+ All Categories
Home > Documents > Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati...

Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati...

Date post: 29-Sep-2018
Category:
Upload: vuhuong
View: 277 times
Download: 3 times
Share this document with a friend
40
Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici Marco Del Giudice Marzo 2004
Transcript
Page 1: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Misurare le emozioni

Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Marco Del Giudice

Marzo 2004

Page 2: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici
Page 3: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Indice Il catalogo è questo… SR = self-report OR = observer-report P = performance

1. test di stato emozionale

- DES (Differential Emotion Scale) ’71-79 SR - RIR (Rochester Interaction Record) ’91 SR - PANAS (Positive and Negative Affect Schedule) ’88 SR - BSRS (Brief Shame Rating Scale) ‘92-94 SR

2. test di espressività emotiva

- ACT (Affective Communication Test) ’80 SR - BEQ (Berkeley Expressivity Questionnaire) ’95-97 SR - EEQ (Emotional Expressivity Questionnaire) ’90 SR - EES (Emotional Expressivity Scale) ’94 SR - FEFS (Five Expressivity Facet Scales) ’98 SR - FEQ (Family Expressiveness Questionnaire) ’86-91 SR

3. test di intensità / controllo / regolazione emotiva

- ECQ (Emotion Control Questionnaire) ’89 SR - CECS (Courtauld Emotional Control Scale) ’83 SR - AIM (Affect Intensity Measure) ’84-85 SR - EIS (Emotional Intensity Scale) ’94 SR - ERQ (Emotion Regulation Questionnaire) ’03 SR - Questionario sulla Regolazione di Feldman Barrett et al. ’01 SR - Vedi anche: Eq-i, MEIS, SEI, TMMS, MSCEIT

4. test di riconoscimento di emozioni

- PAT (Perception of Affect Task) ’93 P - Compito di Tomkins e McCarter ’64 P - JACBART (Japanese and Caucasian Brief Affect Picture Test) ‘ P - PONS (Profile of Nonverbal Sensitivity) ’79 P - NDT (Nonverbal Discrepancy Test) ’82 P - Rothemberg’s Social Sensitivity Test ‘70 P - Vedi anche: MEIS, MSCEIT, SEI, EARS

Page 4: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

5. test di consapevolezza emozionale / alessitimia

- TAS-20 (Toronto Alexithymia Scale) ’94 SR - BVAQ (Bermond-Vorst Alexithymia Questionnaire) ’01 SR - OAS (Observer Alexithymia Scale) ’00 OR - LEAS (Levels of Emotional Awareness Scale) ’90 P - MAS (Mood Awareness Scale) ’95 SR - Vedi anche: Eq-i, TMMS

6. test di comprensione delle emozioni

- Compito di Cassidy et al. ’92 P - Mixed emotions di Kestenbaum e Gelman ’95 P - Vedi anche: Eq-i, MEIS, MSCEIT

7. test di Intelligenza Emotiva (EI)

- EQ-i (Emotional Quotient Inventory) ’97 SR - MEIS (Multi-factor Emotional Intelligence Scale) ’99 P - MSCEIT (Mayer-Salovey-Caruso Emotional Intelligence Test) ’01-03 P - TMMS (Trait Meta-Mood Scale) ’95 SR - SEI (Scale of Emotional Intelligence) ’98 SR - EARS (Emotional Accuracy Research Scale) ’96-01 P - SPOAS (Style in the Perception of Affect Scale) ’96 SR

8. test di empatia / decentramento

- IPT (Interpersonal Perception Test) ‘71-72 P - FASTE (Feshbach Affective Situation Test for Empathy) ’68 P - ECSS (Empathy Continuum Scoring System) ’87-89-93 P - IRI (Interpersonal Reactivity Index) ’80-83 SR - Empathy Scale ’69 SR - Questionnaire Measure of Emotional Empathy ’72 SR - Index of Empathy for Children and Adolescent ’82 SR - How I Feel In Different Situations ’91 SR - Affective Perspective-taking Task ’86 P - Vedi anche: EARS, EQ-i

9. scale cliniche

- ASI (Anxiety Sensitivity Index) ’86 SR - BAI (Beck Anxiety Inventory) ’88 SR - BDI (Beck Depression Inventory) ’61 SR - PILL (Pennebaker Index of limbic Languidness) ’82 SR

10. altri test usati nelle ricerche sulle emozioni

- Marlowe-Crowne Social Desirability Scale ’60-64 SR - SMS (Self-Monitoring Scale) ’74-86 SR - RSMS (Revised Self- Monitoring Scale) ’84 SR

Page 5: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Alcune note sulla costruzione e sulle caratteristiche dei test 1. Performance vs. self-report La prima caratteristica da prendere in considerazione per valutare adeguatamente un test è il tipo di risposta richiesto: un’autodescrizione (self-report) o una misura di performance. Molti dei test presentati in questa guida sono in effetti delle auto-descrizioni. Questo tipo di strumenti può avere una buona validità in alcune situazioni, ma soffre anche di alcuni problemi generali. Innanzitutto, può essere facilmente distorto dalla presentabilità sociale delle risposte; in secondo luogo, anche se il soggetto non intende presentarsi in una luce favorevole, può dare delle descrizioni di sé poco congruenti con la realtà a causa della scarsa consapevolezza di alcuni processi, del livello auto-efficacia percepita o di effetti di memoria selettiva. In generale, le misure di performance sono da preferire; La strada migliore potrebbe essere quella di utilizzare una misura di performance assieme ad una di self-report come metodo di verifica “oggettiva”. In questo modo sarebbe anche possibile analizzare eventuali, interessanti discrepanze tra i due tipi di test. 2. Fattori di rischio Vorrei fare ora una considerazione sulla costruzione dei test. Negli ultimi 15-20 anni, l’analisi fattoriale in tutte le sue varianti è diventata la tecnica più utilizzata per lo sviluppo dei test, in particolare dei questionari di self-report. La maggior parte dei test di questa raccolta, in effetti, è stata sviluppata con l’aiuto di qualche forma di analisi fattoriale. Nonostante la loro potenza, però, queste tecniche presentano alcune limitazioni teoriche e pratiche che il ricercatore dovrebbe sempre tenere in considerazione per non accettare le analisi in modo acritico. Alcune importanti cautele: Primo: la scelta della struttura fattoriale è comunque soggettiva, molto più di quanto non si creda comunemente, e dovrebbe essere motivata teoricamente piuttosto che “trovata” nei dati. Ci sono grosse differenze, ad esempio, tra un’analisi esplorativa e una confermativa o tra una rotazione ortogonale ed una obliqua. Inoltre, la scelta del numero di fattori da estrarre implica sempre una parte di giudizio arbitrario del ricercatore, indipendentemente dal criterio scelto. È sempre il caso, quindi, di valutare se la struttura proposta ha un senso teorico forte o se è solo derivata empiricamente. Anche le strutture “empiricamente” derivate, inoltre, possono riflettere aspetti “teorici” implicitamente presenti nella selezione iniziale degli item o dei soggetti utilizzati per la validazione. Secondo: l’usanza di selezionare gli item con i loadings più alti, senza guardare al contenuto e al significato teorico, può portare facilmente a costruire scale ridondanti (anche se caratterizzate da alti valori di α) in cui gli item sono tutti molto simili tra loro. In questi casi, l’ampiezza del costrutto viene ridotta eccessivamente e si ha solo l’illusione di misurare meglio: in realtà, è come se si somministrasse un solo item leggermente variato. Questo è noto come “paradosso dell’attenuazione”. Gli approcci più moderni, basati sui modelli IRT, consigliano di scegliere item con intercorrelazioni moderate piuttosto che concentrarsi su quelli più “forti”. Un ulteriore problema di questo modo di procedere è che, invece di cancellare solo gli item di cattiva qualità o ambigui, si rischia di eliminare intere dimensioni sottostanti solo perché sono rappresentate da pochi item e quindi “pesano” poco nell’analisi fattoriale.

Page 6: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Terzo: l’analisi fattoriale porta in genere ad individuare due o più sottoscale nel test. Cosa fare delle diverse sottoscale non è per nulla scontato: se sono sufficientemente diverse quanto a contenuto, può non avere senso sommarle insieme per ottenere un punteggio globale (anche se spesso viene fatto); viceversa, se sono altamente correlate bisogna chiedersi se la teoria alla base della suddivisione è valida (e utile) oppure no. In generale, bisognerebbe chiedersi se si ha bisogno di una misura unidimensionale, oppure di una molteplicità di misure più o meno correlate. In alcuni casi, le sottoscale trovate con l’analisi fattoriale possono addirittura essere dei puri artefatti che distinguono item con diverse modalità di risposta (item “sì” versus item “no”), oppure item “facili” versus item “difficili”. Solo l’analisi del contenuto può rivelare questi problemi. A questo proposito si possono vedere: Kline (1993) per una presentazione decisamente entusiastica (e un po’ personale), ma statisticamente corretta, dell’analisi fattoriale; Boncori (1993) per una valutazione più critica nel contesto della validità psicometrica; e l’ottimo lavoro di Block (1995) sui trabocchetti teorici e metodologici dell’analisi fattoriale in campo psicometrico. Quarto: l’analisi fattoriale, in fondo, non è altro che un modo per sintetizzare una matrice di correlazioni tra variabili. Nulla garantisce che il modello correlazionale sia il più adatto a rappresentare il fenomeno in esame, né che sia utile per scoprire la “vera” struttura nei dati. Esistono tecniche diverse, come lo scaling multidimensionale (MDS), che possono offrire a volte una rappresentazione più adeguata e più verosimile dei dati analizzati (si veda ad esempio Maraun, 1997). Inoltre, l’analisi fattoriale può a volte confondere la struttura delle variabili o renderla eccessivamente complicata da interpretare. 3. α è attendibile? L’ultima nota riguarda le misure di attendibilità (reliability), delle quali la più usata è l’α di Cronbach. Questo indice è usato praticamente da tutti e di solito viene trattato come una specie di “passaporto” per la validità psicometrica. Purtroppo, si tratta invece di un indice con gravi limitazioni che lo rendono, se non quasi inutile, comunque molto secondario rispetto alla considerazione di cui gode tuttora. Per prima cosa, α dipende in modo forte dalla lunghezza del test, indipendentemente dall’intercorrelazione tra gli item; per esempio, se una scala ha quaranta item o più, non ha senso calcolarlo in quanto sarà altissimo in ogni caso. In secondo luogo, non è nemmeno un indice sufficiente di intercorrelazione tra gli item; per finire, può portare a selezionare item ridondanti che lo “gonfiano” senza aumentare la validità della misura (si vedano: Clark e Watson, 1995; Embretson, 1996; Schmitt, 1996). Per tutti questi motivi, non prenderò in considerazione i valori di α nella discussione delle caratteristiche dei test. Assai più interessanti, per la validità psicometrica, sono la stabilità fattoriale, la validità predittiva incrementale e la stabilità test-retest; senza dimenticare, naturalmente, la buona definizione teorica-empirica del costrutto. What’s new! Da Settembre 2003:

- Aggiunto JACBART - Aggiunta RSMS - Modificata FEFS (ex “strumentone”)

Page 7: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

1. test di stato emozionale In questa categoria raggruppo i test che hanno come scopo quello di ottenere una descrizione standardizzata dello stato emotivo riferito ad un certo momento, periodo o situazione. Si tratta di questionari di self-report, di solito incentrati su un certo numero di emozioni “di base” derivate da una teoria. DES (Differential Emotion Scale) - Izard, 1971-1977-1979 Formato: self-report (adulti; esiste la versione DES III semplificata per bambini dagli 8 anni in su) Lunghezza: 30 item (3 x 10 emozioni) in 10 sottoscale. Struttura: i 30 item sono riconducibili a 10 fattori, piuttosto stabili, con modeste correlazioni fra loro. Ogni dimensione costituisce una singola emozione nella teoria di Izard (1971). Le dieci emozioni sono: interesse, contentezza, sorpresa, tristezza, rabbia, disgusto, disprezzo, paura, vergogna/timidezza, colpa. Si tratta di uno strumento puramente descrittivo, che richiede di valutare il proprio stato emotivo in un certo momento (DES originale) o in un periodo di tempo (DES II). A seconda dell’uso, può essere considerato un test “di stato” o “di tratto”, ed è stato utilizzato per ricavare dei “profili emozionali” caratteristici di una determinata persona. L’aspetto notevole del test è la sua eccellente validazione, basata sia sulla teoria che sull’analisi fattoriale e sulla replicazione in campioni di età diverse (si vedano Kotsch et al., 1982). In definitiva, è un test concettualmente semplice realizzato in modo impeccabile. La DES è stata usata soprattutto in studi esplorativi guidati dalla teoria differenziale di Izard (DET), per individuare i profili emotivi di diverse condizioni, tra cui ansia, depressione, amore, gelosia ed eccitazione sessuale. Magai et al. (1995), in uno studio retrospettivo su adulti, hanno trovato correlazioni tra diversi stili di attaccamento (misurato con il questionario di Collins e Read, 1990) e di disciplina familiare e la prevalenza di specifiche emozioni alla DES. RIR (Rochester Interaction Record) - Reis e Wheeler, 1991 Formato: self-report Lunghezza: 9 item Il RIR è un test semplicissimo, simile alla DES ma più breve, che richiede di valutare un episodio o un evento su 9 dimensioni emozionali: felicità, gioia, entusiasmo, divertimento, nervosismo, rabbia, tristezza, vergogna, colpa. Feldman Barrett et al. (2001) l’hanno utilizzato in un modo molto interessante: hanno valutato il grado di differenziazione tra stati emotivi, calcolando le correlazioni 1) tra i punteggi alle emozioni positive e 2) tra quelli alle emozioni negative (maggiore correlazione = minore differenziazione). Questo metodo può essere applicato facilmente ad altre scale, ad esempio alla DES. I punti di forza di questo test stanno nella brevità e nella differenziazione tra diverse sfumature di emozioni positive, che nella maggior parte dei test vengono raccolte sotto la categoria generale “felicità”. In compenso mancano la paura, la sorpresa e l’interesse, il che può limitare l’utilità dello strumento in alcuni contesti. Non dovrebbe però essere difficile aggiungere delle altre emozioni ad hoc in caso di bisogno.

