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PM di ottobre 2011

Date post: 27-Mar-2016
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In anteprima il nuovo numero del PM!
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ANNO 85 • n° 990 • € 3,00 • Poste Italiane s.p.a. • sped. in a.p. • D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 1, DCB VERONA www.bandapm.it il piccolo missionario ottobre 2011 - n. 10 Destinazione: ovunque! CONtIENE I.P.
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ottobre 2011 - n. 10

Speciale missione

Destinazione:

ovunque!

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Diceildire

Ott 2011

I l mese di ottobre, mese missionario, è an-che il mese che ricorda quell’innamorato dell’Africa e degli africani che è san Daniele

Comboni (1831-1881). Quest’anno il ricordo è obbligato: si ricordano, infatti, i 180 anni della sua nascita a Limone sul Garda (Brescia) e i 130 della sua morte a Khartoum, capitale del Sudan.Momento importante della sua vita è stato l’in-contro, a 12 anni, con don Nicola Mazza, un sa-cerdote pedagogo, che a Verona aveva fondato un collegio ove accogliere ragazzi poveri, ma dotati di un’ottima intelligenza. Fu don Nicola a far innamorare dell’Africa il piccolo Daniele. L’Africa era allora disprezzata e sfruttata e la sua gente era vittima della tratta degli schiavi, del disprezzo e dell’abbandono. Don Daniele parti-rà per la prima volta per l’Africa a 26 anni, dan-do inizio a una “avventura” missionaria che lo vedrà protagonista fi no alla sua morte, a soli 50 anni. Non si stancherà di ripetere che gli africani sono fi gli di Dio come tutti gli altri uomini, uguali

in dignità e quindi hanno il diritto alla libertà e al rispetto. Anche a loro andava annunciato il Van-gelo e la salvezza del continente si sarebbe fatta tramite gli africani stessi: “salvare l’Africa con l’Africa” era la sua parola d’ordine.“Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio mo-rire” è stato invece il senso della esistenza di un altro missionario da ricordare in questo mese “speciale”. Si tratta di Shabhaz Bhatti, uomo politico cristiano cattolico ucciso per il suo im-pegno a difesa dei poveri e dei cristiani del Pa-kistan. Una testimonianza “forte”, come quella di monsignor Cesare Mazzolari, un vero amico di Gesù, del suo Vangelo e del popolo del Sud Sudan.Tre avventure missionarie, quella di san Da-niele, di Shabhaz Bhatti e di monsignor Cesare, che continuano anche grazie a voi, cari affezio-nati lettori e lettrici del PM, la vostra rivista mis-sionaria.

p. Elio Boscaini

l mese di di ottobre, mese missionario, è an- o alla libertà e iin d diignità e quindi hanno il diritto al

AVVENTURE

MISSIONARIE

Attualità

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tre 150 Paesi dei cinque continen-ti) che per molti uomini, donne e bambini è diffi cile mangiare anche una sola volta al giorno. Il tema scelto per quest’anno è “Prezzi alimentari, dalla crisi alla stabilità”.

CIBO: La quantità di cibo buttata via, ogni anno, nel mondo potrebbe sfama-re 3 miliardi di persone. E solo con gli alimenti fi niti, ogni anno, nella spazza-tura in Italia, si potrebbe dare da man-giare a 44 milioni di poveri.

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16 ottobre, Giornata mondiale dell’alimentazione

SS econdo la FAO (l’Organizza-zione delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazio-

ne) il cibo attualmente prodotto nel mondo è ampiamente suffi ciente per tutti. Eppure, sempre secondo i dati della FAO, sul nostro pianeta quasi un miliardo di persone soffrono la fame. Perché questo scandalo non sia di-menticato, dal 1981 ogni anno in ot-tobre si celebra la Giornata mondia-le dell’Alimentazione. Un’occasione per ricordare a tutti e in tutto il mondo (alla manifestazione partecipano ol-

A causa della carestia rischiano di morire di fame 12 milioni di persone in Somalia,

Etiopia, nord del Kenya

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a cura di

Paolo Pigozzi

ENORMI ESTENSIONI DI TERRE-NO: Molti governi africani stan-no vendendo a prezzi stracciati grandi estensioni di terre fertili e coltivabili. Negli ultimi cinque anni, in Sudan, Etiopia, Mada-gascar, Ghana e Mali sono stati venduti 2,41 milioni di ettari di terreno a compratori indiani, ci-nesi, arabi e sudcoreani.

