali ottenute con la realizzazione del progetto, né riuscire a valutare con oggettività tempi e modalità di esecuzione di una consultazione della banca dati costituita ad hoc, se non attraverso un’apposita «demo» è stata escogitata una soluzione al momento apparsa semplice ed economica: offrirne l’opportunità direttamente agli interessati che ne vorranno prendere visione ed approfondire l’argomento. 2 La richiesta può essere inoltrata a [email protected] oppure: aslu@archivi. beniculturali.it

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Ma nemmeno sembrò bastare alla loro salvezza quel pur «immenso numero di cartapecore» lette, esaminate e trascritte dalla folta schiera di eruditi che assai precocemente suscitarono in Lucca «quasi una scuola propria di erudi-zione» già dal finire del secolo XVI.

I poderosi e lontani lavori di Niccolò Tucci, Francesco Maria Fioren-tini, Daniele De’ Nobili, Giambattista Orsucci, Francesco Bendinelli trova-rono un degno compimento solo con l’ordine dato da Francesco Bonaini per l’istituzione di questa «sezione, destinata a raccogliere, separatamente dalle altre scritture, le carta pecore originali e staccate, sull’esempio del Diploma-tico fiorentino».

Fu così che nel gennaio 1870 (come magistramente illustrava il Bon-gi 3), si ebbero 18.571 pergamene raccolte in una specifica sala al piano no-bile di Palazzo Guidiccioni, messe in armadi chiusi, con rigoroso ordine cronologico, «secondo la pratica antica… arrotolate e legate ognuna per sé», ciascuna corredata dalla segnatura dell’Archivio di provenienza e della pro-pria datazione (scritte sia sul dorso esterno del rotolo, sia sull’apposito car-tellino pendente).

Ancora oggi si può ripercorrere cronologicamente, ripiano dopo ripia-no, rotolo dietro rotolo, il dipanarsi lento dei secoli scanditi dai cartellini pendenti delle pergamene. Il nucleo costitutivo si è incrementato nel tempo, ma sempre mantenendo l’originaria struttura di una «raccolta» ordinata cro-nologicamente ed articolata secondo fondi distinti per provenienza. Nella sala dedicata alla conservazione fisica di tale «museo diplomatico» le per-gamene erano state disposte in ordine cronologico, raggruppate in mazzi per anno e/o porzione di anno, ferma restando l’identificazione singola della provenienza e datazione per ciascuna pergamena arrotolata; attualmente le pergamene sono state inserite in un apposito «vespaio» in cui ciascun rotolo occupa una cella ed assume anche uno specifico numero d’ordine progressi-vo che lo identifica. Tale sistema è stato ideato sia per motivi conservativi sia per diminuire i margini di errore nella presa e ricollocazione dei singoli rotoli pergamenacei richiesti per la consultazione in sala di studio. Comun-que la realizzazione lucchese del progetto Imago II, poi denominato CAR-DINE 4, ha concretamente reso quasi superfluo il ricorso alla consultazione materiale del documento e quindi ridotto drasticamente i rischi legati alla conservazione e consultazione del diplomatico stesso.

3 S. BONGI, Inventario del R. Archivio di Stato in Lucca, Lucca 1872, vol. I, pp. 4-5. 4 Negli anni 1997-2000 è stato realizzato il progetto CARDINE ovvero Costituzione di un ARchivio Dati e Immagini delle pergameNE conservate nell’Archivio di Stato di Lucca (consistente nel trattamento dei dati riferiti a 22.391 pergamene, dall’anno 790 al 1853, e relativi notulari manoscritti dal n. 1 al n. 59, in 102 volumi; il tutto con possibilità di incre-menti successivi).

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L’ordinamento cronologico generale che presiede alla disposizione fi-sica delle singole pergamene è perfettamente corrispondente a quello con il quale sono disposte le singole schede (manoscritte) in sala consultazione, mentre i rispettivi notulari (manoscritti) risultano ciascuno distinto secondo il fondo di provenienza e ciascuno ordinato cronologicamente all’interno del fondo di appartenenza. L’équipe archivistica 5 che ha lavorato in questo pro-getto ha quindi provveduto a redigere un elenco normalizzato dei fondi me-desimi, uniformando le varianti nella denominazione del fondo stesso nelle diverse sue citazioni, oltre che ad entrare nei dettagli dell’elaborazione delle schede di immissione e consultazione del complesso sistema minuziosamen-te analizzato e raccordato nelle sue parti. Uno studio condotto di pari passo anche nell’Archivio di Stato di Firenze con i medesimi interlocutori infor-matici e, con analogo impegno archivistico, confrontato poi con le specifi-che realtà documentarie e storiche 6.

Un’analisi spassionata di risultati e vantaggi acquisiti e l’esperienza complessiva di questi anni di uso in sala studio consentono di considerare come obiettivo ormai raggiunto, e ben saldo, quello di svincolare tra loro la «conservazione» dalla «consultazione» delle singole pergamene.

Resta fondamentale, comunque, oltre alla prioritaria necessità di sal-vare l’integrità «fisica» del documento, il tenere debito conto di tutti i mezzi di corredo e strumenti di ricerca che sono stati elaborati nel tempo, dalle schede manoscritte ordinate cronologicamente (che corrispondono altresì al-la disposizione fisica delle pergamene), ai 102 volumi di notulari distinti per fondo di provenienza con ordine cronologico interno; oltre all’elenco nor-malizzato dei fondi (messo a disposizione anche come «patrimonio docu-mentario» su Internet 7).

Parimenti, occorre tenere conto che il pubblico degli archivi muta le proprie aspettative seguendo le dinamiche dell’evoluzione informatica e te-lematica in corso e che l’organizzazione delle sale di studio non può non al-linearsi a tali significativi mutamenti.

Anche lo studioso esperto o il ricercatore, abituali frequentatori di un archivio, oggi si aspettano un servizio più efficiente e più efficace da parte 5 Giorgio Tori, Maria Trapani, Sergio Nelli e l’autore di questo stesso testo, Marina Brogi, hanno partecipato alle riunioni operative dell’Archivio di Stato in Lucca, ciascuno con tem-pi e ruoli distinti per l’ambito archivistico, nel gruppo di lavoro con gli informatici Franco Lotti (CNR – Istituto di Ricerca sulle Onde Elettromagnetiche «Nello Carrara» di Firenze) e Giovanni Tartaglione (allora Ditta ELSAG di Genova). 6 La contemporanea presenza, in questi stessi atti, del ricco e puntuale contributo fiorentino di Francesca Klein può consentire di evitare inutili ripetizioni sull’architettura del sistema stesso e rinviare ad esso per la descrizione generale, privilegiando invece la segnalazione delle differenze e degli sviluppi progettati. 7 Cfr. http://archivi.beniculturali.it/ASLU/patrimonio/Pag1.html

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dell’istituto che conserva le carte oggetto di studio e sono sempre di più gli utenti che vorrebbero poter effettuare ricerche consultando in remoto gli in-ventari e gli altri mezzi di consultazione di un archivio on line, o addirittura visionando sul proprio schermo il testo del documento cercato, e/o l’immagine del documento in oggetto; del resto la convergenza dei linguag-gi espressivi di differenti tipi di media permette di pensare a concreti proget-ti con questo tipo di soluzioni.

Vero è che, sin dall’originario progetto, CARDINE si è posto come obiettivo la possibilità di accedere ad uno specifico Archivio Elettronico in grado di gestire l’aggancio tra: • immagini digitalizzate delle singole pergamene (recto e verso) • schedatura analitica di ciascuna pergamena includendo lo specifico

regesto (già tratto da notulari e schede manoscritti accumulati dai tempi passati ad oggi, poi immessi in database gestiti tramite linguag-gio Clipper e infine ampliati e trasportati in ambiente Windows). In particolare è stata la scelta di convertire i regesti manoscritti in in-

formazioni di tipo testuale elaborabile che si è rivelata fondamentale. Infatti, questo collegamento pergamena – regesto (in formato testo e-

laborabile), benché subito pensato come innovazione, ha superato le pur le-gittime aspettative per la concreta apertura di orizzonti che gli studiosi han-no già finora potuto apprezzare ed ha consentito a noi, archivisti ed informa-tici, di avanzare con ulteriori progetti (in corso) di cui si tenta qui di offrire qualche timida anticipazione tramite sintetiche slides illustrative.

È certo apprezzabile oggi che ricerca, selezione del documento e sua consultazione siano direttamente eseguite dallo studioso davanti al pc di sala di studio senza lunghi tempi di attesa e movimentazione fisica delle perga-mene; eppure la soluzione che a suo tempo era la più avanzata possibile mo-stra i suoi limiti al prepotente desiderio di facilitare ulteriormente l’accesso, di renderlo più veloce e di ampliare il numero di utilizzatori.

L’operazione di rendere disponibili i documenti senza movimentarli dovrà avere il suo speculare nel renderli disponibili all’utente senza «movi-mentare» quest’ultimo, consentendogli una consultazione controllata anche da casa sua.

In altre parole, è ormai maturo il superamento di una soluzione ancorata sulla «centralità dell’utente» ed una fruizione legata ai client server in rete lo-cale, per giunta solo parzialmente agganciata al sistema di gestione della sala di studio 8 già in funzione all’avvio del progetto sul pergamenaceo. 8 Una prima versione di SGESSS, ovvero del Sistema di Gestione Elettronica del Servizio di Sala Studio, dopo la progettazione e sperimentazione (1996) era allora già in funzione nella sede centrale dell’Archivio di Stato di Lucca. In merito cfr. http://www.comune.lucca. it/ospiti/archiviostato/mgst/sld001.htm. Si proponeva come finalità: il miglioramento del-

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Queste limitazioni, insieme alla problematica condivisione informatica con le altre istituzioni che operano nel settore culturale, sia per isolamento, sia per difformità di trattamento dei dati, hanno fatto nascere una pressante esi-genza di ulteriori sviluppi e spostato l’attenzione su due punti chiave: • Centralità dei dati • Open source

Infatti ormai con chiarezza sappiamo di aver bisogno di strumenti che consentano di possedere il dato e di incrementarlo, indipendentemente dal-l’applicativo attualmente in uso; e di dover ricorrere all’utilizzo di software aperto e modificabile, fino al procedere a drastica riduzione delle licenze proprietarie.

Tutto converge su una maggiore attenzione ai dati, effettivo patrimo-nio del detentore: è sulla loro idonea rappresentazione che si gioca il futuro, sia per l’estensione dei contenuti che del loro uso e durata; ma sempre par-tendo dal già valido, passo passo, in continuità e verso le nuove strade che «il già fatto» lascia intradevere.

È così che è stato messo a punto il progetto per una importante aggre-gazione di archivi pergamenacei a cominciare dall’archivio Arcivescovile di Lucca 9, un’occasione da non perdere per quell’archivio e per l’Archivio di Stato di Lucca al fine di creare un’intelligente integrazione di due raccolte documentarie che si sovrappongono su uno stesso periodo storico, per giun-ta avaro di fonti e per di più senza movimentare alcun documento. Questi collegamenti virtuali sono poi aperti ad agganci ad altri patrimoni similari che risultino pertinenti (es. archivi parrocchiali, ecc.).

Mentre sul piano dei lavori per portare le vetuste «cartapecore lucche-si» su Internet è possibile darne qualche anticipazione pratica con i tentativi in corso, quali: • Il recupero ed integrazione dei dati da CARDINE per generare una

struttura di Archivio totalmente in formato nativo XML: questo ap-proccio consentirà di ridurre drasticamente l’utilizzo di database pro-prietari anche per indicizzare i regesti;

l’efficienza, efficacia e trasparenza del servizio reso al pubblico; l’aggiornamento costante della conoscenza dell’utenza ed un relativo adeguamento operativo (per un’offerta di sem-pre migliori possibilità d’uso pubblico di un servizio istituzionale); la gestione controllata dei fondi tramite il loro censimento e movimentazione (depositi, consultazione, laboratorio, ricollocazione) e tramite recupero di dati dal Progetto ANAGRAFE svolto in Archivio di Stato di Lucca; la pianificazione dell’utilizzo delle unità lavorative secondo i flussi qualita-tivi e quantitativi delle domande di studio. È attualmente in uso a pieno regime in una ver-sione aggiornata. 9 Il progetto, denominato DIOLU_ p (ovvero Diocesi di Lucca - pergamene) per il momen-to non è stato attivato, nonostante fosse sembrato imminente il suo avvio già un anno fa; comunque, ne resta intatta la validità e l’auspicio che diventi presto una realtà.

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• L’integrazione di informazioni sulle fonti, nella struttura CARDINE-XML, per mostrarne la particolare duttilità e la facilità di ampliamen-to;

• La costituzione di veri e propri dizionari: o di parole utilizzate nei documenti, o di ritagli delle immagini digitali per illustrare la scrittura di sin-

gole parole o di «ritagli» delle pergamene per la catalogazione dei signa tabel-

lionis presenti. Questi ultimi dizionari potranno essere di grande aiuto alla compren-

sione ed alla comparazione di documenti. Fondamentale resta comunque l’interazione tra archivio ed utente, an-

che guardata nell’ottica di un passaggio dalla fruizione locale alla più larga fruizione «a distanza» e senza nemmeno trascurare una determinazione chiara dei controlli sugli accessi, da basare su prefissate regole che discipli-nino l’accesso alla quantità come alla qualità, ma che prevedano pure di concretizzarsi in idonee forme «a pagamento».

Tra gli obiettivi a medio e lungo termine sta anche il realizzare una «scrivania interattiva», che consenta di formare «archivi virtuali» personali, tagliati sulla base delle proprie esigenze di ricerca; così come l’accedere a sale di studio virtuali da cui effettuare ricerche dentro la documentazione conservata in archivi diversi e lontani (es: Archivio di Stato e Archivio Ar-civescovile di Lucca, ma anche Archivi di Stato italiani o europei).

Infine almeno una segnalazione per una importante funzione di «inte-razione bidirezionale», tra l’altro in parte già attivata e testata, per cui si de-linea un flusso di informazioni non solo dall’Archivio all’utente, ma anche dall’utente all’Archivio, adeguando spazio e modalità per le correzioni, ag-giunte, notizie e suggerimenti da scambiarsi con gli studiosi stessi.

Insomma, volendo concludere, che altro dire? Come punto di parten-za, forse, non c’è male!

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Selezione di slides 10

Un’esperienza a quattro mani sul campo: la digitalizzazione delle pergamene

del progetto IMAGO ... ...ed ora cosa farne?

Marina Brogi - ASLU

CARDINE Giovanni Tartaglione - BASSNET

3 Settembre 2004 - Castello di Spezzano

UNA RELAZIONE «A QUATTRO MANI»

• Intersezione forte fra le aree di competenza

• Comprensione mutua del progetto

• Le scelte «strada facendo»

10 La scelta, a cura di Giovanni Tartaglione, rispetta il taglio «essenziale» dato al commento e rinvia alla «demo» a richiesta, come segnalato sopra.

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La scelta

fondo diplomatico di pergamene arrotolate

«vespaio» per contenere singole pergamene arrotolate

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Principi generali

DIPLOMATICO:

• Scelta del fondo tra i più critici • per conservazione • per consultazione

ESIGENZE DI:

• Salvaguardia della «conoscenza» accumulata • Ampliamento della fruizione • Consultazione consapevole • Mettere a disposizioni dati per una ricerca rapida, oggettiva e globale

Principi generali

• Integrazione di regesti in formato idoneo • Leggibilità

• qualità delle immagini • Predisposizione per Internet

• risultati di ricerca • acquisto di immagini

• Restituzione

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Il sistema

Il documento d’archivio

Pergamena Regesto in formato elettronico utilizzabile per le ricerche scheda

•Fondo •Supporto •Parte •Misure •Spoglio •Sigilli •Data •Miniature •Sito •Stato •Tipo atto •@img pergamena •Autore •Regesto •Notaio •Note •actum •Doc. allegati

restituzione

ricerca

acquisizione archiviazioneindexing

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La struttura del documento

Consultazione

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La consultazione

Ricerca per data

per notaio

per sigilli, miniatura, signa, ecc. per regesto

La struttura del regesto

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Le pergamene

S. Ponziano 17 lug. 1051, rota e benevalete

S. Ponziano 17 lug. 1051, rota

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Tarpea 1 nov. 1196, signum tabellionis

A. Pellicci 28 giu. 1723, disegni acquerellati

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Risultati e vantaggi Comodità di consultazione ● Tutto l’archivio sul tavolo della postazione ● Gli addetti alla sala controllano e non prelevano nessun movimento di documenti ● Tutti i dati e le immagini all’istante accessibili a più utenti contemporanei ● Leggibilità superiore a quella diretta sul documento

Sicurezza - eliminazione delle fonti di danneggiamento ● prelievo

● danni ai sigilli attaccati

● trasporto alla sala studio

● srotolamento con uso di blocchetti pesanti per tenere stesa la pergamena

● quantità di luce necessaria per rendere leggibile la pergamena

● riarrotolamento (la pergamena scatta come mol-la nella posizione originale)

● riposizionamento nel contenitore e nell’armadio

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Selezione: pochi minuti di lavoro

● lettura degli indici ● lettura dei manoscritti o dattiloscritti ● ricerca incrociata sui campi della scheda archivistica e sul contenuto del regesto in formato digitale

Consistenza ● conoscenza qualitativa e quantitativa per programmi di trattamento e restauro

I limiti ● quelli tipici di un oggetto informatico ● fruizione locale ● difficoltà di condivisione

…ed ora cosa farne

● la centralità dei dati ● open source

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La centralità dei dati

I dati vero patrimonio del detentore

● Maggior attenzione verso la rappresentazione piuttosto che verso l’utilizzo diretto ● Estensione dei contenuti ● Possibile riuso ● Estensione delle occasioni di fruizione ● Maggior durata ● Collegamenti trasversali

Open source

Gli strumenti disponibili

● Utilizzo di sw aperto e modificabile ● Riduzione delle licenze proprietarie

…ed ora cosa farne

● continuazione ● aggregazione di archivi ● le Vetuste Cartapecore lucchesi su Internet ● iniziative parallele

utenza

utenza

utenzaAppl.

dato

dati

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Aggregazione di Archivi

progetto DIOLU_p

archivio Arcivescovile di Lucca un archivio di pergamene complementari a quelle dell’ASLU per realizzare un’importante aggregazione

…ed ora cosa farne

● Interazione ASLU-utente ● Fruizione a distanza ● Accesso alla quantità ● Accesso alla qualità ● Regole di accesso ● Accesso «a pagamento» ● Scrivania interattiva ● Archivio virtuale personale ● Sale di studio virtuali ● Interazione bidirezionale ● iniziative parallele ● signa ● dizionario - ritagli

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ELISABETTA DAVID

Il fondo diplomatico dell’Archivio Capitolare di Narni (secoli XI-XVIII): un progetto di conservazione

L’inventariazione, restauro e riproduzione dell’Archivio Capitolare della Cattedrale di Narni è il risultato della collaborazione messa in atto dal-la Curia vescovile di Terni-Narni-Amelia, dalla Regione Umbria e dal Mini-stero per i Beni e le Attività Culturali. La Regione Umbria ha finanziato gli interventi e l’Archivio di Stato di Terni ha accolto il materiale in deposito temporaneo per facilitare le fasi operative di redazione del progetto di re-stauro e di schedatura, affidata alla Dottoressa Cinzia Perissinotto, archivi-sta incaricata dalla Curia di Terni.

L’intervento, avviato nel 1996 nell’ambito di un più ampio progetto di inventariazione degli archivi ecclesiastici della Diocesi di Terni-Narni-Amelia curato dall’Ufficio beni culturali ecclesiastici della Diocesi in colla-borazione con la Soprintendenza Archivistica dell’Umbria, ha previsto il re-stauro, la schedatura e la riproduzione della serie. L’ente

La fondazione della Diocesi di Narni, considerata una delle più anti-che dell’Umbria, si fa risalire secondo la tradizione a san Giovenale, primo vescovo e patrono della città, morto nel 376 1. Il territorio su cui esercitava la sua autorità l’episcopato narnese si estendeva fino a Calvi, Otricoli, San-gemini, Collescipoli e Stroncone, a riprova della rilevanza della città, situata lungo la Via Flaminia, sull’altura sovrastante la profonda gola che immette dall’Umbria nella pianura romana. L’austera rocca medievale, fatta costruire dal cardinale Egidio Albornoz, costituisce ancora oggi un’imponente testi-monianza dell’importanza strategica attribuita al luogo nel sistema difensivo dello Stato della Chiesa, e in particolare della sua capitale. La fortificazione non salvò comunque la città dal sacco dei Lanzichenecchi che nel 1527 di-strussero, insieme con numerosi edifici e monumenti, gran parte dei suoi ar-chivi più antichi. Anteriormente a tale data rimangono, infatti, soltanto il di-plomatico comunale, quello capitolare e parte dell’archivio notarile 2. 1 G. COTINI, San Giovenale. La sua chiesa, i suoi successori, Narni 1976. 2 Per una descrizione degli archivi narnesi cfr. G. MAZZATINTI, Narni, in Gli archivi della storia d’Italia, IV, Rocca San Casciano 1904, pp. 164-199. Per la storia di Narni cfr. M. BIGOTTI, G. A. MANSUELLI, A. PRANDI, Narni, Roma 1973.

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La Diocesi è stata unita a quella di Terni nel 1907, e dal 1986 costitui-sce con quella di Amelia la nuova Diocesi di Terni-Narni-Amelia.

Il Capitolo di San Giovenale è uno degli enti ecclesiastici più impor-tanti per la storia dell’Umbria meridionale 3. Dotato di uno statuto fin dal 1180, nel corso dei secoli XII e XIII accrebbe le sue proprietà in città e nel contado e acquistò un ruolo predominante nella costruzione della basilica di San Giovenale, iniziata intorno al 1045 e consacrata nel 1145; intorno al 1250 vi venne trasferita la Cattedrale, con conseguente consolidamento del potere del Capitolo nella società narnese, fino quasi a sovrastare l’autorità comunale e lo stesso vescovo 4.

In assenza di un vero ente preposto alla costruzione e manutenzione della chiesa cattedrale, ovvero di un’Opera, il capitolo si fece carico di que-sto compito e fu il referente costante nei secoli seguenti nei confronti delle istituzioni cittadine 5. I documenti testimoniano che il Capitolo dettava nor-me che regolavano l’ornato pubblico della piazza del Duomo e delle sue a-diacenze e che anche nelle controversie con il vescovo che tentava di limi-tarne il potere, ritagliando il territorio di pertinenza della Cattedrale con l’istituzione di nuove parrocchie, s’impose ricorrendo alla consulenza di un esimio giurista come Oldrado da Lodi 6. L’archivio

L’archivio del Capitolo della Cattedrale di Narni comprende circa 650 unità fra registri, volumi, cartelle e pergamene, tra cui si distinguono le se-rie, seppur frammentarie, delle Resolutiones capitulares (9 registri), dei Li-bri censuum, dei Catasti, delle Entrate e Uscite e delle Lettere, che testimo-niano l’attività dell’ente dalla seconda metà del Cinquecento fino al XX se-colo. 3 C. PERISSINOTTO, Il contributo dell’archivio capitolare per la ricostruzione della storia della cattedrale di Narni, in San Giovenale. La cattedrale di Narni nella storia e nell’arte, a cura di C. PERISSINOTTO, Atti del convegno di studi (Narni, 17-18 aprile 1996), Narni 1998, pp. 9-32. 4 Per la basilica di San Giovenale si segnalano gli atti sopra citati del convegno organizzato a Narni nell’aprile del 1996 dal Centro di studi storici di Narni (San Giovenale..., cit.); per lo statuto del Capitolo si veda la bolla con cui papa Alessandro III conferma al priore e ai canonici di San Giovenale lo statuto da loro fissato (Velletri, 1180 aprile 5, in copia del 1308: ARCHIVIO CAPITOLARE DI NARNI (d’ora in poi: ACN), Diplomatico, perg. n. CCXLIV). 5 P. PELLEGRINI, Il Capitolo di San Giovenale nella vita politica e religiosa di Narni (secoli XII-XIII), in San Giovenale..., cit., pp. 33-46. 6 ACN, Diplomatico, perg. n. CXLIX.

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Il fondo diplomatico raccoglie la documentazione più antica: si tratta di un corpus di 350 pergamene, comprese in un arco temporale che va dal secolo XI al secolo XVIII. Oltre a documenti emessi dalla cancelleria impe-riale e da quella pontificia (privilegi, lettere di grazia, mandati, brevi), con-tiene numerosi atti pubblici e privati: testamenti, compravendite, enfiteusi, arbitrati, convenzioni, bandi, quietanze, doti, tutele e procure.

È l’unico fondo diplomatico della Diocesi, ed il più antico nella pro-vincia di Terni, in quanto quelli di Terni e di Amelia sono andati perduti e l’archivio dell’Opera del Duomo di Orvieto conserva 127 pergamene dal 1221 al 1784, mentre quello Capitolare non dovrebbe essere molto consi-stente 7. Gli altri archivi diplomatici del territorio, pur cospicui, non conser-vano atti originali precedenti al privilegio imperiale del 1047 che apre il fondo narnese 8. Il diplomatico comunale di Orvieto conta 1.551 pergamene dal 1088 al 1808, quello del Comune di Terni circa 1.000 pergamene dal 1209 al secolo XIX, quello del Comune di Narni 480 documenti a partire dal 1143 9. Infine nell’archivio delle Congregazioni di Carità di Terni sono presenti 327 pergamene dal 1275 al 1773 10. Il restauro

Benché custodito gelosamente per secoli, il fondo ha subito i danni del tempo e delle vicissitudini naturali e accidentali degli ambienti in cui era conservato. Le esplorazioni, dal Mazzatinti ai nostri giorni, lo descrivono in uno stato di «caos» deplorevole 11. Le pergamene, chiuse per la maggior par-te in una cassa di legno, arrotolate o piegate e raccolte in mazzi da cinque pezzi ciascuno, mostravano supporto irrigidito, talora contratto e disidratato a causa di forti escursioni termoigrometriche; gravi lesioni causate da rodi- 7 A tal proposito non si conoscono dati certi: le ultime informazioni risalgono alla ricogni-zione del Mazzatinti (cfr. G. MAZZATINTI, Orvieto, in Gli archivi della storia d’Italia..., cit., pp. 221-257). 8 Enrico III prende sotto la sua protezione i canonici dei Santi Giovenale e Cassio con tutti i loro beni (Ancona, 1047 marzo 30: ACN, Diplomatico, perg. n. I). 9 Per il fondo orvietano esiste una schedatura dattiloscritta, mentre per le pergamene di Terni è in corso una schedatura informatizzata collegata alla digitalizzazione. Delle perga-mene narnesi sono stati pubblicati i regesti di 235 atti prodotti dal Comune. Cfr. Il fondo diplomatico dell’Archivio storico comunale di Narni. Inventario, regesti, note storiche, in-dici, a cura di C. MARIANI - A. DIAMANTI, Terni 1986. 10 M. PERICOLI, Pergamene, elenco del notariato e segni del tabellionato, in Inventari degli archivi del Monte di Pietà e delle antiche confraternite a Terni, a cura della CASSA DI RI-SPARMIO DI TERNI E NARNI, Terni 1985, pp. 219-309. 11 MAZZATINTI, Narni..., cit., p. 197.

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tori, combinate in alcuni casi a degrado microbiologico; gore di umidità e sporco, muffe bruno-violacee, fortemente pigmentate con indebolimento del supporto membranaceo. Gli inchiostri, generalmente ben conservati, presen-tavano casi di erasione e di sbiadimento in corrispondenza delle aree aggre-dite da muffe.

Sono stati selezionati per essere sottoposti a restauro 148 pergamene e 6 documenti cartacei, distinti in base allo stato di conservazione in quattro categorie, secondo la gravità del danno e il rischio di ulteriore degrado, per ognuna delle quali sono stati previsti adeguati trattamenti. Le pergamene re-staurate e spianate sono state condizionate in cartelle secondo il formato, mentre i rotoli più lunghi sono stati ripristinati e collocati in scatole singole. Per il materiale non restaurato si è scelto, data la modesta quantità, di conti-nuare a conservare le pergamene arrotolate e raccolte in mazzi dentro con-tenitori a cassetto di cartone rivestito internamente di carta acid free. La schedatura

Nonostante l’interesse rivolto in passato al fondo da parte di insigni studiosi, dall’Ughelli al Mazzatinti, dal Potthast all’Hagemann, non esisteva una descrizione esaustiva di questo complesso documentario. L’unico stru-mento di ricerca risultava essere l’Elencus pergamenarum redatto dal cano-nico Angelo Nadalini fra il 1927 e il 1930: un elenco di consistenza nel qua-le ogni pergamena viene individuata da un numero romano progressivo e descritta trascrivendo i sintetici regesti, poco più che l’oggetto e la data, presenti sul retro delle pergamene e risalenti presumibilmente al Settecento, quando il canonico Carlo Stefano Bocciarelli pubblicò nel 1720 una sele-zione di atti utili a sostanziare l’autorità e le prerogative del Capitolo12.

Negli anni Settanta del XX secolo Wolfgang Hagemann esplorò com-pletamente il fondo al fine di rinvenire documenti relativi al periodo prece-dente la fine della dinastia sveva (1272); in questa occasione lo studioso uti-lizzò l’Elencus del Nadalini ma per sua stessa affermazione, dato lo stato di grande disordine in cui versava il fondo, suddivise le pergamene in mazzi di cinque unità, tenendo presente la numerazione data dal Nadalini ma varian-dola, correggendo sull’originale con la penna stilografica, quando questa non corrispondeva ad un rigoroso ordine cronologico degli atti. Traccia di questa operazione si trova sia sull’elenco del Nadalini, sia sul verso degli 12 Il Bocciarelli trascrisse e pubblicò solo 12 atti. Cfr. C. S. BOCCIARELLI, Cathedralis nar-niensis ecclesiae eiusque capituli et canonicorum antiquitas, nobilitas indulta et prerogati-vae [...] collecta ordineque chronologico compilata, Narniae, ex Typis heredum Corbellet-ti, 1720.

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originali, tuttavia tale correzione s’interruppe presto per le difficoltà incon-trate e l’Hagemann decise di lasciare intatta la numerazione, perché «la cre-azione di un rigido ordinamento cronologico avrebbe creato troppi sposta-menti»13.

L’approccio ai documenti era stato sempre rivolto agli aspetti intrinse-ci, privilegiando la rilevazione di elementi che attenevano al contenuto. In nessun caso si era posta l’attenzione agli aspetti estrinseci (dimensioni, fat-tura materiale, stato di conservazione…) e tanto meno alle tracce di prece-denti fasi e sistemi di archiviazione (segnature e note tergali). Pertanto è sembrato necessario pervenire ad una descrizione che prendesse in conside-razione tutti questi elementi. Si è scelto di utilizzare una scheda informatiz-zabile, tramite un software in uso nel 1998 presso l’Amministrazione archi-vistica per gli archivi storici: la prima versione del programma Sesamo, che offriva la possibilità di ricerca e ordinamento automatici e quindi di supe-ramento delle difficoltà incontrate dai precedenti ordinatori.

Il fondo, che sembrava apparentemente costituito da documentazione piuttosto omogenea, in realtà, già in seguito ad un’analisi preliminare, ha ri-velato tipologie documentarie diversificate. L’osservazione delle caratteri-stiche della documentazione ha condotto alla riflessione che non sempre l’unità archivistica è identificabile con la pergamena, ma che si possono a-vere diversi casi.

1. Atto originale: nel caso in cui c’è piena corrispondenza fra perga-mena e atto e si ha dunque un’unica unità archivistica per la quale la scheda-tura ha previsto la realizzazione di una scheda unità.

2. Copia di un atto singolo: in questo caso la fattura della pergamena e le sue caratteristiche estrinseche non possono riferirsi alla data dell’atto ori-ginale, ma vanno assegnate al momento di realizzazione della copia. L’atto di copia, inoltre, possiede una quantità d’informazioni che si è voluto salva-guardare perché significative sul piano storico: la data cronica e topica, il nome del notaio, i testimoni, la persona o l’ente ad istanza del quale viene effettuata la copia autentica che ovviamente ci indica un particolare interes-se da legare alla data di realizzazione della copia stessa. Per questa tipologia documentaria la schedatura ha previsto la redazione di una scheda unità in cui sono rifluite tutte le informazioni relative alla confezione materiale del documento e all’atto di copia, e di una scheda sottounità in cui sono regi-strate tutte le informazioni relative all’atto copiato. 13 L’edizione di Hagemann prende in considerazione 31 pergamene. Cfr. W. HAGEMANN, L’archivio capitolare di Narni e le sue pergamene fino al 1272, «Bollettino della Deputa-zione di Storia patria per l’Umbria», LXXI, 2 (1974), pp. 1-46.

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3. Copia di più atti: alcune pergamene risultano essere la copia di atti rogati in date diverse ma copiati in un unico momento, per una precisa vo-lontà della persona o dell’ente che ne ha presentato istanza; abbiamo ad e-sempio un rotolo con la copia eseguita nel 1308 di tutti i privilegi ottenuti dal Capitolo fra XII e XIII secolo. In questo caso il criterio applicato è u-guale al precedente, quindi ad una scheda unità afferiscono più schede sot-tounità, tante quanti sono gli atti copiati.