Page 8: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

PANAS (Positive and Negative Affect Schedule) - Watson, Clark e Tellegen, 1988 Formato: self-report (adulti; esiste la versione PANAS-C per bambini) Lunghezza: 20 item in due sottoscale (positiva / negativa) La struttura fattoriale mostra due fattori stabili e non correlati, corrispondenti alle due sottoscale. Si tratta di una lista di aggettivi da valutare rispetto al proprio stato emotivo. Anche questo è un test piuttosto semplice ma ben costruito, ed è molto utilizzato per valutare la valenza dello stato emozionale in una certa situazione. BSRS (Brief Shame Rating Scale) - Hibbard, 1992-1994 Formato: self-report (adulti) Lunghezza: 11 item (rivisto a 10 item) La scala esplora la propria tendenza alle emozioni di vergogna, tenuta concettualmente il più distinta possibile dalla colpa. Il punteggio alla BSRS è risultato correlato agli stili di attaccamento adulto rilevati con il questionario RSQ di Griffin e Bartholomew (1994), in una ricerca di Gross e Hansen (2000): sicuro -.5, evitante .0, preoccupato/impaurito .3.

Page 9: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

2. Test di espressività emotiva ACT (Affective Communication Test) - Friedman et al., 1980 Formato: self-report (adulti) Lunghezza: 13 item, singolo fattore Si tratta del capostipite dei test di espressività. È stato messo in relazione con la popolarità e con la capacità di mimare emozioni complesse (orgoglio, compassione, seduzione) (Friedman e Riggio, 1999), risultando predittivo per compassione e seduzione ma non per l’orgoglio. Ancora più predittiva, però, è risultata la scala “Exhibition” del Personality Research Form (Jackson, 1974). Nello studio di validazione, è risultato correlato al giudizio degli amici (.4) e alle attività professionali legate alla comunicazione non verbale (recitazione, tenere conferenze etc., circa .3), oltre che al numero di pazienti in un campione di medici (.5). Si riscontra (come spesso accade) una migliore prestazione delle femmine a questo test. È un test molto breve e teoricamente poco sofisticato, anche perché all’epoca non erano disponibili molte ricerche sull’argomento. Ciò può essere un vantaggio se si vuole solo una misura rapida e non troppo approfondita, ma dotata di una certa validità. BEQ (Berkeley Expressivity Questionnaire) - Gross e John, 1995-1997 Formato: self-report (adulti) Lunghezza: 16 item, 3 sottoscale Struttura: il test è composto di tre sottoscale, individuate sia a livello teorico che con l’analisi fattoriale. Le tre scale sono:

- forza dell’impulso (Impulse Strength) - espressività positiva (Positive Expressivity) - espressività negativa (Negative Expressivity)

Il modello teorico è gerarchico; secondo gli autori, esiste una “forza” generale dell’esperienza emotiva che viene poi “filtrata” in modo differenziato per le emozioni positive e negative. La teoria alla base del test è stata sostanzialmente confermata, in quanto le due scale (+ e -) correlano in modo selettivo (.3/.0 e .0/.3 rispettivamente) con la capacità di esprimere emozioni positive e negative in laboratorio, mentre il fattore di forza dell’impulso è moderatamente correlato (.2) ad entrambe le prestazioni. Le femmine hanno punteggi più alti a questo test. Il BEQ è correlato negativamente al controllo emozionale misurato con la CECS (-.4 / -.5). Gross e John (1998) hanno trovato correlazioni tra il BEQ e l’EEQ (.6), tra BEQ e EES (.8), tra BEQ e AIM (.7) e tra BEQ e ACT (.5), mostrando una forte omogeneità di costrutto tra queste diverse misure di self-report. Trierweiler et al. (2002) hanno valutato in laboratorio l’espressività dei soggetti su 6 diverse emozioni; quelle positive (gioia, amore) sono risultate correlate alla scala positiva del BEQ (.6) e quelle negative (paura, tristezza) alla scala negativa (.6). La rabbia è risultata meno associata (.4), mentre la vergogna è risultata correlata solo di .2. Nello “strumentone” di Gross e John (1998), in effetti, la vergogna è correlata ad una quarta dimensione detta “mascheramento” (masking).

Page 10: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Il BEQ sembra un buon test, con una teoria solida alla base e sufficientemente corto per essere pratico da usare. È utile soprattutto per differenziare espressività positiva e negativa; se si guardano solo i punteggi globali, tutti i test di questo tipo sembrano sostanzialmente equivalersi. EEQ (Emotional Expressivity Questionnaire) - King e Emmons, 1990 Formato: self-report (adulti) Lunghezza: 16 item, 3 sottoscale Struttura: le sottoscale sono state individuate con l’analisi fattoriale. Sono:

- Espressione dell’intimità - Espressività positiva - Espressività negativa

La dimensione relativa all’intimità è stata messa in dubbio nello studio di Gross e John (1998). Questo strumento è stato criticato da diversi punti di vista: da un lato il costrutto non è definito in modo preciso, dall’altro la struttura fattoriale sembra piuttosto instabile. EES (Emotional Expressivity Scale) - Kring et al., 1994 Formato: Self-report Lunghezza: 17 item, unifattoriale Questo test correla con l’espressività in laboratorio (in modo più specifico rispetto all’ACT) e con il giudizio dei pari riguardo all’espressività. È stato costruito appositamente per avere una misura singola e generale dell’espressività: la struttura fattoriale non rivela sottoscale, rendendolo un test dal punteggio molto “pulito”. Negli item non si fa mai riferimento a emozioni specifiche ma solo a valutazioni generali. Vantaggi: unidimensionale, generale e ben validato. Svantaggi: non permette di differenziare le diverse tonalità emotive. Forse il ricorso a descrizioni generiche può aumentare le distorsioni legate all’autostima e all’auto-efficacia. FEFS (Five Expressivity Facet Scales) - Gross e John, 1998 Formato: Self-report Lunghezza: 62 item in 5 sottoscale Struttura: questo test è il risultato della fusione di 4 test di espressività: BEQ, ACT, EEQ, AIM. Gli item di questi test sono stati fattorializzati e raggruppati in 5 sottoscale, con l’ambizioso scopo di creare una “mappa” comprensiva delle diverse dimensioni dell’espressività. La garanzia teorica di questa operazione è che gli assunti di base rimangono quelli del BEQ. Le cinque sottoscale sono:

Page 11: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

- Fiducia nelle proprie capacità espressive (Expressive confidence) - Espressività positiva - Espressività negativa - Intensità dell’impulso - Mascheramento (Masking)

Il mascheramento è un fattore “negativo”, correlato con alto nevroticismo, bassa piacevolezza e coscienziosità (big five); in generale, è un tratto con tonalità depressive e di bassa autostima ed è legato all’esperienza della vergogna. È correlato (.8) alla scala “other-directedness” nella SMS (Self-Monitoring Scale). Gross e John (1998) hanno messo in relazione le diverse scale della FEFS con le strategie di regolazione emozionale attiva e passiva, oltre che con le scale “attenzione” e “riparazione” della TMMS. La “fiducia” correla con strategie più attive e maggiore riparazione; l’espressività positiva correla con maggiore attenzione e riparazione; l’espressività negativa correla con un minore controllo in generale; il masking correla con maggiore attenzione ma minore riparazione. Vista la notevole sovrapposizione tra i diversi test di espressività, l’operazione di Gross e John sembra un’ottima trovata per costruire un test più ampio e più valido. Se la relativa lunghezza di somministrazione non è un problema, questo test (o qualcuna delle sue sottoscale) è probabilmente il migliore sul mercato. Con la sua struttura marcatamente multifattoriale, va nella direzione teorica opposta a quella dell’EES. FEQ (Family Expressiveness Questionnaire) - Halberstadt, 1986 / Halberstadt et al., 1991 Formato: self-report Lunghezza: 40 item, 4 sottoscale (esiste una versione ridotta a 13 item, 2 sottoscale: Greenberg et al., 1995) Struttura: le sottoscale sono relative alla valenza e alla dominanza delle emozioni riportate:

- positive-dominanti - positive-nondominanti - negative-dominanti - negative-nondominanti

È un test particolare in quanto va somministrato ai genitori; gli item sono descrizioni di situazioni familiari “tipiche” in cui bisogna dare una valutazione della propria espressività emotiva. Sono stati individuati due fattori, uno di espressività positiva e uno di espressività negativa. La scala sembra correlata alla chiarezza degli scambi emozionali nella coppia, oltre che alla qualità delle relazioni dei figli con i coetanei all’età di 5-6 anni (ma non alla loro comprensione delle emozioni; Cassidy et al., 1992). Le madri tendono a riportare dei punteggi più alti rispetto ai padri, sia nelle emozioni positive che in quelle negative.

Page 12: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

3. test di intensità / controllo / regolazione emotiva ECQ (Emotion Control Questionnaire) - Roger e Najarian, 1989 Formato: Self-report Lunghezza: 56 item Struttura: 4 sottoscale. È un test ad ampio raggio sul controllo delle emozioni, inteso in senso sia positivo che negativo (ipercontrollo). Le quattro sottoscale, individuate con l’analisi fattoriale, sono:

- inibizione emotiva - controllo dell’aggressività - controllo benigno (controllo delle emozioni distraenti durante un compito) - ruminazione

la scala “inibizione” correla negativamente (-.6) con il punteggio al BEQ ed è correlata ad una prolungata attivazione fisiologica successiva ad un evento stressante. Ancora più predittiva, a questo proposito, risulta la scala “ruminazione”, che è stata correlata sia con il battito cardiaco che con i livelli di cortisolo (Roger e Najarian, 1998). La scala “ruminazione” correla (.6) con il neuroticismo, mentre il “controllo benigno” è correlato all’estroversione (.7) nell’EPI di Eysenck. CECS (Courtauld Emotional Control Scale) - Watson e Greer, 1983 Formato: self-report Lunghezza: 21 item Struttura: la scala è disegnata per dare un punteggio unico e riguarda l’inibizione delle emozioni negative. Gli item della scala si riferiscono a tre emozioni: rabbia, ansia e tristezza. Le analisi fattoriali mostrano che le tre emozioni possono essere considerate tre sottoscale con buona consistenza interna; questo permette analisi più fini rispetto a quali emozioni negative vengono maggiormente controllate. La CECS è molto utilizzata negli studi clinici. AIM (Affect Intensity Measure) - Larsen, 1984 / Weed, Diener e Larsen, 1985 Formato: self-report Lunghezza: orig. 40 item, ridotta a 20 item (1985). Struttura: una struttura bifattoriale (emozioni positive vs. emozioni negative, correlazione .3) è stata riscontrata da Gross e John (1998), anceh se altri ricercatori hanno trovato 3 o 4 fattori. Nello studio di Gross e John, l’AIM correla solo in parte con la scala “intensità dell’impulso” e rientra anche nel fattore dell’espressività positiva. Questo getta qualche dubbio sulla specificità del fenomeno misurato. L’AIM è forse la scala più utilizzata in questo campo, ma è stata oggetto di molte critiche: la più importante è che mette insieme item relativi all’intensità delle emozioni e item relativi alla loro frequenza (Bachorowski e Braaten, 1994).