Ott 2011

IL BUSINESS DELLA FAME

Per noi, che destiniamo all’acquisto di cibo cir-ca il 15-20% del reddito (nei Paesi poveri questa percentuale arriva e supera il 90%) e abituati alle offerte, agli sconti e al “prendi 3 e paghi 2”, po-trebbe sembrare strano che il prezzo degli ali-menti sia un grosso problema. Eppure è così, se pensi che i prezzi degli alimenti di base per l’umanità (in particolare i cereali: frumento, riso, mais, miglio, ecc.) sono aumentati notevolmen-te negli ultimi 3-4 anni. Come afferma l’econo-mista della FAO ed esperto del mercato dei ce-

reali Abdolreza Abbassian: «Il rialzo dei prezzi alimentari mondiali non accenna a placarsi. Ed è assai probabile che nei prossimi mesi i prezzi resteranno alti». I prezzi elevati dei cereali sono motivo di grande preoccupazione specialmente per i Paesi del Sud del mondo che devono acquistare e impor-tare dall’estero una parte del cibo necessario per la popolazione. Naturalmente, anche le fa-miglie povere (che spendono quasi tutto il pro-prio reddito per sfamarsi) si trovano nelle stesse diffi coltà. Inoltre, la crisi economica e fi nanziaria globale rende sempre più conveniente investire le ric-chezze nella terra. Non a caso le grandi multi-nazionali e perfi no alcuni stati stanno da tempo acquistando enormi estensioni di terreno in Africa e in America Latina, espellendo i piccoli contadini dalle loro proprietà e costringendoli a trasferirsi nelle enormi e povere periferie delle

grandi città. Sui terreni acquistati sarà colti-vato cibo non per le esigenze alimentari delle popolazioni lo-cali, ma per l’espor-

Il cibo destinato ai poveri? Solo promesse!

MDG= obiettivi del millennio

Rifugiati somali in coda per la razione quotidiana di alimenti

tazione verso i Paesi ricchi o, peggio, per la trasforma-zione industriale. Come, ad esempio, il mais per rica-varne carburanti, la soia per produrre i mangimi per gli al-levamenti intensivi, le palme da olio per rispondere alle crescenti esigenze di grassi dell’industria ali-mentare europea e nordamericana. Insomma, un quadro preoccupante. Che non interessa, tuttavia, solo gli abitanti dell’Africa e dell’Asia. Anche i nostri contadini (quelli che, non dimentichiamolo, producono il cibo che arriva nel nostro piatto) non se la passano tanto bene. Pensa solo che il cibo, al supermercato, costa un prezzo 30-40 volte più elevato di quello che riceve chi lo ha prodotto. Una vera assurdità! Della quale be-nefi ciano soprattutto i proprietari dei grandi super e ipermercati che asse-diano le nostre città. Modificare questa situazione dram-matica e ingiusta non è compito solo dei governi e della FAO. Anche tu puoi fare qualcosa. Ecco qualche idea...

CIBO BIOLOGICO: Sono gli alimenti prodotti da agricoltura di tipo biologico, ossia senza l’utilizzo di prodotti chimici (pesticidi, concimi, antiparassi-tari) durante la coltivazione. Il rispetto della natura fa sì che i cibi biologici conservino tutte le proprietà nutrizionali e quindi siano di grande benefi cio alla salute delle persone.

fare qualcosa. Ecco qualche ideaaa...