4. Assemblaggio in un unico rotolo di più unità originariamente auto-

nome: si tratta di casi in cui in antico, all’interno dell’archivio, sono stati riuniti i documenti relativi ad un medesimo affare, con lo stesso concetto della «pratica». All’interno dello stesso rotolo troviamo, dunque, tante unità archivistiche che sono state schedate singolarmente con schede unità, nella quale sono rifluiti tutti gli elementi relativi alla fattura materiale di ciascuna pergamena.

La schedatura ha consentito di riconoscere il nucleo di documenti ori-

ginariamente pertinenti all’Archivio Capitolare e di distinguerlo da quelli facenti parte di altri fondi: l’Archivio Comunale, l’Archivio Vescovile e di altri enti aggregati che erano stati riuniti per varie vicende al fondo diploma-tico già a partire dal secolo XVI o più recentemente acquisiti. Conclusioni

L’obiettivo è di mettere a disposizione degli studiosi uno strumento che possa consentire non soltanto l’approfondimento della storia istituziona-le del Capitolo, ma anche l’apertura di nuove prospettive di ricerca sulla so-cietà narnese per quel periodo, il Medioevo, così caratterizzante la storia della città eppure così avaro di fonti scritte, salvaguardando la conservazio-ne degli originali, ai quali si potrà accedere soltanto in casi eccezionali.

A questo scopo si è pensato alla realizzazione di un prodotto che asso-ciasse le immagini dei documenti alla scheda informatizzata. Purtroppo le riproduzioni delle pergamene, effettuate nel 1998 in diapositiva a colori e in digitale, a titolo sperimentale, pur conservando valore di testimonianza, non offrono un grado di leggibilità sufficiente allo studio. Quindi a distanza di poco tempo si rende necessario un aggiornamento del software e una nuova riproduzione in quanto i prodotti informatici hanno bisogno di una «manu-tenzione» costante che comporta la necessità di ripetere l’impegno scientifi-co ed economico.

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Recentemente è stato messo a disposizione un nuovo software, l’ulti-ma versione di Sesamo 4.1, che sembra più flessibile e consente anche la possibilità di creare dei collegamenti delle schede con le immagini digitaliz-zate; il SIAS sta poi per distribuire il nuovo modulo di Archi Vista 3.1 spe-cifico per l’inventariazione delle serie pergamenacee, e anche la CEI ha predisposto un programma per l’inventariazione degli archivi ecclesiastici. Si tratta perciò di scegliere un formato che garantisca leggibilità e «legge-rezza», sia economica sia gestionale, per essere in grado di produrre ed of-frire per le fonti più antiche e preziose del patrimonio archivistico nazionale strumenti adeguati ai nuovi standard archivistici e tecnologici.

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PAOLO BUONORA

Il Diplomatico digitalizzato. Accesso virtuale, interoperabilità

Introduzione

Per introdurre l’argomento sarà utile raccontare una storia piuttosto divertente, ma allo stesso tempo illuminante riguardo all’impatto che le nuove tecnologie hanno nel mondo della documentazione tradizionale.

L’affidabilità del documento digitale ha creato serie preoccupazioni anche nel Regno Unito, paese da un lato dotato di tecnologie avanzate e sen-so pratico, dall’altro fiero delle proprie tradizioni. In un articolo in merito, sul «Guardian» del 10 luglio 2003, John Coutts scrive:

«Digital data is also vulnerable over long periods of time - and this could pose problems, because records of citizenship have to survive for decades rather than years. The government recog-nises this. That’s why acts of parliament and other key legal documents are archived on vellum, an animal-skin parchment that can last centuries» 1.

Sì, sembra incredibile, ma gli atti del Parlamento Britannico sono an-

cora archiviati su pergamena. In effetti, una proposta di abbandonare la per-gamena di capra fu inizialmente approvata dalla House of Lords 2; poi però ci fu una fiera opposizione da parte di membri del Parlamento, e la proposta fu respinta 3. Non si capisce quanto questa decisione sia stata effetto del tra-dizionalismo britannico o non piuttosto di interessi meno nobili - i maligni fecero presente che la produzione di vellum di capra è monopolio di una a-zienda inglese. Insomma, si sarebbe continuato a stampare gli atti del Par-lamento su pergamena di capretta 4, nonostante il fatto che allo stesso tempo l’amministrazione parlamentare facesse seri sforzi per gestire i documenti elettronici in maniera efficiente e sicura 5. 1 http://www.guardian.co.uk/online/story/0,3605,994662,00.html. 2 http://news.bbc.co.uk/1/hi/uk_politics/475260.stm. 3 http://news.bbc.co.uk/1/hi/technology/2570731.stm. 4 Si vedano le discussioni dei cittadini inglesi su web: http://www.metafilter.com/com ments.mefi/22632. 5 Si veda l’intervento di Stephen Ellison in un seminario sulla digitalizzazione degli atti dei Parlamenti svoltosi a Brussels nel 2002: http://www.fed-parl.be/ECPRD.

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Nel 2003 il Parlamento britannico decise di continuare ad archiviare i suoi atti su pergamena Lo stato dell’arte

Sono sempre più numerose su INTERNET le iniziative volte a mettere in consultazione riproduzioni digitali in formato immagine di pergamene. Vi è un’«offerta» di informazione in crescita, ma se esaminiamo nel merito, possiamo concludere che queste iniziative sono guidate da criteri piuttosto disparati. Si tratta in sostanza di una crescita per accumulo, per sedimenta-zione.

Questa mancanza di coordinamento ha una eccezione, che riguarda quanto avviene a livello archivistico: in questo ambito, nonostante la caren-za di risorse di bilancio e la mancanza di finanziamenti, si sono sviluppati dei veri e propri sistemi informativi. In questo caso infatti l’accessibilità è mediata dalla struttura archivistica: la serialità è una caratteristica tipica del-la documentazione d’archivio, e si tende quindi a digitalizzare intere serie, non singoli elementi.

D’altro canto, il canone della ricerca seriale, basato sul principio di provenienza e sulle competenze che aveva in astratto il produttore della do-cumentazione, contraddice una caratteristica piuttosto specifica della descri-zione delle pergamene: la descrizione del contenuto. La pergamena è una dei pochi documenti d’archivio di cui si fa un abstract, chiamato regesto, se non addirittura la trascrizione completa.

Una accessibilità «guidata dal contenuto» rientra nei temi più generali dell’Information Retrieval, che ha avuto uno dei suoi banchi di prova nell’informatica giuridica. Allo stesso modo, uno degli aspetti maggiormen-te rilevanti nelle attività di digitalizzazione delle pergamene è il reperimento dell’informazione veicolato da una migliore accessibilità, piuttosto che non gli aspetti come la sicurezza e la conservazione degli originali, che domina-no viceversa le attività di digitalizzazione di documenti a carattere grafico.

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Le pergamene dell’Archivio di Stato di Roma

Sarà il caso anzitutto di delineare per sommi capi come si articola il diplomatico presso il nostro Istituto. Come è noto, la «collezione delle per-gamene» è in genere un fondo miscellaneo creato dalla esigenza di conser-vare insieme le serie membranacee di vari archivi, spesso provenienti dalle corporazioni soppresse. 1. Pergamene romane: si tratta di un insieme consistente, circa 2.500

pezzi, proveniente di massima da enti religiosi dell’area romana. Sono state spianate da interventi di restauro.

2. Pergamene per luoghi: il fondo miscellaneo - che include le pergame-ne romane - è ordinato per luoghi, e più dettagliatamente per ente pro-duttore. Non vi è quindi altra chiave di ricerca tradizionale salvo quel-la geografica, anche perché la gran parte degli enti ecclesiastici sop-pressi contava un patrimonio documentario scarso e frammentario.

3. Pergamene della Santissima Annunziata e altre serie membranacee rimaste nei rispettivi fondi: sono le eccezioni alla regola, ma spesso la distinzione riguarda solo una consuetudine nella descrizione e negli strumenti inventariali.

4. Pergamene di Fiastra: è il caso più significativo di istituzione non ro-mana, ma di grande consistenza. In questo scenario così composito, il nostro intervento di digitalizza-

zione nell’ambito del progetto Imago II 6 si è orientato verso una certa fles-sibilità. Poiché - a differenza del caso degli Archivi di Stato di Firenze e Lucca - il diplomatico non era il principale obiettivo del progetto, non ab-biamo avuto per fine la riproduzione digitale di tutti i pezzi. D’altro canto, abbiamo ritenuto essenziale che almeno le descrizioni di tutti gli elementi fossero comprese in un sistema informativo, sia per facilitare la ricerca, sia per capire dove consultare gli originali e dove le copie digitali.

Nel record di descrizione sono stati quindi compresi: segnature vec-chie e nuove, estremi cronologici, rogatario, note, tradizione, sigillo e bi-bliografia. È stato anche inserito ove esisteva il regesto della pergamena, in

formato testo - non l’immagine del regesto, come è stato fatto dai colleghi fio-rentini. Nel caso in cui la pergamena è stata riprodotta, un link per l’apertura della riproduzione digitale compare nella schermata di consultazione.

La base di dati comprende circa 12 mila elementi, dei quali 5 mila asso-ciati a riproduzioni digitali. Un primo strumento di accesso che abbiamo rea-lizzato è stato un semplice applicativo Access, che viene ancora mantenuto sia

6 Per una bibliografia aggiornata sul progetto Imago II presso l’Archivio di Stato di Roma e negli altri Istituti archivistici italiani, si veda al sito: http://www.asrm.archivi.benicultura li.it.

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per un migliore accesso in locale - la sala di studio virtuale dell’Istituto - sia come strumento per la modifica e l’aggiornamento della base di dati.

Interfaccia di consultazione locale di Imago II

La consultazione virtuale è stata attivata per la prima volta in Istituto nell’autunno del 1999, e da allora è divenuta consuetudine di molti dei no-stri studiosi. Nel 2001 si è aggiunta una nuova funzionalità, l’accesso via Internet. Questa possibilità, relativamente nuova nell’ambito dei progetti Imago 7, ha comportato una complessa migrazione di formato di file-immagine e di applicativi. Per quanto riguarda le immagini digitali, i files Jpeg sono stati convertiti in un formato multirisoluzione che consente di a-vere un accesso interattivo all’immagine alla massima risoluzione attraverso Internet (il formato MrSID di Lizardtech, prozio dell’attuale formato stan-dard ISO Jpeg 2000). Per la base di dati, si è proceduto a migrare i database sotto Microsoft SQL server creando una architettura client-server: il lato server si interfaccia sia con i client locali in Access/Visual Basic, sia con i

7 Come è noto, l’Archivio di Stato di Torino ha sviluppato una applicazione web per le mappe, e l’Archivio di Stato di Firenze lo aveva già fatto tempo addietro per il Mediceo Avanti il Principato, ma non per il diplomatico digitalizzato col progetto Imago II.

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client web che fanno funzionare in maniera interattiva le pagine asp e php del sito per la consultazione virtuale. Una registrazione obbligatoria e un database degli utenti completa il sistema e lo rende relativamente sicuro per l’integrità dei dati e la tutela dei diritti sull’immagine.

Interfaccia web di consultazione

I punti di forza di questo sistema di accesso virtuale sono dunque sia la possibilità di effettuare ricerche a testo pieno, sull’intero regesto o sugli altri campi descrittivi, sia l’interattività nella visualizzazione che consente di ingrandire l’immagine fino a leggere come se si avesse un ingrandimento di 4 volte rispetto alle dimensioni dell’originale. Le pergamene come oggetti digitali

Torniamo ora al tema sopra accennato: per le pergamene digitalizzate è preferibile un accesso basato sul contenuto o un accesso basato sul conte-sto? Anzitutto, più che di «copie digitali» o di «riproduzioni digitali», sa-rebbe meglio parlare di «oggetti digitali» veri e propri. Gli «oggetti digitali» non si riducono mai solamente a una immagine, contenuta in uno o più files:

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anche un semplice file-immagine non contiene semplicemente una immagi-ne, ma anche delle informazioni legate al proprio nome di file e alla gerar-chia di directory e subdirectories in cui è ospitato, nonché a volte tag di de-scrizione del più vario tipo.

Per chiarire con un esempio, vi è un detto che circola in ambienti an-glosassoni e che suona così: «any file is a program». In altri termini ogni file è qualcosa che «si usa» in un modo specifico, che è indissolubilmente legato al programma che lo utilizza. Il file è l’altra faccia del programma, nel pro-cesso di produzione o riproduzione dell’informazione.

Le nostre «pergamene digitali» sono quindi oggetti dotati di una vita propria rispetto agli originali membranacei. Possiamo - e dobbiamo - usarli in modo diverso dagli originali e sfruttarne al massimo le caratteristiche pe-culiari: come vedremo, siamo molto meno vincolati in maniera univoca dal-le scelte di descrizione che si fanno tradizionalmente. L’oggetto digitale di-venta insomma un nodo, da cui poter seguire sia l’indagine sul contesto ar-chivistico che percorsi orientati al contenuto documentale.

Diagramma della base di dati Imago

Prendiamo, come esempio concreto, la base di dati che costituisce la te-sta del sistema informativo Imago presso l’Archivio di Stato di Roma. Le va-rie tabelle sono legate da relazioni di tipo «1 - ∞», «uno-a-molti»: a un fondo

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corrispondono molte serie, tra cui ad esempio quelle membranacee. Ogni serie può essere inventariata molte volte - capita spesso che il vecchio inventario venga rifatto o completato. In questo caso abbiamo un sistema di descrizione puramente gerarchico, dalla descrizione del fondo a quella del singolo pezzo.

Se invece creiamo una tabella intermedia tra quella delle serie e quella degli inventari, e puntiamo ad essa da entrambe le direzioni con relazioni «1 - ∞», «uno-a-molti», otteniamo una situazione più interessante e più versati-le, in cui la tabella intermedia funge da «scatola di commutazione» renden-do possibile una relazione «molti-a-molti». Il risultato di questo è che pos-siamo avere sia la vista gerarchica di cui sopra, sia una vista inversa che possiamo definire una «piramide rovesciata». Non solo possiamo avere più inventari per la stessa serie, ma un solo inventario per serie diverse, che fan-no parte in senso archivistico di fondi diversi.

A ben vedere, è proprio la situazione che ci è nota nel campo delle col-lezioni membranacee, create artificialmente estrapolando le pergamene dai fondi d’origine per dare alle stesse una inventariazione omogenea e dettaglia-ta. Più che di inventari in senso archivistico, questi mezzi di corredo possono essere definiti degli «indici», come potrebbero essere degli indici delle mappe o delle fotografie contenute in fascicoli e faldoni d’archivio. Un modello di dati come quello sopra adottato consente quindi di realizzare una descrizione diplomatica senza estrapolare le pergamene dal contesto archivistico; in prati-ca, questa descrizione è un altro database che «punta» al database di testa del sistema per ricavarne le informazioni relative a serie e fondo 8.

Al database iniziale, che comprendeva solo le pergamene della «Colle-zione delle pergamene», sono quindi state aggiunte le pergamene della Confra-ternita della Santissima Annunziata, senza che vi fosse la necessità di variare il modello dei dati: ciò che cambia tra un inventario archivistico gerarchico e un «indice» è solo il tipo di «vista». Questi «punti di vista» sono alternativi - non si può guardare contemporaneamente in due direzioni opposte - ma entrambe le tipologie descrittive sono comprese in un modello di dati unico.

È il caso di rilevare un punto essenziale in merito alla descrizione ar-chivistica: lo standard di descrizione archivistica ISAD (G) è orientato so-stanzialmente alla descrizione del contesto, e non entra nel merito della de-scrizione di «materiali speciali»:

«Il presente standard consiste di regole generali per la descrizio-ne archivistica che possono essere applicate indipendentemente dalla tipologia o dal supporto della documentazione. Le regole

8 Ho descritto questo approccio per la prima volta in: P. BUONORA, Un database relaziona-le per L’Anagrafe degli archivi italiani. Un prototipo e alcune questioni, «Archivi e Com-puter», luglio 1997.

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comprese nel presente standard non forniscono direttive per la descrizione di materiali speciali come i sigilli, le registrazioni sonore, o le mappe, materiali per i quali già esistono manuali che stabiliscono specifiche regole di descrizione. Questo stan-dard dovrebbe essere utilizzato in unione a tali manuali per con-sentire l’elaborazione di descrizioni appropriate dei materiali speciali» 9.

Più gerarchie descrittive possono convergere su oggetti digitali comuni

9 ISAD-G, Introduzione, 1.4. Per la consultazione della traduzione italiana della seconda versione di ISAD: International Standard for Archival Description; rilasciata nel 1999, si veda http://www.anai.org/attivita/N_isad/Isad%20-%20traduzione%20vitali.pdf. Vedi an-che: International Council on Archives, ISAD (G), Madrid, 2000.

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Possiamo sicuramente assimilare le pergamene al contesto dei «mate-riali speciali» che richiedono come tali una descrizione specifica, e sulla quale torneremo più avanti.

Quello che conta in primo luogo sottolineare è che lo scenario che ci si apre non è tanto quello di trovare un onorevole compromesso tra descri-zione del contesto archivistico e del contenuto diplomatico, e tra gli stan-dard di descrizione di archivi, biblioteche e musei. Tutte queste modalità di descrizione sono tutte a loro modo pienamente legittime, in quanto si riferi-scono a contesti differenti. Quello che ci consente di parlare con lingue di-verse dello stesso oggetto è appunto il fatto che di esso possano essere pre-dicate molte cose: l’archivista ne vedrà la valenza documentale, lo storico dell’arte eventuali contenuti artistici, il bibliotecario il valore letterario.

Negli archivi abbiamo una certa dimestichezza con un tipo di utenza molto varia, che spazia dagli architetti agli studiosi di storia religiosa, dai geometri agli storici economici, dai diplomatisti agli eruditi locali; siamo quindi abituati a fornire una descrizione il più possibile neutrale del docu-mento, ossia inquadrata in un contesto ma limitata negli aspetti contenutisti-ci che possano variare molto tra un utente e l’altro. Tutti devono poter acce-dere - trovare, consultare - il documento, e ciascuno deve poter attribuire al medesimo i significati che crede: in un ambiente digitale, questo vuol dire che il sistema di accesso deve essere indipendente dal sistema di descrizio-ne, e che molti sistemi di descrizione devono poter considerare gli stessi og-getti.

In ambito bibliotecario, proprio per la difficoltà di trovare un comune sistema di metadati descrittivi sull’onda del successo del Dublin Core, han-no avuto una certa fortuna i cosiddetti MAG, metadati amministrativi e ge-stionali 10. Andando oltre il contesto bibliotecario, è stato sviluppato recen-temente un progetto strategico per ridisegnare la stessa architettura di Internet, sulla base del concetto di DOI: Digital Object Identifier system 11. Rendendo gli oggetti digitali «mappabili» nel web li si rende indipendenti dagli specifici sistemi informativi, e si rende possibile una interazione di-namica tra più sistemi descrittivi 12.

Se consideriamo che tutto questo può avvenire nello spazio virtuale il-limitato del web, e non solo in un singolo sistema in sé delimitato, ci si apre lo scenario di un patrimonio informativo tanto in divenire da coincidere con 10 I MAG sono stati curati dal Gruppo di studio sugli standard e le applicazioni di metadati nei beni culturali: http://www.iccu.sbn.it/schemag.htm. 11 R. KAHN, Trusted digital repository: an introduction. Sui DOI si veda anche l’intervento di G. SCIPIONE, Digital voluntary deposit and preservation: the use of DOI technologies, e le note in merito su DigiCULT Info 4: http://www.digicult.info/pages/newsletter.php. 12 Si vedano le mie note: P. BUONORA, 2003: un anno di iniziative sulla conservazione del digitale, «Archivi e Computer», 2005, n. 1 (in corso di stampa).

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i nostri più ambiziosi progetti di ricerca. Chi di noi non sogna la possibilità di cercare on line ogni pergamena, mappa o fotografia che risponda a un de-terminato criterio? Chi non resta inevitabilmente deluso dai caotici e ridon-danti risultati di una ricerca svolta su Google, per quanto raffinate siano le prestazioni di questo noto motore di ricerca?

Tutto questo potrebbe garantire un accesso molto potente basato sul contenuto, ma senza perdere la contestualizzazione garantita dai sistemi in-formativi archivistici dei singoli istituti. Il pubblico di utenti cui sono desti-nate queste risorse digitali è particolarmente vasto. Anzitutto, si tratta di co-loro che conoscono questo tipo di fonti e lavorano abitualmente su di esse: medievisti, diplomatisti, storici del diritto, paleografi. Ma non bisogna di-menticare i conservatori: se l’archivista di un’abbazia tedesca trova on line presso l’Archivio di Stato di Roma la copia della pergamena pontificia che possiede, potrà agevolmente confrontare dati, regesto e testo. Non si dimen-tichi nemmeno che un oggetto digitale è maneggiabile anche il pubblico molto

più vasto che non ha nozioni di paleografia e potrà contentarsi di un facile ac-cesso agli elementi descrittivi e al regesto; si consideri che attualmente i mag-giori frequentatori dei fondi diplomatici sono i diplomatisti medesimi, non gli storici. Cosa fa delle pergamene un insieme?

Non è facile trovare ciò che in teoria unisce tra di loro i documenti membranacei, per quanto consolidata sia la nostra prassi di conservarli e de-scriverli come insiemi documentari a sé stanti. Esaminiamo dunque alcune delle possibili tesi in merito. a) Carattere giuridico dei documenti su pergamena.

Anche se questa è la tesi che troviamo alla base della formazione dei fondi diplomatici conservati in alcuni Archivi di Stato italiani, essa presenta una motivazione apparentemente debole: chiunque abbia un po’ di familiari-tà con i concetti e gli strumenti d’indagine della diplomatica può rendersi conto di come tale carattere (testimonianza scritta di un fatto di natura giuri-dica) non sia esclusivamente legato a un determinato tipo di supporto scrit-torio, nel nostro caso la pergamena. Almeno dal XIV secolo questo aspetto vale anche per documenti su carta; inoltre la stessa diplomatica non accetta più tale carattere come elemento identificativo del suo oggetto di studio, cioè il documento.

Tuttavia, questo potrebbe avere una importanza relativa: se adottiamo il principio del carattere giuridico possiamo allargare il nostro ambito ad al-

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cune tipologie di documenti su carta, e restringerlo viceversa ad altra docu-mentazione su cartapecora che non abbia carattere giuridico. b) Coincidenza dei documenti su pergamena con le fonti medioevali.

Anche questa considerazione ha una validità solo parziale sia per le ragioni già dette (la comparsa di documenti su carta dal XIV secolo) sia per-ché i documenti su pergamena continuano fino al secolo XIX. c) Tradizione archivistica.

La tradizione archivistica rinvia alle peculiarità delle forme di conserva-zione delle pergamene negli archivi italiani, e non solo. Molteplici sono i per-corsi che hanno condotto ad una conservazione distinta della documentazione

membranacea da quella cartacea: dai diplomatici (basati sul carattere giuridico dei documenti) alle collezioni (per garantire una conservazione adeguata).

Tuttavia, le esigenze di conservazione sono solo un aspetto. Come per altri «materiali speciali» conservati in archivio (fotografie, disegni e map-pe), l’identità delle collezioni, ciò che ci consente di descriverle in maniera specifica è invece il fatto che sono frutto di una specifica attività, arte, pro-fessione. Le pergamene sarebbero insomma il frutto delle attività a rilevanza giuridica, siano essi disposizioni emesse da una magistratura pubblica che atti rogati da un notaio.

Peraltro, la motivazione archivistica può consolidare il nostro assunto. Non è detto che il carattere giuridico sia legato più alla produzione che alla conservazione del documento: la creazione dell’Archivio Urbano a Roma, ma anche la stessa creazione dei fondi/serie del diplomatico pare rinviare non solo alla conservazione materiale, ma anche alla tutela della autenticità e quindi del valore giuridico del documento su pergamena.

Si veda la differenza con i bandi, documenti a rilevanza giuridica, stampati in molte copie per essere diffusi pubblicamente, ma non per garan-tire una autenticità e per durare nel tempo. Proponiamo dunque la seguente definizione di pergamena come documento, che sia possibilmente di guida per comprendere anche la natura del suo eventuale alter ego digitale: «un documento giuridico durevole».

Per concludere, come arrivare alla prospettiva sopra accennata e - lo ammettiamo - un po’ utopistica di un «diplomatico virtuale» disseminato sul web e in continuo divenire? Gli approcci possibili sembrano limitarsi ai se-guenti tre:

a) Geografico-istituzionale: procedere per istituti di conservazione, in al-

tre parole l’approccio che costituisce generalmente il punto di partenza attuale.

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b) Cronologico: selezionare solo le fonti medievali, fino al XV secolo compreso (o ai primi anni del XVI).

Questo approccio fa nascere però un problema: viene meno la conti-

nuità delle serie di documenti membranacei, che di solito arrivano fino all’età moderna. Per quanto si debba necessariamente trovare una soluzione di compromesso tra criteri archivistici e criteri storici, il problema è di con-tenuto: possiamo descrivere tutti i documenti pergamenacei della collezione con i criteri, mettiamo, dell’informatica giuridica? Ove non possiamo, do-vremmo lasciarli fuori dal nostro sistema informativo. Ma questo non pre-clude che si possa partire dalla digitalizzazione delle pergamene come og-getti documentari generici e poi valersi di parte di essi per costruire un in-sieme omogeneo 13. c) Tematico: si può tenere conto dei criteri diplomatistici e selezionare

categorie di documenti procedendo per corpi tematici. Ad esempio i Documenti pontifici, una categoria di documenti che interessa un ven-taglio di archivi molto ampio, o i Documenti notarili. Nondimeno, le suddivisioni tematiche sembrano rimanere all’interno di un approccio basato sul carattere giuridico dei documenti pergamenacei.

Come si vede, molte sono le questioni aperte e le scelte possibili. Sarà

necessario procedere per tentativi e puntare su un serio coordinamento dei nostri sforzi, che fortunatamente oggi è reso più facile da Internet: vi è fi-nalmente la possibilità di creare comunità virtuali estese e profondamente integrate con le attività di ricerca quotidiane di ciascuno di noi 14.

13 A ben vedere, i criteri di descrizione sono significativi proprio come cartina di tornasole del nostro assunto: se nel nostro database abbiamo usato gli stessi criteri per ogni oggetto membranaceo, forse dovremo rivedere l’intero lavoro di schedatura. La domanda che dob-biamo porci è la seguente: abbiamo creato una base di dati coerente o abbiamo semplice-mente usato la stessa scheda per immettere nel sistema descrizioni qualitativamente diffe-renti di oggetti eterogenei? Molti dei nostri record non hanno regesto: teniamo presente che ha senso riassumere un fatto di carattere giuridico, mentre non ha senso regestare un libro di mandati ancorché scritto su cartapecora. 14 Sull’argomento delle comunità virtuali, si veda il numero tematico di DigiCULT, Thema-tic Issue 7: Virtual Communities and Collaboration, January 2004, disponibile su: http:// www.digicult.info/pages/themiss.php.

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RAFFAELE SANTORO

I diplomatici delle abbazie «Monumento nazionale»

Il progetto, da me promosso da alcuni anni e fatto proprio dalla Dire-zione generale degli archivi, che si espone in questa sede, concerne la crea-zione di un sistema informativo comprensivo di dati e di immagini dei fondi diplomatici delle abbazie dichiarate «Monumento nazionale».

Appare pertanto necessario delineare brevemente le origini di questi complessi documentari e le vicende della loro conservazione, che hanno vi-sto esiti diversi rispetto ai diplomatici delle abbazie soppresse dopo l’Unità per effetto dell’incameramento dei beni ecclesiastici, confluiti, insieme agli archivi di cui facevano parte, negli Archivi di Stato.

Le soppressioni delle corporazioni religiose dopo l’Unità, che faceva-no del resto seguito a precedenti soppressioni in epoca giuseppina e napole-onica, comportarono l’attribuzione dei beni culturali in esse presenti a musei o a pubbliche biblioteche. Soltanto nel 1873 si aggiunsero gli archivi, con l’oscura dizione di «altri consimili istituti».

Ad ogni modo i fondi diplomatici incamerati presso gli Archivi di Sta-to consentirono il formarsi di complessi documentari molto antichi, attesa la schiacciante egemonia delle istituzioni ecclesiastiche nel settore della con-servazione documentaria per tutto l’alto medioevo ed anche, per certi versi, nei secoli immediatamente successivi.

Sia le leggi di soppressione del 1866-1867, sia quella del 1873 per il Lazio, lasciarono comunque dei varchi per la conservazione presso alcune delle soppresse abbazie del patrimonio storico-artistico, al fine di sfuggire ai concentramenti, ritenuti in molti casi lesivi delle necessità di corretta con-servazione, pur ribadendo la demanialità dei monumenti abbaziali e dei beni culturali ivi detenuti.

Fu così che l’articolo 33 del Regio Decreto n. 3030 del 1866 recitava: «sarà provveduto dal governo alla conservazione delli edifizi colle loro adiacenze, biblioteche, archivi, oggetti d’arte, stru-menti scientifici, e simili nelle badie di Montecassino, Cava dei Tirreni, Monreale, San Martino della Scala, la Certosa di Pavia ed altri simili stabilimenti ecclesiastici distinti per la monumen-tale importanza e pel complesso dei tesori artistici e letterari».

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Si trattava di un elenco dichiaratamente provvisorio, per il cui aggior-namento concorrevano il Ministero di grazia e giustizia ed il Ministero della pubblica istruzione.

Successivi decreti reali aggiornarono e modificarono la mappa dei Monumenti nazionali e soprattutto crearono, a partire dai primi anni del No-vecento, le biblioteche annesse ai Monumenti nazionali, facendo dipendere la biblioteca e l’archivio, considerati come un tutt’uno, dalla Direzione ge-nerale delle biblioteche, cui ancora oggi fanno riferimento.

Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1501 del 5 settembre 1963 codificò in undici le biblioteche annesse ai Monumenti nazionali, con la seguente enumerazione: - nel Veneto, le abbazie di Santa Giustina e Praglia; - nel Lazio, le abbazie di Montecassino, Casamari, Farfa, San Nilo in

Grottaferrata, Santa Scolastica in Subiaco e San Bartolomeo in Trisulti; - in Campania, le abbazie di Cava dei Tirreni e Montevergine e

l’Oratorio dei Gerolimini di Napoli. Occorre anche rilevare che un particolare status archivistico è connes-

so agli archivi delle abbazie di Montecassino, Cava dei Tirreni e Montever-gine, che nel 1818 erano state dichiarate dal governo borbonico sezioni dell’Archivio di Stato di Napoli, riconoscendone la natura demaniale e la funzione preminentemente culturale.

La sottrazione di archivi così preziosi al coordinamento dell’Ammini-strazione archivistica ha creato non pochi problemi alla loro adeguata con-servazione, soprattutto per quel che riguarda le serie cartacee, meno illumi-nate rispetto alle pergamene dai riflettori della ricerca storica, ma non certo inferiori per ricchezza di spunti di ricerca.

Anche le stesse pergamene, però, non hanno mancato di soffrire della mancanza di metodologie corrette, o correttamente applicate, relativamente ad esempio ad una loro conoscenza archivistica, ossia contestualizzata, a vantaggio di un loro essere raccolta che in realtà si afferma come tale solo a partire dal tardo Settecento.

È stato così che alla fine degli anni Novanta, grazie soprattutto agli ot-timi rapporti che avevo potuto instaurare con gli abati conservatori, ho potu-to sensibilizzare l’Amministrazione archivistica ai fini di un intervento, concordato con la Direzione generale delle biblioteche, per promuovere un progetto di conservazione e valorizzazione dell’intero complesso archivisti-co afferente ai Monumenti nazionali, con lo scopo di mettere a disposizione della comunità scientifica i tesori posseduti, salvaguardando al tempo stesso la riservatezza monastica e lo svolgersi della vita religiosa.

Appariva evidente quindi che la riproduzione del materiale documen-tario, a partire dalle pergamene, ma anche coinvolgendo il materiale carta-

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ceo, si poneva come la via maestra per una consultazione non invasiva, permettendo nel contempo la conservazione degli originali in ambienti cui si erano assuefatti da secoli.

Tale intervento di ordinamento e di riproduzione avrebbe però per lar-ga parte fallito i suoi scopi se fosse rimasto patrimonio singolo di ogni ab-bazia, non consultabile da remoto, ma solo nelle sedi di conservazione, talo-ra poste in località di montagna dall’accesso disagiato.

La prima sede abbaziale oggetto di intervento è stata la Certosa di Tri-sulti, imponente centro monastico posto sulle pendici dei monti Ernici, il cui archivio era rimasto per secoli inaccessibile alla ricerca malgrado richieste autorevoli e ripetute. La benevolenza dei monaci, dal 1944 di obbedienza cistercense, ha permesso al sottoscritto di accedere all’archivio, trovandolo in condizioni di conservazione davvero deplorevoli, con le pergamene e le carte ammonticchiate alla rinfusa all’interno di armadi, o sparse su tavoli al centro della stanza.