Page 13: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

EIS (Emotional Intensity Scale) - Bachorowski e Braaten, 1994 Formato: self-report Lunghezza: 30 item in 2 sottoscale (emozioni positive / negative) La scala EIS è stata costruita per ovviare ai problemi dell’AIM e si riferisce specificamente all’intensità, senza considerare la frequenza dell’esperienza emotiva. È stata utilizzata da Gohm e Clore (2002) e Gohm (2003), in modo composito insieme all’AIM, per definire il fattore di “intensità emotiva”. Purtroppo non ci sono molti risultati empirici ottenuti con questa scala; Bachorowski e Owren (1995) hanno correlato il punteggio all’EIS con differenze acustiche nell’espressione vocale dell’emozione. ERQ (Emotion Regulation Questionnaire) - Gross e John, 2003 Formato: self-report Lunghezza: 10 item in 2 scale non correlate (reappraisal / suppression) Questo breve questionario è stato costruito ed utilizzato nello studio di Gross e John (2003) e si focalizza volutamente su due tipi di strategie: ristrutturazione cognitiva (reappraisal) e soppressione della risposta (suppression). La scelta delle due strategie è stata effettuata per motivi sia teorici (una interviene prima della risposta emotiva, l’altra dopo) sia pratici (facilità nel costruire situazioni di laboratorio). Per questo motivo, il questionario non è adatto per un’investigazione “ad ampio raggio” delle strategie di regolazione e non pretende di essere esaustivo. In compenso, le due dimensioni individuate sono risultate correlate con una serie notevole di differenze individuali, sia in laboratorio che nella vita di tutti i giorni (condivisione delle emozioni, autostima, relazioni di amicizia, senso di autenticità etc.). Per di più, la scala sembra ben costruita a livello psicometrico ed è molto veloce da somministrare. La scala “suppression” correla negativamente (-.4) con l’estroversione (Big Five). Questionario sulla Regolazione di Feldman Barrett et al. - 2001 Formato: self-report Lunghezza: 9 item Feldman Barrett et al. (2001) hanno messo a punto un breve questionario che chiede di valutare la frequenza con cui vengono messe in atto diverse forme di regolazione delle emozioni. L’interesse di questo strumento (che non ha ricevuto studi di validazione vera e propria) sta nella teoria di fondo, derivata da Gross (1998), e nell’ampiezza delle strategie indagate. Le nove forme di regolazione prese in considerazione sono:

- 1) selezione della situazione - 2) modifica della situazione - direzione dell’attenzione: 3) ruminazione; 4) distrazione - cambiamento cognitivo: 5) ristrutturazione; 6) parlare con altri - modulazione della risposta: 7) soppressione; 8) mascheramento;

9) auto-rassicurazione

Page 14: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Questa scala è utile per valutare velocemente le singole strategie, ma non offre alcun modo per aggregarle in gruppi più generali né per distinguere diversi “stili” di regolazione.

Page 15: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

4. test di riconoscimento di emozioni

PAT (Perception of Affect Task) - Rau, 1993 Formato: performance (adulti) Lunghezza: 140 item (4 compiti x 7 emozioni x 5 item) È un test di riconoscimento emozionale, o meglio di riconoscimento e abbinamento situazione-emozione. Prevede di abbinare ad una determinata scenetta l’emozione appropriata per il personaggio, scelta tra 7: felicità, tristezza, rabbia, paura, disgusto, sorpresa, neutro. La sua caratteristica distintiva è la presenza di 4 tipi di compito: uno con scenette e risposte di tipo verbale, uno con scenette e risposte non verbali (foto di Ekman), uno verbale con risposta non verbale e uno non verbale con risposta verbale. Questo permette di limitare l’influenza delle abilità linguistiche e di prendere in considerazione diversi tipi di stimolo contestuale. È un test piuttosto utilizzato e ben costruito. Non si tratta però di un test di riconoscimento “puro”, dal momento che implica anche un’inferenza basata sulla scenetta. Un altro svantaggio è che, nella versione integrale, il test è molto lungo. Compito di Tomkins e McCarter - 1964 Formato: performance Lunghezza: 64 item (8 foto x 8 emozioni) Si tratta di un breve ed essenziale test di identificazione di 7 emozioni di base: felicità, paura, rabbia, tristezza, disgusto, disprezzo, sorpresa, più lo stato neutro. Gli stimoli sono delle foto tratte dai lavori di Ekman; Magai et al. (1995) hanno utilizzato le 10 emozioni di base di Izard come etichette verbali tra cui scegliere per l’abbinamento alle foto. Questo test non ha ricevuto studi di validazione, anche se si appoggia a due sistemi eccellenti come quelli di Ekman e di Izard. La brevità è il suo punto di forza, mentre la debolezza principale è la necessità di utilizzare etichette verbali (a differenza del PAT). In compenso, il compito è più “pulito” rispetto al PAT, che invece richiede abbinamenti contestuali. JACBART (Japanese and Caucasian Brief Affect Picture Test) - XXXXXXXXXXXX Formato: performance Lunghezza: 56 item (7 x 7 emozioni) Il JACBART, estensione del più vecchio BART ottenuta aggiungendo delle facce giapponesi, è un test di riconoscimento di micro-espressioni, ovvero di espressioni emotive di brevissima durata. Esistono diverse versioni del JACBART, a seconda della durata dell’emozione (da 1/5 a 1/30 di secondo). Gli stimoli consistono in facce neutre che vengono mostrate per alcuni secondi, intervallate da una singola presentazione dell’espressione emotiva. Le facce sono quelle classiche di Ekman e Matsumoto (JACFEE e JACNeuF) e riguardano sette emozioni: felicità, paura, rabbia, tristezza, disgusto, disprezzo, sorpresa.

Page 16: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Il JACBART è stato usato in diversi studi di Ekman, che hanno mostrato una buona coerenza interna e la capacità di predire (r = XXX) la performance dei soggetti nel riconoscere le menzogne. Inoltre, il JACBART è risultato associato a diverse misure di personalità e benessere. Il JACBART sembra un ottimo strumento, anche se la sua utilità in campi diversi deve ancora essere valutata. Come nota critica, si può notare che l’espressione di disprezzo proposta da Ekman in seguiro ai suoi studi transculturali è oggetto di dibattito ed è stata criticata recentemente (XXXX). Una segnalazione molto positiva, invece, è che Ekman ha usato gli stimoli del JACBART per produrre uno strumento di training acessibile al pubblico: il METT (Micro expression training tool). PONS (Profile of Nonverbal Sensitivity) - Rosenthal et al., 1979 Formato: performance (8anni [con foglio di risposta semplificato]- adulti) Lunghezza: 220 item video da 2 sec. (in tutto 45 min.) / versione ridotta: 40 item Struttura: 20 scene x 11 canali non verbali; 5 scene per ogni tipologia valenza/dominanza. Esiste anche una versione con stimoli a brevissima durata (42-1125 msec.) Questo test, molto interessante e ben validato, prevede di identificare lo stato emotivo di un attore (mostrato in video; esiste anche una versione “statica” in fotografia) a partire da tre diversi indicatori non verbali: il viso, i movimenti del corpo e il tono di voce, sia da soli che in abbinamento tra loro. Gli undici “canali” presenti nel test sono: viso, corpo senza viso, viso+corpo, voce filtrata (per rendere inintelligibili le parole), voce ricombinata (idem, scomponendo la voce in brevi segmenti ricombinati a caso), viso+voce filtrata, viso+voce ricombinata, corpo+voce filtrata, corpo+voce ricombinata. Lo stato emotivo dell’attore non è considerato in termini di emozioni discrete, ma secondo due dimensioni: dominante-sottomesso e positivo-negativo. Il formato di risposta può essere sia di scelta tra due alternative che tramite scale likert. Un aspetto interessante del test è che le scenette emotive da identificare includono situazioni ecologicamente valide e molto variate, tra cui ad esempio sedurre, manifestare affetto, rimproverare, minacciare, aiutare, ammirare la natura, chiedere perdono e protestare. Il PONS non correla con l’IQ, a differenza di altre misure di “intelligenza sociale”; Rosenthal et al. hanno condotto molti studi evolutivi con questo strumento, mostrando degli interessanti fenomeni (Rosenthal et al., 1979; DePaulo e Rosenthal, 1982). Tra i più significativi: la valenza viene individuata ad un’età inferiore rispetto alla dominanza; i bambini più piccoli (8-9 anni) mostrano una tendenza a far prevalere il tono di voce sull’espressione del viso, tendenza che si inverte solo verso i 14 anni; le femmine, con l’età, diventano sempre più brave nel decodificare i canali “espliciti” (ad es. viso) ma sempre meno brave nel leggere i segnali “nascosti” (postura, tono, discrepanze: vedi la descrizione del NDT), mentre per i maschi accade il contrario. In definitiva, il PONS sembra uno strumento molto valido, unitamente al NDT (vedi sotto). Oltre ad essere costruito in modo rigoroso, è ecologicamente ricco e può dare informazioni interessanti. La sua debolezza principale sta nella codifica “dimensionale” degli stati emotivi (valenza/dominanza), che può essere facilmente compatibile con alcune teorie delle emozioni (ad es. quella di Russell) ma risulta troppo generica per teorie più dettagliate, come quelle di Izard e di Oatley.

Page 17: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

NDT (Nonverbal Discrepancy Test) - DePaulo e Rosenthal, 1982 Formato: performance (8 anni – adulti) Lunghezza: 128 item video Gli stimoli del NDT sono ricavati dal PONS e ricombinati in modo da creare situazioni di incongruenza tra diversi canali non verbali. Il test permette di valutare una serie di misure: accuratezza (totale, distinta per dominanza / valenza, distinta per viso / corpo / voce) e “video primacy” (dominanza dell’informazione visiva su quella uditiva). Le femmine riportano punteggi particolarmente alti nella misura di video primacy (soprattutto per il viso), oltre a manifestare la tendenza evolutiva descritta nella sezione sul PONS. Rothemberg’s Social Sensitivity Test - Rothenberg, 1970 Formato: performance (bambini) Lunghezza: quattro scenette Questo test è stato utilizzato da Dunn et al. (1991) come test di perspective-taking in bambini di 6-7 anni, ma sembra in effetti un test di identificazione emozionale. Il bambino ascolta l’interazione (audioregistrata) tra un uomo e una donna mentre guarda delle foto dei personaggi. In ogni scenetta c’è un cambiamento dello stato emozionale dell’attore target; al bambino viene chiesto come si sente l’attore, all’inizio e alla fine della scenetta. Viene valutata la capacità di riconoscere sia le singole emozioni che il cambiamento avvenuto. I punteggi al test correlano con il giudizio degli insegnanti e dei pari rispetto a leadership e amichevolezza; Bearsdall (1986, cit. in Dunn et al., 1991) ha trovato che i bambini con alti punteggi, nell’interazione con i fratelli, li stuzzicano più spesso (ciò richiede la comprensione di cosa può far arrabbiare l’altro) e utilizzano più spesso strategie di riconciliazione. La “sensibilità sociale”, quindi, sembra più un correlato del test che l’oggetto di misurazione vero e proprio.