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IN AZIONE• Vai a conoscere i piccoli produttori di cibo biolo-gico della tua zona e acquista da loro frutta, verdure, latte, cereali, fagioli, noci, ecc. Il tuo cibo sarà sano, più fresco e saporito di quello trovato al supermerca-to, conoscerai chi lo ha prodotto e con i tuoi acquisti avrai contribuito a sostenere il prezioso lavoro di chi semina, pianta e raccoglie gli alimenti e, nello stesso tempo, mantiene attorno alle città e ai paesi un am-biente verde e piacevole per tutti • Partecipa, quando puoi, al lavoro di coltivazione dell’orto di casa: il papà, la mamma o i nonni ne sa-ranno felici e tu potrai renderti conto di quanta sod-disfazione (e di quanto sudore) sono fatte le carote e i pomodori• Chiedi a insegnanti e professori di poter realizzare un orto a scuola. Si tratta di una bella e appassionan-te esperienza che produce vantaggi per tutti • Rispetta il cibo e non sprecarlo: per rispetto di chi l’ha prodotto (spesso con tanta fatica) e di chi soffre la fame, nel mondo e vicino a noi

Un progetto di agricoltura per bambini nel Sud Sudan. I paesi del Sud del mondo sono in grado di produrre cibo per le loro esigenze. A patto che…

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a cura di

Elio Boscaini

La storia di un grande “padre” del popolo sudanese

MM onsignor Cesare Mazzo-lari, comboniano brescia-no, vescovo della diocesi di

Rumbek, è morto a 74 anni, il mattino di sabato 16 luglio, all’ospedale del-la cittadina, capitale del Lake State nel Sud Sudan. Stava celebrando la Messa quando all’inizio della consa-crazione, si è sentito male. Il vescovo è morto esattamente una settimana dopo aver partecipato alle cerimonie della proclamazione dell’indipendenza del Sud Sudan, in-dipendenza per la quale si era tanto dato da fare.

I funerali, cui hanno preso parte migliaia di fedeli cattolici, hanno visto la partecipazione di tanti non cristiani e anche musulmani, riconoscenti per l’opera sociale che monsi-gnor Cesare ha compiuto durante gli anni del suo episco-pato in terra sudanese.

Il vescovo Cesare Mazzolari

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Giovanissimi cristiani di Rumbek

Speciale

La “guerra” di Cesare

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CON IL SUDAN NEL CUORE

Padre Cesare era giunto in Sudan nel 1981, dopo aver studiato e lavorato negli Stati Uniti, nei sobborghi di Los Angeles e Cincinnati. Nella nazione nordamericana lavo-rò con l’entusiasmo del giovane per una ventina d’anni, adottando l’inglese come sua seconda lingua. Nel gran-de paese africano, invece, ha vissuto tutto il periodo della guerra civile, che era ripresa nel 1983, quando il governo arabo del Nord Sudan aveva imposto la legge islamica (shari’a) come legge di stato, suscitando la reazione delle popolazioni del sud, cristiane e animiste, contrarie all’isla-mizzazione del paese. Durante la guerra, rimase fedele al suo posto e alla gente del Sud Sudan, fuggendo solo temporaneamente di fronte ai bombardamenti dell’avia-zione sudanese, trovando rifugio nella nazione confi nante del Kenya. Nella festa dell’Epifania del 1999 fu consacrato vescovo di Rumbek. Nel 2005, dopo 22 anni di violenze che avevano provocato due milioni di morti e tre milioni di sfollati interni, la guerra civile fi niva con gli accordi di Nairobi che prevedevano un referendum sull’indi-pendenza delle regioni del sud. Il 9 luglio scorso il Sud Sudan è diventato indipendente, occupando il suo posto nel concerto delle nazioni.