Un duro e davvero ammirevole lavoro di ordinamento è stato compiu-to, valendosi degli strumenti nei secoli approntati dai monaci certosini, ed inventariando una per una ogni pergamena del ricco diplomatico.

In effetti non esisteva, e non esiste di conseguenza, nell’archivio di Trisulti il classico diplomatico separato dalla documentazione cartacea, per-ché il monaco che nel 1660 ci ha lasciato la più completa inventariazione fino ad oggi non aveva affatto distinto i due supporti, ma aggregato la do-cumentazione secondo criteri geografici o formali (ad esempio: le bolle). Le principali serie facevano riferimento infatti a località presso le quali l’abbazia conservava dipendenze o interessi di natura terriera. Non va di-menticato che anche gli archivi monastici vedono molto rappresentata al lo-ro interno la documentazione di natura patrimoniale.

In questo ambito appariva del tutto ininfluente distinguere carte e per-gamene, ma faceva premio, ai fini della conservazione archivistica, il conte-nuto dei documenti; né la cosa deve meravigliare, se si pensa che l’archivio dell’abbazia di Cava dei Tirreni era ugualmente organizzato, prima dell’ese-cuzione di un contestato ordine giunto nell’Ottocento dall’amministrazione borbonica, che ingiungeva il criterio strettamente ed aridamente cronologi-co, almeno per le pergamene.

L’ordinamento portato a termine oggi non ha minimamente inteso sconvolgere tale pregressa situazione, oltremodo significativa di modalità conservative ed amministrative secolari, ma ha semplicemente descritto ma-terialmente in luoghi diversi dell’inventario carte e pergamene, lasciando sussistere il vincolo originario. È nato in questo modo un diplomatico virtu-ale, lasciando del resto nei fascicoli cartacei pergamene che per tradizione archivistica vi erano conservate.

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Le operazioni di digitalizzazione si sono avvalse del repertorio seicen-tesco citato e hanno richiesto la costituzione di un gruppo di archivisti, co-ordinati dal sottoscritto, e la collaborazione del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze, nella persona del Professor Franco Lotti e del Signor Lorenzo Stefani. Al riguardo si allega qui l’intero «Capitolato tecnico», per-ché si ritiene possa essere utile una sua pubblicazione quale modello per al-tre iniziative consimili.

Si possono infine accennare semplicemente, in sede di presentazione, quelli che riteniamo essere i punti più innovativi del progetto.

In primo luogo si è voluta cercare una soluzione al problema sempre risorgente dell’obsolescenza tecnologica, limite caratteristico dei programmi informatici che emerge spesso dopo pochi mesi dalla conclusione dei lavori. Si è pertanto individuato un programma di tipo parametrico, dotato di una struttura flessibile ed aperta, tale da poter essere modificato dall’utente fina-le, senza passare per la ditta creatrice del programma stesso. Noi sappiamo per consolidata esperienza che spesso le ditte tengono bassi i prezzi del pro-dotto finale perché sicure di guadagnare sulla manutenzione, dal momento che solo esse detengono i codici sorgenti. D’altro canto l’acquisizione dei codici sorgenti da parte dell’amministrazione, oltre che molto costosa, non è affatto risolutiva, perché tali codici si presentano di così complessa interpre-tazione, e spesso incompleti, al punto da essere inutilizzabili. Il programma parametrico può essere invece modificato dalle stesso archivista, ed adattato a situazioni anche lontane fra di loro, senza spese ulteriori.

In secondo luogo il programma è stato pensato per «girare» diretta-mente in Web, ed è stato fornito di programmi piramidalizzati, per permette-re la visione delle pergamene, o meglio di parti di esse, in alta definizione. Il programma si presenta con una specificità legata alla gestione delle imma-gini che riteniamo essere il valore aggiunto della consultazione via Web, laddove appare finalmente possibile rompere le lentezze di una consultazio-ne presso gli archivi, con costi di trasporti ed amministrativi assolutamente non comparabili.

Il data base dati-immagini riguarda tutti i nove Monumenti nazionali, su undici, che hanno ad oggi aderito al progetto, e si pone come prodromico rispetto alla creazione di un ampio e flessibile contenitore di livello naziona-le relativamente alle pergamene.

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ISTITUTO DI FISICA APPLICATA «NELLO CARRARA»

Firenze

PROGETTO Monumenti Nazionali

Consultazione in rete dei fondi diplomatici conservati

presso le abbazie Monumento Nazionale

CAPITOLATO TECNICO

Dr. Raffaele Santoro Dr. Franco Lotti

P. I. Lorenzo Stefani

15 Dicembre 2004

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INDICE 1 - Introduzione; 1.1 - Consistenza dei fondi; 2 - Sintesi del progetto; 2.1 - Architettura hardware; 2.2 - Funzionalità; 2.3 - Caratteristiche hardware mi-nimali; 3 - Il sistema software; 3.1 Premessa e linee guida; 3.2 - Caratteri-stiche generali; 3.3 - Architettura Software; 3.4 - La base di dati; 3.5 - Tipo-logie di utenti; 3.5.1 - Supervisore archivio; 3.5.2 - Manutentore archivio; 3.5.3 - Schedatore; 3.5.4 - Operatore restituzione; 3.5.5 - Utente consulta-zione locale; 3.5.6 - Utente consultazione web; 3.6 - Restituzione e contabi-lizzazione; 3.7 - Software di schedatura; 3.8 - Software di salvataggio; 3.9 - Software di esportazione e importazione; 3.10 - Lingua e Aiuto in linea; 3.11 - Datazione dei documenti; 3.12 - Gestione degli alias nelle tabelle; 3.13 - Elenco livelli e schede associate per il fondo di Trisulti; 3.14 - Licen-ze; 4. - Consultazione; 4.1 - Funzionalità; 4.1.1 - Visualizzazione di schede archivistiche; 4.1.2 - Visualizzazione immagini; 4.2 - Consultazione tramite navigazione all’interno del complesso archivistico; 4.2.1 - Esempio di con-sultazione per navigazione fondi; 4.3 - Consultazione tramite navigazione all’interno del Diplomatico; 4.4 - Consultazione tramite ricerca; 4.4.1 - Ri-cerca sulle schede archivistiche; 4.4.2 - Ricerca full-text; 4.5 - Interrogazio-ne tramite Internet; 5 - Servizio di digitalizzazione; 5.1 - Generalità; 5.2 - Personale; 5.3 - Luogo di esecuzione dei lavori; 5.4 - Modalità di acquisi-zione; 5.5 - Caratteristiche della strumentazione; 5.6 - Descrizione e test del-le apparecchiature; 5.7 - Formato dei file; 5.7.1 - Salvataggio dei file master; 5.7.2 - Salvataggio dei file compressi per consultazione locale; 5.7.3 - Sal-vataggio dei file compressi per consultazione via Web; 5.7.4 - Metadati; 5.8 - Masterizzazione dei supporti ottici; 6 - Servizio di schedatura; 6.1 - Per-sonale; 6.2 - Organizzazione della schedatura; 6.3 - Modalità; 6.4 - Salva-taggio dati di schedatura; 6.5 - Inserimento dei metadati sui supporti digitali; 7 - Fasi di realizzazione del sistema; 7.1 - Specifiche di Dettaglio; 7.2 - Sviluppo del sistema; 7.3 - Installazione; 7.4 - Collaudi e verifiche; 7.5 - Addestramento; 7.6 - Esercizio Provvisorio e supervisione tecnica; 7.7 - Verbale di collaudo finale; 8 - Documentazione da allegare all’offerta tecnica; 9 - Cronogramma dei lavori 1 - Introduzione

Questo documento costituisce l’Annesso Tecnico al progetto «Consul-tazione in rete dei fondi diplomatici conservati presso le abbazie Monumen-to Nazionale» e formalizza le specifiche tecniche ed i requisiti funzionali per la costituzione di un archivio numerico di manoscritti pergamenacei

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conservati presso le abbazie di Trisulti (FR), Casamari (FR), Subiaco (RM), Grottaferrata (RM), Cava dei Tirreni (SA), Farfa (RI), Santa Giustina (PD), Praglia (PD) e Montevergine (AV), che sia fruibile sia localmente che in re-te, tramite interrogazione via Internet.

Le specifiche qui riportate intendono garantire una qualità di accesso e di restituzione (visualizzazione su monitor o riproduzione su carta dei do-cumenti, fatte salve le norme che disciplinano la tutela dei diritti di proprie-tà), tali da consentire un’agevole lettura dei testi manoscritti e l’apprez-zamento dei dettagli delle immagini qualora queste vengano consultate su una stazione locale. Vengono inoltre definiti gli apparati ed i parametri fun-zionali necessari per un’amichevole interrogazione tramite Internet, che preveda una flessibile e differenziata matrice di «tipologie di utenza» / privi-legi.

Sono inoltre definite le caratteristiche dei programmi, così da fornire la massima efficienza di ricerca e consultazione dell’archivio e la flessibilità necessaria alla successiva espansione e all’aggiornamento delle basi di dati.

Caratteristica peculiare del progetto software è la richiesta di specifici attributi di flessibilità e di riconfigurabilità del software (Cap. 3.1), tesi a ga-rantire la possibilità di adattamento ad ulteriori sviluppi e modifiche delle sedi di conservazione (nuovi progetti di digitalizzazione, espansione dei fondi, etc.), senza ricorrere alla scrittura e/o modifica dei codici sorgente, svincolando il Committente dalla necessità di ricorrere alla stessa azienda fornitrice per gli ulteriori sviluppi dell’Archivio. 1.1 - Consistenza dei fondi

Oggetto del progetto sono i documenti del fondo diplomatico delle abbazie indicate al punto precedente, per un totale di circa 36.000 documen-ti, per una parte dei quali esistono già su supporti ottici (DVD e CD-ROM) i file contenenti le immagini delle due facciate, recto e verso, sia in formato Tiff non compresso, sia in formato JPEG-JFIF con compressione media di circa 1:10.

La Tavola I riporta, per ciascuna delle 9 sedi, una stima della consi-stenza espressa in numero di immagini.

Per quanto riguarda le dimensioni dei documenti, una ripartizione ap-prossimata è data dalla Tavola II. Sede N. immagini 1 Trisulti 10.000 2 Casamari 600

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3 Cava dei Tirreni 30.000 4 Subiaco 10.000 5 Farfa 700 6 Santa Giustina 2.000 7 Praglia 2.000 8 Montevergine 12.000 9 Grottaferrata 300 Totale 67.600

Tavola I - Consistenza stimata per le varie sedi

Formato Percentuale

A4 25

A3 35

A2 35

> A2 5

Tavola II - Stima dei formati delle immagini

2 - Sintesi del progetto

L’architettura hardware descritta nel presente capitolo è inserita a puro titolo descrittivo per la comprensione del funzionamento a regime dell’intero sistema. L’Appaltatore non dovrà fornire alcun apparato hardware inserito nel presente capitolo, salvo ove espressamente indicato. 2.1 - Architettura hardware

Il sistema informativo è basato su personal computer con una architet-tura di tipo client/server.

Il progetto prevede la seguente architettura hardware:

Stazioni server: 1 per ciascuna sede; Stazioni client: 1 per ciascuna sede; Stazione web server: 1 presso la sede di una abbazia da definire; Stazione restituzione interna: 1 per ciascuna sede; Stazione restituzione esterna: 1 presso la sede da definire; Archivio digitale: 1 presso la sede da definire.

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Le stazioni server sono dotate di un masterizzatore di CD e DVD. Presso le sedi minori la funzionalità di restituzione interna può essere

svolta dalla stazione server. L’archivio digitale è costituito da un disk-array (tipo NAS o similari),

ed è utilizzato per l’immagazzinamento delle immagini digitalizzate per la consultazione.

Le singole sedi sono fornite di una rete telematica per le connessioni interne.

Sarà cura e carico dell’Appaltatore la realizzazione della rete telemati-ca fra le stazioni di acquisizione e schedatura ed ogni altro collegamento ed installazione, anche temporaneo, per lo svolgimento delle operazioni di ac-quisizione e schedatura. In ogni caso i collegamenti effettuati non dovranno interferire con la rete presente nelle varie sedi.

La stazione di restituzione presso la sede da definire dovrà fare fronte alle richieste di restituzione pervenute via web. L’Appaltatore dovrà pertan-to attrezzare tale stazione per le necessarie operazioni di contabilizzazione telematica (e-commerce).

La stazione web server completa nelle sue funzionalità potrà essere replicata presso alcune delle altre sedi coinvolte nel progetto. 2.2 Funzionalità

Presso ogni sede devono risiedere: • archivio originale della sede con schede archivistiche e immagini ad

alta risoluzione (JPEG 1:10) di ogni fondo della sede (su supporti di-gitali e sull’hard disk del server per la consultazione);

• archivio copia di schede archivistiche e immagini (a bassa risoluzione) delle altre sedi (archivi «figli» delle altre sedi) (su supporti digitali e sull’hard disk del server per la consultazione). Presso ogni sede deve essere prevista la possibilità di aggiornare e

modificare solo i fondi di propria competenza. Presso ogni sede deve inoltre risiedere:

• Archivio «Master» di conservazione dei file dell’intera base dati (su supporti digitali e sull’hard disk del server) e delle immagini originali non compresse (solo su supporti digitali).

Presso la sede da definire, per la sola funzione di restituzione esterna

(e-commerce) dovranno essere installati tutti i files ad alta risoluzione (JPEG 1:10) di tutte le sedi.

Sempre per la sede da definire, per la funzione di Web Server, do-vranno essere installati tutti i files a bassa risoluzione di tutte le sedi.

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Per i dettagli sulla compressione si veda il Cap. 5.7.

Ciascuna stazione server dovrà svolgere almeno le seguenti funzioni: • gestione dell’archivio numerico (schede ed immagini) • gestione della base dei dati (costituzione, interrogazione, aggiorna-

mento) • gestione delle richieste delle stazioni client • mantenimento di statistiche sull’uso e il funzionamento del sistema. • Le stazioni client dovranno assolvere alle seguenti funzioni: • interrogazione della base di dati • visualizzazione delle schede archivistiche • visualizzazione e post-elaborazione delle immagini • invio alla stazione di restituzione delle richieste di stampa e di produ-

zione di supporti ottici o magnetici.

La stazione di restituzione dovrà svolgere le seguenti funzioni: • gestire la coda di stampa • memorizzare i dati selezionati dall’utente su floppy disk, CD-ROM o

DVD • gestire la contabilità del servizio di consultazione dell’archivio; (ac-

counting, log di: accessi, documenti, stampe e CD richiesti).

La Figura 1 illustra schematicamente la distribuzione delle risorse e delle funzionalità nelle varie sedi. 2.3 - Caratteristiche hardware minimali

Le caratteristiche minimali delle stazioni server e client sono qui sotto indicate. Stazione client Processore IBM Pentium 4 o AMD Athlon 1.8 GHz; RAM 512 MegaByte; HDD 80 GigaByte EIDE; Lettore CD/DVD; Monitor 19 pollici; Sistema operativo Microsoft Windows 2000 oppure Microsoft Windows XP.

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Stazione server Processore IBM Pentium 4 o XEON o AMD Athlon 2.0 GHz; RAM 512 MegaByte; doppio HDD 80 GigaByte EIDE in configurazione RAID1 (mirror) per sof-tware di sistema e base di dati; doppio HDD 300 GigaByte EIDE in configurazione RAID1 (mirror) per le immagini; Lettore CD/DVD; Monitor 19 pollici; Sistema operativo Microsoft Windows 2000 oppure Microsoft Windows XP. Stazione Web-server

La configurazione della stazione Web Server dovrà essere concordata con l’Appaltatore. Archivio digitale

L’archivio digitale è preposto alla memorizzazione di tutti i files ad al-ta risoluzione presso la sede da definire. Deve essere interrogabile dalle sta-zioni client e dalla stazione di restituzione per le funzionalità di e-commerce.

La configurazione dell’archivio digitale dovrà essere concordata con l’Appaltatore, ma le caratteristiche minime sono: • Sistema NAS (Network Attach Storage) o tecnologie similari • Porta Ethernet 10/100/1000 Mbit/sec • Configurazione in RAID5 • Capacità totale disponibile non inferiore a 1000 Gbytes • Almeno n. 2 hard disk di riserva

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Figura 1 - Schema della distribuzione delle risorse e delle funzionalità di accesso. Presso la Sede Centrale sono disponibili le immagini ad alta risolu-zione delle altre sedi, per consentirne la restituzione su richiesta. 3 - Il sistema software

L’Appaltatore dovrà fornire tutto il software di base e applicativo ne-cessario alla gestione del sistema in tutte le sue funzionalità, comprendenti la creazione, il riempimento e l’aggiornamento delle schede descrittive, la gestione della base dati, la consultazione remota via Internet delle schede e

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delle immagini associate ai documenti, nonché la gestione delle richieste di riproduzione del materiale consultato (su vari supporti: carta, CD-ROM, DVD). 3.1 - Premessa e linee guida

Un’esigenza manifestata da parte di archivi e biblioteche che hanno già portato a termine progetti di digitalizzazione di documenti riguarda il superamento di alcune limitazioni del software di interrogazione, verificate-si al momento di inserire nuovi fondi digitalizzati nella procedura di consul-tazione.

Infatti, anche a causa delle specificità di ogni singolo fondo digitaliz-zato, non esistono, di fatto, modalità di schedatura e di interrogazione della base di dati che rispondano a modelli standard. Pertanto le diverse realizza-zioni software, se pur singolarmente valide, spesso costringono chi ha già completato più progetti di digitalizzazione ad usare software di interroga-zione differenti da fondo a fondo, secondo le varie aziende fornitrici del sof-tware, oppure a rimanere vincolati ad un unico fornitore per le successive espansioni.

Nella presente gara viene richiesto un software che sia realmente aper-to, flessibile e versatile, tale da consentire l’inserimento successivo di altri fondi, anche di diversa tipologia e con maschere di interrogazione diverse, senza dover necessariamente ricorrere all’Azienda fornitrice.

Un tale approccio dovrà consentire al Committente di configurare ed espandere la base dati in modo che l’utente consultatore possa accedere in-differentemente ai vari fondi via via aggiunti (Fig. 2).

Le funzionalità di consultazione e interrogazione della base di dati, compreso l’accesso alle immagini, dovrà essere reso disponibile a tipologie di utenti locali e utenti remoti (utenti web).

Il software di consultazione e interrogazione potrà essere realizzato tramite interfaccia web, anche per quanto riguarda la consultazione locale; in tal modo l’interfaccia utente potrebbe essere la stessa per utenti su Intra-net e Internet, regolamentando le limitazioni di accesso tramite il profilo as-sociato all’utente.

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3.2 - Caratteristiche generali

Il sistema software richiesto dovrà permettere la gestione e la consul-tazione di un archivio digitale di documenti.

Il software di gestione della base dati dovrà trattare le seguenti entità informative: • le schede archivistiche della struttura dei fondi; • le schede archivistiche dei documenti; • i files delle immagini di tutti i documenti.

A ciascun documento dovranno essere associate: • una scheda archivistica (metadati descrittivi); • la serie delle immagini del documento; • i metadati amministrativi e gestionali (MAG).

Le schede archivistiche conterranno campi di natura numerica (per ri-

cerche di tipo logico ed aritmetico, come ad es. il numero di catalogazione), campi data e campi testuali.

Il sistema di schede archivistiche dovrà rappresentare la struttura logi-ca dei fondi, tenendo presente che ad ogni livello della struttura potrà essere fissato un criterio di ordinamento diverso.

Il sistema software dovrà interfacciarsi con una base di dati per l’immagazzinamento di tutte le informazioni (vedi Cap. 3.4) e dovrà consen-tire almeno le seguenti operazioni:

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1) Gestione Fondi (inserimento di nuovi fondi, modifica, cancellazione); 2) Progettazione della struttura del fondo (fino ad un max di 10 livelli,

ognuno con propria scheda archivistica, con possibilità di gestire schede diverse per il medesimo livello del fondo, corrispondentemente a diversi rami del fondo);

3) Creazione delle schede archivistiche per i vari livelli del fondo e delle conseguenti tabelle nella base di dati;

4) Creazione delle maschere di immissione dati per le varie schede ar-chivistiche (diverse per ogni fondo e per ogni livello del fondo), com-presi i link alle immagini da associare alle singole schede archivisti-che;

5) Creazione delle maschere di navigazione (per ogni fondo); 6) Creazione delle maschere di interrogazione (per ogni tipologia di

scheda archivistica presente in ogni fondo); 7) Gestione dati inseriti in fase di schedatura; 8) Gestione delle date incomplete, come specificato nel Cap. 3.11; 9) Possibilità di consultare le tabelle associate ad alcuni campi scheda

(es. tabelle Autori, Notai, merci, ecc.); 10) Navigazione nella struttura ad albero di ogni fondo digitalizzato, con pos-

sibilità di aprire la scheda associata al livello, per ogni fondo inserito nel sistema, dal livello di fondo fino ad ogni singolo documento archivistico;

11) Ricerca all’interno delle schede archivistiche, con presentazione dei risultati delle ricerche, possibilità di salvataggio delle ricerche e della lista dei risultati, possibilità di ordinamento crescente/decrescente dei risultati della ricerca secondo criteri selezionabili dall’utente;

12) Presentazione della scheda archivistica selezionata dalla lista dei risul-tati o dall’albero di navigazione, con visualizzazione e gestione delle immagini i cui link sono presenti nella scheda;

13) Visualizzazione immagini con tools appropriati (rotazione, zoom, pan e scroll, luminosità e contrasto, gamma, preview di stampa, semplici filtri per esaltazione contorni, riduzione rumore e altro);

14) Possibilità di visualizzazione contemporanea di più di una immagine (relative a documenti differenti), per poter effettuare confronti visivi fra le stesse, con possibilità di scelta degli allineamenti (orizzontale, verticale, libero);

15) Possibilità di inserire tools per inibire agli utenti non abilitati la stam-pa, la cattura (tramite Print-Screen) e il download delle immagini;

16) Esportazione di un sottoinsieme di dati e immagini definibile per la costituzione di uno o più supporti digitali autoconsistenti per la crea-zione di materiale dimostrativo (convegni, didattica, conferenze o ri-cerche particolari);

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17) Esportazione dei dati delle schede in formato XML; 18) Esportazione del contenuto dell’intera base di dati o di una porzione di

essa in formato XML; 19) Importazione di file XML prodotti come dal punto precedente con ini-

bizione della modifica e della cancellazione dei dati; 20) Importazione nel sistema dei file delle immagini da supporti digitali

esterni (CD-ROM, DVD), con abbinamento alle schede dei documen-ti;

21) Salvataggio e ripristino dell’intera base di dati, compresa procedura per il ripristino delle immagini come da punto precedente;

22) Procedura guidata per la replica e l’allineamento di archivi «figli» (con attributo di sola lettura impostabile) presso le altre sedi del pro-getto;

23) Gestione utenti interni e utenti Internet tramite una matrice profilo u-tente/privilegi;

24) Gestione e relativa contabilizzazione della restituzione (su floppy, CD, DVD, stampe a varie risoluzioni);

25) Gestione di statistiche e rapporti sulla consultazione (numero di do-cumenti consultati con date e nomi utenti, statistiche sui documenti maggiormente consultati, ecc.);

26) Gestione statistiche e rapporti relativa alla restituzione e contabilizza-zione;

27) Interrogazione tramite Internet; 28) Procedure per accedere da web alle schede dei singoli documenti,

nonché alle schede di gerarchia superiore, tramite url contenente il co-dice identificativo del documento o del fondo/livello. Esempi:

http://www.archivioxxx.it/nomeprogetto/showdoc?codice_documento

http://www. archivioxxx. it/nomeprogetto/showlevel?fondo =zzz, livello =yyy

Poiché non è pensabile di poter stabilire a priori tutta la casistica pos-sibile delle tipologie di fondi per cui tale software potrà essere impiegato, è necessario che esso sia progettato in modo da essere completamente para-metrico.

Nel Cap. 3.13 vengono specificate le tipologie di campi e oggetti che dovranno essere presenti nelle schede archivistiche.

Durante la fase di analisi per la definizione delle Specifiche di Detta-glio, l’Appaltatore dovrà concordare col Committente la stesura dettagliata di tutte le funzionalità richieste per il sistema software.

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3.3 - Architettura Software

Il software richiesto dovrà costituire un sistema completo per l’archiviazione, la gestione, la consultazione e la restituzione di documenti archivistici, intesi come l’unione di immagini e schede archivistiche, orga-nizzati in fondi o raccolte.

Il sistema software dovrà essere aperto all’introduzione di documenti archivistici organizzati in fondi anche strutturalmente differenti da quelli oggetto del presente progetto.

La base di dati di ogni fondo dovrà essere costituita dalle informazioni vere e proprie del fondo (immagini e schede archivistiche, organizzate in al-beri), insieme ad un sistema configurabile che descriva il tipo e il contenuto dei campi.

Il sistema software di consultazione dovrà essere il più possibile gene-rale, cioè non dovrà necessitare di alcuna informazione a priori sul fondo da visualizzare, ma dovrà essere capace di leggere ed interpretare i parametri a corredo di ogni fondo per poter funzionare completamente.

Il sistema software di consultazione dovrà adattarsi alla struttura del fondo, effettuare la presentazione delle maschere, abilitare i vari campi per le ricerche nella base di dati, visualizzare le immagini, ecc., secondo la con-figurazione stabilita per quel fondo.

I fondi da inserire in tale sistema software devono poter essere rappre-sentati con una struttura ad albero, con un massimo di 10 (dieci) livelli di specializzazione, con la possibilità che rami diversi di detto albero (e cioè sottoinsiemi omogenei del fondo in questione) usino una scheda o sotto-scheda diversa per la schedatura. I principali tipi di ordinamento che ci po-tranno essere all’interno del medesimo livello sono: alfabetico, data, fisso.

Il sistema software dovrà essere in grado di estendere la base di dati per ogni fondo o raccolta che il Committente intenda inserire nel sistema di consultazione.

Il software di visualizzazione delle schede archivistiche dovrà presen-tare i dati delle schede del fondo selezionato. Poiché anche tale software de-ve essere indipendente dalla tipologia di fondo, dovrà essere studiato un ap-posito sistema che permetta la «costruzione» dell’interfaccia utente in tutti i suoi dettagli, a partire dal nome dei campi e dal posizionamento degli stessi e delle relative etichette di identificazione nella finestra di presentazione a schermo.

Particolare cura dovrà essere usata nella stesura di appropriata docu-mentazione atta a descrivere le modalità necessarie per l’inserimento di un nuovo fondo nel sistema di consultazione.

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Il software e la documentazione fornita, insieme al corso di addestra-mento previsto, dovranno mettere in grado il personale appositamente desi-gnato dal Committente di poter inserire nuovi fondi in consultazione. 3.4 - La base di dati

La base di dati dovrà essere concepita in modo tale da permettere sia la ricerca full text, sia la ricerca basata sui campi delle schede archivistiche, ai vari livelli di descrizione della struttura dei fondi.

Il software sviluppato dovrà prevedere la possibilità di utilizzare al-meno i due seguenti tipi di basi di dati, i cui oneri di licenze sono a carico del Committente:

- MySQL - Oracle L’apertura del software sviluppato all’impiego di basi di dati diverse

da quelle indicate costituirà fattore di merito in fase di valutazione tecnica delle offerte. 3.5 - Tipologie di utenti

L’accesso al sistema software di ogni utente dovrà essere controllato tramite «identificativo utente» e «password».

Per quanto riguarda gli utenti che dovranno usare il sistema software di consultazione e gestione dei fondi oggetto dell’appalto, si prevedono i se-guenti profili utente: 1. supervisore archivio; 2. manutentore archivio; 3. schedatore; 4. operatore restituzione; 5. utente consultazione locale; 6. utente consultazione web.

Tale schema è da ritenersi indicativo e sarà precisato nella fase di ste-sura delle Specifiche di Dettaglio. In tale occasione dovrà essere concordata con il Committente la matrice profili-utente/privilegi da adottare. Di seguito si fornisce una traccia per la regolamentazione dei privilegi in funzione dei profili.

L’Appaltatore dovrà fornire gli appositi programmi e procedure per lo svolgimento delle funzioni previste per ogni profilo utente.

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3.5.1 - Supervisore archivio

Il supervisore archivio è abilitato alla gestione dei fondi (creazione, modifica, cancellazione), all’effettuazione di modifiche o integrazioni alla base di dati e alla sua struttura (correzioni dei dati esistenti, inserimento di nuovi documenti).

Il supervisore archivio può importare dati relativi a fondi esterni. Il sistema software visto dal lato dell’utente con profilo supervisore

archivio dovrà consentire le seguenti funzioni: a) accesso alle funzionalità «manutenzione sistema» con controllo pass-

word; b) gestione fondi: creazione nuovi fondi, cancellazione di quelli vuoti,

importazione, esportazione, ecc.; c) definizione dei campi scheda per il nuovo fondo, con i relativi para-

metri (campo testo, data, numerico, ecc.); d) definizione dell’interfaccia utente mediante un tool che permetta

l’inserimento assistito dei vari campi della scheda con semplici opera-zioni di posizionamento tramite mouse, con modalità operative simili alla creazione di una interfaccia utente con Microsoft Visual Basic;

e) possibilità di inserire cornici, riquadri e segni grafici che facilitino il raggruppamento logico di alcuni elementi della scheda;

f) possibilità di uso di diversi colori e diversi font (in tipo e dimensione) per gli elementi della scheda;

g) possibilità di uso di controlli a lista tipo combo-box; h) possibilità di implementazione di controlli condizionati (cioè la scelta

di un valore in un campo determina quali possibilità di scelta sono di-sponibili per un altro campo);

i) implementazione di un controllo speciale per l’attribuzione della data, che accetti anche una data incompleta (vedi Cap. 3.11);

j) possibilità di assegnazione o meno di un valore di default ai campi; k) possibilità di inserimento dell’attributo «campo obbligatorio» per in-

dicare che quel campo deve essere obbligatoriamente riempito; l) implementazione di un controllo di completezza che non accetti, in fa-

se di schedatura, la scheda incompleta nei dati fondamentali (obbliga-tori);

m) possibilità di configurazione di report stampabili anche differenti per ogni livello di scheda;

n) creazione automatica del sistema descrittivo della maschera di immis-sione dati;

o) creazione automatica del sistema descrittivo della maschera di interro-gazione;

p) inserimento dati e link alle immagini nella base di dati del nuovo fon-do;

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q) abilitazione del nuovo fondo alla consultazione; r) creazione automatica e successiva esecuzione della procedura di ba-

ckup per il nuovo fondo introdotto; s) ogni altra funzione che si renda necessaria per il raggiungimento della

completa flessibilità di configurazione del sistema. 3.5.2 - Manutentore archivio

È abilitato alla definizione e modifica dei profili utenti, al ripristino delle funzionalità in caso di guasti, alla effettuazione dei backup e dei resto-re dei dati presenti in archivio, alla configurazione dei parametri per la rego-lamentazione degli accessi e delle funzionalità concesse agli utenti web. 3.5.3 - Schedatore

Questo profilo abilita alla schedatura di nuovo materiale da inserire nell’archivio. Se per tale materiale è prevista la digitalizzazione dell’ori-ginale, con conseguente inserimento dell’immagine digitale, lo schedatore dovrà effettuare tutte le operazioni di schedatura visualizzando a monitor le immagini, senza la necessità di consultare il documento originale. Il profilo non abilita all’inserimento in consultazione del materiale schedato (modifica della base dati), che dovrà invece essere effettuato con il profilo supervisore archivio.

Inoltre abilita all’invio al supervisore archivio di proposte di correzio-ne dei dati presenti in archivio, con modalità da definire in fase di Specifi-che di Dettaglio. 3.5.4 - Operatore restituzione

Questo profilo abilita alla gestione della stazione di restituzione e all’uso del software per la concessione di stampe e copie su CD agli utenti. È l’unica figura abilitata all’uso del software per la contabilizzazione delle copie richieste.

Inoltre abilita alla creazione di utenti con profili utente consultazione locale e utente consultazione web.

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3.5.5 - Utente consultazione locale

Utente abilitato alla consultazione dell’intero archivio digitale. L’utente può inviare richieste di stampa e/o supporti digitali alla sta-

zione di restituzione. 3.5.6 - Utente consultazione web

Utente abilitato alla consultazione dell’intero archivio digitale. Deve poter essere abilitato alla visualizzazione delle immagini a bassa ed alta ri-soluzione, tramite la matrice profilo-utente/privilegi. L’utente web si dovrà connettere al server web e non al server principale dell’archivio.