Page 18: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

5. test di consapevolezza emozionale / alessitimia

TAS-20 (Toronto Alexithymia Scale) - Bagby, Parker e Taylor, 1994 Formato: self-report (adulti) Lunghezza: 20 item, 3 sottoscale Struttura: le tre sottoscale sono legate alla definizione originale di alessitimia di Sifneos (1973), e sono state costruite con l’aiuto dell’analisi fattoriale. Sono:

- difficoltà a identificare le emozioni (difficulty identifying feelings, DIF) - difficoltà a descrivere le emozioni (difficulty describing feelings, DDF) - pensiero orientato all’esterno (externally oriented thinking, EOT)

DIF e DDF correlano in modo sostanziale (.5-.7), DIF correla moderatamente con EOT (.3), mentre sono più correlate DDF e EOT (.4-.5). La scala EOT è la meno attendibile e quella dal significato teorico meno chiaro; alcuni autori hanno proposto, sulla scorta dei dati di validazione psicometrica, che l’EOT venga tolto dal costrutto teorico di alessitimia o comunque considerato una dimensione separata (si vedano Kooiman et al., 2002). Il test nel suo complesso ha mostrato una struttura fattoriale piuttosto stabile e una buona qualità psicometrica. La TAS, nella versione riveduta di 20 item (l’originale è del 1985) è diventata da anni lo strumento principe per la ricerca sull’alessitimia, soprattutto per la sua struttura interna molto chiara e per la rapidità di somministrazione; inoltre, gli autori forniscono un punteggio di cutoff per distinguere il sottogruppo degli “alessitimici” propriamente detti. Purtroppo, a livello psicometrico soffre di molti problemi, legati alla definizione del costrutto più che alla qualità della scala in sé. Dividerò la discussione in due parti: 1) risultati empirici positivi e 2) problemi di validità. La TAS è risultata correlata a diverse misure fisiologiche dell’esperienza emozionale: in generale, i soggetti alessitimici hanno un’attivazione autonomica minore e riportano emozioni più intense o meno intense rispetto alla media. I punteggi alla TAS sono stati anche messi in relazione con l’asimmetria nel funzionamento dei due emisferi cerebrali. Lane et al. (1996, 2000) hanno mostrato che la TAS predice una parte della prestazione al PAT, sia verbale che non verbale. Esistono anche studi che hanno messo in relazione le scale della TAS con diverse caratteristiche dei sogni dei soggetti alessitimici e non (Lumley e Bazydlo, 2000); la scala EOT correla con sogni più corti, più noiosi e con una minore frequenza di sogni ricordati, mentre DDF correla con sogni dal contenuto bizzarro e aggressivo (non regolato). La percentuale di alessitimici, diagnosticati con la TAS, è alta in campioni con disturbi alimentari, insonnia, comportamenti autolesionistici e abuso di sostanze (si vedano Lumley et al., 1996 per una rassegna). Questi risultati, più quelli di altri studi, mostrano inequivocabilmente che la TAS può essere correlata con misure di riconoscimento delle emozioni e con diversi aspetti dell’esperienza emotiva. La TAS-20 è stata correlata negativamente al punteggio di Intelligenza Emotiva ricavato dall’EQ-i (-.4/-.7 per DIF e DDF, -.2/-.4 per EOT, -.7 sul punteggio totale). D’altra parte, il fatto che la TAS misuri in modo preciso il costrutto di alessitimia non è per niente chiaro. Il problema principale è che, trattandosi di un self-report, richiede al soggetto alessitimico di essere perfettamente consapevole del suo problema: questo può non valere per gli alessitimici più gravi. Secondariamente, le risposte al self-report possono essere influenzate dall’auto-efficacia percepita e dall’umore del momento. In effetti, la misura alla TAS è correlata in modo forte agli stati depressivi (ad es. Honkalampi et al., 2000); inoltre è influenzata dal livello di istruzione.

Page 19: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Lundh et al. (2002) hanno trovato che il punteggio alla TAS è legato al grado di perfezionismo, misurato con due diversi strumenti (.5), e che la scala DIF correla con ansia e depressione (.3-.4). Inoltre, la correlazione con un’altra misura che dovrebbe riguardare la consapevolezza emozionale (LEAS) è poco chiara, andando da -.2 a .2 in diversi studi. Ci sono, sorprendentemente, soggetti con punteggi alti in entrambi i test (alta alessitimia e alta consapevolezza emotiva) e bassi in entrambi. [Nota bene: rispetto al perfezionismo, va detto comunque che in un altro studio, più ridotto (Taylor et al., 1996), la TAS non è risultata correlata con una sottoscala di perfezionismo dell’EDI (Eating Disorders Inventory). Questo potrebbe dipendere da una diversa definizione di perfezionismo nell’EDI e nei test usati da Lundh.] Questi risultati, presi nell’insieme, suggeriscono una certa cautela nell’uso della TAS e richiedono di prendere in considerazione aspetti di performance oltre a quelli che si possono ricavare dall’auto-descrizione. Le cautele dovrebbero aumentare se il campione è clinico (la TAS può non rilevare i soggetti più gravi), oppure quando vengono messi in gioco aspetti di autovalutazione (perfezionismo). BVAQ (Bermond-Vorst Alexithymia Questionnaire) - Vorst e Bermond, 2001 Formato: self-report Lunghezza: 40 item (esistono due versioni parallele da 20 item, di cui la migliore a livello psicometrico sembra la BVAQ-20B). Struttura: 5 sottoscale, derivate dalla definizione di Sifneos (1973) e dall’analisi fattoriale. Le sottoscale sono:

- Emozionalità (emotionalizing) - Fantasticare (fantasizing) - Identificare le emozioni (identifying) - Analizzare le emozioni (analyzing) - Verbalizzare le emozioni (verbalizing)

Le sottoscale sono leggermente correlate tra loro (.0/.3); le scale maggiormente correlate sono analyzing-verbalizing (.3/.4) e analyzing-emotionalizing (.3). Possono essere individuati due fattori di 2° ordine: “cognitivo” (identificare + analizzare + verbalizzare) ed “emotivo” (emozionalità + fantasticare). Questo test molto recente, derivato dall’Amsterdam Alexithymia Scale, rappresenta attualmente il migliore “sfidante” alla supremazia della TAS-20 ed è stato sviluppato in Olanda con l’intenzione di creare un nuovo test di riferimento per l’alessitimia. L’insoddisfazione per la TAS nasce dal fatto che i suoi autori, alla ricerca della massima “pulizia” e replicabilità psicometrica, hanno ridotto l’ampiezza del costrutto originale di alessitimia a 3 dimensioni (DIF, DDF e EOT) lasciando fuori alcune componenti teoricamente importanti. Il BVAQ tenta di recuperare un concetto di alessitimia più articolato e fedele a quello della clinica, rispondendo allo stesso tempo alla sfida psicometrica della TAS. Gli autori hanno compiuto un grande sforzo di validazione e costruzione, per di più realizzando da subito la traduzione del test in 8 lingue (tra cui l’italiano). Le proprietà psicometriche del test sembrano buone e discretamente stabili (si vedano anche Zech et al., 1999), anche se non ci sono ancora state le numerose repliche che la TAS può vantare. Secondo gli autori, la TAS misura solo l’aspetto “cognitivo” dell’alessitimia; i dati di validazione mostrano efettivamente un’alta correlazione tra il punteggio composto delle sottoscale cognitive e il punteggio globale alla TAS (.8), mentre la correlazione tra i due punteggi totali è più bassa (.6). Le

Page 20: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

tre scale cognitive sono correlate in modo prevedibile ai tre fattori corrispondenti della TAS (DIF-identificare: .6 , DDF-verbalizzare: .8 , EOT-analizzare: .6 ). In definitiva, il BVAQ sembra un test molto promettente: la TAS è ancora lo strumento di riferimento in questo campo, ma la nuova scala potrebbe avere successo per la migliore aderenza clinica del suo costrutto. Dal momento che si tratta di un test molto recente, mancano ancora studi di validità esterna, anche se la correlazione con la TAS fa pensare che il grosso dei risultati empirici possa essere replicato con questa nuova misura. Bisogna comunque tenere presente che si tratta ancora di un test di self-report, per cui tutte le cautele e i problemi di utilizzo della TAS si applicano allo stesso modo anche al BVAQ. OAS (Observer Alexithymia Scale) - Haviland, Warren e Riggs, 2000 Formato: observer-report Lunghezza: 33 item Struttura: le analisi fattoriali mostrano una struttura stabile a 5 fattori:

- distante (distant) - scarso insight (uninsightful) - somatizzante (somatizing) - scarso umorismo (humorless) - rigido (rigid)

L’OAS è uno strumento di valutazione dell’alessitimia che non fa affidamento sul self-report, ma si basa sulle rispsoste di una persona vicina al soggetto (parenti, conoscenti, terapeuti…). Questo è il suo punto di forza principale, che lo rende un complemento ideale a misure come la TAS e il BVAQ. L’uso combinato di due misure potrebbe permettere di diagnosticare gli alessitimici “non consapevoli” e di valutare meglio le distorsioni nel self-report. Purtroppo, la definizione del costrutto è piuttosto diversa da quella della TAS ed è incentrata più sulla “sintomatologia” alessitimica che sul deficit centrale di processamento delle emozioni. La scala mostra buone proprietà psicometriche, anche se al momento esistono scarsissimi dati sulla sua validità empirica. Come eccezione, Haviland et al. (2001) hanno trovato che il punteggio all’OAS discrimina bene tra gruppi clinici e non clinici. Sarebbe molto utile, a questo punto, uno studio di correlazione tra OAS e TAS che non mi risulta sia stato ancora condotto. LEAS (Levels of Emotional Awareness Scale) - Lane et al., 1990 Formato: performance (adulti; esiste il LEAS-C per bambini) Lunghezza: 20 item (completamento scritto di storie) Il LEAS è un test interessante basato su una teoria controversa. È composto da 20 storie a contenuto emozionale con due personaggi, di cui uno è il soggetto; al soggetto viene chiesto di descrivere 1) come si sentirebbe lui, e 2) come si sentirebbe l’altro protagonista. La scala valuta il livello di accuratezza e differenziazione dei termini emozionali utilizzati; inoltre, prevede un bonus al punteggio se il soggetto distingue chiaramente le proprie emozioni da quelle dell’altro.

Page 21: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Il LEAS correla con la prestazione al PAT (.4), dove risulta più predittivo rispetto alla TAS (Lane et al., 1996, 2000). Inoltre correla con misure del controllo degli impulsi (.3) e con il grado di dominanza destra al Levy Chimeric Face Test (riconoscimento di emozioni in facce “assemblate”). Sfortunatamente, correla anche con i test di vocabolario (.3/.4). Le femmine ottengono punteggi più alti al LEAS, anche dopo aver controllato le variabili linguistiche. Il LEAS è chiaramente un test degno di nota, soprattutto per il suo aspetto di performance e perché nel punteggio vengono considerati solo gli aspetti formali della risposta, senza guardare all’adeguatezza al contesto delle emozioni descritte. Ma cosa viene misurato? La teoria di Lane prevede 5 livelli gerarchici di consapevolezza delle emozioni, dall’attivazione corporea fino alle sfumature emozionali ottenute con l’uso di più termini. Non è chiaro quanto la teoria sia corretta, ma l’aspetto gerarchico può essere sicuramente messo in dubbio. Particolarmente oscuro risulta il motivo per cui il punteggio di differenziazione tra sé e altro viene assegnato solo se i termini emozionali sono al livello più sofisticato, come se la differenziazione tra sé e altro fosse un passaggio “finale” della capacità di discriminare le sfumature delle proprie emozioni. Inoltre, non esiste un punteggio per quantificare la differenziazione sé-altro in modo indipendente dal punteggio globale. Uno studio recente di Ciarrochi et al. (2003) ha mostrato che il LEAS predice la capacità dei soggetti di correggere i propri bias legati all’umore (mood congruency bias) in situazioni di laboratorio: questa è una misura interessante ed è legata in modo piuttosto diretto a quello che si può intendere per “consapevolezza emozionale”. Né la TAS, né la MEIS o altre misure di empatia e personalità sono risultate predittive a questo proposito, confermando la specificità del LEAS. Il LEAS è risultato correlato alla prestazione in due sottoscale di riconoscimento del MEIS (.2), al tratto di apertura all’esperienza (.3) e all’empatia misurata con il test di Mehrabian e Epstein (.2). In definitiva, il LEAS è una misura promettente della consapevolezza emozionale, che può essere correlata ad abilità più generali di percezione e discriminazione emotiva; il sistema di scoring, però, può senz’altro essere migliorato, ad esempio codificando la differenziazione sé-altro come una singola sottoscala. MAS (Mood Awareness Scale) - Swinkels e Giuliano, 1995 Formato: self-report Lunghezza: 10 item in 2 sottoscale:

- monitoraggio dell’umore (mood monitoring) - etichettamento dell’umore (mood labeling)

Page 22: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

6. test di comprensione delle emozioni È difficile trovare dei test “puri” sulla comprensione delle emozioni. Per la maggior parte, si tratta di sottoscale nei test di Intelligenza Emotiva (vedi il paragrafo 6). Esistono però alcuni strumenti non psicometrici, utilizzati nelle ricerche in età evolutiva, che riguardano aspetti specifici della comprensione. Compito di Cassidy et al., 1992 Formato: performance (bambini 5-6 anni) Lunghezza: intervista strutturata a 15 item (6 sottoscale) x 4 emozioni (totale: 60 item) Il compito prevede di mostrare al bambino un disegno di un’espressione facciale (le quattro emozioni sono felicità, tristezza, rabbia e paura); al bambino si chiede di identificare l’emozione, dopodichè gli si fanno 14 domande, relative a sé e ai suoi genitori, su questi aspetti della comprensione:

- esperienza dell’emozione - cause dell’emozione - espressione dell’emozione - risposta (azione) - risposta (emozione)

Il test è stato usato per una ricerca e non è stato validato su grandi campioni; si noti che le sottoscale non derivano da un’analisi fattoriale ma sono suddivisioni teoriche. Dunn e Hugues (1998) hanno utilizzato una versione modificata di questo test per sudiare la specificità contestuale della comprensione delle emozioni nei bambini. Mixed emotions di Kestenbaum e Gelman, 1995 Formato: performance (bambini 4-5 anni) Lunghezza: 24 item in due set (persone – “alieni a due teste”) / 8 storie emozionali Questo test è stato utilizzato per valutare la comprensione delle emozioni miste da parte dei bambini, utilizzando stimoli visivi in aggiunta alle descrizioni verbali. Il compito è studiato molto bene, e permette di trovare inizi della comprensione delle emozioni miste anche a 4 anni, differenziando al tempo stesso bambini di 4 e 5 anni. L’utilità del test (che non ha ricevuto altre validazioni) è probabilmente limitata dal range di età ristretto in cui può essere utilizzato. Altri compiti (esclusivamente verbali) che riguardano la comprensione delle emozioni miste sono quelli di Harris (1983) e di Meerum Terwogt et al. (1986).