DIGNITà E LIBERtà

Durante gli anni della guerra, monsignor Cesa-re ha sostenuto la speranza della gente per un futuro indipendente. Ha investito il denaro che

i tanti amici italiani e americani gli fa-cevano arrivare, costruendo nella sua diocesi una quindicina di scuole con mille alunni ciascuna, e altrettanti di-spensari per combattere le malattie. Considerava importante che anche le bambine e le ragazze frequentassero la scuola, così da prendere coscien-za della propria dignità di donne. Se è vero che l’annuncio del Vangelo era

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Alunni di una scuola cattolica creata da monsignor Cesare

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la sua priorità, padre Cesare aveva trovato nell’istruzione il mezzo più completo per una formazione umana, sociale e cristiana. Gli anni della guerra furono anche quelli in cui monsignor Cesare lancia-va appelli alla comunità internazionale perché non abbandonasse i sudanesi del sud in preda a ricorrenti carestie e al continuo stato di guerra. Soprat-tutto si dette da fare per lottare con-tro la schiavitù, operata dalle milizie arabe che, appoggiate dall’esercito regolare del nord, facevano irruzio-ne nei villaggi del sud, distruggendo, uccidendo gli uomini e portando via come schiavi donne e bambini. Come già aveva fatto san Daniele Comboni un secolo e mezzo prima, così mon-signor Cesare, grazie anche all’im-pegno di tante ONG, ha riscattato ai mercanti arabi migliaia di bambini.

Altro fronte su cui monsignor Cesare ebbe molto a lottare, fu quello dei bambini soldato. Il movimento di guerriglia contro il potere centrale faceva ricorso anche alla manova-lanza dei bambini, strappati alle loro famiglie e alla scuola, che così si vedevano negato un futuro. Monsignor Cesare ebbe a scontrarsi con le autorità dell’Esercito popolare di liberazione del Sudan (Spla) – che sarebbe risultato vinci-tore –, non risparmiando loro critiche, quando i guerriglieri attaccavano villaggi inermi, rubando, uccidendo e semi-nando terrore.I semi del sacrifi cio di Cesare Mazzolari hanno già comin-ciato a dare frutti abbondanti di vita: le opere sociali da lui fondate offrono oggigiorno salute e cure a 300mila perso-ne, sparse in un raggio di 100 km, e istruzione a 50mila tra ragazzi e ragazze. Ora dal cielo, monsignor Cesare pro-tegga il paese per il quale ha dato la vita.

Eucaristia in una chiesa distrutta dalla guerra

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Sono innumerevoli i “bambini soldato” riscattati da don Cesare

Donna denka che legge la Bibbia. Il vescovo Mazzolari ha sempre creduto nella formazione di donne e ragazze

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Parlane con ...PADOVAp. Davide - fr. Alberto: [email protected]. Lorena: [email protected]

VENEGONO SUPERIORE (VA)p. Livio: [email protected]. Betty - sr. Eleonora: [email protected]. Domenico: [email protected]

PESAROp. Renzo: [email protected]

p. Jesùs: [email protected]. Eugenia: [email protected]. Tiziana - sr. Rosa: [email protected]: [email protected]

ChasquiII l mio nome è Shahbaz

Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica nono-

stante il mio paese, il Pakistan, sia musulmano al 97%. Mio pa-dre, insegnante, e mia madre, ca-salinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno infl uenzato la mia infanzia. Non dimen-ticherò mai la fi gura di mio padre Jacob, per anni presidente delle chiese cristiane locali, in una regione a grandissima maggioranza islamica. Anche per questo era un uomo co-raggioso mio padre; era colui che mi infonde-va forza e mi aiutava ad affrontare le situazioni più rischiose.In famiglia ho imparato il coraggio di vive-re; nella comunità cristiana la fede in Dio. Ricordo ancora oggi con commozione che fi n da bambino ero solito andare in chiesa a pregare. Rimanevo in silenzio per lungo tempo davanti al crocifi sso, a meditare sulla vita e il sacrifi cio di Gesù. Furono proprio questi momenti passati in compagnia del Signore che mi spinsero a mettermi a servi-zio della Chiesa e dei poveri del mio paese. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolgevano. Sapevo che il mio dovere di cristiano mi chiamava ad impegnarmi al massimo nello studio e nella politica. In questo campo feci,

fi n da giovane, la scelta di iscrivermi al Partito del Popolo Pakistano, il

partito che più di altri vo-leva cambiare la vita

e il modo di fare po-litica nel paese. Il passo successivo fu diventare presiden-te dell’Apma (All Pakistan Minorities

Alliance), un’organiz-zazione che rappre-

Il dono della vitaIl dono della vita

Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrifi cio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrisponde-re a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e so-relle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti han-no desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e

hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, fi nché avrò vita, fi no al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani,

i bisognosi, i poveri. Sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò

produrrà un cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, col-tiveranno la pace e la comprensione in questa regione. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio che la mia vita,

il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo.

Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la loro religio-ne vadano considerati innanzitutto come esseri umani. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire.

sentava gli emarginati sociali

e le minoranze religiose della

nazione, tra queste i 20 milioni

di cristiani da sempre perse-

guitati a causa della loro fede.

Il mio coraggio nel difendere

i miei connazionali più poveri

mi valse la nomina, nel 2008

e a 40 anni di età, a ministro

per le Minoranze religiose,

unico ministro cattolico in un

governo composto da soli

musulmani. Si realizzava, così,

il sogno che avevo coltivato

fi n da ragazzo: portare a ter-

mine la missione di servire i

più poveri e abbandonati. Era

ciò che più volevo nella vita:

guadagnarmi un posto ai pie-

di della croce di Gesù e poter

guardarlo senza provare ver-

gogna.

Parlane con ...PADOVAp. Davide - fr. Alberto: [email protected]. Lorena: [email protected]

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La mattina del 2 marzo 2011, mentre usciva dalla casa della mamma per re-

carsi al lavoro, l’auto – sen-za scorta – su cui viaggiava

il ministro Shahbaz Bhatti fu at-taccata da un gruppo di uomini armati. Ferito gravemente da 35 colpi d’arma da fuoco, Bhatti moriva durante il tra-sporto in ospedale. L’assassinio del mi-nistro è stato rivendicato da un gruppo di estremisti islamici talebani, gli stes-si che l’avevano più volte minacciato di morte per le sue attività in difesa dei diritti dei più poveri e per la sua opera di riconciliazione tra cristiani e musulmani in Pakistan.Nel suo “battagliero sforzo di aiu-tare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan”, egli si era chiesto se “Gesù volesse ac-cettare il sacrifi cio” della sua vita. E questo non tanto per un suo istin-tivo desiderio di morire, quanto come conseguenza per aver dedicato la propria vita alla lotta per l’uguaglianza umana, la giustizia e la libertà religiosa. Nessuna per-sona nasce con l’idea di diventare un martire o di morire per un ideale seppur importante. Ciò che conta, però, è saper fare delle scelte coerenti con ciò in cui si cre-de, specialmente quando si ha il dono della fede in Colui che ha detto: “Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici!”. Spesso la coerenza costa cara ed è giusto saperlo ma soprattutto “viverlo”.

Wow! a cura di Elena Dante

G iulia (Padova) e Lorenzo (Roma) hanno partecipato quest’esta-te alla Giornata mondiale della gioventù di Madrid. Due modi di-versi di vivere la stessa esperienza di fede e incontro con gli altri.

Ecco cos’hanno riportato a casa...

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GIULIA: Si parte riponendo i propri

sogni in uno zaino. Poi, di fatto, si copro-

no distanze: il viaggio di noi 39 giovani

del vicariato di Montegalda (Padova) ci

ha portati inizialmente a Saragozza, per

un gemellaggio multiculturale; passo

dopo passo abbiamo coperto alcune

tappe del Cammino di Santiago, poi an-

cora per strada e fi nalmente a Madrid,

meta nostra come del resto del mondo.

LORENZO: Sono arrivato in aereo a Ma-drid, pur facendo scalo a Bruxelles, un po’ fuori strada... Accompagnavo una piccola delegazione di ragazzi del dopo cresima e del gruppo giovani della mia parrocchia, ma ci siamo presto uniti ad un gruppo più grande di giovani di Roma, con cui ci era-vamo organizzati.

il viaggio

Verso Madrid... il cammino di Santiago

a cura di Elena Dante

iQue viva Madrid!iQue viva Madrid!Appunti dalla 26a GMG

GIULIA: Quando si dice Mondia-

le! Non è da tutti i giorni parlare

di giovani e fede con ragazzi ame-

ricani e polacchi, cantare canzo-

ni mischiando strofe in italiano e

olandese. L’abbiamo vissuto a Sa-

ragozza e successivamente a Ma-

drid, accompagnati da coetanei

spagnoli che da guide si sono tra-

sformati in amici.