L’utente può inviare richieste di stampa e/o supporti digitali al servi-zio di e-commerce. Per i dettagli si veda Cap. 3.6. 3.6 - Restituzione e contabilizzazione

Per la riproduzione delle immagini di documenti o di parti limitate di esse (pagine o selezioni di esse), delle schede archivistiche scelte dall’utente o del risultato delle ricerche effettuate, il sistema dovrà consentire alle sta-zioni di consultazione di svolgere le seguenti funzioni: 1. possibilità da parte dell’utente di selezionare immagini o schede dei

documenti di interesse o di parte di esse, e di creare un archivio tem-poraneo, destinato alla restituzione con scelta della relativa modalità (stampa b/n a media od alta qualità, stampa colore, floppy disk, CD-ROM);

2. invio delle richieste di riproduzione e dei dati relativi alla Stazione di Restituzione per l’autorizzazione e la contabilizzazione;

3. possibilità di salvare i risultati delle ricerche effettuate sulla base di dati, su supporto digitale o mediante stampa su carta. In ogni caso le richieste dovranno essere inviate alla stazione di restituzione secondo il precedente punto 2;

4. possibilità di inviare alla restituzione le immagini modificate con i to-ols descritti nel Cap. 4.1.2;

5. generazione ad uso dell’Archivio di Stato di un elenco delle immagini e dei documenti inviati alla restituzione e consegnati a ciascun utente, con indicazione del relativo importo. Per la contabilizzazione locale (tramite LAN), le modalità richieste

sono le seguenti:

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a) l’utente invia il materiale richiesto alla restituzione; b) l’utente paga quanto dovuto ed ottiene la ricevuta del pagamento. Do-

vrà essere prevista la possibilità per l’operatore della stazione di resti-tuzione di cancellare la richiesta effettuata dall’utente, in maniera tota-le o parziale. Qualora il file richiesto in copia o in stampa sia protetto e non divulgabile, l’operatore di restituzione dovrà poter impedire la riproduzione su qualsiasi supporto.

c) Viene avviata la produzione di quanto richiesto dall’utente (stampe, CD) per la consegna all’utente stesso. Qualora sia impossibile la con-segna del materiale seduta stante, sarà prodotta un’apposita ricevuta per il ritiro differito del materiale.

d) Per la contabilizzazione, dovranno essere mantenute le tracce di tutti i pagamenti effettuati dagli utenti (ad es.: nome, data e ora della richie-sta, data e ora della consegna, documento richiesto separato per tipo di supporto, importo pagato, ecc.). Tali dati dovranno essere esportati in un formato magnetico e/o cartaceo idoneo per l’uso interno allo stesso Archivio di Stato di Frosinone e per l’invio al ministero competente delle dovute relazioni periodiche. Le modalità per la gestione e la contabilizzazione delle richieste effet-

tuate tramite Internet dovranno conformarsi a quelle per gli utenti locali de-scritte sopra, e saranno comunque oggetto di conferma in fase di stesura del-le Specifiche di Dettaglio. 3.7 - Software di schedatura

Il software di schedatura dovrà consentire l’inserimento, la correzione e l’integrazione delle schede inserite e la creazione di schede per nuovi do-cumenti da inserire nel fondo.

L’Appaltatore dovrà in particolare sviluppare: - il software per la descrizione della struttura dei fondi oggetto

dell’appalto con un sistema di schede archivistiche differenziate per ogni livello della struttura e, se necessario, differenziate anche a parità di livello per sottostrutture diverse del fondo;

- il software di immissione dati per il riempimento, la correzione o l’integrazione dei dati nelle schede e per l’archiviazione di nuovi do-cumenti. Il software di schedatura dovrà consentire la compilazione della sche-

da archivistica, attraverso l’introduzione dei dati alfanumerici, secondo schemi forniti dal Committente, anche assistita mediante:

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- l’uso di tendine contenenti valori predefiniti (da attivare per alcuni campi);

- l’ultimo valore inserito per il medesimo campo nella scheda preceden-te (da attivare per alcuni campi).

3.8 - Software di salvataggio

Poiché la base di dati dovrà essere aggiornabile, l’Appaltatore dovrà fornire il software necessario per: a) il back-up aggiornato della base di dati su supporti CD-ROM e/o

DVD, mediante l’impiego di un masterizzatore CD/DVD sulla stazio-ne server principale;

b) il back-up e la ricostruzione dell’archivio digitale a partire dai supporti ottici, sia per quanto riguarda la base dei dati (supporti prodotti con la procedura di cui al precedente punto a)), sia per quanto riguarda i files delle immagini (supporti prodotti in fase di digitalizzazione);

c) la ricostruzione delle immagini compresse JPEG per il server princi-pale a partire dai supporti DVD.

3.9 - Software di esportazione e importazione

Il sistema software dovrà prevedere le seguenti funzionalità di espor-tazione e importazione:

a) esportazione in formato XML di tutto l’archivio, di un fondo o di par-

te di esso; b) esportazione (in formato da stabilire) di tutto l’archivio o di un fondo

verso altre sedi per la generazione archivi di «figli», con procedura di aggiornamento che ne consenta l’aggiornamento mediante l’invio dei soli dati variati (dati di schedatura e immagini);

c) esportazione (in formato da stabilire) di tutto l’archivio per il web server con procedura di aggiornamento mediante invio dei soli dati va-riati (dati di schedatura e immagini);

d) importazione di archivi o fondi in formato XML (generati come da punto «a»);

e) importazione di archivi o fondi «figli» (generati come da punto «b»); f) Per il solo web server: importazione di archivi in formato per web

server (generati come da punto «c»). Particolare cura dovrà essere posta nella descrizione dei formati XML

necessari per realizzare i precedenti punti a) e d).

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3.10 - Lingua e Aiuto in linea

Tutto il software applicativo e personalizzato dovrà colloquiare in lin-gua italiana.

Il software sviluppato dovrà essere corredato di funzioni di aiuto (help) in linea (in lingua italiana) sulle funzioni di interrogazione della base di dati e sulle principali funzioni di uso e manutenzione del sistema. 3.11 - Datazione dei documenti

In ogni scheda associata ai documenti archivistici sono presenti uno o più campi data.

Poiché con i documenti storici non è raro trovarsi di fronte a problemi di attribuzione della data, sia per problemi di mancanza della stessa, sia per abrasioni, cancellazioni o deterioramento del supporto, non sempre sarà possibile associare una data «canonica» ad ogni documento. Il campo «da-ta» inteso come data completa, e fornito da tutti i software di database, non è adatto per risolvere il problema.

Inoltre le date rappresentabili e su cui dovrà lavorare tutto il sistema software dovranno essere comprese fra il 01/01/0001 e il 31/12/2500.

Pertanto l’Appaltatore dovrà prevedere una modalità di rappresenta-zione della data che permetta la corretta attribuzione dei dati temporali di ogni documento, e consenta la ricerca su questa data «incompleta». Le ope-razioni fra le date dovranno tenere conto di questa incertezza delle date, in modo da effettuare correttamente le ricerche. Esempio 1: documento con data incompleta: YY Settembre 1320.

Tale documento dovrà risultare in tutte le ricerche che comprendano un qualsiasi giorno di Settembre 1320. Esempio 2: documento con data incompleta: 27 YY 1333.

Tale documento dovrà risultare in una ricerca del tipo: data ??/??/1333. Dovrà comparire altresì nelle ricerche 27/??/?? . Non dovrà in-vece risultare in una ricerca del tipo: data 29/??/13?? Esempio 3: documento con data incompleta: XX YY 1350.

Tale documento dovrà risultare sia in una ricerca del tipo: data ??/??/1350, sia in una ricerca del tipo: data 14/??/135?. Esempio 4: documento con data incompleta: XIV sec.

Tale documento dovrà risultare in ogni ricerca che comprenda il peri-odo dal 01 Gennaio 1301 al 31 Dicembre 1400.

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Un altro problema importante si ha nell’ordinamento per data dei do-cumenti, qualora fra questi ne esista uno (o più) con la data incompleta.

Nell’ordinamento crescente per data, tutte le date incomplete dovran-no essere visualizzate prima delle date complete, rispettando l’ordine gior-no/mese/anno. Esempio di ordinamento per i soli anni (il carattere ‘#’ indica la data incom-pleta):

1700 … 1799 18## 1800 1801 … 1809 181# 1810 … 1899 19## 1900 …

Nell’ordinamento delle date con giorno, mese e anno c’è da tenere presente che le date incomplete devono andare a posto secondo la parte in-completa (prima secondo l’anno, poi secondo il mese ed infine secondo l’anno). Esempio di ordinamento crescente con date incomplete:

07/06/17## 04/04/18## 01/06/18## 02/03/1800 31/12/1809 14/10/181# 15/10/181# 01/01/1810 12/12/187# ##/##/1870 01/##/1870 ##/01/1870 01/01/1870

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02/01/1870 ##/02/1870 01/02/1870 01/05/1870

Per quanto riguarda le ricerche per data, i documenti aventi data in-completa devono apparire quando il periodo ricercato è compreso dentro il periodo indeterminato.

Ad esempio, come risultato della ricerca di tutti i documenti dell’anno 1813 dovranno apparire tutti i documenti dei seguenti anni: 18## 181# 1813

Se la ricerca è precisa e si chiedono i documenti del 07/05/1813, allora dovranno apparire i documenti incompleti solo se hanno coincidenza o inde-terminazione su giorno e mese. Esempio: ##/##/18## 07/##/18## ##/05/18## 07/05/18## ##/##/181# 07/##/181# ##/05/181# 07/05/181# ##/##/1813 07/##/1813 ##/05/1813 07/05/1813

Non dovranno apparire ad esempio le seguenti date: 07/06/18## ##/08/18## 08/##/1813

Poiché le date incomplete potrebbero essere assai numerose ed in-gombrare i risultati della ricerca, si deve dare all’utente la possibilità di e-scluderle dalla lista dei risultati.

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Il software dovrà accettare una data incompleta in fase di ricerca, co-me indicato negli esempi precedenti. L’incompletezza può essere in qualsia-si parte della data: giorno, mese, anno. Si potranno quindi effettuare delle ricerche del tipo: ??/12/1350 esploso in: dal 01/12/1350 al 31/12/1350; ??/??/1402 esploso in: dal 01/01/1402 al 31/12/1402; ??/??/15?? esploso in: dal 01/01/1500 al 31/12/1599; ma anche del tipo: 23/12/18?? esploso in: tutti i 23/12 dal 1800 al 1899, ovvero dal 01/01/1800 al 31/12/1899 con giorno=23 e mese=12; 12/??/130? esploso in: tutti i 12 di ogni mese dal 1300 al 1309, ovvero dal 01/01/1300 al 31/12/1309 con giorno=12.

I singoli campi giorno, mese e anno non possono essere incompleti a sinistra o nel mezzo, cioè non sono richieste ricerche del tipo ?3/05/1402, 13/?1/1403, 13/01/??04, 13/02/1??5.

In ogni caso i risultati delle ricerche con date incomplete dovranno es-sere elencate come indicato negli esempi precedenti.

L’Appaltatore dovrà specificare l’approccio scelto per la risoluzione del problema in fase di stesura delle specifiche di dettaglio. 3.12 - Gestione degli alias nelle tabelle

Considerato che per alcune tipologie di tabelle potranno esserci più voci che identificano il medesimo oggetto o soggetto, dovrà essere prevista la possibilità di salvare comunque all’interno del campo le diverse forme, ma di inserire anche un link ad una forma normalizzata, in modo che in fase di ricerca sia possibile comprendere fra i risultati, se richiesto, anche tutte le diverse forme con le quali appare l’oggetto o il soggetto in questione.

Esempio: Il notaio Francisco appare in almeno 3 forme: De Francisci, Francisci,

Francisco. È necessario che nella scheda di ogni documento esso appaia come indicato nel documento stesso, e cioè De Francisci, Francisci o Francisco.

In fase di ricerca, se l’utente indica «Francisci» come notaio, deve po-ter scegliere se avere come risultato tutti i documenti in cui il notaio appare con la forma esattamente indicata (Francisci), oppure tutti i documenti in cui il notaio appare anche nelle altre forme.

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In fase di stesura delle Specifiche di Dettaglio del software dovrà es-sere dettagliatamente descritto e documentato l’approccio usato per risolvere il problema descritto. 3.13 - Elenco dei livelli e schede associate per il fondo di Trisulti

Si riporta di seguito una prima ipotesi per la descrizione dei livelli per il fondo di Trisulti (che non usa tutti i dieci livelli a disposizione), con l’elenco delle schede per i livelli del fondo e di alcune tabelle accessorie.

Tutte le indicazioni di seguito riportate sono a titolo puramente indica-tivo della valutazione della complessità del sistema, e dovranno essere veri-ficate e concordate fra l’Appaltatore e il Committente in fase di stesura delle specifiche di dettaglio. Livello Descrizione Tabella da usare1 Fondo Complesso archivistico2 Partizione Partizione3 Serie Serie4 Sottoserie 1 Serie5 Sottoserie2 Serie6 Sottoserie3 Serie7 Diplomatico Diplomatico8 Unità archivistica Unità archivistica9 Unità documentaria Unità documentaria Elenco schede principali: a) Soggetti produttori b) Soggetto conservatore c) Complesso archivistico d) Partizione e) Serie f) Diplomatico g) Unità archivistica h) Unità documentaria i) Caratteristiche riproduzione

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Alcuni esempi di tabelle accessorie: j) Strumenti di corredo k) Dati inerenti la conservazione l) Dati inerenti la consultazione m) Area di controllo della descrizione n) Autori Scheda soggetti produttori Nome campo Valori possibili Codice identificativo Campo testo Denominazione e fonti di autorità per la sua identificazione

Campo testo

Altre denominazioni Campo testo Tipologia Ente / Famiglia / Persona Date estreme 2 campi data Ambito istituzionale e territoriale della sua attività storicamente de-terminato

Campo testo

Relazioni con altri soggetti produtto-ri

Campo testo

Autore della descrizione, regole e convenzioni utilizzate

Campo testo

Data della descrizione Campo data Scheda soggetto conservatore Nome Campo Valori possibili Denominazione e fonti per la sua de-terminazione

Campo testo

Altre denominazioni Campo testo Date di detenzione della documenta-zione

2 campi data

Scheda complesso archivistico Nome campo Valori possibili Segnatura/e o codice/i identificativo/i Campo testo Denominazione, e fonti di autorità per la sua determinazione

Campo testo

Date estreme 2 campi data Consistenza in unità di conservazione Campo testo Consistenza in metri lineari Campo testo

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Supporto Campo testo Notizie storico-archivistiche Campo testo Profilo tipologico Campo testo Modalità di acquisizione e versa-mento

Campo testo

Condizioni di accesso e di utilizza-zione

Vedi tabella dati inerenti la consul-tazione

Collocazione Campo testo Conservazione Link a tabella Dati inerenti la con-

servazione Strumenti di ricerca e di corredo Vedi tabella degli strumenti di ricer-

ca Collegamento con altre fonti sul Web

Campo testo

Bibliografia Campo testo Dati inerenti la conservazione Vedi tabella Dati inerenti la conser-

vazione Autore della descrizione (se diverso dal campo analogo del soggetto pro-duttore)

Campo testo

Soggetto Produttore Link a scheda Soggetto Produttore Soggetto Conservatore Link a scheda Soggetto Conservato-

re

Scheda partizione Nome Campo Valori possibiliDenominazione Campo testo Date estreme 2 campi data Consistenza in unità di conservazio-ne

Campo testo

Notizie storico-archivistiche Campo testo

Scheda serie Nome Campo Valori possibili Denominazione Campo testo Date estreme 2 campi data Consistenza in unità di conservazio-ne

Campo testo

Consistenza in metri lineari Campo testo Notizie storico-archivistiche Campo testo

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Scheda diplomatico Nome Campo Valori possibili Denominazione Campo testo Date estreme 2 campi data Consistenza in unità di conservazio-ne

Campo testo

Supporti Campo testo Collocazione Campo testo Conservazione Link a tabella Dati inerenti la con-

servazione Notizie storico-archivistiche Campo testo Dati inerenti la conservazione (se diversi da quelli al livello del com-plesso archivistico)

Vedi tabella Dati inerenti la conser-vazione

Strumenti di ricerca (se diversi da quelli al livello del complesso archi-vistico)

Campo testo

Dati inerenti la consultazione (se di-versi da quelli al livello del comples-so archivistico)

Vedi tabella Dati inerenti la consul-tazione

Bibliografia (Edizione a stampa, re-gesti a stampa, transunti a stampa, inserti;

Campo testo

Links con strumenti e pubblicazioni in Web

Campo testo

Autore della descrizione (se diverso da quello al livello del complesso ar-chivistico)

Campo testo

Caratteristiche della riproduzione digitale

Link a scheda Caratteristiche Ripro-duzione

Scheda Unità archivistica Nome Campo Valori possibili Denominazione Campo testo Date estreme 2 campi data Consistenza in unità documentarie Campo testo

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Scheda Unità documentaria

Nome campo Valori possibili Regesto Campo testo Segnatura Campo testo Antiche segnature Campo testo Data cronica (nella forma del docu-mento)

Campo testo

Posizione data cronica Inizio documento / Fine documento Data cronica (secondo il computo moderno)

Campo testo

Data topica Campo testo Tradizione Originale / copia / ? In caso di dub-

bio Altro/i esemplare/i in archivio SÌ / NO Segnatura di altri esemplari in archi-vio

link ad altre unità documentarie

Transunto SÌ / NO Data di redazione del transunto Campo data Inserto SÌ / NO Data dell’inserto Campo data Arenga Campo testo Tipologia del documento Vedere da lista Tipologia del docu-

mento Carattere giuridico del documento Vedere da lista Carattere giuridico

del documento del documento Note tergali SÌ / NO Autore/i Link ad uno o più elementi della li-

sta autori Destinatario/i o altro contraente Link ad uno o più elementi della li-

sta destinatari-contraenti Cariche pubbliche citate Link alla lista cariche pubbliche citate Formule di sottoscrizione Campo testo (per intero nella forma

del documento) Notaio Link alla lista notai Qualifica del notaio Imperiale ecc., link alla lista apposi-

ta Testi Link alla lista testimoni Oggetto del negozio o della materia trattata nell’atto

Es. Terreno olivato, cannepina, mu-lino ad acqua ecc. vedi lista

Toponimi Vedi lista

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Antroponimi Vedi lista Monete Vedi lista Misure agrarie Vedi lista Altri beni citati, ad es. in occasione di testamenti

Vedi lista

Tipologia di contratto agrario posto in essere

Vedi lista (es. enfiteusi, livello ad pastinandum etc.)

Tipologia di coltivazioni presenti nel documento

Vedi lista (es. olio, vinea etc.)

Lunghezza del documento Campo numerico Altezza del documento Campo numerico Profondità del documento Campo numerico Sigillo Aderente/Pendente Links con altri documenti presenti sul web

Link ipertestuale

Lista Tipologia del documento Valori possibili Note Imperiale Pubblico Regio Pubblico Pontificio Pubblico Comunale Pubblico Altra autorità laica o ecclesiastica indicata sul documento (conte, ve-scovo, abate, ecc.)

Pubblico

Documenti giudiziari provenienti da autorità ecclesiastiche e laiche

Pubblico

Instrumentum Privato Testamentum Privato Altra formulazione indicata sul do-cumento

Privato

Tabella autori Nome campo Valori possibili Nome Campo testo Patronimico Campo testo

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Cognome Campo testo Cariche Lista cariche Titoli Lista titoli Provenienza Lista luoghi provenienza autori Tabella dati inerenti la conservazione Nome campo Valori possibili Stato di conservazione Scelta fra valori preimpostati (buo-

no/ottimo/discreto/... ) Danni eventuali Campo testo Modalità di conservazione Campo a scelta (arrotolate, piega-

te...) Caratteristiche dei contenitori: mate-riali di composizione

Campo a scelta (...)

Caratteristiche dei contenitori: forma Campo a scelta (...) Temperatura del locale di conserva-zione

Campo numerico

Umidità relativa del locale di con-servazione

Campo numerico

Presenza di finestre SÌ / NO Ampiezza relativa delle finestre sul totale della superficie muraria

Campo numerico frazionario

Periodicità della spolveratura Campo a scelta (...) Periodicità della consultazione in sa-la di studio

Campo a scelta (...)

Collocazione Campo testo Tabella dati inerenti la consultazione Nome campo Valori possibili Sede di consultazione Campo testo Orari di consultazione Campo testo Consultazione on-line SÌ / NO

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Tabella area di controllo della descrizione Nome campo Valori possibili Autore della descrizione Link a elemento della tabella autori

di controllo… Data Campo data Riferimento al progetto Monumenti nazionali

Campo testo

Tabella strumenti di corredo Nome campo Valori possibili Tipologia Indice / Inventario /Elenco / inventa-

rio parziale /… Date 2 campi data Autore Link da lista «autori strumenti di

corredo» Note Campo testo Scheda Caratteristiche Riproduzione Nome campo Valori possibili Marca e modello scanner Campo testo Risoluzione (ppi) Campo numerico Profondità di colore (bpp) Campo numerico Formato dei file JPG/TIFF/PNG/... 3.14 - Licenze

È richiesta la licenza d’uso di tutto il software sviluppato per tutte le sedi coinvolte nel progetto e per ulteriori 10 (dieci) sedi da individuare suc-cessivamente.

Per le eventuali licenze di database e di altre componenti software non sviluppate dall’Appaltatore, il numero di licenze da fornire è quello necessa-rio al corretto e completo funzionamento del sistema in tutte le sedi secondo l’architettura stabilita nel Cap. 2.

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4 - Consultazione

Per l’accesso alla consultazione degli archivi, l’utente dovrà accedere ad una schermata principale dove saranno presenti alcuni dati e immagini simbolo del progetto scelte dal Committente. Da tale schermata iniziale si dovrà poter accedere (cliccando su icone o scritte da definire) ad alcune pa-gine che spieghino i dati essenziali e la storia del progetto e alle varie moda-lità di consultazione dei dati.

Le modalità di consultazione previste sono: a) navigazione all’interno del complesso archivistico; b) navigazione attraverso il Diplomatico; c) ricerca per schede. 4.1 - Funzionalità

Tutte le modalità previste per la consultazione dei fondi (ricerca, navi-gazione) dovranno essere identiche per ogni tipo di fondo, senza alcuna ne-cessità di specializzazione da fondo a fondo.

Tutte le funzionalità di trattamento immagini dovranno essere identi-che per ogni tipo di fondo, senza alcuna necessità di specializzazione da fondo a fondo.

La consultazione della base di dati dovrà effettuarsi tramite le due modalità navigazione e ricerca. In ogni caso, quando l’utente visualizzerà la scheda di un documento, dovrà poter accedere: • alla visualizzazione delle immagini digitalizzate del documento in

questione tramite un link ipertestuale, con possibilità, tramite opportu-ni «pulsanti software», di «sfogliare» le pagine (immagini) del docu-mento avanti e indietro o di «saltare» alla prima pagina, all’ultima o ad altra pagina di interesse fornendone il numero;

• al documento «precedente» o «successivo» a quello attuale nella strut-tura del fondo, secondo l’ordinamento prestabilito per quel livello. Il sistema dovrà prevedere la possibilità di consultazioni contempora-

nee da parte di più utenti. Le funzionalità descritte nei sotto-paragrafi successivi (4.1.1, 4.1.2)

sono da implementarsi sia nella consultazione via LAN (Intranet), sia in quella via Web (Internet), salvo ove diversamente indicato.

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4.1.1 - Visualizzazione di schede archivistiche

Il software di visualizzazione delle schede archivistiche dovrà presen-tare i dati delle schede del fondo selezionato. Da ogni scheda archivistica dovrà essere possibile accedere alla visualizzazione delle immagini relative al documento (ove presenti).

4.1.2 - Visualizzazione immagini

Per la visualizzazione delle immagini si richiedono almeno le seguenti funzionalità: a) gestione di finestre multiple per l’apertura e/o visualizzazione di più

immagini contemporaneamente; b) visualizzazione di immagini in grigio e a colori, in formato compresso

e non compresso; c) visualizzazione di immagini di dimensioni variabili con l’uso di scor-

rimento orizzontale e verticale (scrolling, pan) anche con l’ausilio del cursore;

d) finestra di raffigurazione d’insieme (icona) con indicazione della por-zione d’immagine raffigurata nella finestra principale (finestra di det-taglio);

e) possibilità di muovere la finestra di dettaglio all’interno della finestra di raffigurazione d’insieme;

f) possibilità di rotazione dell’immagine (90° destra o sinistra, 180°, mir-ror);

g) (Solo LAN) finestra principale con visualizzazione all’ingrandimento richiesto (zoom);

h) (Solo LAN) finestra per l’impostazione del fattore di ingrandimento (zoom);

i) (Solo LAN) selezione di parti di immagine per successiva restituzio-ne;

j) (Solo LAN) espansione dell’istogramma; k) (Solo LAN) modifica di gamma, contrasto, luminosità e componenti

cromatiche; l) (Solo LAN) semplici filtraggi per il miglioramento del contrasto e del-

la leggibilità (applicazioni di filtri passa-alto e passa-basso); m) (Solo LAN) possibilità di separazione delle componenti cromatiche

delle immagini a colori in 3 immagini a livelli di grigio rappresentanti i livelli dei 3 colori Red, Green, Blue (channel splitting);

n) (Solo LAN) possibilità di conversione di immagini a colori in imma-gini a livelli di grigio e/o a 1 bit (bilevel), con diversi algoritmi di conversione;

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o) possibilità di invio alla restituzione delle immagini originali (o por-zioni di esse) e delle immagini elaborate (o, nel solo caso LAN, di lo-ro porzioni);

p) preview di stampa con visualizzazione in bassa risoluzione dell’im-magine da avviare alla stampa, con l’indicazione della parte che even-tualmente eccede le dimensioni di stampa sul foglio;

q) possibilità di inibire agli utenti non abilitati la stampa e il download delle immagini (con appositi tools installati).

Nel caso in cui si opti per la realizzazione del software di presentazio-

ne, interrogazione e configurazione con interfaccia di tipo web, poiché la vi-sualizzazione e manipolazione di immagini di grande formato non risulta particolarmente agevole con una interfaccia web, è ammessa e preferita la fornitura di un tool indipendente per la gestione delle immagini, da installa-re sulle stazioni di consultazione, purché l’impiego di tale tool sia agevole e bene integrato con la restante parte di presentazione, interrogazione, restitu-zione e contabilizzazione. Nel caso che l’utilizzo di tale tool comporti l’acquisizione di una licenza, l’Appaltatore dovrà fornire un numero di li-cenze pari a quello indicato nel Cap. 3.14 (Licenze).

Tutto il software realizzato per l’interrogazione tramite web dovrà es-sere indipendente dal tipo (casa produttrice) di browser impiegato dall’utente, anche se potranno essere indicate particolari versioni minime nella fase di definizione delle Specifiche di Dettaglio. 4.2 - Consultazione tramite navigazione all’interno del complesso archivi-stico

Le funzionalità descritte in questo paragrafo sono da implementarsi sia nella consultazione via LAN (Intranet), sia in quella via Web (Internet).

Per la navigazione nell’albero del fondo, sono richieste le seguenti funzionalità minime: 1. selezione del documento o del livello gerarchico di interesse da una

apposita rappresentazione grafica della struttura ad albero dell’archi-vio, attraverso i vari livelli (fondo, serie, ecc.), con modalità simili alla consultazione della struttura dei file system degli hard disk con i mo-derni sistemi operativi;

2. visualizzazione della scheda archivistica del documento. La consultazione per navigazione del fondo deve tener conto di tutte

le schede diverse associate ai vari livelli del fondo.

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In fase di presentazione a video della scheda di un particolare livello, dovrà essere riportato anche il percorso completo della scheda nella struttura ad albero del fondo. 4.2.1 - Esempio di consultazione per navigazione fondi Elenco Fondi: Casamari Grottaferrata Subiaco Trisulti Elenco Serie Trisulti: … Alatri (ecc.) Anagni Elenco SottoSerie Trisulti/Anagni: … …

Diplomatico Elenco Sottoserie2 … Trisulti/Anagni/Diplomatico (ecc.) aaa bbb Unità archivistiche ccc Unità 1 … Unità2 (ecc.) Unità3 Unità docum. … Doc.1 (ecc.) Doc.2

Doc.3 (ecc.)

4.3 - Consultazione tramite navigazione all’interno del Diplomatico (per regesti)

Le funzionalità descritte in questo paragrafo sono da implementarsi sia nella consultazione via LAN (Intranet), sia in quella via Web (Internet).

Presso alcune abbazie esistono dei libri di regesti che gli studiosi usa-no comunemente per le loro ricerche. La funzionalità di interrogazione di seguito descritta vuole realizzare la versione informatica di tale modalità di consultazione.

La consultazione dovrà avvenire attraverso l’accesso alla serie del Di-plomatico. Da questa si dovrà poter accedere direttamente all’elenco dei re-gesti (campo testuale) organizzato secondo l’ordine storicamente determina-tosi. Dal regesto dovrà essere possibile accedere direttamente alla scheda di descrizione del documento e anche direttamente alle immagini del docu-mento stesso.

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Esempio: Diplomatico di Trisulti:

Alatri

Regesto n. 1 : vendita di terre nel comune di Alatri...[Scheda] [Immagini] Regesto n. 2: donazione di terre nel comune di Alatri...[Scheda] [Imma-gini] Regesto n. 3 : acquisto di un mulino nel comune di Alatri...[Scheda] [Immagini]

… Anagni … Fiuggi …

I regesti riportati provengono dal campo «regesto» della scheda «Uni-tà documentaria».

L’ordine in cui essi debbono venire presentati fa riferimento ad una antica segnatura (non direttamente riconducibile ad un criterio di ordina-mento alfabetico o temporale).

4.4 - Consultazione tramite ricerca

Le funzionalità descritte in questo paragrafo sono da implementarsi sia nella consultazione via LAN (Intranet), sia in quella via Web (Internet), salvo ove diversamente indicato.

Per l’interrogazione della base di dati tramite ricerca all’interno delle schede archivistiche, sono richieste le seguenti funzionalità minime.

4.4.1 - Ricerca sulle schede archivistiche

1. ricerca su tutte le schede archivistiche, al fine di trovare i documenti corrispondenti ad uno o più criteri di ricerca (compresa la richiesta di-retta con codice identificativo del documento) separatamente per ogni fondo;

2. possibilità di ricerca di sotto-stringhe alfanumeriche e di uso di carat-teri wild-card;

3. possibilità di uso di operatori logici (AND, OR, NOT); 4. possibilità di selezionare i campi della scheda da presentare come ri-

sultato delle ricerche; 5. indicazione del numero di documenti trovati e presentazione dei risul-

tati in un elenco, con una riga per ciascun documento trovato, ordina-

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bile in maniera crescente/decrescente secondo un campo (colonna) a scelta;

6. visualizzazione della scheda completa selezionando un documento dalla lista;

7. «scorrimento» all’interno della lista dei documenti trovati tramite la ricerca effettuata;

8. passaggio alla modalità «navigazione» e viceversa per poter esplorare documenti adiacenti a quello evidenziato dalla ricerca;

9. aiuto alla compilazione del criterio di ricerca mediante l’uso di liste a tendina (per particolari campi della scheda archivistica);

10. (Solo LAN) stampa della scheda visualizzata o della lista dei docu-menti trovati come risultato della ricerca sulla stampante della stazio-ne di consultazione e produzione su richiesta di un file in formato da concordare.

4.4.2 - Ricerca full-text

Ricerca su tutti i campi testuali delle schede archivistiche, separata-mente per ogni fondo, con la possibilità di poter scegliere i criteri: • parola esatta; • prossimità (maschile/femminile, plurale/singolare, ecc.).

Per le modalità di presentazione, si veda quanto indicato al precedente punto 4.4.1, dal n. 5 al n. 10. 4.5 - Interrogazione tramite Internet

Sulla stazione web server dovrà risiedere e operare un programma di web Server che permetta l’accesso dall’esterno, tramite un collegamento Internet, a tutti i dati di ogni fondo con esclusione delle immagini ad alta ri-soluzione, e consenta la visualizzazione di immagini a bassa risoluzione, se-condo la matrice profilo-utente/privilegi.

Per la consultazione dei dati dell’archivio dovranno essere permesse modalità identiche a quelle per la consultazione in locale, sia per quanto ri-guarda la navigazione, sia per quanto riguarda la ricerca.

Per realizzare gli scopi sopra descritti, la stazione web server dovrà essere dotata di una base di dati analoga a quella presente sul server princi-pale. L’Appaltatore dovrà approntare un sistema di uso pratico per il river-

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samento dei dati dalla stazione principale alla stazione web server, comprese le immagini compresse per il server web. Tale sistema dovrà permettere un semplice ed efficace allineamento dei dati fra i due server.

Il software della stazione web server dovrà permettere l’interrogazione via web dall’esterno, con funzionalità ristrette e impostabili (possibilità di limitazione dei campi visualizzabili e delle ricerche effettuabili, capacità di bloccare l’accesso alle immagini contenute nella base di dati, numero mas-simo di connessioni simultanee, ecc.).

Nell’interrogazione tramite Internet non dovrà essere fornito all’utente alcuno strumento di manipolazione dell’immagine.

Dovrà essere prevista la possibilità di richiedere via web stampe ad al-ta risoluzione e/o immagini su supporto digitale, per tutti i documenti dei Monumenti Nazionali.

Presso la sede da definire dovranno essere gestite e soddisfatte tali ri-chieste, tramite un apposito programma di e-commerce, secondo le vigenti disposizioni di legge.