Page 23: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

7. test di Intelligenza Emotiva (EI) EQ-i (Emotional Quotient Inventory) - Bar-On, 1997 Formato: self-report (adulti) Lunghezza: 133 item in 13 sottoscale, su 4 fattori Struttura: i 4 fattori (risultati dall’analisi fattoriale), altamente correlati tra loro, comprendono una varietà di misure sia di personalità che più strettamente relative alle emozioni. Sono:

- Intrapersonale (autoconsapevolezza emotiva, assertività, autoconsiderazione, autoattualizzazione, indipendenza)

- Interpersonale (empatia, abilità relazionali, responsabilità sociale) - Adattabilità (problem solving, esame di realtà, flessibilità) - Gestione dello stress (tolleranza allo stress, controllo degli impulsi)

Il test comprende inoltre due sottoscale di validità, più una scala di “felicità” e una di “ottimismo”. Questo titanico questionario tenta di concettualizzare nel modo più ampio possibile l’intelligenza emotiva (secondo la definizione dell’autore). L’EQ-i è stato ampiamente pubblicizzato e molto utilizzato (soprattutto in contesti applicativi), anche se le numerose critiche degli ultimi anni hanno spinto lo stesso Bar-On a riconsiderare l’adeguatezza concettuale del suo test. L’aspetto più problematico è l’inserimento di scale dal contenuto molto diverso, che vengono aggregate per ottenere un fattore generale dal significato piuttosto confuso. Probabilmente, alcune delle componenti indagate dall’EQ-i sono meglio concepite come tratti di personalità piuttosto che come aspetti di abilità o di “intelligenza”. Inoltre, lo strumento soffre dei soliti problemi legati al self-report, e per questo non può essere assimilato ai test di intelligenza (come viene suggerito dal nome) che sono invece delle prove di performance. Uno studio recente (Newsome et al., 2000) ha mostrato che il test correla in modo sostanziale con alcuni tratti di personalità (16PF); nello stesso studio, l’EQ-i è risultato del tutto incapace di predire il successo scolastico, al contrario di quanto era stato originariamente sostenuto da Bar-On. Questi risultati, assieme a quelli di altri studi (si vedano anche Roberts et al., 2001), hanno portato alcuni ricercatori a concludere che l’EQ-i è essenzialmente un test composito di personalità che misura soprattutto il livello di neuroticismo. MEIS (Multi-factor Emotional Intelligence Scale) - Mayer et al., 1999 Formato: performance (adulti) Lunghezza: 68 stimoli (354 item) Struttura: 4 branche, 12 sottoscale. Le “branche” del test sono legate alla teoria di riferimento e consistono in diversi compiti di performance (le singole sottoscale). Le risposte corrette agli item sono state ricavate dal consenso dei soggetti del primo studio. Le quattro branche del test sono:

- Percezione / riconoscimento delle emozioni (facce, storie, disegni) - Assimilazione delle emozioni nella vita mentale (sinestesia, bias emotivi) - Comprensione / ragionamento sulle emozioni (emozoni miste, progressioni,

transizioni, relatività) - Gestione / regolazione delle emozioni (sé, altro)

Page 24: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

dall’analisi fattoriale emergono 3 fattori di 1° ordine (assimilazione e comprensione risultano associati nello stesso fattore) e un fattore principale di 2° ordine. Il punteggio alla MEIS è stato correlato a misure di empatia, estroversione, autostima e soddisfazione di vita (Ciarrocchi et al., 2000). Esiste una correlazione moderata con le misure di abilità verbale (.3/.4). Le femmine riportano punteggi più alti al test. Il grande punto di forza della MEIS è di essere un test di performance, ricco di compiti interessanti e particolarmente dettagliato per quanto riguarda riconoscimento e comprensione. Inoltre, si appoggia agli sviluppi più recenti della teoria di Salovey e Mayer, prototipica nel campo dell’EI. Si tratta però di un test molto lungo, e probabilmente ai fini della ricerca è più utile se utilizzato nelle sue sottoscale. Nel 2001 gli autori hanno modificato e abbreviato il test per creare il suo “erede”: il MSCEIT. MSCEIT (Mayer-Salovey-Caruso Emotional Intelligence Test) - Mayer et al., 2001 Formato: performance (adulti) Struttura: 141 item in 8 sottoscale. Le sottoscale sono organizzate in 4 branche molto simili a quelle della MEIS:

- Percezione delle emozioni (facce, disegni) - Utilizzo delle emozioni (facilitazione, sensazioni) - Comprensione delle emozioni (cambiamento, emozioni miste) - Gestione delle emozioni (gestione, relazioni emotive)

La struttura fattoriale riscontrata dagli autori (Mayer et al., 2003) è compatibile con un modello ad un singolo fattore, a 2 fattori correlati (percezione + utilizzo= ”EI esperienziale” vs. comprensione + gestione= “EI strategica”) oppure a 4 fattori correlati corrispondenti alle 4 branche. Questo nuovo strumento (già arrivato alla seconda versione) è stato costruito a partire dalla MEIS, principalmente in risposta ad alcune critiche sulla validità concettuale e psicometrica del test (Roberts et al., 2001). La scala originale è stata modificata per aumentare ulteriormente l’attendibilità (α) e per introdurre un criterio di siglatura basato sul giudizio degli esperti oltre a quello basato sul consenso. Inoltre, il test è stato nettamente abbreviato per renderlo più efficiente. Come si può dedurre dal nome, il MSCEIT è basato sulla versione più recente della teoria di Salovey, Mayer e Caruso e ne rappresenta in un certo senso la concretizzazione. Per costruire lo scoring basato sul giudizio degli esperti, il test è stato somministrato a 21 ricercatori di punta nel campo delle emozioni. Il notevole risultato è che il giudizio aggregato degli esperti e quello ricavato dal consenso del campione generale sono altamente correlati fra loro (.98), anche se esistono differenze in alcune sottoscale specifiche. Il MSCEIT è un test molto interessante e ben costruito, probabilmente il migliore sulla piazza se si considera la brevità di somministazione rispetto alla MEIS. Alcune sottoscale della MEIS, che sono state eliminate per aumentare la consistenza interna, potrebbero comunque rimanere utili ai fini della ricerca. L’unico “difetto” di questo strumento è la sua novità, per cui ci sono ancora pochissimi risultati empirici a disposizione; nonostante ciò, è sensato aspettarsi che i principali risultati ottenuti con la MEIS siano applicabili anche al suo diretto discendente. Lo sforzo di Mayer e colleghi nel migliorare costantemente (ed in parallelo) sia la teoria che gli strumenti di misura è ammirevole, anche se non si condivide la loro affermazione forte che l’EI costituisce un “vero” tipo di intelligenza, simile al QI classico ma indipendente da esso.

Page 25: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

TMMS (Trait Meta-Mood Scale) - Salovey et al., 1995 Formato: self-report (adulti) Struttura: il test comprende 3 sottoscale, derivate dalla teoria originaria di Salovey e Mayer (1990):

- attenzione alle emozioni (attention) - chiarezza emozionale (clarity) - riparazione emozionale (repair)

il costrutto è definito in modo molto più ristretto rispetto alla MEIS, e riguarda soprattutto la “gestione personale” delle emozioni. La scala di riparazione è correlata alla ruminazione. Forse l’uso più creativo e interessante della TMMS è stato fatto da Gohm (2003), che ha misurato un campione di soggetti su 3 dimensioni: chiarezza (“chiarezza” dalla TMMS + “labeling” dalla MAS), attenzione (“attenzione” dalla TMMS + “monitoring” dalla MAS) e intensità (AIM + EIS). Grazie a queste tre dimensioni, sono stati individuati quattro profili emozionali:

- caldo (alta chiarezza, alta attenzione, alta intensità) - freddo (bassa chiarezza, bassa attenzione, bassa intensità) - cerebrale (alta chiarezza, media attenzione, bassa intensità) - sopraffatto [overwhelmed] (bassa chiarezza, media attenzione, alta intensità).

I diversi profili sono legati a differenze nella regolazione delle emozioni, valutata in un compito di laboratorio; in particolare lo stile “overwhelmed” tende a iper-regolare le emozioni e a prevenire i cambiamenti emotivi. Queste differenze nella regolazione non sono però correlate al punteggio nella scala “riparazione” della TMMS, gettando qualche dubbio sull’ampiezza di costrutto della sottoscala stessa. SEI (Scale of Emotional Intelligence) - Schutte et al., 1998 Formato: self-report (adulti; è stata utilizzata con adolescenti di 13-15 anni (Ciarrocchi et al., 2001)) Lunghezza: 33 item, singolo fattore (?) Struttura: la SEI è stata progettata per essere un test unidimensionale di EI, anche se gli item vengono da tre aspetti diversi della teoria di Salovey e Mayer (percezione, regolazione, utilizzo). È stata quindi utilizzata l’analisi fattoriale per selezionare un singolo fattore. La costruzione psicometrica della SEI è stata criticata (o meglio stroncata) da Petrides e Furnham (2000), che hanno trovato 4 fattori quasi ortogonali e hanno mostrato com la procedura utilizzata da Schutte et al. fosse decisamente inadeguata allo scopo. Nonostante la debolezza della sua costruzione, la SEI è uno strumento agile (il più breve tra tutti quelli sviluppati in questo campo) e mostra qualche prova di validità. Correla negativamente con la TAS-20 (-.6) e positivamente con le scale della TMMS (.5-.7); è legata al grado di ottimismo e soddisfazione riportato dai soggetti. Non è correlata all’ACT, né al riconoscimento di espressioni facciali (Ciarrocchi et al., 2001), ma sembra legata alle strategie di gestione dell’umore. Le femmine hanno punteggi più alti dei maschi. Ciarrocchi et al. (2001) hanno utilizzato il test scomponendolo nei quattro fattori di Petrides e Furnham; questa procedura può aumentare la validità delle misure, anche se va contro la motivazione che ha portato Schutte et al. a costruire il test.

Page 26: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

EARS (Emotional Accuracy Research Scale) - Mayer e Geher, 1996 – Geher et al., 2001 Formato: performance (adulti) Lunghezza: 8 scenette scritte x 12 item. Nota bene: il test è stato modificato nel 2001 e alcuni item sono stati rimossi per aumentare l’attendibilità (α). Questo test molto interessante, oltre a confermare Mayer come il più prolifico autore di test di questa raccolta, si propone di valutare in termini di performance la componente empatica dell’EI. Si tratta di 8 descrizioni di situazioni emozionali, scritte da persone reali, seguite da 12 scelte tra coppie di termini con cui descrivere “come si sentiva” la persona target. Vengono assegnati due punteggi: uno di consenso con il gruppo di validazione e uno di consenso con la persona target. Sorprendentemente, i due punteggi non sono correlati; inoltre, il consenso con il gruppo è risultato molto più predittivo rispetto a quello con il target, la cui valutazione di sé stesso sembra influenzata da distorsioni di auto-presentazione. Il punteggio all’EARS predice alcune misure di laboratorio di empatia più di quanto non faccia la scala di empatia di Mehrabian e Epstein (1972), e molto di più rispetto all’IRI di Davis (1983) che risulta non correlato alle misure di performance (Geher et al., 2001). Le femmine ottengono punteggi più alti. Questo test non pretende di coprire tutto il campo dell’EI ma, nel suo piccolo, sembra molto interessante e ben costruito; inoltre ha il grande merito di permettere una valutazione della performance senza complicati apparati sperimentali. È chiaramente più vicino allo studio dell’empatia che a quello dell’EI in generale. SPOAS (Style in the Perception of Affect Scale) - Bernet, 1996 Formato: self-report Lunghezza: 93 item (descrizioni di situazioni ipotetiche), 3 sottoscale Questo test valuta lo stile personale nella percezione delle emozioni. Le tre sottoscale corrispondono a tre modalità nella percezione emozionale:

- Basata sul corpo (BB, Based on Body); le emozioni sono percepite attraverso il cambiamentio fisiologico avvertito nel corpo.

- Basata sulla valutazione (EE, Emphasis on Evaluation); le emozioni sono percepite soprattutto dal punto di vista esterno, oppure ricondotte all’autovalutazione e agli standard personali.

- Basata sulla logica (LL, Looking to Logic); le emozioni sono razionalizzate e gestite con il controllo e l’evitamento.

Il test ha un taglio nettamente clinico e si basa sulla teoria (di derivazione psicosomatica) che lo stile BB sia il più sano emotivamente. Il costrutto sembra interessante, soprattutto per la presenza della dimensione EE; purtroppo, il corpus principale relativo a questo strumento è stato pubblicato in atti di convegni, mentre ci sono pochissimi riferimenti a pubblicazioni su riviste. Negli studi riportati sul loro sito internet e ai convegni, gli autori hanno riscontrato correlazioni tra le scale della SPOAS e diverse misure di salute mentale, creatività e benessere; inoltre hanno condotto studi su pazienti ed ex-pazienti di diversi tipi di psicoterapia. La scala BB sembra correlare con un basso neuroticismo (-.3), mentre la scala EE correla con un alto neuroticismo (.6). I maschi totalizzano punteggi nettamente più alti nella scala LL, mentre le femmine hanno punteggi leggermente superiori in BB ed EE.

Page 27: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

8. test di empatia / decentramento IPT (Interpersonal Perception Test) - Borke, 1971 Formato: performance (bambini 3-8 anni) Lunghezza: 15 item (storie) È un test di role-taking (decentramento cognitivo); al bambino vengono raccontate delle storie che coinvolgono un bambino simile per età e sesso, e gli si chiede di indicare l’emozione che il bambino potrebbe provare. Le storie sono di due tipi: la prima parte del test riguarda eventi (felicità, rabbia, tristezza, paura) mentre la seconda riguarda la reazione che il bambino della storia potrebbe avere in reazione ad un comportamento del soggetto (felicità, rabbia, tristezza). Il test è stato criticato da Chandler e Greenspan (1972), secondo cui il test non richiede un vero decentramento ma solo la capacità di anticipare reazioni stereotipate. I due autori hanno proposto una modifica al test, che prevede di raccontare l’episodio dal punto di vista di un passante non coinvolto nella scena. Un punto di forza del test è la risposta di tipo non verbale (indicare una faccia con l’emozione scelta), mentre la gamma ridotta di emozioni e la semplicità delle storie rendono il test utilizzabile solo con bambini piuttosto piccoli. FASTE (Feshbach Affective Situation Test for Empathy) - Feshbach e Roe, 1968-1988 Formato: performance (bambini 4-8 anni) Lunghezza: 8 item (2 storie x 4 emozioni) Si tratta di un test tra i più utilizzati nella ricerca sull’empatia dal punto di vista emotivo. Le storie vengono presentate con diapositive, narrazione o audioregistrazione, e coinvolgono situazioni affettive legate a 4 emozioni (felicità, rabbia, tristezza, paura). Al bambino viene chiesto: 1) cosa prova e 2) cosa prova il protagonista della storia. Viene considerata una risposta empatica quella in cui l’emozione del soggetto e quella del protagonista coincidono (il sistema di scoring del 1968 è stato corretto da Feshbach (1988) per renderlo meno rigido, vedi Bonino et al., 1998). Questo sistema di scoring rende il test molto diverso da quelli in cui viene valutata la capacità di decentramento. Per ridurre la componente verbale, alcuni autori hanno utilizzato un formato di risposta non verbale (vedi la descrizione dell’IPT). Per una rassegna degli studi che hanno utilizzato il FASTE si possono vedere Eisenberg e Lennon (1987). Le femmine tendono a ricevere dei punteggi leggermente superiori ai maschi, soprattutto rispetto alle emozioni di paura e tristezza. Il FASTE è stato criticato da vari autori, soprattutto per il suo assunto (condivisibile o meno) che l’empatia richieda la corrispondenza tra le emozioni del target e quelle dell’osservatore. Inoltre, lo scoring originale non considera le specifiche emozioni e aggrega tutte le risposte in un singolo punteggio.

Page 28: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

ECSS (Empathy Continuum Scoring System) - Strayer, 1987 Formato: performance (5-13 anni) Lunghezza: 5 storie, 6 domande per ogni soria + comprensione Struttura: Il compito consiste in tre parti: per ogni storia si chiede al bambino di raccontarla con parole sue (comprensione), dodpodichè si fanno tre domande sull’emozione del protagonista e tre sull’emozione del soggetto. il test prevede l’assegnazione di due punteggi separati, uno affettivo e uno cognitivo, che vengono poi combinati in un punteggio globale. Vengono codificati 8 livelli gerarchici di complessità cognitiva abbinati a 4 livelli di corrispondenza affettiva. Le emozioni considerate sono felicità, rabbia, paura, tristezza e sorpresa, mentre la teoria di fondo è quella di Feschbach che prevede una corrispondenza tra le emozioni del soggetto e quelle del target. Un aspetto interessante di questo test è che per ogni storia vengono sono previste un’emozione “principale” e una o più emozioni “associate”, per cui la correttezza delle risposte non viene valutata in modo rigido o troppo stereotipato. Sfortunatamente, il numero di emozioni totali considerate è piuttosto piccolo, come avviene nella maggior parte dei test di empatia. A questo proposito, Albiero e Lo Coco (1995, cit. in Bonino et al., 1998) hanno curato e validato una versione italiana modificata del test, che prende in considerazione le emozioni di felicità, rabbia, paura, tristezza, vergogna e gelosia. Il sistema di scoring è quello originale. Con questo strumento non si evidenziano particolari differenze di genere, forse per la prevalenza data nel punteggio agli aspetti cognitivi; le femmine mostrano una leggera superiorità nella condivisione delle emozioni. L’ECSS è stato utilizzato in alcuni studi non pubblicati, mostrando a quanto pare una buona predittività del comportamento prosociale (Poole, 1992, cit. in Bonino et al., 1998). IRI (Interpersonal Reactivity Index) - Davis, 1980-1983 Formato: self-report (adolescenti-adulti) Lunghezza: 28 item, 4 sottoscale Struttura: gli item sono stati selezionati con l’analisi fattoriale e costituiscono 4 sottoscale sostanzialmente idipendenti:

- Fantasia-empatia (fantasy-empathy; identificazione con personaggi di cinema, teatro, letteratura)

- Perspective taking (adottare il punto di vista altrui) - Preoccupazione empatica (empathic concern; compassione e preoccupazione

verso persone che vivono esperienze spiacevoli) - Disagio personale (personal distress; ansia e disagio causati dall’assistere a

esperienze spiacevoli di altre persone; incapacità di coping e distanziamento). È il questionario più utilizzato nella ricerca sulla responsività empatica e mostra buone caratteristiche psicometriche di stabilità e coerenza interna. Thornton e Thornton (1995) hanno aggiunto all’IRI una serie di item presi dal test I7 di Eysenck et al. (1985); all’analisi fattoriale, hanno evidenziato un quinto fattore (quasi ortogonale) costituito da alcuni dei nuovi item. Il nuovo fattore è simile per contenuto alla preoccupazione empatica, ma è più legato all’esperienza del “contagio emotivo” e della condivisione di emozioni, mentre la preoccupazione empatica prevede la comparsa di un’emozione diversa da quella del target (compassione). Gli autori suggeriscono di utilizzare lo strumento composito, per mettere in luce 5 aspetti dell’empatia piuttosto che 4.

Page 29: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

All’IRI le femmine hanno punteggi molto più alti nelle scale affettivo-immaginative, mentre non ci sono differenze nel perspective-taking. Empathy Scale - Hogan, 1969 Formato: self-report Lunghezza: 64 item, 4 sottoscale Struttura: le 4 sottoscale sono:

- autoconsapevolezza (self-consciousness) - buon carattere (even-temperedness) - anticonformismo (nonconformity) - sensibilità (sensitivity)

La scala di Hogan è stata costruita sulla base della descrizione che giudici esperti danno del “soggetto empatico”. Gli item sono poi stati scelti con molta cura da alcuni noti questionari di personalità. Il test, tuttavia, è stato criticato perché mostra una scarsa coerenza interna. Questo può essere dovuto ad un certo grado di multidimensionalità nella costruzione della variabile (Johnson, Cheek e Smither, 1983). Sicuramente si tratta di una scala piuttosto vecchia, costruita in un periodo in cui gli strumenti statistici di controllo a disposizione erano molto scarsi. In compenso, l’enfasi che viene posta oggi sulla consistenza interna ad ogni costo (misurata in modo riduttivo con α) e sulle procedure di analisi fattoriale rischia di andare a scapito della teoria e di rivelarsi un errore nella direzione opposta. Questionnaire Measure of Emotional Empathy - Mehrabian e Epstein, 1972 Formato: self-report (adulti) Lunghezza: 33 item (in 7 sottoscale) Questo questionario, molto utilizzato, cerca di valutare l’empatia come la tendenza a reagire emotivamente alle esperienze affettive degli altri, sia positive che negative. Le sottoscale teoriche proposte dagli autori sono risultate altamente correlate tra loro, per cui gli autori stessi hanno suggerito di utilizzare un punteggio singolo e di considerare il test come unidimensionale. Questa caratteristica può risultare un vantaggio piuttosto che un problema, se si accetta la limitazione del costrutto alla sola responsività emotiva generale. Le femmine ottengono in genere punteggi nettamente più alti rispetto ai maschi; nello studio originale di Mehrabian e Epstein il punteggio al questionario è risultato correlato all’aggressività e alla tendenza all’aiuto in una situazione di laboratorio.

Page 30: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Index of Empathy for Children and Adolescent - Bryant, 1982 Formato: self-report (5 anni-adolescenti) Lunghezza: 22 item Questo questionario è stato sviluppato a partire dagli item del test di Mehrabian e Epstein (1972), ed è largamente sovrapponibile quanto a costrutto. L’aspetto più interessante è il formato di risposta differenziato per età: cartoncini da mettere in due scatole (“io” e “non io”) per i bambini fino ai 6 anni, risposte sì/no dai 7 agli 11 anni e scale Likert per gli adolescenti. Come nel test da cui deriva, le femmine ottengono punteggi più alti. How I Feel In Different Situations - Feshbach et al., 1991 Formato: self-report (8-12 anni) Lunghezza: 12 item su 2 sottoscale Struttura: le due sottoscale sono state costruite con l’analisi fattoriale e riguardano 1) la condivisione affettiva degli stati d’animo e 2) gli aspetti cognitivi di perspective-taking. Il test è attraente per la sua brevità, anche se non permette una valutazione specifica di diverse emozioni e si espone ai rischi di tutti i questionari di autovalutazione. Inoltre, tende ad essere centrato sulle emozioni negative (anche se questa caratteristica è tipica di diversi test). Un’aspetto interessante è che il test è stato sviluppato dagli autori su due campioni, di cui uno italiano (si veda Bonino et al., 1998). Affective Perspective-taking Task - Denham (1986) Formato: performance (bambini 3-5 anni) Lunghezza: 20 item (marionette) Questa procedura di test, sviluppata da Denham e utilizzata ad esempio da Laible e Thompson (1998) in uno studio sull’attaccamento, è piuttosto complessa e richiede una fase preliminare in cui gli item vengono personalizzati per il bambino. Alle madri viene somministrato un questionario da cui trarre il contenuto degli item, ovvero delle situazioni in cui il bambino (secondo la madre) proverebbe probabilmente una certa emozione. Successivamente, al bambino vengono presentate 20 storie, recitate con delle marionette. In 8 storie (stereotipiche), l’emozione manifestata dalla marionetta è quella più comune nella situazione rappresentata; in altre 12, l’emozione è opposta a quella che il bambino probabilmente proverebbe. Al termine di ogni storia si chiede al bambino come si sentiva la marionetta e si valuta la capacità di decentramento. La procedura non standardizzata, se da un lato permette di superare l’abbinamento rigido emozione-situazione, rende il test molto laborioso da somministrare. Un secondo punto debole del test è che comprende una fase di riconoscimento emozionale, dal momento che il bambino deve essere in grado di leggere correttamente i segnali emotivi non verbali dello sperimentatore-marionetta prima di poterglieli attribuire.