Nell’interrogazione tramite Internet dovranno essere inoltre inibite le seguenti funzioni dei browser: - stampa di immagini digitali; - salvataggio dei files delle immagini digitali; - salvataggio della memoria video nella clipboard del sistema operativo

(disabilitazione del Print-Screen). Il web server dovrà mantenere traccia dell’attività di consultazione,

con memorizzazione (log) di: nome utente, data e ora di login e logout, e-lenco dei documenti e delle immagini consultati.

L’aspetto e la grafica dell’interfaccia utente per l’interrogazione trami-te web dovranno essere realizzati secondo le disposizioni che l’Appaltatore avrà cura di concordare con il Committente in fase di stesura delle specifi-che di dettaglio. 5 - Servizio di digitalizzazione 5.1 - Generalità

Il prodotto finale del servizio di acquisizione delle immagini dei do-cumenti originali dovrà essere la generazione di una serie di file relativi alle immagini dei periodici ed i relativi file di metadati XML, come specificato oltre (Cap 5.7.4). I file delle immagini dovranno essere memorizzati in vari formati (compressi o meno) sui supporti magnetici delle stazioni server e su supporti ottici di riserva.

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5.2 - Personale

L’acquisizione digitale dei documenti originali dovrà essere effettuata dall’Appaltatore.

L’impresa coinvolta nell’acquisizione dovrà dimostrare competenze pregresse in tale settore.

Il personale addetto alla manipolazione dei documenti dovrà fornire garanzie di professionalità nel trattamento di materiale delicato e prezioso, nonché rispettare tutti i vincoli indicati dagli esperti del Committente in fase di definizione delle specifiche di dettaglio.

Tale personale dovrà essere di gradimento del Committente e da esso approvato prima dell’inizio dei lavori di acquisizione. Ogni variazione nel gruppo di lavoro dovrà essere preventivamente resa nota al Committente e da esso approvata. 5.3 - Luogo di esecuzione dei lavori

L’acquisizione dovrà avvenire esclusivamente presso i locali dell’Archivio di Stato di Frosinone o presso le sedi delle Abbazie, per i do-cumenti di rispettiva pertinenza, secondo le indicazioni del Committente.

A tale scopo saranno previsti all’interno delle stesse sedi idonei locali, con alimentazione elettrica, collegamento telefonico interno, porta con chiu-sura a chiave e finestre oscurabili.

Le apparecchiature di acquisizione utilizzate per i lavori di digitalizza-zione dovranno essere di proprietà dell’Appaltatore. 5.4 - Modalità di acquisizione

Tutto il materiale da trattare nella fase di acquisizione dovrà essere manipolato con ogni precauzione per la salvaguardia del suo stato di con-servazione. In particolare i documenti dovranno essere trattati con estrema cautela per non provocare danni o traumi, seguendo scrupolosamente le in-dicazioni fornite dai Servizi competenti dell’Archivio di Stato di Frosinone e le procedure definite in fase di specifiche di dettaglio.

Le singole unità documentarie saranno consegnate all’Appaltatore, che ne garantisce il corretto utilizzo, fino al momento della riconsegna.

Ciascun documento, di regola sottoposto a ripresa una sola volta, do-vrà essere acquisito integralmente nelle sue parti, esclusa la legatura, salvo esplicita indicazione. In particolare dovranno essere acquisite anche le pagi-ne bianche interne ed i frontespizi. Non dovranno essere acquisite le carte di guardia purché interamente bianche.

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Il Committente si riserva la facoltà di eseguire, da parte di personale interno o di sua fiducia, in qualsiasi momento e senza preavviso, controlli sul trattamento dei documenti.

Le operazioni di acquisizione dovranno essere eseguite rispettando le seguenti direttive: 1. Inquadratura. Tutti i documenti dovranno essere acquisiti in modo

che ciascuna facciata sia interamente compresa nella stessa immagine digitale. Non sono ammesse soluzioni che facciano uso di tecniche di mosaicatura. Nei casi in cui la tipologia e le dimensioni dei documenti e le modalità di acquisizione imposte lo consentano, potrà essere effet-tuata l’acquisizione contemporanea di più facciate, per diminuire i tempi di acquisizione. In tali casi i file immagine relativi a ciascuna pagina dovranno essere separati.

2. Rifilatura (cropping). Per limitare l’ingombro dell’archivio, si dovrà evitare l’acquisizione di zone estese al di fuori della pagina, pur garan-tendo che le immagini contengano per intero la pagina stessa (non la sola area di testo).

3. Nel caso di pagine corrotte da lacune o fori, e indipendentemente dallo spessore del documento, dovrà essere inserito dietro la pagina un fo-glio di colore opportuno secondo le indicazioni del personale dell’Archivio.

4. Pagine bianche. I documenti dovranno essere acquisiti sulle due facce anche nel caso in cui una o più di esse sia interamente bianca, ad e-sclusione di alcuni casi (carte di guardia) che saranno indicati all’Appaltatore dal personale dell’Archivio.

5. Risoluzione. Tutti i documenti oggetto del presente progetto di digita-lizzazione dovranno essere acquisiti con una densità spaziale di cam-pionamento sul piano oggetto di 300 pixel per pollice (ppi) e 24 bit per pixel (bpp, colore RGB), se le dimensioni della pagina o della ta-vola non superano il formato A3. Per i documenti di dimensioni supe-riori al formato A3 la risoluzione spaziale richiesta è di 200 ppi, 24 bpp. Per le caratteristiche della strumentazione di acquisizione, si veda il Cap. 5.5.

6. Nomenclatura. I nomi dei file creati durante l’acquisizione (uno per ogni facciata) dovranno consistere in un codice alfanumerico identifi-cativo del documento e delle sue componenti secondo uno schema stabilito in fase di specifiche di dettaglio. Tale stringa alfanumerica costituirà l’elemento identificativo univoco di ogni singolo file imma-gine. Esso dovrà essere in ogni fase, anche di esportazione, parte inte-grante dei dati.

7. Movimentazione. La quantità e l’ordine di movimentazione (e quindi di acquisizione) del materiale da digitalizzare saranno da concordare con il Committente.

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5.5 - Caratteristiche della strumentazione

Gli apparati di ripresa da utilizzarsi per le operazioni di digitalizzazio-ne dovranno garantire l’incolumità dei documenti in acquisizione, pertanto non è ammesso l’impiego di strumentazione che faccia uso di alcun trasci-namento meccanico del documento.

Il sistema di ripresa dovrà garantire l’immunità da errori dovuti a vi-brazioni, sfocature o difetti del sensore.

I sensori degli apparati di acquisizione dovranno essere in grado di operare con risoluzione spaziale di almeno 600 pixel per pollice sul formato A4 e con risoluzione radiometrica (profondità di colore) nella rappresenta-zione interna di almeno 10 bpp per colore (30 bpp totali), riscalabili alla ri-soluzione richiesta (8 bpp per colore, 24 bpp totali), per ottimizzare la dina-mica di acquisizione.

Gli apparati di ripresa potranno essere dotati di sensore lineare o a ma-trice, purché siano rispettati i vincoli posti dal Cap. 5.4 in termini di risolu-zione spaziale e radiometrica.

I sistemi di digitalizzazione dovranno essere in grado di fornire sul calcolatore asservito all’acquisizione digitale un’immagine non compressa e non interpolata, corrispondente alla risoluzione stabilita. Tale immagine sa-rà successivamente compressa secondo le modalità indicate in Cap. 5.7.

È facoltà dell’Appaltatore la scelta dell’impiego di una o più stazioni di ripresa digitale, anche in contemporanea, secondo la propria organizza-zione del lavoro, compatibilmente con lo spazio assegnato dal Committente per l’esecuzione dei lavori.

L’esposizione dei documenti alla luce di ripresa non dovrà superare 12.000 luxora.

Gli apparati di illuminazione dovranno essere tali da garantire che la frazione UV delle sorgenti sia inferiore a 75 microwatt/lumen. Durante l’acquisizione non dovrà riscontrarsi un riscaldamento apprezzabile dei do-cumenti: per tale motivo si esclude l’uso di lampade a incandescenza in ri-presa continua.

5.6 - Descrizione e test delle apparecchiature

L’Appaltatore dovrà descrivere dettagliatamente in offerta gli stru-menti e le relative modalità di ripresa che intende usare per l’acquisizione, fornendo, per ciascuno di essi, le seguenti indicazioni: Per i sistemi acquisizione: 1. produttore e modello; 2. modalità di ripresa (piano, planetario, altro); 3. caratteristiche del sensore:

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• tipologia (trilineare, dorso a scansione, ripresa singola o multipla, etc.) • dimensioni e numero di elementi del sensore (area utile per i sensori a

matrice); • risoluzione radiometrica (numero di bpp interni o nativi); • grado di difettosità (per i sensori a matrice). 4. tempo lordo di acquisizione intercorrente fra due scatti successivi; 5. tipo di ottiche (per planetari); 6. profondità di campo nelle condizioni previste di ripresa; 7. risoluzione ottica e dimensioni acquisibili; 8. caratteristiche degli illuminatori; Per i banchi di ripresa: 1. dimensioni massime dei documenti che possono essere inseriti (lar-

ghezza, lunghezza, altezza, peso); 2. dispositivi di basculamento, posizionamento dei documenti, presenza

di cristalli, fine-corsa ed altri accorgimenti di sicurezza. Per la valutazione dei requisiti degli apparati di acquisizione, potrà es-

sere richiesta la ripresa di documenti campione e test-charts forniti dal Committente, alla presenza di un suo rappresentante. 5.7 - Formato dei file

I file relativi alle immagini acquisite dovranno essere generati in vari formati:

- File non compressi, destinati alla conservazione (master); - File compressi 1:10, destinati alla consultazione locale di buona

qualità (da installare sui supporti magnetici del server e da conservare in co-pia su supporto ottico);

- File a bassa risoluzione (compressi 1:50) o in altra modalità da sta-bilire, (es.: piramidalizzati) destinati alla consultazione remota via Internet (da installare sul server web e da conservare in copia su supporto ottico) e alla consultazione locale presso le sedi secondarie.

Tali file, oltre ad essere installati, ove previsto, nei rispettivi apparati d’uso, dovranno essere memorizzati per salvataggio su supporti ottici e for-niti al Committente come specificato nei paragrafi successivi.

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5.7.1 - Generazione dei file master

L’Appaltatore dovrà fornire in duplice copia su supporti DVD nume-rati e su adeguati supporti magnetici tutti i file immagine risultanti dal pro-cesso di acquisizione, in formato non compresso o compresso in modo re-versibile (senza perdita di informazione). Tali file dovranno essere salvati con non meno di 24 bit/pixel, in uno dei seguenti formati (in ordine decre-scente di preferenza): • TIFF con compressione LZW (compressione reversibile); • PNG (Portable Network Graphics - compressione reversibile); • TIFF non compresso. 5.7.2 - Generazione dei file compressi per consultazione locale

L’Appaltatore dovrà fornire in duplice copia su supporti DVD nume-rati progressivamente tutti i file delle immagini destinati alla consultazione locale, in formato compresso con perdita secondo le seguenti direttive.

Ogni file acquisito dovrà essere compresso in formato JPEG-JFIF a partire dai file master non compressi senza manipolazioni di alcun tipo.

I file compressi dovranno avere un rapporto di compressione medio uguale a 10 (dieci), misurato come rapporto tra la dimensione dei file non compressi e l’effettivo ingombro dei file compressi.

Poiché la dimensione del file compresso dipende, a parità di parame-tro di quantizzazione impostato per il compressore JPEG, dalla natura stessa dell’immagine, non sarà possibile ottenere sempre un rapporto di compres-sione esattamente uguale a 10. È ammessa pertanto una tolleranza, sul sin-golo file, da 7 (rapporto di compressione minimo) a 14 (rapporto di com-pressione massimo).

La media dei rapporti di compressione delle singole immagini conte-nute in ogni DVD prodotto dovrà comunque essere 10, con una tolleranza del 10% (dieci per cento).

In alternativa al formato JPEG-JFIF è ammesso l’uso del formato JPEG 2000 (J2K), i cui parametri di qualità e compressione dovranno essere concordati con il Committente, tramite appositi test. 5.7.3 - Generazione dei file compressi per consultazione via Web

L’Appaltatore dovrà fornire in duplice copia su supporti DVD nume-rati progressivamente tutti i file delle immagini destinati alla consultazione via internet, in formato compresso con perdita secondo le seguenti direttive.

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Una stima approssimata del volume previsto per le immagini residenti sul web server è di circa 1/50 (un cinquantesimo) del volume totale delle immagini non compresse.

Le procedure e i parametri per ottenere le immagini da inserire sul web server a partire dalle immagini originali non compresse saranno stabiliti in fase di stesura delle Specifiche di Dettaglio, eventualmente dopo alcuni test di verifica. 5.7.4 - Metadati

Seguendo i recenti orientamenti proposti a livello nazionale ed inter-nazionale nei progetti di digitalizzazione per ovviare almeno in parte ai pro-blemi di obsolescenza della tecnologia e del software, viene richiesto in questo progetto di produrre una serie di file guida in formato XML da me-morizzare sui supporti digitali generati nella fase di acquisizione, contenenti una serie di informazioni relative agli aspetti gestionali, strutturali e specifi-ci dei documenti e delle immagini relative.

Per ogni unità documentaria digitalizzata, dovrà essere prodotto un fi-le in formato XML, conforme allo Schema XML reperibile in:

http://www.bncf.firenze.sbn.it/progetti/mag/index.html http://www.iccu.sbn.it/Eschemag.htm http://www.iccu.sbn.it/MAG/reference-magschema.pdf

con particolare riferimento alle sezioni gen e img.

Nel sito web citato si possono trovare i riferimenti agli standard inter-nazionali (NISO) e la documentazione relativa al citato schema XML.

Di regola i supporti ottici contenenti i file delle immagini dovranno contenere i relativi file guida XML.

L’insieme di tutti i file XML generati dovrà essere raccolto anche in un unico supporto ottico non riscrivibile separato, fornito in duplice copia.

Inoltre saranno valutate proposte di inglobare tali metadati negli hea-der dei formati di file immagine adottati. 5.7.5 Marchiatura delle immagini

Sarà valutata positivamente la possibilità di inserimento di opportune filigrane (watermarking) o marchiature nei file imagine destinati al web o alla restituzione, per scopi di protezione dei diritti di proprietà intellettuale e di sfruttamento economico. Le modalità relative saranno da concordare con il Committente.

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5.8 - Masterizzazione dei supporti ottici

La masterizzazione dei DVD sarà a cura dell’Appaltatore. Tutte le immagini relative ad ogni singolo documento dovranno essere

memorizzate sul medesimo supporto ottico. Tutti i supporti ottici prodotti (DVD) destinati alla memorizzazione

delle immagini compresse e non compresse dovranno contenere anche i file guida in formato XML (Cap. 5.7.4) relativi alle immagini contenute nel supporto stesso.

Ogni supporto ottico dovrà inoltre riportare sull’etichetta cartacea e come «volume name» il codice progressivo identificativo.

Per facilitare l’individuazione di ogni DVD, dovrà essere prevista un’apposita identificazione dei dischi stessi e dovrà essere fornito su sup-porto elettronico e cartaceo l’elenco del contenuto di ogni disco ottico.

I DVD prodotti dovranno rispettare lo standard ISO9660, con eventua-le estensione Joliet per la rappresentazione dei nomi lunghi dei file.

L’Appaltatore dovrà indicare le condizioni ottimali (temperatura, u-midità, ecc.) per la conservazione fisica, per la stabilità del supporto e per la sua fruibilità (leggibilità e riproducibilità) a lungo termine.

L’organizzazione dei dati sui supporti ottici dovrà essere finalizzata alla massima esportabilità delle singole immagini; pertanto la struttura del contenuto dei supporti ottici dovrà essere la più semplice possibile.

In particolare, l’archivio delle immagini sui supporti ottici dovrà con-sentire la visualizzazione e l’estrazione di file relativi alle singole immagini con software non proprietario. 6 - Servizio di schedatura

Le operazioni di schedatura consistono nella creazione delle schede archivistiche relative a tutta la struttura di documenti del fondo Monumenti Nazionali.

Tali operazioni dovranno essere effettuate presso i locali dell’Archivio di Stato di Frosinone o di altra sede indicata, utilizzando una o più stazioni di schedatura appositamente predisposte dall’Appaltatore. 6.1 - Personale

La schedatura e la verifica della esatta corrispondenza dei documenti alle relative immagini, dovrà essere effettuata da personale di gradimento del Committente, accertato mediante colloquio. Tale personale dovrà avere i seguenti requisiti:

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• Possesso di diploma della Scuola di Archivistica, Paleografia e Di-plomatica;

• Esperienza di lavori archivistici analoghi (come schedatura con l’utilizzo di strumenti informatici). I lavori di schedatura e verifica saranno effettuati con l’assistenza di

personale di fiducia del Committente, a cui gli schedatori potranno riferirsi per ogni dubbio o difficoltà di interpretazione. 6.2 - Organizzazione della schedatura

Le schede archivistiche che dovranno essere implementate dall’Appal-tatore per la consultazione e ricerca (si veda il Cap. 3 - Software) e compila-te durante il servizio di schedatura riguardano tutti i livelli di organizzazione gerarchica del fondo Monumenti Nazionali. Dovrà pertanto essere prevista una struttura gerarchica di schede, a partire da una scheda per l’intero fondo, e una per ogni altra partizione del fondo, fino alla scheda di ogni singolo documento. Dovrà essere previsto il caso che rami diversi dello stesso albe-ro gerarchico, al medesimo livello, necessitino di una scheda diversa per la descrizione.

Per la descrizione dei complessi archivistici e dei soggetti produttori e conservatori si dovranno rispettare le norme internazionali ISAD(G) e ISAAR(CPF). Per maggiori dettagli è possibile consultare il sito:

http://www.archivi.beniculturali.it/DivisioneV/indice.html.

La completa descrizione dei fondi oggetto dell’appalto si ottiene con un numero di livelli da stabilire, comunque non superiore a dieci, che vanno dal fondo alla singola unità archivistica.

I criteri di ordinamento logico ai vari livelli di struttura gerarchica dei fondi possono essere diversi: alfabetico, data, fisso, ecc.

Un esempio della struttura logica dei fondi e dell’organizzazione dei dati è riportata nel Cap. 3.13.

Il formato, la tipologia, la disposizione e la funzionalità dei singoli campi delle schede relative ai vari livelli di descrizione dei fondi saranno concordati con il Committente in sede di Specifiche di Dettaglio.

Fra i campi delle schede, ad ogni livello di descrizione di ogni singolo fondo, è richiesta la possibilità di inserire link incrociati con schede di pari livello, in numero massimo da stabilire, per poter riferire una scheda ad altre aventi elementi comuni di interesse per gli studiosi e per l’Archivio.

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6.3 - Modalità

Tutte le operazioni di schedatura e verifica dovranno essere effettuate su stazioni di lavoro di proprietà dell’Appaltatore.

Secondo quanto detto in precedenza, il servizio di schedatura consiste-rà: • nella compilazione delle schede di tutti i livelli descrizione dei fondi; • nella verifica sistematica della completezza dei dati e delle immagini; • nella verifica dell’esatta corrispondenza tra le immagini, la scheda e il

documento. Tali operazioni dovranno essere effettuate tramite la visualizzazione

delle schede e delle immagini dei documenti (files precedentemente acquisi-ti), escludendo di regola la consultazione degli originali.

Per ciascuna serie di immagini e dati di schedatura da verificare, rela-tivi ad ogni singolo documento, sarà presentata allo schedatore la scheda ar-chivistica corrispondente, selezionata in base al codice identificativo del gruppo (o folder) di immagini.

Tale scheda conterrà tutti i dati di accesso e di identificazione univoca del documento stesso.

L’operatore dovrà verificare ed eventualmente integrare o correggere (previo consenso del personale dell’Archivio di Stato) i campi della scheda, con riferimento alle immagini del documento e con l’ausilio di informazioni (liste, tabelle ed altro materiale relativo al documento) messe a disposizione dal Committente. 6.4 - Salvataggio dati di schedatura

L’Appaltatore dovrà fornire in duplice copia su supporti CD-ROM la copia della base di dati aggiornata, effettuata mediante il software previsto in Cap. 3.8 punto b) almeno alle seguenti scadenze temporali:

• alla data prevista per il collaudo in opera generale; • al termine dei lavori di schedatura.

6.5 - Inserimento dei metadati sui supporti digitali

Poiché i supporti digitali frutto della digitalizzazione di alcune sedi non contengono i metadati richiesti nel Cap. 5.7.4, sarà compito e onere del-l’Appaltatore la fornitura di almeno una copia di nuovi supporti digitali con-tenenti, oltre alle immagini dei documenti, anche i metadati relativi a quelle contenute nel supporto.

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7 - Fasi di realizzazione del sistema

La realizzazione del sistema, l’installazione, i collaudi e l’avvio devo-no procedere per fasi sotto stretto controllo da parte del Committente. Le principali fasi previste sono: 1. specifiche di dettaglio; 2. sviluppo del sistema; 3. installazione del software sulle apparecchiature fornite dal committen-

te; 4. collaudo in opera del servizio acquisizione; 5. corsi di addestramento all’uso del sistema; 6. collaudo in opera generale; 7. collaudo ad ultimazione lavori; 8. esercizio provvisorio; 9. collaudo finale.

Al termine di alcune fasi significative sarà redatto un documento che ne certifichi la conclusione.

Di seguito si forniscono indicazioni di massima sullo svolgimento del-le singole fasi; i tempi indicati sono espressi in giorni solari. 7.1 - Specifiche di Dettaglio

L’Appaltatore dovrà presentare al Committente per l’approvazione scritta una specifica dettagliata delle forniture e dei servizi da effettuare, che evidenzi in particolar modo l’organizzazione dei servizi di acquisizione di-gitale e di schedatura/verifica dei documenti oggetto del presente progetto.

La consegna di tali Specifiche di Dettaglio dovrà in particolare rispet-tare le seguenti scadenze, a partire dalla data di consegna dei lavori all’Appaltatore: • entro 60 (sessanta) giorni dovrà essere presentata per l’approvazione

la specifica di dettaglio dell’hardware impiegato per le operazioni di acquisizione;

• entro 90 (novanta) giorni dovrà essere presentata per l’approvazione la specifica di dettaglio del software di schedatura/verifica;

• entro 150 (centocinquanta) giorni dovrà essere presentata per l’approvazione la specifica di dettaglio del software di consultazione. Sarà responsabilità dell’Appaltatore predisporre gli incontri necessari

con il Servizio responsabile del Committente per la definizione delle Speci-fiche di Dettaglio.

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Il contenuto delle Specifiche di Dettaglio dovrà essere assolutamente conforme a quanto indicato in offerta. 7.2 - Sviluppo del sistema

In questa fase l’Appaltatore dovrà sviluppare il sistema secondo le Specifiche di Dettaglio approvate dal Committente. Essa comprende le se-guenti attività: Hardware: • allestimento in sede degli apparati di acquisizione delle immagini; • allestimento delle stazioni di introduzione dati previste per la scheda-

tura/verifica; • sviluppo della rete locale fra gli apparati di acquisizione e schedatura. Software: • sviluppo del software di sistema e di base; • sviluppo del software applicativo per la gestione dell’archivio, la con-

sultazione, la riproduzione e le funzioni accessorie. Servizi: • acquisizione delle immagini e produzione dei CD-ROM e DVD; • schedatura e verifica completa dei documenti; • manutenzione SW.

Il Committente si riserva, in qualsiasi momento, il diritto di presenzia-re ai lavori dell’Appaltatore con personale proprio o di propria fiducia, per verificare il rispetto delle previste modalità di acquisizione, di trattamento dei documenti e di inserimento dei dati. 7.3 - Installazione

Le installazioni comprenderanno: • installazione dei sistemi operativi e di altri componenti software di ba-

se, compresi i driver di gestione di tutte le periferiche; • installazione del software applicativo per l’archiviazione e gestione

del materiale documentario, inclusi tutti i moduli addizionali; • consegna della manualistica.

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7.4 - Collaudi e verifiche

Durante le fasi di acquisizione e schedatura il Committente si riserva il diritto di effettuare controlli mirati a verificare la qualità del servizio e lo stato di avanzamento dei lavori, dal cui esito positivo dipenderà l’approva-zione dei collaudi.

I collaudi si svolgeranno secondo un programma di prove che sarà concordato tra Committente ed Appaltatore ed approvato almeno 15 (quin-dici) giorni prima dell’inizio di dette prove.

Dopo l’installazione delle apparecchiature di acquisizione e prima dell’avvio della fase di acquisizione dei documenti oggetto del progetto, do-vrà essere effettuato il collaudo funzionale di dette apparecchiature. Inoltre dovrà essere effettuata una prova di operatività dell’intero sistema di acqui-sizione, in modo da verificare il rispetto dei tempi di lavoro e le modalità di trattamento dei documenti.

Oggetto del Collaudo in Opera del Servizio di Acquisizione sarà la ve-rifica dei file digitali acquisiti secondo tutti i parametri indicati nei paragrafi 5.4, 5.5 e 5.7.

Per la positività del Collaudo in Opera del Servizio di Acquisizione si richiede l’acquisizione digitale di almeno 10.000 (diecimila) scatti, con la produzione dei relativi supporti di memorizzazione.

Completate le fasi di sviluppo e di installazione del software di siste-ma e di consultazione, si svolgerà il Collaudo in Opera Generale, che per-metterà di verificare la completezza ed efficienza di tutte le apparecchiature, del software e lo stato di avanzamento dei servizi di acquisizione e scheda-tura.

Tale collaudo consisterà nel verificare le prestazioni del sistema e tutte le funzionalità richieste in qualsiasi condizione di lavoro, anche le più criti-che: a tale proposito, condizioni di lavoro critiche potranno essere opportu-namente simulate.

Per la positività del Collaudo in Opera Generale si richiede la comple-ta funzionalità hardware e software dell’archivio e del sistema di consulta-zione, relativamente ad un sottoinsieme di almeno 15.000 (quindicimila) documenti, compresa la produzione dei supporti di memorizzazione relativi.

Il completamento positivo dei test del Collaudo in Opera Generale da-rà luogo alla formalizzazione del Verbale di Collaudo in Opera Generale.

Al termine delle operazioni di acquisizione, schedatura e verifica verrà effettuato il Collaudo ad Ultimazione Lavori, che permetterà di verificare la completezza del sistema e la correttezza di tutti i dati prodotti.

L’esito positivo di quest’ultimo collaudo darà luogo alla formazione del Verbale di Ultimazione Lavori ed all’inizio del periodo di Esercizio Provvisorio.

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7.5 - Addestramento

Sarà cura e onere dell’Appaltatore lo svolgimento dei corsi di adde-stramento, che potranno essere raggruppati per le varie sedi del progetto. L’addestramento dovrà comprendere: • addestramento del personale scelto dal Committente in modo da porlo

in condizione di utilizzare il sistema; • assistenza telefonica per il periodo di Garanzia.

L’Appaltatore dovrà organizzare corsi di addestramento presso una delle sedi coinvolte nel progetto, secondo le indicazioni del Committente.

Dovranno essere previsti i seguenti corsi, per un massimo di 10 (dieci) persone ciascuno, della durata di almeno 20 ore ciascuno e comprensivi di esercitazioni pratiche: 1. corso per l’uso del software di base ed applicativo; 2. corso per l’esercizio quotidiano del sistema, per la manutenzione ordi-

naria e per la gestione e configurazione degli utenti; 3. corso per l’inserimento di nuovi fondi e la creazione di nuove masche-

re di interrogazione. Per ogni corso dovrà essere dichiarata la durata in fase di offerta. In fase di Specifiche di Dettaglio dovranno essere definiti i contenuti

dei corsi per approvazione da parte del Committente; in questa fase dovrà anche essere decisa la fase del progetto più adatta per lo svolgimento dei corsi.

Per ogni partecipante ai corsi dovrà essere fornita copia completa su carta della documentazione esplicativa e del materiale didattico eventual-mente utilizzato.

Il livello base di cultura informatica per i partecipanti al corso 1 è il seguente: • pratica nell’uso del sistema operativo Windows; • pratica nell’uso di browser Microsoft Internet Explorer e/o Netscape

Navigator. • Per i corsi 2 e 3, oltre a quanto specificato per il corso 1: pratica

nell’uso di programmi di videoscrittura, foglio elettronico, e-mail. 7.6 - Esercizio Provvisorio e supervisione tecnica

A partire dalla data del Verbale di Ultimazione Lavori e consegna al Committente del sistema completo, avrà inizio il periodo di Esercizio Prov-visorio della durata di 60 (sessanta) giorni.

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Durante tale periodo l’Appaltatore provvederà ad effettuare una su-pervisione tecnica dell’esercizio, mantenendo presso il luogo di fornitura un proprio tecnico con lo scopo di controllare il funzionamento delle apparec-chiature ed istruire nel loro impiego il personale del Committente (adde-stramento «on the job»).

Ogni malfunzionamento riscontrato sarà verbalizzato e dovranno esse-re operate le opportune correzioni entro la fine dell’Esercizio Provvisorio salvo accettazione di deroghe, per iscritto, da parte del Committente.

L’onere inerente al personale tecnico di cui sopra è a carico dell’Ap-paltatore.

Durante il periodo di Esercizio Provvisorio, e fino alla scadenza della garanzia, devono essere previsti tutti i servizi di manutenzione.

Il periodo di Esercizio Provvisorio si può protrarre oltre i 60 (sessanta) giorni previsti nel caso in cui non venga posto rimedio ai malfunzionamenti riscontrati e verbalizzati. 7.7 - Verbale di collaudo finale

Il periodo di Esercizio Provvisorio si conclude con la firma del Verba-le di Collaudo Finale, che dà inizio al periodo di Garanzia.

Contestualmente verrà fornita la manualistica riveduta e corretta e che dovrà tenere conto delle modifiche eventualmente introdotte durante la fase di Esercizio Provvisorio. 8 - Documentazione da allegare all’offerta tecnica

L’Appaltatore dovrà proporre in sede di offerta la soluzione che inten-de adottare per permettere la realizzazione dell’intero software per la gestio-ne e la consultazione, illustrando in maniera particolare: • descrizione dettagliata della soluzione; • modalità di gestione e inserimento di nuovi fondi archivistici; • flessibilità di organizzazione della struttura dell’albero di consultazio-

ne; • flessibilità di configurazione delle maschere di immissione dati, pre-

sentazione e ricerca. Poiché sarà cura e carico del Committente la fornitura dell’hardware e

del sistema operativo dei server e delle stazioni di consultazione e restitu-zione, l’Appaltatore dovrà indicare i requisiti minimi richiesti per l’installa-zione del software da fornire.

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Nell’Offerta Tecnica l’Appaltatore dovrà inoltre indicare le specifiche e i costi dei singoli servizi e forniture, compresi i dettagli indicati al Cap. 5 per gli apparati di ripresa impiegati per la digitalizzazione. Software di base da fornire: • base di dati (tipo e licenze, specificandole per server principale, server

web, stazioni client); • eventuale altro software necessario per il funzionamento del sistema

(tipo e licenze). Software di schedatura: • software di schedatura. Software per la gestione e interrogazione dell’archivio: • sviluppo e personalizzazione della versione server del software per la

gestione e interrogazione dell’archivio; • sviluppo e personalizzazione della versione client del software per la

gestione e interrogazione dell’archivio; • software per l’esecuzione dei backup e restore; • software per il ripristino dell’archivio digitale a partire dai supporti ot-

tici DVD e CD-ROM contenenti le immagini digitalizzate; • software per l’interrogazione della base di dati tramite Internet. Miglioramenti Hardware e Software • Elenco e dettaglio delle soluzioni migliorative offerte. Materiale di consumo e varie • quanto non elencato nei punti precedenti e necessario per il corretto

funzionamento del sistema e lo svolgimento dei servizi. Nell’Offerta Economica dovranno essere indicati, oltre alla quantifi-

cazione omnicomprensiva di quanto richiesto ed offerto, i costi analitici se-condo la traccia precedente. 9 - Cronogramma indicativo dei lavori

Il cronogramma indicato nella Tavola III, articolato su una durata complessiva di 18 mesi, è da ritenersi indicativo per l’Appaltatore.

Nel caso in cui l’Appaltatore proponga un’organizzazione diversa del-le singole fasi rispetto al cronogramma riportato, o una maggior durata complessiva dei lavori, dovrà essere fornita spiegazione dettagliata.

In ogni caso la durata complessiva proposta dall’Appaltatore non po-trà eccedere i 24 (ventiquattro) mesi complessivi.

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FASI MESI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18

Specifiche Dettaglio I: Acquisizione

Installazione HW acquisizione

Verbale collaudo stazione acquisizione >

Servizio acquisizione

Verbale collaudo in opera serv. acq. >

Spec. Dettaglio II: SW schedatura

Sviluppo SW schedatura

Installaz. Hardware schedatura

Collaudo SW schedatura

Schedatura e Verifica

Spec. Dett. III: SW consultaz./restituz.

Sviluppo SW consultazione/restituzione

Verbale collaudo SW consult./restituz. >

Collaudo in opera generale

Verbale collaudo in opera generale >

Corsi di addestramento

Collaudo ultimazione lavori

Verbale ultimazione lavori >

Esercizio Provvisorio

Verbale di Collaudo finale >

TAVOLA III - Cronogramma indicativo delle fasi del progetto.