Page 31: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

9. Scale cliniche Esiste una tale varietà di scale cliniche relative alle emozioni (umore, ansia, depressione, aggressività, ecc.) che non è possibile descriverle tutte. Mi limito ad indicare brevemente quelle utilizzate più spesso nella ricerca di base. ASI (Anxiety Sensitivity Index) - Reiss et al., 1986 Formato: self-report Lunghezza: 16 item Il test valuta la paura del soggetto rispetto alle sensazioni corporee e alle emozioni legate agli stati di ansia. BAI (Beck Anxiety Inventory) - Beck et al., 1988 Formato: self-report Lunghezza: 21 item Il test valuta la presenza di sintomi ansiosi di varia gravità. BDI (Beck Depression Inventory) - Beck et al., 1961 Formato: self-report Lunghezza: 21 item Il test valuta la presenza di sintomi depressivi, dal punto di vista motivazionale, cognitivo, vegetativo e psicomotorio. PILL (Pennebaker’s Index of Limbic Languidness) - Pennebaker, 1982 Formato: self-report Lunghezza: checklist, 54 item Si tratta di una checklist di 54 sintomi e sensazioni corporee (come mal di testa e tachicardia), di cui si chiede di indicare la frequenza durante l’anno precedente. È piuttosto utilizzata nello studio dei disturbi psicosomatici e alimentari, soprattutto in relazione all’alessitimia.

Page 32: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

10. Altri test usati nella ricerca sulle emozioni Marlowe-Crowne Social Desirability Scale - Crowne e Marlowe, 1960-1964 Formato: self-report Lunghezza: 33 item in 2 sottoscale La scala cerca di valutare la tendenza a rispondere in modo socialmente desiderabile, in maniera deliberata oppure inconsapevole. Le due sottoscale sono “autoinganno” (self-deception) e “gestione delle impressioni” (impression management). Le scale di “desiderabilità sociale” sono molto utilizzate, ma presentano il grosso difetto di non discriminare bene tra soggetti “ingannevoli” e soggetti che semplicemente agiscono in modo socialmente desiderabile, o che possiedono veramente alte qualità morali. Per questo, andrebbero sempre interpretate con cautela e si dovrebbe evitare di usare i loro punteggi come “correttivo” alle risposte dei soggetti. SMS (Self- Monitoring Scale) - Snyder, 1974; Snyder e Gangestad, 1986 Formato: self-report Lungehezza: 25 item (1974) / 18 item (versione abbreviata del 1986) in 3 sottoscale Struttura: le 3 sottoscale, identificabili all’analisi fattoriale, sono:

- Estroversione - Recitazione (acting) - Centratura sugli atri (other-directedness)

I primi due fattori risultano maggiormente correlati fra loro, evidenziando un fattore generale di 2° ordine. Snyder e Gangestad suggeriscono l’utilizzo del punteggio complessivo, piuttosto che delle sottoscale, e hanno rivisto la scala nel 1986 per renderla meno multifattoriale. Briggs e Cheek (1988) hanno mostrato che lo sforzo è riuscito solo in parte e ha ridotto in modo inopportuno l’ampiezza del costrutto, per cui è forse meglio utilizzare la versione originale (25 item) considerando le tre sottoscale come aspetti parzialmente distinti. Il Self-monitoring è un concetto complesso introdotto da Snyder (1974). Secondo la sua teoria, le persone “high self-monitors” sono socialmente estroverse, pragmatiche, brillanti, attente alle richieste situazionali (“camaleonti sociali”) e deliberatamente attente a controllare la propria espressività. Al contrario, le persone “low self-monitors” sono meno flessibili, più motivate alla coerenza personale che all’adattamento al contesto sociale, meno attente ai cues situazionali e socialmente più insicure. Il costrutto del self-monitoring è stato utilizzato in moltissime ricerche e criticato in altrettante: una visione critica molto articolata si può trovare in Briggs e Cheek (1988). I problemi principali sono la sovrapposizione con altre misure (estroversione, dominanza sociale ecc.), che mette in dubbio la specificità del costrutto, e la correlazione incerta tra il fattore “estroversione-recitazione” e quello della centratura sugli altri. In effetti, la revisione del 1986 ha tolto alcuni item relativi a quest’ultima dimensione, che però rimane centrale nella teoria di Snyder. Inoltre, Snyder concepisce il self-monitoring come un tratto discreto (high/low) piuttosto che come un continuum; anche questo aspetto della teoria può essere messo in discussione.

Page 33: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

In conclusione, la SMS è una misura controversa, anche se è stata utilizzata piuttosto spesso sia in psicologia sociale che nel campo della ricerca sulle emozioni (soprattutto rispetto all’espressività). Non andrebbe utilizzata senza un’attenta riflessione teorica sul tipo di costrutto che si intende valutare, ma può avere una certa utilità se usata appropriatamente. RSMS (Revised Self- Monitoring Scale) - Lennox e Wolfe, 1984 Formato: self-report Lungehezza: 13 item in 2 sottoscale Struttura: le 2 sottoscale, ricavate dalla teoria e dall’analisi fattoriale, sono: - AMSP (Ability to Modify Self-Presentation) - SEBO (Sensibility to Expressive Behavior of Others) Revisione interessante del costrutto di self-monitoring, buona a livello psicometrico e più coerente (oltre che più semplice) a livello teorico.

Page 34: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Bibliografia Bachorowski, J. e Braaten, E.B. (1994). Emotional intensity: measurement and theoretical

implications. Personality and individual differences, 17, pp. 191-199. Bachorowski, J. e Owren, M. J. (1995). Vocal expression of emotion: acoustic properties are

associated with emotional intensity and context. Psychological science, 6, pp. 219-224. Bagby, R.M., Parker, J.D e Taylor, G.J. (1994). The twenty-item Toronto alexithymia scale – I.

Item selection and cross-validation of the factor structure. Journal of psychosomatic research, 38, pp. 23-32.

Bar-On, R. (1997). The emotional intelligence inventory (EQ.I): Technical manual. Multi-Health

Systems, Toronto, canada. Bearsdall, L. (1986). Conflicts between siblings in middle childhood. Dissertazione di dottorato non

pubblicata, University of cambridge, England. Beck, A.T. , Ward, C.H., Mendelson, M., Mock, J. e Erbaugh, J. (1961). An inventory for

measuring depression. Archives of general psychiatry, 4, pp. 651-671. Bernet, M. (1996). Emotional intelligence: components and correlates. Presentation at the 104th

annual convention of the American Psychological Association, Chicago. Block, J. (1995). A contrarian view of the five-factor approach to personality description.

Psychological bulletin, 117, pp. 187-215. Boncori, L. (1993). Teoria e tecniche dei test. Bollati Boringhieri, Torino. Bonino, S., Lo Coco, A. e Tani, F. (1998). Empatia. I processi di condivisione delle emozioni.

Giunti. Borke, H. (1971). Interpersonal perception of young children: egocentrism or empathy?

Developmental psychology, 5, pp. 263-296. Briggs, S.R. e Cheek, J.M. (1988). On the nature of self-monitoring: problems with assessment,

problems with validity. Journal of personality and social psychology, 54, pp. 663-678. Bryant, B.K. (1982). An index of empathy for children and adolescent. Child development, 53, pp.

413-425. Cassidy, J., Parke, R.D., Butkovsky, L. e Braungart, J. M. (1992). Family-peer connections: the

roles of emotional expressiveness within the family and children’s understanding of emotions. Child development, 63, pp. 603-618.

Chandler, M.J. e Greenspan, S. (1972). Ersatz egocentrism: a reply to H. borke. Developmental

psychology, 7, pp. 104-106. Ciarrocchi, J.V., Chan, A.J.C. e Caputi, P. (2000). A critical evaluation of the emotional

intelligence construct. Personality and individual differences, 28, pp. 539-561.

Page 35: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Ciarrocchi, J.V., Chan, A.J.C. e Bajgar, J. (2001). Measuring emotional intelligence in adolescents.

Personality and individual differences, 31, pp. 1105-1119. Clark, L.A. e Watson, D. (1995). Constructing validity: basic issues in objective scale development.

Psychological Assessment, 7, pp. 309-319. Collins, N.L. e Read, S.J. (1990). Adult attachment, working models, and relationship quality in

dating couples. Journal of personality and social psychology, 58, pp. 644-663. Crowne, D.P. e Marlowe. D. (1960). A new scale of social desirability independent of

psychopathology. Journal of consulting psychology, 24, pp. 349-354. Davis, M.H. (1980). A multidimensional approach to individual differences in empathy. JSAS

catalog of selected documents in psychology, 10, p. 85. Davis, M.H. (1983). Measuring individual differences in empathy: evidence for a multidimensional

approach. Journal of personality and social psychology, 44, p. 113-136 Denham, S.A. (1986). Social cognition, prosocial behavior, and emotion in preschoolers: contextual

validation. Child development, 57, pp. 194-201. DePaulo, B.M. e Rosenthal, R. (1982). Measuring the development of sensitivity to nonverbal

communication. In Izard, C.E. (a cura di), Measuring emotions in infants and children. Cambridge University Press.

Dunn, J., Brown, J e Bearsdall, L. (1991). Family talk about feeling states and children’s later

understanding of others’ emotions. Developmental psychology, 27, pp. 448-455. Dunn, J. e Hughes, C. (1998). La comprensione infantile delle emozioni nelle relazioni affettive. Tr.

It. in Liverta Sempio O., Marchetti A. (a cura di), Teoria della Mente e relazioni affettive. Utet, Torino 2001.

Eisenberg, N. e Lennon, R. (1987). Gender and age differences in empathy and sympathy. In N.

Eisenberg e J. Strayer (a cura di), Empathy and its development. Cambridge University Press, New York.

Embretson, S. E. (1996). The new rules of measurement. Psychological Assessment, 8, pp. 341-

349. Eysenck, S.G.B, Pearson, P.R., Easting, G e Allsopp, J. (1985). Age norms for impulsiveness,

venturesomeness, and empathy in adults. Personality and individual differences, 6, pp. 613-620.

Feldman Barrett, L., Gross, J., Christensen, T.C. e Benvenuto, M. (2001). Knowing what you’re

feeling and knowing what to do about it: mapping the relation between emotion differentiation and emotion regulation. Cognition and emotion, 15, pp. 713-724.

Feschbach, N. e Roe, K. (1968). Empathy in six- and seven-year-olds. Child development, 39, pp.

133-145.

Page 36: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Feschbach, N., Caprara, G.V., Lo Coco, A., Pastorelli, C., Manna, G. e menzes, J. (1991). Empathy and its correlates: cross cultural data from Italy. Eleventh biennial meeting of the International Society for the Study of Behavioural Development, Minneapolis.

Feschbach, N. (1988). Feschbach and Roe Affective Situation Test for Empathy new scoring system.

Manoscritto non pubblicato. Friedman, H.S., Prince, L.M., Riggio, R:E. E DiMatteo, M.R. (1980). Understanding and assessing

nonverbal expressiveness: the Affective Communication Test. Journal of personality and social psychology, 39, pp. 333-351.

Friedman, H.S. e Riggio, R.E. (1999). Individual differences in ability to encode complex affects.

Personality and individual differences, 27, pp. 181-194. Geher, G., Warner, R.M. e Brown, A.S. (2001). Predictive validity of the emotional accuracy

research scale. Intelligence, 29, pp. 373-388. Gohm, C.L. (2003). Mood regulation and emotional intelligence: individual differences. Journal of

personality and social psychology, 84, pp. 594-607. Gohm, C.L. e Clore, G.L. (2002). Four latent traits of emotional experience and their involvement

in attributional style, coping, and well-being. Cognition and emotion, 16, pp. 495-518. Griffin, D.W. e Bartholomew, K. (1994). Models of the self and other: fundamental measures

underlying measures of adult attachment. Journal of personality and social psychology, 67, pp. 430-445.