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CARLA PALMA

Il progetto Pergamo per la riproduzione digitale di fondi pergamenacei pugliesi

«Tutela e fruizione» è il binomio che sintetizza gli obiettivi comuni a tutti i progetti che applicano ai fondi pergamenacei le tecnologie di riprodu-zione digitale.

Una delle funzionalità della riproduzione digitale - che ne rende parti-colarmente vantaggioso l’utilizzo nel campo dei beni culturali - consiste nel fatto che permette di realizzare nell’ambito di un’unica procedura, sia pure complessa, le istanze del provvedere alla tutela e del gestire la fruizione. Si attua la tutela con la consultazione sostitutiva dell’immagine del documento che preserva l’integrità materiale del documento originale in quanto sottrat-to alla manipolazione; si attua la tutela con la catalogazione visiva che con-serva la testimonianza dello stato di conservazione, salvaguarda la memoria storica, consente il recupero di informazioni preziose in caso di perdite ac-cidentali o furti; si agevola la fruizione, rimediando alla difficoltà di accesso - dovuta a mancanza di personale e ad orari limitati di apertura degli archivi - con l’archiviazione delle immagini di documenti in una banca dati acces-sibile al pubblico, il cui contenuto possa essere reso disponibile anche da remoto; ancora si agevola la fruizione perché il mezzo tecnico può consen-tire una percezione visiva più efficace.

Un binomio, dunque, di tutela e fruizione che la tecnologia digitale connette sinergicamente con efficacia. Se la realizzazione di questo duplice obiettivo conseguibile con la riproduzione digitale sta a cuore ad ogni sog-getto conservatore di documenti, per una Soprintendenza Archivistica - che istituzionalmente esercita sul territorio regionale funzioni di vigilanza sugli archivi ecclesiastici, sugli archivi privati dichiarati di interesse storico parti-colarmente importante, sugli archivi di enti pubblici - coincide con la sua ragione istituzionale costituire un archivio digitale dei fondi pergamenacei vigilati, allo scopo di tutelarli dalle dispersioni cui vanno soggetti e di ga-rantirne un uso più diffuso e generale di quello assicurato dagli stessi pro-prietari.

Sono queste le motivazioni per le quali la Soprintendenza Archivistica per la Puglia ha aderito alle sollecitazioni della Direzione Generale per gli Archivi attivando a partire dal 1999, con finanziamenti della Legge 145/ 1992, i1 progetto sperimentale per la riproduzione digitale dei fondi perga-menacei pugliesi denominato Pergamo.

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Il percorso di impianto non è stato né breve né facile, ma irto di diffi-coltà a livello organizzativo nell’impostazione delle modalità esecutive e nell’avvio operativo. Una Soprintendenza Archivistica non è un istituto di conservazione e non gestisce servizi di fotoriproduzione complessi: non a-vevamo dunque un’esperienza pregressa di tecnologie di riproduzione digi-tale né informatiche.

Notevole è risultato il peso organizzativo del dovere «movimentare» i fondi pergamenacei dalle sedi di conservazione, variamente dislocate sul territorio regionale, presso il laboratorio appositamente attrezzato della So-printendenza Archivistica, con il carico di lavoro burocratico preventivo per garantire la copertura assicurativa dei documenti. Ma senza dubbio l’onere maggiore è derivato dal dover interagire con gli interlocutori informatici esterni, attraverso la tecnica dei «tentativi ed errori», per giungere a calibra-re soluzioni adeguate per la riuscita del prodotto finale. In una fase interme-dia è stato necessario operare una reimpostazione del programma informati-co utilizzato per superarne i limiti di gestione, di controllo dati e di difficol-tà di accesso per gli utenti.

Quanto alla realizzazione, oggi l’archivio digitale è costituito da 9.000 documenti appartenenti ai fondi pergamenacei di quattordici archivi puglie-si; di essi due sono archivi privati di famiglia, dei principi Dentice di Frasso di San Vito dei Normanni e dei duchi Caracciolo de Sangro di Martina Franca; dodici sono archivi ecclesiastici, tra i quali quello della Basilica di San Nicola di Bari e quello del Capitolo Metropolitano di Bari; sei sono ar-chivi diocesani in provincia di Bari (Barletta, Conversano, Giovinazzo, Gravina, Monopoli e Terlizzi), due archivi diocesani in provincia di Lecce (Nardò ed Ugento), uno in provincia di Foggia (Lucera).

L’implementazione in corso includerà anche i fondi pergamenacei quantitativamente non rilevanti, per lo più inediti e poco conosciuti, conser-vati in archivi parrocchiali e di istituzioni culturali di enti pubblici, bibliote-che e musei comunali e provinciali. Tale patrimonio documentario di estre-mo interesse per la storia locale difficilmente, al momento, potrebbe avvalersi di analoghi strumenti di tutela e di allargamento della fruizione, mentre me-rita di essere adeguatamente tutelato e reso fruibile ad una consultazione più ampia.

Nella gamma dei fondi pergamenacei, gli elementi individuativi che ne connotano la diversa fisionomia sono sia di ordine quantitativo, quali consistenza numerica, estremi cronologici dei documenti e loro distribuzio-ne per secolo, sia determinati dagli esiti dell’attività di studio su di essi, qua-li lo stato di ordinamento, parziale o completo, l’individuazione dei subfon-di di provenienza, la disponibilità di strumenti di corredo, manoscritti o a stampa, di redazione antica o recente, nella forma di edizioni, regestari, re-

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pertori. Rispetto a questi parametri di riferimento la tipologia dei fondi coinvolti nel progetto riflette una varietà di situazioni connesse alle modali-tà di origine e di sedimentazione dei fondi, cioè alla specifica storia archivi-stica di ciascuno di essi e alle varie vicende degli studi su di essi.

Nella banca dati Pergamo sono compresi: fondi pergamenacei con do-cumenti a partire dal X e XI secolo, cospicui quantitativamente e, per la par-te antica, editi da circa un secolo (come quelli della Basilica di San Nicola di Bari, dell’Archivio Diocesano di Barletta, dell’Archivio Diocesano di Conversano, del Capitolo Metropolitano di Bari); fondi altrettanto cospicui (come quello dell’Archivio Diocesano di Giovinazzo) ma non altrettanto studiati e dotati soltanto di repertori manoscritti ad uso interno risalenti a diversi decenni addietro; fondi dotati soltanto di regestari editi (Archivio Diocesano di Gravina); fondi diocesani (come quelli di Lucera, di Nardò e di Ugento) che offrono alla ricerca anche realtà diplomatiche differenziate, relative a serie come dispense matrimoniali e decretazioni giudiziarie, rap-presentative dei documenti dell’età moderna dei secoli dal XV al XVIII, e-sclusi dagli interessi paleografici e non oggetto di edizioni.

Con il progetto Pergamo si è affrontata la sfida della costruzione di un rapporto significativo con le tecnologie informatiche, per mettere a frutto le allargate possibilità che tali tecnologie consentono in virtù del loro modo di operare con una mole d’informazioni di gran lunga superiore a quella gesti-bile con altri supporti. Di una mole di informazioni può essere conveniente servirsi per affrontare la complessità dello studio di un singolo documento su pergamena così come di un fondo pergamenaceo; complessità dello stu-dio che è data dalla necessità di integrare nella elaborazione cognitiva mol-teplici elementi su piani diversi di lettura, dalla lettura del testo alla lettura dei dati materiali e formali, alla lettura comparativa; tipi di lettura attraver-sati da illimitati modi di stabilire relazioni in diversi ambiti di significato: paleografico, diplomatistico, giuridico, storico, linguistico. Le informazioni che un archivio digitale veicola (per le quali è stata proposta la nozione di «metafonte» e si è paventata la «deriva digitale» delle discipline tradiziona-li) connotano qualitativamente la consultazione con l’offerta, insita nel mez-zo, di possibilità di approcci diversi attivabili dalla soggettività del ricerca-tore al quale ultimo rimane la fondamentale responsabilità di condurre la ricerca ancorandola alla disciplina scientifica di riferimento.

Con questo progetto si è mirato ad ampliare la possibilità di studi e ri-cerche sui singoli documenti pergamenacei e sul complesso di essi, nella consapevolezza che tutti i fondi pergamenacei, nella varietà accennata di condizioni di ordinamento e di disponibilità di strumenti di corredo, potreb-bero essere oggetto di lavori ulteriori, quali completamenti, revisioni di or-dinamento e di edizione o redazione di regestari, per la realizzazione dei

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quali l’utilizzo di una banca dati che li riguarda presenta un innegabile van-taggio.

Per quanto riguarda la consultazione, presso la Soprintendenza Archi-vistica per la Puglia, che è proprietaria della banca dati, si può consultare tutto l’archivio digitale di Pergamo; presso l’Istituto di Paleografia del-l’Università di Bari, che è stato autorizzato dalla stessa Soprintendenza Ar-chivistica e dagli enti proprietari, si può consultare parte della banca dati, limitatamente ai documenti datati fino al XIV secolo. La consultazione dei singoli fondi può poi avvenire presso il rispettivo archivio proprietario al quale è stato consegnato i1 CD-ROM della banca dati di pertinenza, con l’applicativo che ne permette la visualizzazione. La riproduzione di tutto o di parte dell’archivio digitale, richiesta da istituzioni o da singoli studiosi al fine della sola consultazione, è consentita su autorizzazione sia della Soprin-tendenza Archivistica sia degli archivi proprietari, ed è affidata ad una ditta esterna convenzionata, con spese a carico dei richiedenti. A questo proposi-to, dal momento che la maggior parte dei fondi pergamenacei riprodotti so-no quelli ecclesiastici, si è reso necessario definire nell’ambito di espliciti accordi i termini della collaborazione tra Stato e Chiesa per la gestione e la valorizzazione della banca dati realizzata. Dopo le riflessioni maturate in più occasioni nell’ambito di incontri di studio sui temi dell’accesso e della fruizione degli archivi ecclesiastici, si è giunti a stipulare delle convenzioni, tra il Soprintendente Archivistico e ciascun vescovo proprietario, che detta-no le linee generali per l’utilizzo della banca dati di Pergamo nel rispetto delle determinazioni della Chiesa riguardo ai beni culturali ecclesiastici.

Per quanto riguarda le modalità di funzionamento del software, dal monitor di consultazione l’utente può selezionare i fondi pergamenacei, immessi nella banca dati secondo una struttura gerarchica «ad albero», dal generale al particolare, per cui a partire dalla tipologia degli archivi di con-servazione si dovrà scegliere via via, nel caso di archivi ecclesiastici, la dio-cesi di riferimento, la localizzazione dell’archivio, il nome dell’archivio conservatore; l’utente potrà allora aprire l’introduzione informativa sul fon-do pergamenaceo conservato, compilata secondo gli standard internazionali di descrizione archivistica, nella quale tra l’altro, oltre agli estremi cronolo-gici e alla consistenza delle pergamene, potrà leggere la storia archivistica e i criteri di ordinamento del fondo. È predisposta la visualizzazione di quat-tro finestre in contemporanea: scheda archivistica, immagine del documen-to, trascrizione e regesto, con la possibilità di scelta tra di esse (ad esempio si può scegliere di visualizzare documento e trascrizione affiancati).

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Per quanto riguarda la visualizzazione del documento, c’è la possibili-tà di modificare temporaneamente l’immagine per una migliore percezione visiva, applicando effetti di negativo e di risalto dei contorni; si può regolare la luminosità e il contrasto, si può ruotare o capovolgere l’immagine.

La scheda archivistica contestualizza il documento riportando i dati relativi: al codice identificativo (che nella parte alfabetica riproduce l’acro-nimo dell’archivio, nella parte numerica la segnatura attuale del documen-to), all’archivio di conservazione, al fondo, al subfondo, alla segnatura ar-chivistica, alle precedenti segnature; riporta poi gli elementi individuativi quali la data cronica (anno, mese, giorno) o il secolo, la data topica, il nome dello scrittore o rogatario, la natura giuridica o l’oggetto, la tradizione (se è originale o copia); le informazioni sui caratteri estrinseci quali lo stato di conservazione, i segni particolari (rota, bene valete, segni di tabellionato, lettere cancelleresche…), i sigilli, le dimensioni in centimetri; i campi sull’edizione e sull’esistenza di strumenti di ricerca. Nel campo «annotazio-ni» sono fornite eventuali puntualizzazioni sul contenuto, sulla datazione, sulla materialità del documento.

Tramite pulsanti a interruttore sì/no sono fornite ulteriori informazioni sul documento: se sia pubblico o privato, se siano presenti inserti, se sia sta-to oggetto di restauro, se abbia il regesto. Cliccando sulle icone contrasse-gnate dalle lettere I, R e T si accede rispettivamente al testo di Introduzione al fondo pergamenaceo e, se esistenti, ai testi del Regesto e della Trascrizio-ne. Per quanto riguarda le interrogazioni sulla banca dati, la funzione «ricer-ca» si attiva dall’icona del cannocchiale che farà aprire un’ulteriore masche-ra dove sono riportati tutti i campi della scheda archivistica relativi a tutta la banca dati; si può interrogare selezionando i campi e gli archivi prescelti. Il risultato sarà una lista di documenti - anche uno o nessuno, in relazione alle indicazioni formulate - che rispondono ai requisiti richiesti. L’icona della stampante consente la stampa della trascrizione, del regesto, dell’immagine del documento e della scheda archivistica. Vi è infine la possibilità di report predefiniti.

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LUIGI GUARDIGLI

L’esperienza di digitalizzazione dei manoscritti membranacei e cartacei del Collegio di Spagna in Bologna

La biblioteca dei manoscritti del Reale Collegio di Spagna in Bologna è la maggiore raccolta privata di manoscritti del continente europeo. Si tratta di oltre 300 volumi, di cui soltanto 291 sono stati inseriti nel catalogo curato dal Professor Domenico Maffei 1. I volumi membranacei sono 108 2; altri 12 3 hanno una struttura mista: membrane legate insieme a pagine di carta. Pertanto, la biblioteca è formata per circa un terzo di carte membranacee (oltre 22.000 su un totale di 65.260 carte manoscritte di due facciate cadau-na). L’intervento

Il progetto realizzato prevedeva: a) l’acquisizione su supporto elettronico di tutti i codici manoscritti con-

servati presso il Reale Collegio di Spagna, individuati per numero se-condo l’ordine del catalogo citato, per un totale di 130.520 immagini da digitalizzare. Sono stati esclusi alcuni manoscritti di contabilità che il committente non ha ritenuto attinenti alle finalità del progetto;

b) la marcatura elettronica delle immagini e il loro salvataggio è avvenu-ta secondo le seguenti specifiche: numero del codice, numero della carta con l’indicazione di recto o verso e, per le carte prive di numera-zione, una marcatura tale da rispettarne la sequenza fisica;

c) la memorizzazione dell’intero corpo delle immagini acquisite è avve-nuta con le seguenti modalità: 2 copie ad alta risoluzione, una copia su supporto DVD-R-Book D e una su nastri DAT con compatibilità certi-ficata con le apparecchiature in possesso del committente; 2 copie a media risoluzione, una su DVD-R-Book D e una registrata su nastro

1 D. MAFFEI, I codici del Collegio di Spagna, Milano 1992. 2 Codici: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 31, 32, 33, 34, 35, 37, 38, 39, 40, 43, 44, 45, 46, 51, 53, 54, 55, 56, 57, 59, 61, 62, 63, 66, 70, 73, 74, 78, 100, 101, 102, 103, 104, 106, 109, 118, 131, 136, 140, 141, 146, 147, 148, 149, 150, 152, 154, 157, 159, 160, 161, 162, 163, 164, 165, 216, 217, 218, 219, 220, 221, 222, 223, 226, 227, 228, 263, 272, 273, 275, 276, 278, 279, 280, 281, 282, 283, 284, 285, 286, F, G. 3 Codici: 30, 41, 42, 50, 75, 105, 134, 153, 155, 214, 224, 225.

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DAT; 3 copie a bassa risoluzione, una su DVD-R-Book D, una regi-strata su nastro DAT e una su CD Rom.

Le modalità d’esecuzione

CLUEB ha svolto le attività utilizzando: a) 2 postazioni di lavoro, costituite ciascuna da una camera con dorso di-

gitale Eyelike Digital Camera System (ingegnerizzazione Kontron), ottiche macro-Nikkor 55 mm f 2.8, tavola di calibrazione Macbeth Color Checker, stativo di riproduzione tipo IFF;

b) Repro stand con sistemi d’illuminazione a fluorescenza a luce fredda tipo Just, gruppi di luce fluorescente tipo Balcar Fluxlite e Quadlite (senza emissione di calore e di raggi UV);

c) supporti ottici DVD-R-Book D, nastri DAT/dds3 e CD Rom per la memorizzazione delle immagini ottenute e marcate.

Ciascuna delle immagini acquisite è stata memorizzata separatamente,

a seconda del tipo e sui supporti indicati, nei seguenti tre formati: a) alta risoluzione con queste caratteristiche: immagine con una defini-

zione di 4.000 x 4.000 pixel, equivalenti ad un’immagine di cm 30 x 30 in definizione tipografica, profondità di colore di almeno 3 x 8 bit e in formato TIFF; nel caso di originali in grandissimi formati si è usata la risoluzione 6.000 x 6.000 pixel;

b) media risoluzione con queste caratteristiche: immagine con una defi-nizione di 4.000 x 4.000 pixel, formato JPEG, con compressione 15%;

c) bassa risoluzione con queste caratteristiche: immagine con una defini-zione di 800 x 800 pixel, formato JPEG, con compressione 20%.

Prima dell’inizio dell’intervento si richiese un parere sull’idoneità del-

le attrezzature da utilizzare (positivamente rilasciato) al Professor Carlo Fe-derici dell’Istituto Centrale di Patologia del Libro di Roma. Nell’utilizzo delle attrezzature e nelle modalità di esecuzione delle attività (in particolare per le norme sulla temperatura, l’umidità, la compressione e le precauzioni nel maneggiare le carte, escludendo tassativamente l’uso di attrezzature se-miautomatiche di posizionamento), CLUEB si è attenuta alle indicazioni contenute nel certificato di idoneità.

A una persona, indicata dal Rettore del Reale Collegio di Spagna, è spettato il compito di garantire l’accesso ai manoscritti e la continua assi-stenza ai lavori e il loro controllo.

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Il recupero degli errori

Per quanto riguarda le correzioni da apportare ai materiali registrati su supporto informatico si è proceduto nel modo seguente: a) tutte le immagini in alta definizione non corrette o mancanti, indivi-

duate dopo un primo controllo, sono state rifatte e memorizzate su un supporto apposito (Hard disk) denominato recuperi;

b) ciascuna immagine in alta definizione è stata poi inserita nella corretta posizione all’interno del suo codice e, quindi, il codice è stato maste-rizzato e registrato di nuovo per intero;

c) identica procedura è stata utilizzata per le immagini in media e bassa definizione;

d) ogni immagine è stata registrata diritta e contenente la digitalizzazione di una sola pagina.

I diritti d’autore

I diritti d’autore e i diritti del costitutore sull’intera opera realizzata, previsti dalla normativa vigente, furono contrattualmente definiti di esclusi-va titolarità del Committente: CLUEB ha consegnato tutte le copie esistenti dell’opera realizzata, senza conservarne alcuna. Alcune valutazioni operative

Al termine di questa esperienza, svoltasi in due fasi (la prima con la digitalizzazione di 30.000 pagine e la seconda di completamento del proget-to, durata complessivamente, ma con varie interruzioni, più di due anni e mezzo) si possono evidenziare, fra le tante possibili, le seguenti annotazioni.

Per quanto riguarda la temperatura e l’umidità dell’ambiente di lavoro (il consulente aveva suggerito di mantenere, per le carte membranacee, una temperatura prossima ai 22° C e una umidità di circa il 70 %), si è notato che le condizioni ambientali ottimali erano quelle che più si avvicinavano a quelle esistenti nel locale di conservazione dei manoscritti e non quelle teo-riche suggerite dal consulente. Si trattava di un locale non condizionato, con grandi armadi di legno che consentivano una qualche circolazione, anche se ridotta, dell’aria e quindi con condizioni ambientali sostanzialmente omo-genee fra l’interno degli armadi e il resto del locale di conservazione. Si os-servò anche una notevole variazione del gradiente della temperatura: nelle condizioni estreme (nei giorni più caldi e in quelli più freddi), quella misu-

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rata vicino alla parete esterna del locale differiva di alcuni gradi centigradi da quella misurata in prossimità della parete più interna e più protetta. D’inverno si rilevò una differenza fra le due misure fino a 5° C e d’estate una differenza leggermente superiore: i manoscritti, anche quelli dello stes-so armadio, sopportavano condizioni ambientali fra loro diverse man mano che dalla parete più interna ci si spostava verso quella più esposta alle varia-zioni di temperatura. Analoghe variazioni si rilevarono anche per l’umidità. In conclusione, i manoscritti subivano, nel corso dell’anno, delle variazioni di temperatura e di umidità anche notevoli, non omogenee e impossibili da riprodurre con buona approssimazione, vanificando il nostro desiderio di e-vitare di esporli a brusche variazioni di temperatura e umidità. L’unica stra-tegia possibile fu quella di estrarli dagli armadi per il tempo strettamente necessario e riporli di nuovo nella loro posizione abituale. Spesso si guarda-va con apprensione il leggero arricciarsi o distendersi delle membrane du-rante i lavori, ma per fortuna non accadde mai nulla di pericoloso o di irre-parabile. Quindi i parametri teorici, suggeriti per la conservazione ottimale, furono forzatamente ignorati ed empiricamente sostituiti dalla velocità di esecuzione della digitalizzazione e delle altre fasi del lavoro.

Durante i lavori fu necessario procedere ad una disinfestazione accu-rata e radicale, con la sospensione dei lavori per due mesi e mezzo, non sol-tanto del locale di conservazione, ma anche di quelli di lavoro, invasi anch’essi da parassiti che crearono rischi e disagi per gli operatori. Fortuna-tamente, non appena ci si accorse che qualcosa non andava, il Rettore del Collegio dispose l’immediata disinfestazione.

Di norma gli operatori maneggiavano i manoscritti con guanti di coto-ne, più per non danneggiarli che per proteggersi.

Dovendo ridurre al minimo la compressione dei volumi, durante la ri-presa fotografica si utilizzarono, quando necessario per migliorare la plana-rità delle carte, dei normali vetri da finestra, sottili e leggeri: essi sono privi di apprezzabili dominanti di colore che avrebbero potuto compromettere la fedeltà delle immagini digitalizzate, consentendo di rinunciare ai costosi (e difficili da trovare) vetri speciali acromatici.

Per eliminare possibili vibrazioni dei pavimenti galleggianti in legno del locale di lavoro, si ricorse a cassoni riempiti di sabbia, posti in punti strategici, per aumentarne la stabilità aumentandone i carichi.

Le immagini in alta definizione registrate non sono state ritoccate o rielaborate via software: interventi di questo tipo potranno essere eseguiti, in tempi successivi, su copie.

Le dimensioni estremamente variabili delle carte hanno richiesto una grande cura nel garantire condizioni omogenee di ripresa (illuminazione, di-stanza focale, profondità di campo, tempi d’otturatore, etc.): la ricerca di

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condizioni standard (codificate e ripetibili) è stata continua e accurata; natu-ralmente si è trattato di standard messi a punto in accordo con il Commit-tente.

La stato di conservazione delle carte era sostanzialmente e complessi-vamente buono, anche se non sono mancate quelle in condizioni assoluta-mente precarie, con gli ovvii problemi derivanti dalla necessità di doverle comunque maneggiare, senza peggiorarne lo stato di conservazione. Come, quando e perché digitalizzare

Sono state quindi consegnate al Committente tre serie di immagini, ciascuna realizzata pensando ad una specifica utilizzazione.

Per prima la serie delle immagini ad alta definizione per un uso esclu-sivamente tecnico (per la riproduzione a stampa, per ritocchi virtuali, come copia di riferimento nel malaugurato caso di perdita dell’originale).

Poi la serie delle immagini a media definizione, che è quella che viene data normalmente in visione agli studiosi in sostituzione dell’originale; la dimensione dei file può essere un decimo di quella delle immagini in alta definizione (3 o 4 Mb a fronte di 30 o 40 Mb), consentendone una visualiz-zazione agevole, ma di ottima qualità.

Infine la serie delle immagini a bassa definizione è quella che viene proposta per la consultazione sul Web: pochi Kb ciascuna, per un accesso veloce anche con linee a banda stretta. Se poi il committente disporrà di sof-tware di tipo cartografico, sarà possibile presentare in rete anche immagini di media definizione, inviandone porzioni, scelte dall’utente, con dimensio-ni massime predefinite del pacchetto di dati trasmesso.

Appare evidente che un moderno progetto di digitalizzazione non può che essere affrontato realizzando immagini in alta definizione, per soddisfa-re tutte le esigenze oggi prevedibili.

Con i modelli recenti di camere digitali i tempi di acquisizione sono stati molto ridotti, anche nel caso di immagini con definizione dell’ordine dei 6.000 x 4.000 pixel (ormai i costruttori si sono orientati sul medio for-mato rettangolare, abbandonando il grande formato quadrato, molto comodo in certe condizioni di lavoro, come abbiamo potuto constatare durante que-sta esperienza). Se poi lo stato delle carte permette l’utilizzo di attrezzature semiautomatiche di posizionamento, i costi di acquisizione si ridurranno a poca cosa, anche per la diminuzione esponenziale del costo per Mb dei sup-porti di registrazione, in particolare, e dell’hardware, in generale.

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Naturalmente se non sarà possibile usare le attrezzature semiautomati-che di posizionamento, cresceranno le ore di lavoro necessarie, e ovviamen-te lieviteranno i costi, ma questo vorrà dire che si sta lavorando a carte in condizioni critiche di conservazione, per le quali il progetto di digitalizza-zione sarà più che giustificato. Nel caso di carte particolarmente deteriorate, con parti consistenti della superficie abrasa e illeggibile, sarà possibile otte-nere risultati soddisfacenti, fotografandole con luce di Wood (lampade a lu-ce ultravioletta), con costi del tutto simili a quelli che si prevedono usando le normali lampade a luce fredda (CLUEB ha fatto una interessante espe-rienza con un manoscritto dell’Archivio Vescovile di Sarsina).

Per inciso, si vuole qui ricordare che, anche nel caso di carte con so-vrapposti oggetti, si ottengono ottimi risultati, se fotografati, calibrando la quantità e l’orientamento delle luci fredde per esaltarne la tridimensionalità (CLUEB sta digitalizzando le quasi 6.000 carte dell’erbario Aldrovandi con risultati molto interessanti; naturalmente, anche in questo caso, si deve lavo-rare senza attrezzature di posizionamento perché i materiali sono delicatis-simi e le piante, vecchie di secoli, rischiano di polverizzarsi, se non trattate con la massima delicatezza). Infine…

La digitalizzazione delle carte è solo l’inizio del progetto vero e pro-prio che, nella maggior parte dei casi, potrà iniziare con la trascrizione, pro-seguire con l’indicizzazione del testo trascritto e così via, implementandolo nel tempo, man mano che si disporrà di risorse economiche e umane.

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NICOLANGELO SCIANNA *

L’elaborazione digitale delle immagini di manoscritti membranacei come mezzo per la salvaguardia della storicità dei restauri

Il restauro, nell’accezione di intervento per la rimessa in funzione di un manufatto, nel caso dei libri e documenti, è iniziato, in passato, il giorno immediatamente successivo al compimento dell’opera: se il documento in-correva in un incidente era lo stesso amanuense che provvedeva al rifaci-mento della parte distrutta riscrivendone il testo. Pertanto potremmo dire che il restauro così inteso ha origini molto antiche. Sappiamo poi che nel corso del tempo ha assunto connotazioni diverse. Comunque nell’antichità ci si preoccupava più della prevenzione dei danni biologici, insetti, muffe, roditori, che del restauro. Sarà solamente con la comparsa delle biblioteche rinascimentali che si può parlare di restauro in termini più vicini a noi, pri-ma delle più recenti modificazioni fino alla concezione attuale. Nelle biblio-teche del ‘500 vengono raccolti testi di varia provenienza e datazione che raramente presentano guasti che richiedano restauri diretti: i danni sono per lo più di usura a carico delle varie parti della legatura ed è proprio su questa che si concentra la maggior parte degli interventi con rifacimenti per lo più totali. Difficilmente in archivio o in biblioteca oggi troviamo legature me-dievali originali. Il legatore poi - infatti non esiste ancora la figura del re-stauratore vero e proprio - quando trova strappi o lacune provvede al loro risarcimento incollando pezze di pergamena o di carta a seconda della natu-ra del supporto. Molto spesso le lacerazioni della pergamena erano suturate con ago e filo, scelta dovuta non solo alla natura del danno ma anche alla difficoltà di reperire materia prima, che era comunque costosa. Infatti le fon-ti di approvvigionamento diventano i codici: usualmente si trovano coperte costituite da fogli membranacei manoscritti, a volte anche con miniature. Questa fase del restauro documentario si protrarrà per diversi secoli con frange che, purtroppo, si prolungano fino agli inizi del XX secolo, quando le legature originali danneggiate vengono sostituite da altre moderne. Come noto, la nascita del moderno restauro librario e documentario si fa risalire alla conferenza di San Gallo del 1898. Ma è solamente a partire dalla secon-da metà del XX secolo che il restauro acquisisce una base scientifica, con l’apporto diretto delle scienze biologiche, chimiche e fisiche. Grazie a Cesa-re Brandi si mette poi al centro dell’intervento di restauro la salvaguardia della storicità e autenticità dell’opera, senza indulgere in quei rifacimenti stilistici tanto cari ai restauratori del XIX secolo. * Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali - Università di Bologna.

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Il restauro, là dove era praticato, veniva svolto a fini quasi esclusiva-mente estetici. I vari artigiani custodivano gelosamente le ricette e le meto-dologie che avevano fortunosamente scoperto per ravvivare inchiostri, eli-minare macchie, consolidare carte o ammorbidire pergamene. Metodi che facevano acquisire fama, salvo il fatto che a distanza di tempo si sono rile-vati altamente degenerativi per i documenti.

Oggi il restauro va effettuato nel totale rispetto dell’opera e della sua storicità quale essa sia: gli aspetti originali ancora presenti come gli empirici restauri e/o i rifacimenti. Sempre e comunque va fatta salva la conservazio-ne del documento che diventa testimonianza del passato non solo per il testo in esso contenuto, ma per i materiali e le manomissioni che entrano a far parte della storia della tecnica e del restauro. Su tutto ciò ha assoluta preva-lenza il criterio della conservazione poiché lo scopo del restauro, là dove necessita, è quello di migliorare il mantenimento e la durata dell’opera.

L’uso opportuno e mirato delle tecniche fotografiche digitali, ancor più di quelle fotografiche classiche, può dare un sicuro contributo sia alla conservazione di un documento sia al mantenimento di quegli aspetti storici che, se lasciati, non arrecano danno. È a tutti noto che la consultazione di una riproduzione fotografica, limitando quella dell’originale, determina un prolungamento della vita di questo. Con l’uso della tecnica digitale possia-mo dare allo studioso qualcosa di più di una semplice riproduzione, possia-mo ottenere un’immagine con più informazioni, direi quasi che si realizza un prodotto che per certi aspetti migliora l’originale, fatta eccezione per la materialità e l’aura che restano proprie dell’opera, in quanto tali uniche ed insostituibili 1.

Per illustrare quanto esposto mi servirò di alcuni documenti su perga-mena conservati all’Archivio Arcivescovile di Ravenna. Questo istituto, im-portante non solo per la storia della città, conserva un ingente patrimonio di documenti redatti su pergamena, oltre tredicimila pezzi. Molti di essi, a cau-sa della longevità, il più antico è dell’VIII secolo, o delle vicissitudini, molti pezzi vengono dalle varie zone della diocesi, presentavano danni di varia na-tura, pertanto nel 1920 vengono inviati al laboratorio di restauro della Bi-blioteca Apostolica Vaticana. Questa biblioteca aveva istituito la figura del restauratore fin dal XVI secolo 2 con il compito più che altro di legatore. Un vero e proprio laboratorio di restauro sorse solamente nel XIX secolo ad o-pera del cardinale Ehrle.

1 W. BENJAMIN, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino 1966. 2 P. FURIA, Storia del restauro librario, Roma 1992, p. 15.

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Figura 1: ARCHIVIO ARCIVESCOVILE DI RAVENNA, pergamena 11336A, par-ticolare: esempio di risarcimento effettuato ai laboratori della Biblioteca Apostolica Vaticana.

I vari pezzi e frammenti furono restaurati integrando le lacune con nuova pergamena e colmando le lacerazioni e le parti fragili per attacco mi-crobico con gelatina di pergamena. Di questa tecnica, non più in uso da oltre cinquant’anni, non si conosce quasi nulla ed è rimasta un segreto di quel la-boratorio o forse più semplicemente, visto che oggi tale gelatina non si rie-sce ad ottenere come si dovrebbe per bollitura di frammenti di pergamena, la sua mancata realizzazione è dovuta all’utilizzo di quella moderna. Però a sostegno della prima ipotesi posso citare un ricordo personale di quando, a-gli inizi del mio apprendistato come restauratore, visitai il Laboratorio pres-so il Vaticano, assieme ad altri giovani. Non so dire quanto di verità o di fa-cezia ci fosse nell’aneddoto che riferisco, ma mi è rimasto impresso il fatto che ci furono mostrati dei codici membranacei miniati in ottime condizioni, con l’affermazione che erano stati restaurati tramite bollitura in acqua di tut-

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to il libro. Non ho mai creduto a tale tipo di cura, per me impossibile: infatti l’acqua e il calore trasformano la pergamena in gelatina.

Sta di fatto che i restauri delle pergamene ravennati effettuati alla Va-ticana nel 1920 sono ancora in buone condizioni e svolgono egregiamente la loro funzione: quella di consolidare e rendere maneggevoli i documenti. Le tecnica di restauro tramite gelatina consisteva nel ritagliare frammenti di pergamena nuova dell’esatta forma della lacuna e nell’inserirli in questa fis-sandoli con gelatina di pergamena, usata come adesivo, stesa sopra i margini combacianti, sia al recto che al verso (Fig. 2).

Figura 2: ARCHIVIO ARCIVESCOVILE DI RAVENNA, pergamena 11336A, par-ticolare della gelatina nel punto di unione fra pergamena nuova e documen-to.

Questo metodo era impiegato per le grandi come le piccole lacune. La stessa procedura era adottata per le lacerazioni i cui lembi, una volta uniti, erano bloccati sempre con la gelatina. Esaminando i restauri per trasparenza si vede come l’unione sia perfetta senza alcuna sovrapposizione.

Purtroppo le varie pergamene furono restaurate senza una diagnosi ar-chivistica, di modo che frammenti facenti parte di uno stesso documento fu-

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rono restaurati come pezzi singoli e così successivamente schedati. Sola-mente in tempi recenti gli studiosi si sono accorti di questa erronea divisio-ne.

Prendendo ora in esame il caso del preceptum datato 23 giugno 949, si è scoperto che questo era stato suddiviso in tre frammenti, il 10006 e gli 11336A-11336B, ognuno restaurato come fosse un documento singolo (Fig. 3). In occasione della mostra a Ravenna, nel 1991, Tesori Nascosti 3, Franco Faranda eseguì una ricostruzione del documento tramite fotografie ritagliate e incollate. Successivamente si pensò ad un restauro vero e proprio che, smontando quello degli anni ’20, riportasse il preceptum all’unità originaria. Sorsero dei dubbi circa la necessità di tale intervento, che si ipotizzava per ragioni direi solo estetiche, non certo conservative in quanto i frammenti e-rano in buone condizioni come pure il restauro vecchio di circa ottant’anni. Indubbiamente è forse arbitrario parlare di estetica per un documento can-celleresco, anche se un manufatto e un documento antichi hanno, oltre al va-lore culturale, una loro armonia e bellezza che può essere disturbata da mac-chie e rotture. Per gli studiosi non era necessaria la ricomposizione, infatti il Muzzioli nel 1961 4 aveva già scoperto che i due frammenti 11336A e 11336B facevano parte dello stesso preceptum, a cui poi si aggiunse il frammento 10006. Pertanto si decise che non era opportuno intervenire con un nuovo restauro che nulla avrebbe aggiunto a quanto già noto, non miglio-rando neppure la leggibilità in corrispondenza delle macule di natura fungi-na, impossibili da rimuovere con le tecniche ed i prodotti oggi noti. Tale de-cisione si è poi rilevata oltremodo saggia perché in tempi ancora più recenti Ruggero Benericetti 5 ha ipotizzato che anche la petitio contenuta nella per-gamena F 2057 (Fig. 4), già citata dal Muzzioli, faccia parte della stessa en-fiteusi che è pertanto costituita da quattro frammenti restaurati separatamen-te. In pratica sulla stessa pergamena era stata scritta prima la petitio nella parte superiore, corrispondente alle spalle della pecora, poi successivamente il preceptum nella parte restante.

3 F. FARANDA, Tesori nascosti, Milano 1991. 4 G. MUZZIOLI, Le carte del monastero di Sant’Andrea Maggiore di Ravenna, Roma 1961. 5 R. BENERICETTI, Le carte del decimo secolo nell’Archivio Arcivescovile di Ravenna. 900-957, Ravenna 1999, pp. XXVIII-XXIX.

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Figura 3: ARCHIVIO ARCIVESCOVILE DI RAVENNA, le pergamene 10006, 11336B e 11336A restaurate ai laboratori della Biblioteca Apostolica Vaticana.

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Figura 4: ARCHIVIO ARCIVESCOVILE DI RAVENNA, pergamena F 2057.

L’esame dei frammenti ha stabilito che sono tutti di pergamena ricava-ta da pelle di pecora, come evidenziato dall’analisi microscopica, con uno spessore di μ 245. Tutti i frammenti fanno parte di un’unica pergamena e pertanto l’ipotesi del Benericetti è avvalorata dall’esame materiale. A onore dei vecchi restauratori si è constatato che anche la pergamena nuova dei ri-sarcimenti è di pecora, dico questo perché purtroppo capita molte volte di vedere restauri di pergamene eseguiti con materiale proveniente da animali diversi da quelli della pergamena originale. Questa non è inutile pignoleria, ma è un’importante attenzione e precauzione ai fini conservativi perché per-gamene con differente origine hanno disuguali reazioni all’umidità e alla temperatura.

Nell’Archivio Arcivescovile di Ravenna esiste un’altra enfiteusi redat-ta allo stesso modo su un unica pergamena, la G 2402 6.

A questo punto, anziché fare un nuovo collage fotografico si è ritenuto più idoneo effettuare un restauro virtuale, cioè un restauro delle immagini. Tale operazione per avere valore scientifico deve essere condotta nello stes-so identico modo di un restauro reale, con la sola differenza di agire sull’im- 6 Storia di Ravenna, II/1, a cura di A. CARILE, Venezia 1991, p. 451, num. 153.

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magine che permette di ottenere, come vedremo, risultati impossibili nelle operazioni reali. Pertanto, come ho già detto in altre occasioni 7, il restauro virtuale non è puro rifacimento arbitrario fatto per meravigliare, ma la scelta di utilizzare le moderne tecnologie ai fini di scavalcare i limiti della materia. Nel nostro caso, dopo aver rimosso i restauri del 1920 si è effettuata una smacchiatura e ricomposizione dei quattro frammenti, integrati da nuova pergamena, per restituire al documento l’aspetto originario (Fig. 5). Questa immagine può essere stampata a dimensioni reali, in modo da poter conse-gnare ai ricercatori tale elaborazione in luogo dei documenti originali che continueranno a conservarsi integri, non sappiamo per quanto tempo, con-servando la testimonianza di una tecnica di restauro del passato. Solamente quando i vecchi restauri perderanno la loro funzione e si riapriranno le lace-razioni o si distaccheranno i risarcimenti sarà opportuno effettuarne dei nuovi secondo le tecnologie e i materiali in uso, che ci si augura altrettanto duraturi.

Un caso simile è quello di altri cinque frammenti; un sesto è andato perso o è ancora da scoprire come appartenente agli altri per formare un u-nico documento datato 21 maggio 1035: privilegio di Gebeardo per il mona-stero di San Pietro in Massa nel Rodigino, pieve di Sant’Apollinare.

La diversità consiste nel fatto che due frammenti non sono stati restau-rati per cui, oltre ad effettuare una ricomposizione digitale come nel caso precedente, salvaguardando i vecchi restauri e limitando la consultazione di quelli non restaurati, si potrà procedere anche ad un restauro effettivo di questi ultimi.

Le immagini sono state ottenute con una macchina fotografica digitale non professionale ed elaborate con un programma di Adobe Photoshop, cioè con un’attrezzatura e tecnologia a portata di tutti, a questo livello. Risultati migliori si possono sicuramente ottenere con attrezzature professionali. 7 N. SCIANNA, Casi di restauro di libri e altri manufatti cartacei, Bologna 2003, pp. 167-170.

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Figura 5: Ricomposizione digitale dei frammenti secondo la posizione ori-ginaria.

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MARIA PIA MORIGI 1 - NICOLANGELO SCIANNA 2

Il miglioramento della lettura di pergamene manoscritte con l’utilizzo di telecamera multispettrale

I. Introduzione

Le tecniche di imaging multispettrale vengono ormai da anni ampia-mente utilizzate nel campo dei Beni Culturali, soprattutto per la diagnostica e lo studio dei dipinti sia su tavola che su tela.

Tali tecniche, che consistono nell’analizzare un soggetto per singole bande spettrali all’interno della regione cha va dall’Ultravioletto al vicino Infrarosso, si basano frequentemente sull’utilizzo di camere digitali con sen-sore di tipo CCD, sensibili nell’intervallo di lunghezze d’onda da circa 300 a 1100 nm.

Grazie all’acquisizione digitale diretta, le immagini possono venire memorizzate ed elaborate da un computer, senza l’inevitabile scadimento delle informazioni derivante dalla conversione in immagini digitali dei dati ottenuti mediante riprese fotografiche tradizionali. Le tecniche multispettrali permettono di acquisire informazioni molto diverse: si va infatti da osserva-zioni puramente qualitative (per esempio immagini a colori in tricromia RGB) ad altre capaci di discriminare e, in molti casi, identificare la natura dei pigmenti usati (tricromia in falso colore, fluorescenza UV) o di eviden-ziare disegni preparatori o pentimenti dell’artista (riflettografia IR).

L’uso di tecniche di imaging multispettrale può anche essere utile per esaltare la leggibilità di manoscritti e testi degradati, attraverso un’oppor-tuna ottimizzazione del contrasto tra testo e substrato. Le immagini spet-tralmente risolte sono spesso molto più leggibili dell’immagine visibile.

Presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Bologna è stato messo a punto un sistema trasportabile per l’analisi multispettrale di dipinti e di antichi manoscritti su pergamena o su carta, basato su una camera dota-ta di sensore CCD e di un’opportuna ruota portafiltri.

Con tale sistema sono state effettuate alcune indagini su un’antica pergamena conservata presso l’Archivio Storico Arcivescovile di Ravenna, già oggetto di studi e di pubblicazioni 3 in quanto contenente degli antichis-simi versi in volgare, una «canzone d’amore» con note musicali che forse rappresenta la più antica lirica italiana. 1 Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali - Università di Bologna. 2 Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali - Università di Bologna. 3 A. STUSSI, Versi d’amore in volgare tra la fine del secolo XII e l’inizio del XIII, «Cultura Neolatina», Fasc. 1-2 (1999).

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II. Strumentazione portatile

Il sistema messo a punto presso il Dipartimento di Fisica di Bologna è costituito da una camera digitale DTA CHROMA (Fig. 1), dotata di un sen-sore CCD monocromatico con 768 x 512 pixel (Kodak KAF401E).

Figura 1: Camera DTA CHROMA, con sensore CCD da 768 x 512 pixel.

Un sensore CCD è una matrice di forma quadrata o rettangolare di mi-croscopici fotorivelatori a stato solido, cresciuti su una base comune di sili-cio. A ciascuno di questi minuscoli rivelatori corrisponde un singolo ele-mento dell’immagine (pixel). Durante la fase di esposizione i fotoni di luce, che colpiscono i vari pixel, generano dei fotoelettroni in numero proporzio-nale all’intensità luminosa incidente in ciascun punto del sensore. La carica accumulata in ogni pixel viene poi trasferita in modo sequenziale al registro di lettura e successivamente ad un convertitore analogico-digitale (ADC). Il risultato finale è un’immagine in livelli di grigio, il cui numero massimo è uguale a 2n, dove n è il numero di bit dell’ADC.

Nel nostro caso il convertitore analogico-digitale è a 14 bit, il che con-sente di ottenere immagini digitali con 16.384 livelli di grigio. La camera è anche dotata di una ruota portafiltri ad otto posizioni, contenente opportuni filtri passa-banda e interferenziali, che vengono posti davanti al rivelatore. La scheda di acquisizione della camera è installata su un computer traspor-tabile, sul quale vengono visualizzate e memorizzate le immagini.

L’immagine da acquisire viene focalizzata sul sensore CCD mediante un obiettivo fotografico di lunghezza focale adeguata e di elevata luminosi-

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tà. Del sistema fanno parte anche le sorgenti di radiazione: nel caso di ripre-se nella banda dell’infrarosso vengono utilizzate due lampade ad incande-scenza, disposte in modo tale da illuminare il più uniformemente possibile la superficie del dipinto o del manoscritto. Per le indagini in luce visibile si fa uso di lampade a luce fredda, mentre per le acquisizioni in fluorescenza ultravioletta vengono impiegate due lampade di Wood, ovvero lampade a vapori di mercurio, caratterizzate da un’emissione nell’ultravioletto (Uva), con un picco a 365 nm. III. Indagini in riflettografia infrarossa

La riflettografia infrarossa (IR) è una tecnica diagnostica ottica non distruttiva, utilizzata soprattutto per l’analisi di antichi dipinti su tavola o te-la. Tale tecnica rende infatti possibile la visualizzazione degli strati sotto-stanti il film pittorico, grazie alla trasparenza dello strato pittorico per lun-ghezze d’onda del vicino infrarosso, cioè quelle comprese tra 800 e 2000 nm. Con questo metodo di indagine si possono quindi ricavare informazioni sulla tecnica dell’autore e sul mezzo grafico impiegato per il disegno prepa-ratorio, si possono mettere in evidenza pentimenti dell’autore, oppure rileva-re scritte, firme e date, sottostanti in origine allo strato pittorico o coperte da successive operazioni di restauro.

La riflettografia IR consiste essenzialmente nell’illuminare l’opera da esaminare con una sorgente di radiazione infrarossa e nel registrare la radia-zione riflessa dall’oggetto. La tecnica, che risale agli anni ’30, nacque come fotografia IR; una svolta si ebbe negli anni ’60 con l’inizio dell’uso di tele-camere a tubo Vidicon per l’acquisizione dell’immagine riflettografica. At-tualmente è sempre più diffuso l’impiego di camere digitali con sensore di tipo CCD e dotate di filtro IR pass, che blocca la luce visibile. Purtroppo la sensibilità spettrale di una camera CCD è limitata a circa 1100 nm, cosa che ne consente un uso efficace solo in casi particolari e cioè in quelle zone dei dipinti dove sono presenti dei pigmenti, per esempio le lacche, che risultano trasparenti già a lunghezze d’onda IR così corte. Esiste comunque un’appli-cazione della riflettografia IR per la quale l’uso della camera CCD si dimo-stra pienamente efficiente. Nei cartonnage in cui sono deposte alcune mummie egiziane capita a volte di trovare dei frammenti di papiro forte-mente anneriti e quindi ormai praticamente illeggibili. È stato riscontrato sperimentalmente un notevole miglioramento della leggibilità, operando nella regione del rosso estremo e del vicino infrarosso 4. Le camere con sen- 4 M. BELLURIA, D. BERTANI, La riflettografia infrarossa, in Elementi di Archeometria, Mi-lano 2002.

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sore CCD hanno proprio in questa regione il loro picco di sensibilità e, se vengono dotate di un obiettivo macro, permettono di fare riprese ravvicinate con la risoluzione spaziale necessaria per evidenziare lo scritto.

Nel nostro caso, non avendo a disposizione un soggetto adatto per ri-prese in infrarosso, ne abbiamo creato uno ad hoc per dimostrare l’efficacia della tecnica. Un porzione di un normale foglio stampato è stata ricoperta con uno strato di vernice, in modo che una parte delle scritte risultasse illeg-gibile. Sono state poi effettuate delle riprese in riflettografia infrarossa (Fig. 2), che hanno dimostrato la capacità della tecnica di evidenziare ciò che si cela sotto la superficie.

Figura 2: Confronto fra immagini acquisite in luce visibile (a sinistra) e in riflettografia infrarossa (a destra). IV. Indagini in fluorescenza ultravioletta

La fluorescenza ultravioletta fa parte delle tecniche diagnostiche non distruttive comunemente impiegate nel campo dei Beni Culturali. Molti dei materiali pittorici, antichi e moderni, hanno la proprietà di essere fluorescen-ti, cioè di emettere luce visibile, quando sono stimolati da radiazione ultra-violetta. Lo spettro della luce emessa da materiali differenti è di solito diver-so e questo può permettere, per esempio, di individuare i ritocchi nei dipinti.

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Inoltre la fluorescenza di solito aumenta con l’invecchiamento, per cui i ri-tocchi sulle opere d’arte, attuati in operazioni di restauro in epoche succes-sive, risultano in genere meno fluorescenti dei pigmenti originali e quindi appaiono più scuri nell’immagine.

La fluorescenza UV viene anche utilizzata per migliorare la leggibilità di antichi manoscritti o testi degradati, quando l’inchiostro risulta partico-larmente sbiadito. Infatti grazie alla fluorescenza della carta o della perga-mena è possibile migliorare il contrasto tra testo e substrato.

In Fig. 3 sono illustrati i componenti principali di un sistema di acqui-sizione di immagini in fluorescenza ultravioletta.

Figura 3: Componenti di un sistema di acquisizione di immagini in fluore-scenza ultravioletta.

Sono chiaramente visibili la sorgente di radiazione UV, il filtro per bloccare la luce visibile parassita emessa dalla lampada di Wood, il filtro in-terferenziale che blocca la radiazione UV riflessa, lasciando passare la luce di fluorescenza emessa dall’oggetto investigato, ed infine la camera digitale con sensore CCD, collegata ad un computer per l’acquisizione e la memo-rizzazione delle immagini.

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IV. Applicazioni pratiche

Fra le tredicimila pergamene conservate presso l’Archivio Storico Ar-civescovile di Ravenna ve ne è una di particolare interesse per la storia della lingua italiana ed in particolare di quella poetica: si tratta delle rime al verso della pergamena 11518 ter, su cui si è tenuto di recente un convegno: «Quando eustava in le tu’ cathene» - Ravenna e la letteratura italiana delle origini 5.

Il documento è un atto notarile in latino, relativo alla vendita di una casa, redatto a Ravenna il 28 febbraio 1127, scritto sul lato carne di un frammento di pergamena ricavata da una pelle di agnello (Fig. 4).

Figura 4: Fotografia al microscopio ottico del verso della pergamena 11518 ter.

La parte utilizzata è stata ritagliata nella zona che va dal dorso all’addome, ottenendo una striscia oblunga con i lati lunghi incurvati (Fig. 5). 5 Ravenna, 24 febbraio 2001.

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Figura 5: Fotografia del recto della pergamena 11518 ter.

Al verso, in posizione capovolta (Fig. 6), due ignoti autori hanno scrit-

to versi in volgare. Un autore ha scritto le prime tre righe, in alto a destra con un inchiostro bruno chiaro, ancora ben leggibili; l’altro ha scritto le sue rime più sotto a sinistra, in 25 righe, usando un inchiostro bruno chiaro mol-to diluito.

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Figura 6: Fotografia del verso della pergamena 11518 ter e particolare del componimento poetico in volgare.

La stesura dei due testi è collocabile tra il penultimo decennio del se-colo XII e l’inizio del XIII. Al verso, nella parte centrale della pergamena, per l’intera larghezza, compare anche una notazione musicale, verosimil-mente databile tra la fine del secolo XI e il secolo XII avanzato. La data di stesura dei testi e quella dei suoni non sono necessariamente coeve.

La pergamena nel tempo ha subito danni, tanto che nel 1922 fu invia-ta, assieme ad altre, presso il Laboratorio di restauro della Biblioteca Apo-stolica Vaticana. I danni, osservando il documento al recto, erano ubicati nella parte superiore destra che ha richiesto anche un risarcimento con per-gamena nuova. Abbastanza sana la parte restante ad eccezione di una gora d’acqua, ancora visibile, al centro (Fig. 7).

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Figura 7: Particolare del recto della pergamena nel quale è visibile una gora d’acqua.

Pertanto, al verso, la zona occupata dai testi poetici è sana ad eccezio-ne di un danno marginale visibile sotto forma di due piccole lacerazioni. È probabile che queste siano dovute alla particolarità della pelle, che in quel punto, corrispondente alla pancia, è più sottile, più che ad altre cause. Infatti sia al recto che al verso il testo in prossimità di tale danno è in buone condi-zioni. Non così la parte sottostante dove le rime appaiono poco leggibili e in alcuni punti sono scomparse (Fig. 8). È verosimile che la scarsa leggibilità sia dovuta a due fattori concomitanti: la particolare zona della pergamena scelta dall’anonimo autore per scrivere, aggiunta all’uso di inchiostro molto diluito con poco legante.

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Figura 8: Particolare del verso della pergamena, in cui il testo poetico risul-ta particolarmente degradato.

Questa pergamena è stata oggetto delle nostre indagini con la camera multispettrale descritta in precedenza. V. Risultati sperimentali

Nelle Figure 9-13 sono mostrate alcune immagini della pergamena ot-tenute con la tecnica della fluorescenza ultravioletta. Dal confronto con le corrispondenti immagini, acquisite nella banda del visibile, emerge chiara-mente il miglioramento della leggibilità dei versi nel caso si utilizzi la luce di fluorescenza emessa dalla pergamena quando è illuminata da una lampa-da di Wood. Purtroppo la tecnologia attuale ci permette di sormontare i limi-ti dell’occhio umano, ma non di ricostruire ciò che è andato totalmente per-so.

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Figura 9: Confronto fra le immagini del componimento poetico acquisite nel visibile (a sinistra) e in fluorescenza ultravioletta (a destra) con la came-ra DTA CHROMA. Figura 10: Particolare del componimento poetico in volgare. A sinistra: immagine nel visibile acquisita con una camera digitale a colori. A destra: immagine in fluorescenza ultravioletta, acquisita con la camera DTA CHROMA.

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Figura 11: Particolare della pergamena in luce visibile (a sinistra) e in fluo-rescenza ultravioletta (a destra).

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Figura 12: Particolare del verso della pergamena, contenente un disegno musicale disposto su tre linee melodiche.

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Figura 13: Particolare della notazione musicale sul verso della pergamena. VI. Conclusioni

Le acquisizioni sperimentali mostrate nelle pagine precedenti rappre-sentano i primi risultati ottenuti con il sistema di imaging multispettrale, messo a punto presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Bologna. Anche se non è stato possibile recuperare la porzione di versi particolarmen-te degradati, le prove sperimentali hanno permesso di evidenziare i limiti e le potenzialità della tecnica multispettrale, che rappresenta un potente stru-mento di analisi, soprattutto nel caso di manoscritti o di libri a stampa, la cui leggibilità sia stata fortemente compromessa dal tempo e dalle condizioni di conservazione. Ringraziamenti

Gli autori desiderano rivolgere un vivo ringraziamento al Professor Rabotti, alla Dottoressa Liverani e a Monsignor Montanari, Direttore dell’Archivio Storico Arcivescovile di Ravenna, per la collaborazione e la disponibilità dimostrate in occasione delle acquisizioni sperimentali sulla pergamena 11518 ter.

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FRANCESCO MOTTOLA*

La digitalizzazione dell’Archivio storico del Comune di Penne: una esperienza di sinergie

Penne, compresa storicamente nell’Abruzzo Teramano ma dal 1927 nella nuova provincia di Pescara, presenta una interessante concentrazione documentaria.

Nel medioevo si resse con norme statutarie e rimase in demanio: Uni-versitas - come tali organismi venivano chiamati nell’Italia meridionale - e domina di terre e castelli nel secolo XV, fu destinataria di privilegi ed esen-zioni fiscali da parte dei sovrani angioino-durazzeschi ed aragonesi. In età moderna la città fu infeudata, con titolo di ducato, prima (1522) dall’impe-ratore Carlo V ad Alessandro dei Medici di Firenze marito della propria fi-glia naturale, Margarita, e poi (1539) alla stessa Margarita, passata nel frat-tempo in seconde nozze con Ottavio Farnese; insieme con altri feudi costituì il cosiddetto «stato» farnesiano d’Abruzzo, che comprendeva pure una pic-cola porzione del Reatino, con una superficie pari, grosso modo, a un deci-mo dell’Abruzzo del tempo. Lo «stato» passò ai discendenti dei Farnese si-no ad Antonio, ultimo maschio della casa ducale, morto nel 1731 senza ere-di; dopo di che fu chiamato Carlo di Borbone - figlio di Elisabetta Farnese, nipote di Antonio e moglie di Filippo V di Borbone re di Spagna -, il quale diventò il primo re della ricostituita monarchia autonoma di Napoli. I posse-dimenti, abruzzesi e non, insieme ai feudi già medicei, costituirono il priva-to patrimonio dei re di casa Borbone e furono considerati come allodio, di-stinto dai beni di natura pubblica o statale 1. * Università «G. D’Annunzio» di Chieti-Pescara. 1 Manca tuttora una storia completa di Penne, anche se sono stati indagati diversi aspetti particolari; del tutto insufficiente è: A. RUBINI, Storia di Penne, Penne 1988 [ma 1989]. Per un inquadramento delle vicende politico-istituzionali dal tardo medioevo in poi mi si con-senta rinviare alla mia introduzione in: Archivio Storico del Comune di Penne. Periodo preunitario (secc. XII-XIX). Inventario, a cura di F. MOTTOLA, L’Aquila 2002 (Deputazio-ne Abruzzese di Storia Patria, Documenti per la storia d’Abruzzo, n. 16), in particolare al cap. I, L’Universitas, pp. 15-76 (con bibliografia alle pp. 361-376). Sull’età margaritana cfr.: C. GRECO, Penne Capitale Farnesiana. Lo Stato Aprutino di Margarita d’Austria, presentazione di P. BREZZI, tavole araldiche di M. COSTANTINI, Pen-ne 1988, ed i cataloghi delle mostre citati infra alla nota 19, mentre manca uno studio sul periodo successivo. I Farnese acquistarono pure altri feudi al di fuori dell’Abruzzo come, ad esempio, Castellammare di Stabia nel 1541 e Altamura e Roccaguglielma nel 1542. Per l’elenco di città, terre e castelli comprendenti lo «stato», cfr.: Gli Ordini di Margarita

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La presenza di una sede diocesana, pare sin dai secoli V-VI, con nu-merosi monasteri e chiese 2; un forte Capitolo cattedrale in feroce lotta con quello della confinante Atri per la «preminenza» tra le due Chiese, specie nei secoli XVI-XVII 3; l’Universitas in grado di produrre documentazione con alcune caratteristiche proprie del documento cancelleresco d’età medie-vale 4; una agguerrita nobiltà locale detentrice di feudi 5 sono alcuni dei fat-tori che contribuirono alla produzione e alla sedimentazione di testimonian-ze scritte di diversa natura. Mentre le plurisecolari concentrazioni archivi-stiche degli enti ecclesiastici del territorio furono travolte dalle leggi di sop-pressione dell’Ottocento ed in buona parte perdute 6, la documentazione pre-

d’Austria per li suoi Stati d’Abruzzo, del 1571, a cura di G. DE CAESARIS, Casalbordino 1934, pp. VIII, nota 4, e XLVIII. Sul governo farnesiano in Abruzzo cfr.: G. RAMACCIOTTI, Il governo Farnesiano-Borbonico nello Stato di Abruzzo, «Bullettino della Deputazione Abruzzese di Storia Pa-tria», s. VI, voll. III-V (XLIV-XLVI) (1953-1955, ma edito nel 1961), pp. 5-53 e, per le fonti, ID., Fonti archivistiche Farnesiane-Borboniche per la storia di Abruzzo, Ibidem, s. V, voll. III-V (XXXII-XXXIV) (1941-1943, ma edito nel 1957), pp. 83-113. Sull’archivio Farnese e sulle carte degli allodiali, in massima parte conservate a Napoli, cfr.: J. MAZZO-LENI, Le fonti documentarie e bibliografiche dal sec. X al sec. XX conservate presso l’Archivio di Stato di Napoli, I-II, Napoli 1974 e 1978; in particolare: Ibidem, I, pp. 283-293, e II, pp. 74-83. 2 Enciclopedia Cattolica, IX, Città del Vaticano 1952, coll. 1136-1138. Per la cronotassi episcopale cfr.: Hierarchia Catholica Medii et Recentioris Aevi [...], II, edita per C. EUBEL, Monasterii 1914 (reimpressio immutata, Patavii 1960), pp. 213-214; Ibidem, III, inchoavit G. VAN GULIK, absolvit C. EUBEL, editio altera quam curavit L. SCHMITZ-KALLENBERG, Monasterii 1923 (reimpressio immutata, Patavii 1960), p. 271. Rimane, comunque, un pun-to di partenza F. UGHELLI, Italia Sacra sive de Episcopis Italiae et insularum adiacentium [...], ed. N. COLETI, I, Venetiis 1717, coll. 1111-1153 (Pennenses et Hadrianenses episco-pi). Da rivedere ed aggiornare L. DI VESTEA, Penne sacra, Teramo 1923. 3 Cfr. infra, nota 24. 4 Per le connesse problematiche e l’edizione dei relativi documenti mi si permetta rinviare al mio: F. MOTTOLA, Le cancellerie delle universitates meridionali. Gli esempi di Penne e di Sulmona (secc. XV-XVI), Galatina 2005 (Università di Lecce, Dipartimento dei Beni del-le Arti e della Storia, Fonti medievali e moderne), in corso di stampa. 5 Su di un episodio di feroce lotta tra famiglie rivali cfr.: B. PIO, La lotta per il predominio cittadino a Penne nel sec. XVI, in Deputazione Abruzzese di Storia Patria. Incontri cultura-li dei soci. VIII, San Clemente a Casauria, 20 maggio 2001. Supplemento del Bullettino, L’Aquila 2001, pp. 133-143. 6 A titolo di esempio valga la vicenda del convento di San Domenico - su cui cfr. infra, no-ta 16 -, divenuto successivamente sede municipale: B. CARDERI, I Domenicani nella Dioce-si di Penne, «Bullettino della Deputazione Abruzzese di Storia Patria», vol. LXIV (XCV) (1974), vol. II, pp. 667-953, rist. immutato in «Quaderni abruzzesi di storia domenicana», n. 5 (1976), pp. 667-953, e ID., La soppressione dei domenicani nell’Abruzzo Teramano, saggio storico con appendici, Teramo 1964. Si tenga inoltre presente che a Penne ebbe se-de uno dei rari insediamenti di cavalleresse gerosolimitane: cfr. A. FOSCHINI, Le Religiose

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sente negli archivi privati in parte è tenacemente detenuta dai proprietari, in parte è stata recuperata dopo alcune dispersioni ed oggi è conservata in ar-chivi e biblioteche pubblici 7.

Rimangono in loco i due maggiori archivi: del Capitolo cattedrale e diocesano 8 e Comunale. Il primo conserva un nucleo pergamenaceo notevo-le per quantità e qualità dei pezzi, che richiamò l’attenzione dei collaborato-ri di Paul Fridolin Kehr, interessato ai documenti papali sino al 1198 (ben ventuno tra originali e copie) al fine dell’imminente pubblicazione del quar-to volume dell’Italia Pontificia. Non mancano i privilegi imperiali tra cui, tanto per ricordare i più noti, quelli di Ottone I del 968 e di Federico II del 1219 con bolla d’oro 9. L’archivio è stato oggetto più volte di sottrazioni do-lose, accertate almeno nell’ultimo secolo 10. Ultimamente è interessato da un

Gerosolimitane dell’Ordine dei Cavalieri di Malta e la Chiesa di San Giovanni Battista nella Città di Penne, «Rivista Abruzzese», II (1949), n. 2 (apr.-giu.), pp. 1-12. 7 Per gli archivi privati della regione è utilissimo il recente: Archivi privati in Abruzzo. Car-te da scoprire, a cura di F. TORALDO - M. T. RANALLI, Villamagna 2002 (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Settimana della cultura); per alcuni esempi di dispersione di documentazione da archivi privati pennesi oggi conservata in archivi e biblioteche pubblici cfr. Ibidem, pp. 26, 107-108, 132 (Aliprandi-De Sterlich), 112, 143 (De Caesaris), 122 (Trasmondi). 8 Sull’archivio della diocesi, diventata di Penne e Atri dal 1252 e di Pescara e Penne dal 1949, cfr., per uno sguardo d’insieme, Guida degli Archivi diocesani d’Italia, I, a cura di V. MONACHINO - E. BOAGA - L. OSBAT - S. PALESE, Roma 1990 («Quaderni della Rassegna degli Archivi di Stato», 61 - «Archiva Ecclesiae», 32-33), pp. 252-254. 9 P. F. KEHR, Papsturkunden in Italien. Reiseberichte zur Italia Pontificia, I (1896-1899), Città del Vaticano 1977 (Acta Pontificum Romanorum, 1), pp. 327-371 (Papsturkunden in den Abruzzen und am Monte Gargano): in particolare alle pp. 337-338, e ID., Regesta pon-tificum romanorum. Italia Pontificia, IV, Umbria Picenum Marsia, Berolini 1909. Sui due diplomi citati cfr. rispettivamente: M. COLUCCI, L’Abruzzo del sec. X in un diploma di Ot-tone I al vescovo di Penne, «Nuova Rivista Storica», LXV (1981), fascc. V-VI, pp. 588-616, e La Bolla d’oro di Federico II. Privilegio del 1219 alla Chiesa di Penne, Bucchiani-co 1999 (Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Sovrintendenza Archivistica per l’Abruzzo - Curia Arcivescovile di Pescara-Penne). Per gli altri diplomi imperiali cfr., per una prima informazione: KEHR, Papsturkunden in Italien. Reiseberichte zur Italia Pontificia..., cit., in particolare a p. 337, nota 1, per gli ori-ginali, e a p. 338, nota 1, per le copie. 10 A titolo di esempio si ricordano la sottrazione di pergamene, ad opera dell’esercito tede-sco durante l’ultima guerra, ed il loro fortunoso recupero nel 1949-1950 (cfr. B. PIO, Le pergamene del Fondo Penne dell’Archivio di Stato di Teramo, in Deputazione Abruzzese di Storia Patria. Incontri culturali dei soci. X, Penne, 1° giugno 2003. Supplemento del Bul-lettino, L’Aquila 2003, pp. 75-89; F. MOTTOLA, Una mancata dispersione di pergamene dell’Archivio Capitolare di Penne, Ibidem, pp. 91-102) ed il furto perpetrato negli anni Ot-tanta del secolo scorso (L. PELLEGRINI, Abruzzo medioevale. Un itinerario storico attraver-so la documentazione, Altavilla Silentina 1988 [Studi e ricerche sul Mezzogiorno medieva-le, Collana promossa da C. Carlone e F. Mottola, 6], in partic. p. 69). Per le tristi vicissitu-

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progetto di digitalizzazione del solo recto delle pergamene, sponsorizzato da un imprenditore privato; poiché si è ancora in attesa dei primi risultati da parte del gruppo di lavoro non si possono dare cifre sicure: il numero com-plessivo dei pezzi dovrebbe aggirarsi intorno a 1.900 circa.