Gross, C.A. e Hansen, N.E. (2000). Clarifying the experience of shame: the role of attachment style,

gender, and investment in relatedness. Personality and individual differences, 28, pp. 897-907.

Gross, J.J. (1998). Antecedent- and response-focused emotion regulation: divergent consequences

for experience, expression, and physiology. Journal of personality and social psychology, 74, pp. 224-237.

Gross, J.J. e John, O.P. (2003). Individual differences in two emotion regulation processes:

implication for affect, relationships, and well-being. Journal of personality and social psychology, 85, pp. 348-362.

Gross, J.J. e John, O.P. (1995). Facets of emotional expressivity: three self-report factors and their

correlates. Personality and individual differences, 19, pp. 55-568. Gross, J.J. e John, O.P. (1997). Revealing feelings: facets of emotional expresivity in self-reports,

peer ratings, and behavior. Journal of personality and social psychology, 72, pp. 435-448. Gross, J.J. e John, O.P. (1998). Mapping the domain of expressivity: multimethod evidence for a

hierarchical model. Journal of personality and social psychology, 74, pp. 170-191. Halberstadt, A. (1986). Family socialization of emotional expression and nonverbal communication

styles and skills. Journal of personality and social psychology, 51, pp. 827-836.

Page 37: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Halberstadt, A., Cassidy, J., Stifter, C., Parke, R.D. e Fox, N.A. (1991). The psychometric properties of the self-expressiveness questionnaire. Manoscritto non pubblicato.

Harris, P.L. (1983). Children’s understanding of the link between situation and emotion. Journal of

experimental child psychology, 36, pp. 490-509. Haviland, M.G., Warren, W.L. e Riggs, M.L. (2000). An observer scale to measure alexithymia.

Psychosomatics, 41, pp. 385-392. Hibbard, S. (1992). Narcissism, shame, masochism, and object relations: an exploratory

correlational study. Psychoanalytic psychology, 9, pp. 489-508. Hibbard, S. (1994). An empirical study of the differential roles of libidinous and aggressive shame

components in normality and pathology. Psychoanalytic psychology, 11, pp. 449-474. Hogan, R. (1969). Developement of an empathy scale. Journal of consulting and clinical

psychology, 33, 307-316. Honkalampi, K., Hintikka, J., Saarinen, P., Lehtonen, j. e Viinamäki, H. (2000). Is alexithymia a

permanent feature in depressed patients? Psychotherapy and psychosomatics, 69, pp. 303-308. Izard, C.E. (1971). The face of emotion. Appleton-century-crofts, New york. Izard, C.E. (1977). Human emotions. Plenum Press, new York. Izard, C.E. (1979). The differential emotions scale for children (DES-III). Manoscritto non

pubblicato, University of Delaware. Jackson, D.N. (1974). Personality research form manual. Research psycholohgists press, New

York. Johnson, J.A, Cheek, J.M. e Smither, R. (1983). The structure of empathy. Journal of personality

and social psychology, 45, pp. 1299-1312. Kestenbaum, R. E Gelman, S.A. (1995). Preschool children’s identification and understanding of

mixed emotions. Cognitive development, 10, pp. 443-458. King, L.A. e Emmons, R.A. (1990). Conflict over emotional expression: psychological and physical

correlates. Journal of personality and social psychology, 58, pp. 864-877. Kline, P. (1993). Manuale di psicometria. Tr. It. Astrolabio, Roma, 1996. Kooiman, C.G., Spinhoven, P. e Trijsburg, R.W. (2002). The assessment of alexithymia: a critical

review of the literature and a psychometric study of the Toronto Alexithymia Scale-20. Journal of psychosomatic research, 53, pp. 1083-1090.

Kotsch, W.E., Gerbing, D.W., Schwartz, L.E. (1982). The construct validity of the differential

emotions scale as adapted for children and adolescents. In Izard, C.E. (a cura di), Measuring emotions in infants and children. Cambridge University Press.

Page 38: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Kring, A.M., Smith, D.A. e Neale, J.M. (1994). Individual differences in dispositional expressiveness: development and validation of the Emotional Expressivity Scale. Journal of personality and social psychology, 66, pp. 934-949.

Laible, D.J. e Thompson, R.A. (1998). Attachment and emotional understanding in preschool

children. Developmental psychology, 34, pp. 1038-1045. Lane, R.D., Quinlan, D.M., Schwartz, G.E., Walker, P.A. e Zeitlin, S.B. (1990). The levels of

emotional awareness scale: a cognitive-developmental measure of emotion. Journal of personality assessment, 55, pp. 124-134.

Lane, R.D., Sechrest, L., Reidel, R., Weldon, V., Kaszniak, A. e Schwartz, G. (1996). Impaired

verbal and nonverbal emotion recognition in alexithymia. Psychosomatic medicine, 58, pp. 203-210.

Lane, R.D., Sechrest, L., Riedel, R., Shapiro, D.E. e Kaszniak, A. (2000). Pervasive emotion

recognition deficit common to alexithymia and the repressive coping style. Psychosomatic medicine, 62, pp. 492-501.

Larsen, R.J. (1984). Theory and measurement of affect intensity as an individual difference

characteristic. Dissertation abstracts international, 85, 2297b. Lennox, R.D. e Wolfe, R.N. (1984). Revision of the Self-Monitoring Scale. Journal of personality

and social psychology, 46, pp. 1349-1364. Lumley, M.A., Stettner, L. e Wehmer, F. (1996). How are alexithymia and physical illness linked?

A review and critique of pathways. Journal of psychosomatic research, 41, pp. 508-518. Lumley, M.A. e Bazydlo, R.A. (2000). The relationship of alexithymia characteristics to dreaming.

Journal of psychosomatic research, 48, pp. 561-567. Lundh, L., Johnsson, A., Sundqvist, K. e Olsson, H. (2002). Alexithymia, memory of emotion,

emotional awareness, and perfectionism. Emotion, 2, pp. 361-379. Magai, C., Distel, N. e Liker, R. (1995). Emotion socialisation, attachment, and patterns of adult

emotional traits. Cognition and emotion, 9, pp. 461-481. Maraun, M. D. (1997). Appearance and reality: is the Big Five the structure of trait descriptors?

Personality and individual differences, 22, pp. 629-647. Mayer, J.D e Geher, G. (1996). Emotional intelligence and the identification of emotion.

Intelligence, 22, pp. 89-113. Mayer, J.D., Caruso, D. e Salovey, P. (1999). Emotional intelligence meets traditional standards for

an intelligence. Intelligence, 27, pp. 267-298. Mayer, J. D., Salovey, P., Caruso, D. R., & Sitarenios, G. (2001). Emotional intelligence as a

standard intelligence. Emotion, 1, pp. 232-242. Mayer, J. D., Salovey, P., Caruso, D. R., & Sitarenios, G. (2003). Measuring Emotional Intelligence

with the MSCEIT V2.0. Emotion, 3, pp. 97-105.

Page 39: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Meerum Terwogt, M., Koops, M., Oosterhoff, T. e Olthof, T. (1986). Development in procesing of multiple emotion situations. Journal of general psychology, 113, pp. 109-119.

Mehrabian, A. e Epstein, N. (1972). A measure of emotional empathy. Journal of personality, 40,

pp. 525-543. Newsome, S., Day, A.L. & Catano, V.M. (2000). Assessing the predictive validity of emotional

intelligence. Personality & Individual Differences, 29(6), pp. 1005-1016. Pennebaker, J.W. (1982). The psychology of physical symptoms. Springer-Verlag, New York. Petrides, K.V. e Furnham, A. (2000). On the dimensional structure of emotional intelligence.

Personality and individual differences, 29, pp. 313-320. Poole, J.A. (1992). Empathy as a motivator of prosocial behavior in children. Simon Fraser

University, thesis. Rau, J.C. (1993). Perception of verbal and nonverbal affective stimuli in complex partial seizure

disorder. Dissertation abstracts international, 54 (506-B) Reis, H.T. e Wheeler, L. (1991). Studying social interaction with the Rochester Interaction Record.

In M. P. Zanna (a cura di), Advances in experimantal social psychology (vol. 24, pp. 269-318). Academic Press, San Diego, CA.

Roberts, R. D., Zeidner, M., & Matthews, G. (2001). Does emotional intelligence meet traditional

standards for an intelligence? Some new data and conclusions. Emotion, 1, pp. 196-231. Roger, D. e Najarian, B. (1989). The construction and validation of a new scale for measuring

emotion control. Personality and individual differences, 10, pp. 845-853. Rosenthal, R. Hall, J.A., DiMatteo, M., Rogers, P.L. e Archer, D. (1979). Sensitivity to nonverbal

communication: the PONS test. Johns Hopkins University Press, Baltimore, Md. Rothemberg, B. (1970). Childrens’ social sensitivity and the relationship between interpersonal

competence, interpersonal comfort and intellectual level. Developmental psychology, 2, pp. 335-350.

Salovey, P. e Mayer, J.D. (1990). Emotional intelligence. Imagination, cognition, and personality,

9, pp. 185-211. Salovey, P., Mayer, J.D., Goldman, S., Turvey, C. e Palfai, T. (1995). Emotional attention, clarity,

and repair: exploring emotional intelligence using the Trait Meta-Mood scale. In J.W. Pennebaker (a cura di), Emotion, disclosure, and health (pp. 12t5-154). American Psychological Association, Washington, DC.

Schmitt, N. (1996). Uses and abuses of coefficient alpha. Psychological assessment, 8, pp. 350-353. Schutte, N., Malouff, J., Hall, L., Haggerty, D., Cooper, J., Golden, C. e Dornheim, L. (1998).

Development and validation of a measure of emotional intelligence. Personality and individual differences, 25, pp. 167-177.

Page 40: Misurare le emozioni - Mario Bon · Misurare le emozioni Una rassegna dei test più utilizzati nella ricerca sulle emozioni: caratteristiche, funzionamento, risultati empirici

Sifneos, P.E. (1973). The prevalence of “alexithymic” characteristics in psychosomatic patients. Psychotherapy and psychosomatics, 22, pp. 255-262.

Snyder, M. (1974). Self-monitoring of expressive behaviour. Journal of personality and social

psychology, 30, 526-537. Snyder, M. e Gangestad, S. (1986). On the nature of self-monitoring: matters of assessment, matters

of validity. Journal of personality and social psychology, 51, pp. 125-139. Strayer, J. (1987). Picture-story indices of empathy. In N. Eisenberg e J. Strayer (a cura di),

Empathy and its development. Cambridge University Press, New York. Swinkels, A. e Giuliano, T.A. (1995). The measurement and conceptualization of mood awareness:

monitoring and labeling one’s mood states. Personality and social psychology bulletin, 21, pp. 934-949.

Taylor, G.J., Parker, J.D.A., Bagby, M. E Bourke, M. P. (1996). Relationships between alexithymia

and psychological characteristics associated with eating disorders. Journal of Psychosomatic Research, 41, pp. 561-568.

Thornton, S. e Thornton, D. (1995). Facets of empathy. Personality and individual differences, 19,

pp. 765-767. Tomkins, S.S. e McCarter, R. (1964). What and where are the primary affects? Some evidence for a

theory. Perceptual and motor skills, 18, pp. 119-158. Vorst, H.C.M. e Bermond, B. (2001). Validity and reliability of the bermond-Vorst Alexithymia

Questionnaire. Personality and individual differences, 30, pp. 413-434. Watson, D., Clark, L.A. e tellegen, A. (1988). Development and validation of brief measures of

positive and negative affect: the PANAS scales. Journal of personality and social psychology, 54, pp. 1063-1070.

Watson, M . e Greer, S. (1983). Development of a questionnaire measure of emotional control.

Journal of psychosomatic research, 27, pp. 299-305. Weed, N.C., Diener, E. e Larsen, R. (1985). The affect intensity measure simplified. Manoscritto

non pubblicato, University of Illinois at Urbana-Champaign. Zech, E., Luminet, O., Rimé, B. e Wagner, H. (1999). Alexithymia and its measurement:

confirmatory factor analyses of the 20-item Toronto Alexithymia Scale and the Bermond-Vorst Alexithymia Questionnaire. European Journal of Personality, 13, pp. 511-532.


Recommended