L’altro era da considerare uno dei più ricchi archivi comunali della re-gione, prima che fosse sensibilmente depauperato per cattiva custodia, de-plorevole degrado ed emorragia della documentazione al punto che Le di-spersioni è il titolo di un capitolo specifico dell’introduzione all’inventario del periodo preunitario, da poco edito 11. Su questo archivio e sui progetti di recupero voglio ora richiamare l’attenzione.

Senza voler rifare la storia dell’archivio o, meglio, della sua disper-sione, si deve purtroppo dire che anche il suo recente passato è costellato da una lunga sequela di notizie riguardanti noncuranza, abbandono, degrado. La Soprintendenza Archivistica per le province dell’Italia meridionale pri-ma, la nuova Soprintendenza Archivistica per l’Abruzzo e il Molise con se-de a Pescara poi, forte dell’allora nuova legge archivistica (D. P. R. 1409/1963), richiamarono più volte l’attenzione dell’amministrazione co-munale sugli scarti abusivi, sul riordinamento e sull’inventariazione invian-do circolari, sollecitando risposte, ribadendo prescrizioni di legge ma l’archivio, per disinteresse, era destinato a tristi vicissitudini che si protrar-ranno sino agli ultimi anni del secolo scorso 12. In uno dei tanti sopralluoghi effettuati dalla Soprintendenza Archivistica, nel novembre del 1973, risultò che «lo stato di conservazione dei documenti più antichi di codesto Comune è decisamente peggiorato rispetto a quanto fu riscontrato nel dicembre 1970: locali umidi, scaffalature lignee fatiscenti ed insufficienti, documenti ancora in sacchi o sparsi nel più deplorevole disordine sul pavimento e sulla scalet-ta discendente di accesso» 13.

Bisognerà attendere l’applicazione della Legge 285/1977 e l’opera della stessa Soprintendenza Archivistica per una ripresa dei lavori di siste-mazione più adeguata e di schedatura. Grazie alle provvidenze della «Legge giovanile» si iniziò a mettere mano al tanto auspicato riordino: tra il 1979 e

dini sofferte dall’Archivio diocesano di Penne, caduto in grande disordine e precluso persi-no allo studioso tedesco Wolfgang Hagemann negli anni Cinquanta del secolo scorso, cfr. Ibidem, pp. 63-70. 11 Archivio Storico del Comune di Penne. Periodo preunitario..., cit., pp. 141-165. 12 Ibidem, in particolare alle pp. 125-139 e 148 e segg. 13 Lettera del Soprintendente Archivistico Giovanni Antonio Fiorilli al Sindaco, Pierino Castiglione, del 15 novembre 1973, Prot. n. 1992/VIII.3, e risposta del Sindaco del 14 gen-naio 1974, Prot. n. 11629, il quale fece presente la possibilità di aver presto a disposizione alcuni locali contigui all’archivio e le notevoli difficoltà finanziarie del Comune (ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI PENNE, Archivio di deposito, categoria I, classe 2, cc. n. numm.).

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il 1980 furono schedati circa 2.050 pezzi tra registri, cartelle e fascicoli, la-voro da cui derivò, successivamente, un Inventario analitico parziale di re-gistri e serie particolari dell’archivio comunale di Penne, datato 25 maggio 1983 e compilato da quattro dipendenti della Soprintendenza Archivistica 14.

In particolare quest’ultima ha iniziato, a partire dal 1989, un’efficace indagine di ricognizione del territorio regionale, dalla quale è emerso che la «situazione degli archivi storici comunali abruzzesi è del tutto insoddisfa-cente». Limitatamente alla provincia di Pescara, di cui Penne fa parte, su quarantasei archivi storici solo nove furono trovati in buone condizioni ge-nerali, ventuno in mediocri e sedici in pessime. Lo stato di conservazione dei documenti era buono in tredici archivi. Solo due risultarono riordinati e inventariati (Catignano e Cepagatti), mentre l’ordinamento era inesistente nella gran parte degli altri. In quarantuno mancavano del tutto mezzi di cor-redo, in due esisteva un inventario sommario, in uno una parziale schedatu-ra. Sette archivi erano addirittura inaccessibili; in diciassette si accertarono dispersioni 15.

Il lavoro di recupero e di riordinamento, ma pure di gestione, fruizione e divulgazione del patrimonio archivistico comunale, fu affidato dal Comu-ne con propri fondi nel 1988 alla cooperativa Archivi e Cultura (società a r. l.) di Pescara, con un progetto finanziato ai sensi della Legge Regionale 63/1986 - la cui normativa era rivolta alla prima occupazione giovanile - e, successivamente, grazie alle nuove Leggi Regionali 64/1990 e 36/1999. Al momento dell’inizio dei lavori il superstite archivio, in pessimo stato di con-servazione specie per la parte antica, risultava smembrato in più sedi: alcuni locali del Municipio allocato nel soppresso convento domenicano 16; l’ex

14 Fu predisposto un elenco di pergamene, datato 16 aprile 1983, che, mancante pure dell’indicazione degli estremi cronologici, è quanto mai approssimativo: si tratta, in realtà, del materiale prelevato su richiesta del Soprintendente Archivistico (cfr. Archivio Storico del Comune di Penne. Periodo preunitario..., cit., p. 137). 15 Il censimento degli archivi storici dei Comuni della provincia di Pescara è in: M. T. SPI-NOZZI, Aspetti della tutela e della vigilanza sugli archivi storici dei Comuni d’Abruzzo, in Gli archivi come fonte di ricerca storica, I, Catalogo della mostra documentaria «Gli ar-chivi come fonte di ricerca storica», a cura di I. D’INCECCO, e Indice bibliografico, a cura di M. T. RANALLI; II, Problemi della tutela e della vigilanza, a cura di A. E. CIATTONI, Pe-scara 1994 (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Sovrintendenza Archivistica per l’Abruzzo), pp. 270-271. 16 Sulla soppressione, eseguita nel 1809, dell’antico convento di San Domenico, poi ripri-stinato con R. D. 9 agosto 1819 e definitivamente soppresso sotto condizione risolutiva con R. D. 17 febbraio 1861, e sul suo riutilizzo cfr.: CARDERI, La soppressione dei domenicani nell’Abruzzo Teramano..., cit., pp. 13-14, 21-22, 33-34 e 87-122, e ID., I Domenicani..., cit., pp. 702-704 e 882-888 per le vicende del decennio francese e la successiva riapertura, e Ibidem, pp. 707-713 e 906-910 per la soppressione del periodo unitario.

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mattatoio comunale; il caveau della Banca di Credito Cooperativo a Casti-glione Messer Raimondo (TE) per salvaguardare i pezzi più pregiati, ed il Museo Civico Diocesano di Penne (istituito nel 1984). Tra il 1995 ed il 2001 sono state riunite quasi tutte le membra disiecta presso i locali ristrut-turati dell’ex mattatoio e si è proceduto, in ordine di realizzazione, all’ordi-namento e all’inventariazione dei registri di Stato Civile (1809-1993), dei registri dell’Archivio comunale (1548-1991) e dell’intero fondo archivistico (1178, in copia [primo originale: 1382]-1964), nonché di ben ventotto ar-chivi aggregati: assistenziali, giudiziari, bancari, di pubblica utilità, di istru-zione e sanitari (dal 1562) 17.

Nel frattempo si era ridestato l’interesse per la ricerca storica locale, rimasta ferma al 1948, anno della morte del suo ultimo studioso (don Gio-vanni de Caesaris 18), grazie alla esposizione di alcuni documenti in occasio- 17 Rispettivamente: Inventario dell’archivio di Stato Civile del Comune di Penne (1809-1993), 1994, pro manuscripto; Inventario analitico dei registri dell’Archivio del Comune di Penne (PE) 1548-1991, 1996, pro manuscripto; Archivio Storico del Comune di Penne. Periodo preunitario..., cit. Gli archivi aggregati sono: Ente Comunale di Assistenza (con vari archivi in esso confluiti: Congregazione di Carità, Monte Frumentario, Brefotrofio an-nesso all’ospedale di San Massimo, Ospedale San Massimo, Monte delle Orfane, Opera Pia Asilo Infantile Regina Margherita, Orfanotrofio femminile De Sanctis-Del Bono, Mendici-comio); nonché: Regio Subeconomato dei benefici vacanti per le province Napoletane di Atri e di Penne; Amministrazione Convitto Ginnasiale; Ufficio di Conciliazione; Banca Popolare Cooperativa; Consorzio stradale dei Comuni di Penne, Collecorvino e Picciano; Commissariato governativo degli alloggi; Regia Pretura Mandamentale; Comitato di assi-stenza civile guerra 1915-18; Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra - Sezio-ne; Società del tiro a segno nazionale; Commissariato generale per approvvigionamenti e consumi; Commissione elettorale mandamentale; Associazione nazionale famiglie dei ca-duti in guerra; Liceo Scientifico Comunale Parificato; Direzione Didattica governativa; Pa-tronato scolastico; Comitato comunale di liberazione nazionale; O.N.M.I.; I.N.G.I.C.; O.N.A.R.M.O; C.R.I. - Sottocomitato; Comitato comunale U.N.R.R.A. - Tessile; Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale - Ufficio di Collocamento; Ente Nazionale Assisten-za Orfani Lavoratori Italiani; Polisportiva Pennese; Commissione distrettuale delle imposte dirette e delle imposte indirette sugli affari ed Ente nazionale per la protezione morale del fanciullo, tutti di Penne. La documentazione in essi contenuta abbraccia il periodo dei seco-li XIX-XX, ad eccezione del Regio Subeconomato dei benefici vacanti, con documenti dal 1562. Ringrazio qui, ancora una volta, il gruppo di lavoro della cooperativa Archivi e Cul-tura presso l’Archivio comunale per avermi fornito l’elenco. 18 Canonico della cattedrale, è stato autore di numerose pubblicazioni di natura storica, let-teraria, poetica e d’occasione. Cfr. Giovanni De Caesaris. Commemorazione promossa dall’Amministrazione Provinciale di Pescara nel IV Anniversario della morte, Pescara 1953 (con bibliografia degli scritti), nonché: L. RICCIOTTI, Giovanni De Caesaris storio-grafo abruzzese dell’età moderna, L’Aquila [1973], e EAD., Giovanni De Caesaris storio-grafo abruzzese dell’età risorgimentale, in «Quadrifluus amnis». Studi di Letteratura, Sto-ria, Filosofia e Arte offerti dalla Facoltà di Lettere e Filosofia a Mons. Costantino Vona, Chieti 1987, pp. 405-414. Un nutrito elenco delle sue opere è in: M. ZUCCARINI, Bibliogra-

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ne delle mostre abruzzesi su Margarita d’Austria nella ricorrenza del quarto centenario della morte (1986) e sugli archivi come fonte di ricerca storica 19, e soprattutto per l’intervento dell’amministrazione comunale, finalmente sensibile alle tematiche culturali dopo un lungo periodo di letargo e di non-curanza, la quale, tra gli altri interventi, ha istituito nel 1999 la sezione sepa-rata d’archivio 20.

Il progetto di recupero e di valorizzazione della documentazione stori-ca pennese non si sarebbe potuto attuare senza il concorso di due fattori che, per la loro specificità, meritano di essere conosciuti. La Regione Abruzzo aveva concesso contributi agli enti che avevano avviato il riordino e l’inventariazione del proprio archivio storico, in particolare con la Legge 64/1990. Nel 1999 ha approvato l’altra apposita Legge (36/1999, appunto) volta a promuovere e sostenere finanziariamente, «in concorso con gli enti locali, le iniziative di costituzione, inventariazione, conservazione e valoriz-zazione degli archivi storici degli enti locali e degli archivi d’interesse stori-co dei privati» (art. 1), anche «mediante l’uso di tecniche informatiche» (art. 2), nonché a favorire la «creazione di consorzi tra enti locali per la gestione permanente di sistemi archivistici comuni», cui vanno aggiunti gli interventi di restauro e valorizzazione e l’«acquisizione di beni e attrezzature finaliz-zate ad assicurare un’ampia fruibilità pubblica del patrimonio archivistico» (art. 2, comma 1, lett. b-c). La stessa legge, che ha istituito l’elenco regiona-le degli operatori archivistici (art. 7), è stata finanziata solo per gli anni 1999, 2000, 2001 e 2002, a causa delle note difficoltà economiche, per complessivi 1.100 milioni di lire italiane. Un apposito Comitato di valuta-zione ha esaminato numerosi progetti di recupero, riordino e inventariazione di archivi laici ed ecclesiastici approvandone diciassette tra cui, appunto, quello di Penne 21.

fia Abruzzese, Chieti 1980, pp. 224-231, nn. 1860-1921, e p. 516, n. 4544; ID., Bibliografia Abruzzese, (II serie), L’Aquila 1990 (Deputazione Abruzzese di Storia Patria, Bibliografi-ca, 3), p. 132, n. 672; ID., Bibliografia Abruzzese, (III serie), L’Aquila 1995 (Deputazione Abruzzese di Storia Patria, Bibliografica, 4), pp. 272-274, nn. 1963-1977; ID., Bibliografia Abruzzese, (IV serie), a cura di U. RUSSO, L’Aquila 2000 (Deputazione Abruzzese di Sto-ria Patria, Bibliografica, 5), pp. 63-65, nn. 439-460. 19 Rispettivamente: Margarita d’Austria in Abruzzo nel quarto centenario della morte. Mo-stre architettoniche documentarie e librarie, L’Aquila 1987; Fonti documentarie e testi-monianze su Margarita d’Austria e i Farnese nei feudi d’Abruzzo, Teramo 1994 (Archivio di Stato, Teramo); Giornata di Studi Margaritiani. Condotta dal sen. prof. Paolo Brezzi. Penne, 7 febbraio 1988. Atti, Penne 1989, e Gli archivi come fonte di ricerca storica..., cit. 20 Delibera di Giunta Municipale n. 239 del 9 agosto 1999. 21 In particolare i progetti approvati riguardano i Comuni di: Cellino Attanasio, Elice, Pen-ne, Corfinio, Luco dei Marsi, San Salvo, Barisciano, Roseto degli Abruzzi, Ortona dei Marsi, Bisenti, Pianella, Cermignano, Barete, Sant’Egidio alla Vibrata, le Province di Pe-

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L’altro fattore è costituito dalla presenza nella cittadina di un illumi-nato imprenditore, il cui amore per il natio loco è pari alla passione trasfusa nella gestione della nota casa di alta moda Brioni Roman Style s.p.a., della quale è amministratore delegato: Lucio Marcotullio è impegnato da anni nel potenziamento dello sviluppo economico e del progresso culturale quale si-nergia finalizzata alla crescita dell’intera comunità civile.

Prima di parlare del progetto di digitalizzazione è utile esporre, anche se sinteticamente, il contenuto del nostro archivio. Superate, come si è detto, non poche difficoltà logistiche ci si è imbattuti nelle inevitabili problemati-che connesse all’ordinamento dell’archivio di un ente d’antico regime dell’Italia meridionale, fortemente depauperato e in precario stato di conser-vazione. L’Ottocento borbonico, quasi del tutto perduto tranne alcuni regi-stri (nove serie), è stato separato dall’antico regime (tredici serie) per sotto-lineare la cesura storico-istituzionale, giacché è preferibile «individuare nell’età napoleonica [e non nell’unificazione del Regno] il momento essen-ziale per la formazione degli archivi moderni, perché in quel periodo giunge a maturazione un processo di elaborazione giuridica e di trasformazione dell’apparato burocratico che, già iniziato con diversa incidenza negli Stati della penisola, porta a riforme talora radicali e sostanzialmente omogenee su tutto il territorio nazionale» 22.

Il periodo postunitario è stato ordinato ricostruendo le serie dei regi-stri. Per il carteggio amministrativo dal 1861 al 1897 si è proceduto sulla base di ben tre titolari, ricostruiti dallo spoglio dei protocolli della corri-spondenza (dal 1866), della rubrica del protocollo (1884-1886) e delle se-gnature archivistiche apposte su fascicoli e carte sciolte; dal 1897 si è rispet-tato l’originario utilizzo delle quindici categorie della circolare Astengo a-dottate in loco sin dal 1898. La schedatura informatizzata è stata realizzata con il software Sesamo, versione 3.1, fornito dalla Regione Lombardia e a-dottato dalla predetta cooperativa. Il software ha consentito la descrizione analitica di ogni unità archivistica di cui sono riportati: titolo, serie d’appartenenza, data topica, estremi cronologici del documento, segnatura, contenuto, note, definizione del pezzo e del supporto, consistenza, formato, specificazione riguardo alla legatura, stato di conservazione, danni, lingua, provenienza, segnatura antica. I dati saranno riversati nell’ultima versione di Sesamo, 4.1, che consente di realizzare descrizioni conformi ai più recenti

scara e L’Aquila e la Diocesi di Sulmona-Valva (all. alle delibere di Giunta Regionale nn. 921 del 28 giugno 2000, 250 del 9 aprile 2001, 43 del 17 gennaio 2002 e 997 del 26 no-vembre 2002). 22 P. CARUCCI, Il documento contemporaneo. Diplomatica e criteri di edizione, Roma 1987, p. 32.

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standard ISAD(G) (International Standard Archival Description - General) e ISAAR (CPF) (International Standard Archival Authority Record - Corpo-rate Bodies, Persons and Families) e di allegare ad ogni scheda archivistica immagini suscettibili di ingrandimento 23. Il programma è stato recentemente condiviso dal Ministero per i beni e le attività culturali ed è compatibile con il sistema SIUSA (Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Ar-chivistiche).

Di tale non piccola mole documentaria tra archivio storico (1178, in copia-1964 con documenti sino al 1980: 7.136 unità archivistiche) e archivi aggregati (1562-2004: 6.109 unità), dopo due scarti (1993 e 2000), si pone ora il problema della conservazione e della riproduzione di sicurezza. Nono-stante numerosi pezzi, in particolare le carte sciolte d’età moderna, necessi-tino di un urgente restauro, questo aspetto è stato rinviato per mancanza di finanziamenti. Tuttora i pezzi più antichi, o reputati pregiati, sono conserva-ti, come già detto, nel caveau di una banca in provincia di Teramo in attesa degli interventi necessari per la protezione e per la sicurezza che, una volta compiuti, consentiranno di far rientrare a Penne l’intero patrimonio archivi-stico, da collocare in appositi locali della restaurata sede comunale così da permetterne la totale fruizione.

L’obiettivo primario dell’intervento di digitalizzazione in corso di at-tuazione, interamente finanziato dalla precitata Brioni Roman Style s.p.a. con un contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Pescara, è di co-stituire una base informativa (su cd-rom) che sia immediatamente disponibi-le e realizzata con standard «riconoscibili» dalla maggioranza degli utenti: da questa base sarà possibile eseguire consultazioni ma anche realizzare im-portanti iniziative di valorizzazione e di studio.

Il progetto, per ovvi motivi di costi, non può interessare la totalità dell’archivio storico, ma non si dispera in un ampliamento dell’iniziativa. Si è stati perciò costretti ad una rigida selezione, privilegiando, in questa prima fase, il materiale pregiato (codici e pergamene) e quello che, dal punto di vi-sta del contenuto, assumesse carattere di particolare importanza storica. Si sono dovuti, pertanto, escludere momentaneamente, oltre alla serie dei pub-blici Parlamenti (superstiti dal 1626), interessanti documenti sciolti quali capitoli, grazie, concessioni, mandati, lettere dei re e viceré di Napoli, dei Medici, dei Farnese e di varie autorità (1320, in copia-1695) oppure quelli

23 È in corso di allestimento una pagina web (http://www.comune.penne.pe.it/) con infor-mazioni sintetiche sull’archivio e su alcuni pezzi, sui criteri d’ordinamento, sulla consisten-za (numerica e cronologica) delle serie, con un glossario dei principali termini archivistici, elenco di sindaci, commissari prefettizi e podestà dall’Unità d’Italia a oggi e bibliografia scelta.

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riguardanti la plurisecolare vertenza tra Penne e Atri per la «preminenza» di una Chiesa sull’altra (secoli XVI-XVII) 24 che, in un futuro si spera prossi-mo, dovranno essere «trattati» con tecniche di imaging multispettrale a cau-sa del cattivo stato di conservazione (inchiostro fortemente sbiadito).

L’attuale intervento, perciò, riguarda il piccolo nucleo superstite di documenti pergamenacei 25, le lettere sciolte (1550-1583) ed il registro degli Ordini di Margherita d’Austria (1571) per i suoi possedimenti abruzzesi 26, il frammento di un perduto catasto preonciario 27, un intero registro di Cata-sto della città di Penne (1600) 28, il registro delle spese sostenute dall’Erario (1664-1691, con documenti del 1714) 29 e l’eccezionale manoscritto cartaceo di trascrizioni, regesti, citazioni di documenti papali, imperiali, regi, comita-li, vescovili, privati ed altro, dal secolo VIII ai primi del Seicento, degli ar-chivi del Capitolo cattedrale e dell’Universitas, assemblato, presumibilmen-te nei primi anni del Seicento, dal chierico Nicola Giovanni Salconio, il qua-le ci ha conservato memoria di oltre trecento documenti, poi andati in parte perduti 30, e ha riprodotto in copia imitativa - caratteristica veramente straor-

24 Archivio Storico del Comune di Penne. Periodo preunitario..., cit., rispettivamente alle pp. 240-244, nn. 124-129; pp. 210-223, nn. 51-82; p. 224, n. 84; pp. 237-239, nn. 116-122, e pp. 290-320, nn. 223-284. 25 48 documenti (1382-1713) delle cancellerie dei sovrani angioino-durazzeschi e aragonesi e del viceré di Napoli, dei pontefici e degli uffici di Curia, del vescovo di Penne e Atri, del gran camerario del regno di Sicilia, nonché privati (Ibidem, pp. 179-208, nn. 1-48). 26 Ibidem, p. 224, n. 83; pp. 225-233, nn. 85-107; pp. 235-237, nn. 109-115. Sono state edi-te da G. DE CAESARIS, Alessandro de’ Medici e Margherita d’Austria duchi di Penne (1522-1586), «Bullettino della Regia Deputazione Abruzzese di Storia Patria», s. III, voll. XX-XXI (1929-1930, ma edito nel 1931), pp. 249-264, nn. II-XXXI. Il registro è fondamentale per lo studio della struttura amministrativa e per la conoscenza dei vari «uffitiali» presenti nei feudi farnesiani d’Abruzzo: è stato egualmente edito a cura di Giovanni de Caesaris Ibidem (cfr.: Archivio Storico del Comune di Penne. Periodo pre-unitario..., cit., p. 234, n. 108). 27 È superstite solo la c. 330, scritta in volgare. Potrebbe essere assegnato al secolo XV fine - secolo XVI ineunte: Ibidem, p. 270, n. 192. Ne esiste riproduzione in facsimile in GRECO, Penne Capitale Farnesiana..., cit., pp. 156-157. 28 Presenta aggiornamenti almeno sino al 1639 (Archivio Storico del Comune di Penne. Pe-riodo preunitario..., cit., p. 271, n. 193). 29 Ibidem, p. 262, n. 173. M. SARGIACOMO, La rilevazione delle spese dell’Universitas di Penne nel 1671-1672, in Cultura aziendale e professionale fra passato e futuro, Roma 2005, II, pp. 357-387. 30 Per sottolineare l’importanza del manoscritto basta fare un confronto, per dare un’idea approssimativa, tra il numero dei documenti medievali, riguardanti l’Universitas di Penne, trascritti e regestati e quelli oggi effettivamente conservati in archivio: poco più di cento documenti, dall’autore inseriti nella raccolta, sono oggi perduti. Giova ricordare che ci so-no pervenute solo trentotto pergamene d’età medievale, dieci delle quali, però, non inserite nel manoscritto (Archivio Storico del Comune di Penne. Periodo preunitario..., cit., in par-

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dinaria - tutti i segni speciali e di cancelleria apposti nel loro iter formativo presso l’autore.

Le riproduzioni avverranno in loco con adeguate tecnologie ad opera della ditta specializzata Imaging System Service s.r.l. di Cinisello Balsamo (MI). Le caratteristiche delle tecnologie impiegate sono, molto brevemente: scanner planetario a colori con acquisizione digitale dall’alto non a contatto, con illuminazione a luci fredde, modello Bookeye GS400 Repro Color, de-bitamente corredato di piano basculante manuale con cristallo pressa origi-nali; software BCS-2 (32bit) Bookeye Capturing System basic pack, che in-clude le funzioni di regolazione automatica dell’esposizione, il riconosci-mento e l’eliminazione dei bordi neri, la messa a fuoco automatica, la sepa-razione automatica delle pagine, la capacità di pilotare anche altre periferi-che di scansione (con driver ISIS), modulo specifico per la correzione au-tomatica della curvatura delle pagine dei libri. Ogni documento, o pagina di esso nel caso di volumi, è ripreso in modalità RGB 30 bit in ingresso e 24 in uscita, con risoluzione ottica di 300 punti per pollice: ogni punto che com-pone l’immagine contiene una porzione di 0.84 millimetri del documento originale. Tale risoluzione, per la tipologia dei documenti da trattare, si rive-la adeguata poiché consente di avere un’ottima definizione anche nei tratti più sottili ma consente, nello stesso tempo, di avere dei file di dimensioni accettabili per una loro fruizione e conservazione.

Ogni immagine - a pagina doppia o singola secondo le dimensioni del pezzo interessato - sarà a colori e stampabile. Sarà sempre garantito il crite-rio di «leggibilità per riga», vale a dire che la riproduzione permetterà una perfetta intelligibilità di una riga completa di testo mostrato a schermo, e permetterà almeno un altro scatto d’ingrandimento per i particolari, senza che si renda deformata o illeggibile la parola stessa.

Le riproduzioni in cd-rom saranno accompagnate da un software ge-stionale di ultima generazione operante in ambiente Windows, che permette-rà tutte le operazioni che si possono compiere col libro originale: visualizza-re ogni pagina in modo sequenziale, portare sinotticamente a video due pa-gine lontane, vedere la legatura originale secondo le diverse angolazioni.

Alla fine del lavoro saranno disponibili due collezioni di cd-rom (seri-grafate in superficie per l’identificazione dei contenuti), una in formato TIF non compresso, ed una in formato JPG contenente un PDF «multimediale», con un adeguato livello di compressione per la consultazione e la stampa. ticolare alle pp. 79, nota 6, 91, 144, e 209, n. 50). Su autore e opera cfr. G. DE CAESARIS, Cola Giovanni Salconio (Saggio di Storia Pennese del Secolo XVI), Penne 1929, e R. LAU-DADIO, I Recollecta di Nicola Giovanni Salconio. Una silloge documentaria pennese da strumento di lavoro a memoria documentaria, «Bullettino della Deputazione Abruzzese di Storia Patria», vol. LXXXIX (CXI) (1999, ma edito nel 2001), pp. 129-184.

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Ogni unità archivistica digitalizzata sarà corredata da note descrittive di pre-sentazione e dalla posizione inventariale.

Se, per quanto riguarda l’esperienza pennese, si è potuti passare da un’era «glaciale» caratterizzata da incuria, degrado, dispersione, distruzioni e furti, ad un’era «digitale» di recupero e di valorizzazione, ciò è stato pos-sibile senz’altro con l’adozione delle moderne tecnologie che hanno modifi-cato gli stessi metodi di ricerca storica ma, soprattutto, grazie alla sinergia locale di amministrazioni pubbliche, imprenditoria illuminata e forze lavoro (docenti dell’Università «G. D’Annunzio» di Chieti-Pescara e cooperativa Archivi e Cultura).

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INDICE EURIDE FREGNI Presentazione ......................................................................................... pag. 3 FRANCESCA KLEIN Il Progetto «Diplomatico» dell’Archivio di Stato di Firenze ................ pag. 7 MARINA BROGI - GIOVANNI TARTAGLIONE Un’esperienza a quattro mani sul campo: la digitalizzazione delle pergamene dal progetto Imago ad oggi ...................................... pag. 17 ELISABETTA DAVID Il fondo diplomatico dell’Archivio Capitolare di Narni (secoli XI-XVIII): un progetto di conservazione .................................. pag. 37 PAOLO BUONORA Il Diplomatico digitalizzato. Accesso virtuale, interoperabilità.......... pag. 45 RAFFAELE SANTORO I diplomatici delle abbazie «Monumento nazionale» .......................... pag. 57 CARLA PALMA Il progetto Pergamo per la riproduzione digitale di fondi pergamenacei pugliesi .......................................................... pag. 115 LUIGI GUARDIGLI L’esperienza di digitalizzazione dei manoscritti membranacei e cartacei del Collegio di Spagna in Bologna ................................... pag. 121 NICOLANGELO SCIANNA L’elaborazione digitale delle immagini di manoscritti membranacei come mezzo per la salvaguardia della storicità dei restauri ............. pag. 127 MARIA PIA MORIGI - NICOLANGELO SCIANNA Il miglioramento della lettura di pergamene manoscritte con l’utilizzo di telecamera multispettrale ......................................... pag. 137 FRANCESCO MOTTOLA La digitalizzazione dell’Archivio storico del Comune di Penne: una esperienza di sinergie ............................. pag. 151

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ATTI DEI CONVEGNI

DEL «CENTRO STUDI INTERREGIONALE SUGLI ARCHIVI ECCLESIASTICI»:

1) Gli archivi parrocchiali: organizzazione, gestione, fruizione e ricerca storica, Atti dei convegni di Fiorano Modenese (4 settembre 1996) e di Ra-venna (5 ottobre 1996), a cura di E. ANGIOLINI, Modena 1997. 2) L’amministrazione archivistica e gli archivi parrocchiali, Atti del conve-gno di Spezzano (18 settembre 1997), a cura di E. ANGIOLINI, Modena 1998. 3) Libri canonici e stato civile: segretazione o consultabilità? Orientamenti legislativi e storiografici, Atti del convegno di Spezzano (4 settembre 1998), a cura di E. ANGIOLINI, Modena 1999. 4) Le vie della devozione: gli archivi dei santuari in Emilia Romagna, Atti dei convegni di Spezzano (3 settembre 1999) e di Ravenna (1° ottobre 1999), a cura di E. ANGIOLINI, Modena 2000. 5) Gli archivi capitolari dell’Emilia Romagna, Atti dei convegni di Spezza-no (6 settembre 2000) e di Ravenna (11 ottobre 2000), a cura di E. ANGIO-LINI, Modena 2001. 6) Gli archivi delle chiese collegiate. Problemi e prospettive, Atti dei con-vegni di Spezzano (4 settembre 2001) e di Ravenna (5 ottobre 2001), a cura di E. ANGIOLINI, Modena 2002. 7) Problemi di conoscenza e di integrazione: gli archivi delle diocesi ag-gregate, decentrate e soppresse, Atti dei convegni di Spezzano (4 settembre 2002) e di Ravenna (5 ottobre 2002), a cura di E. ANGIOLINI, Modena 2003. 8) Gli archivi dei Seminari, Atti dei convegni di Spezzano (3 settembre 2003) e di Ravenna (11 ottobre 2003), a cura di E. ANGIOLINI, Modena 2004. 9) Le pergamene nell’era digitale, Atti dei convegni di Spezzano (3 settem-bre 2004) e di Ravenna (24 settembre 2004), a cura di E. ANGIOLINI, Mode-na 2005.

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Per informazioni: Assessorato alle Politiche culturali del Comune di Fiorano Modenese Fax: 0536 / 83 25 76 E-mail: <[email protected]> Sito Internet: http://www.fiorano.it


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