LORENZO: La prima cosa che colpisce nella GMG è l’immensa quantità di amici che si incontrano. E sono amici e compagni di viag-gio già prima di conoscerli: come te sono venuti ad incontrare Dio, e con te condividono con gioia questo breve ma intenso momento del proprio cammino. Ne è rimasta traccia sulla mia bandiera, fi rmata da moltissimi amici e amiche; ma ne è soprattutto rimasta traccia nel mio cuore e nella rinnovata forza che ha trovato la mia fede.

Il gruppo di Lorenzo a Madrid

GIULIA: Le piazze e i palazzi hanno fatto solo da cor-

nice all’atmosfera elettrizzata che si respirava in città

prima di domenica 21 agosto. Una metro intasata può

diventare il campo da gioco dove sfi darsi a colpi di inni

nazionali, un aeroporto deserto può essere il luogo di

incontro più sconfi nato in una vita.

LORENZO: Madrid è una

città molto bella. Ma la parte

della città che più ha lasciato

il segno sono stati i cittadini:

ospitali, gentili, si sono curati

di tutto ciò che l’organizza-

zione, spesso carente, non ha

saputo darci. Splendido sen-

tirsi accolti, o vedere la gente

bagnarci dai palazzi e offrirci

bicchieri d’acqua mentre rag-

giungevamo accaldati Cuatro

Vientos. Una bimba ha voluto

offrirmi un secondo bicchiere

d’acqua dopo che ho diviso il

primo con una (nuova) amica.

Indimenticabile.

Madrid

Ott 2011

nuovi amici

Finalmente Madrid!

LORENZO: Nulla come la GMG ti mostra chiaramente come Dio si manifesti attraver-so i cammini più diversi. Vedi la fede espressa in tantissimi modi, e questo ha rafforzato la mia fede come poche espe-rienze hanno fatto, mostrando-mi allo stesso tempo il motivo profondo per cui Dio ha voluto darci la Chiesa e la comunità. È la condivisione della fede con chi è diverso da te che ti dà la forza di avvicinarti seria-mente e sinceramente a Dio.

l'esperienza di fede

ho portato a casa...

È co

mllrmpdÈ

GIULIA: Che ci si creda o no, la grandezza di una GMG sta

nella fede di chi vi partecipa prima che in qualsiasi altra forza.

Perché se parti con delle domande, qualcuno ti dirà che sei tu

la risposta, che se sei arrivato fi no a lì puoi andare ovunque,

a trasmettere la gioia della fede che ti porti dentro. E, a quel

punto, non ci sono piedi doloranti né distanze che tengano.

GIULIA: Al ritorno lo zaino è più

pieno di prima: con i canti, le pre-

ghiere e i saluti urlati per stra-

da; fi rme e contatti di una decina

di nazionalità diverse; fatiche ed

emozioni, brividi e lacrime di com-

mozione, abbracci e la voglia di ri-

petere l’esperienza. E, perché no,

anche un po’ di polvere di Cuatro

Vientos. È stata GMG anche quel-

la! ... A Rio 2013!laala! ! ..... . AAA

LORENZO: Ho portato indietro la forza per ricominciare questo anno di catechesi, una fede e un modo di pregare rinnovati da tanti amici, la mia bandiera che porta le loro trac-ce, tante nuove amicizie anche qui a Roma, un po’ di Cuatro Vientos nel sacco a pelo e un invito da un gruppo di brasiliani: ci vediamo a Rio!

pupupupuntntnnto,o,o, n n nononon c c ci i i sososononono p ppieieiediddi d doo oo

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Il Rosario insieme

I NUMERI DELLA GMG

• 1 milione e 500mila giovani partecipanti alla GMG• 2 milioni di giovani hanno partecipato alla messa fi nale• 90mila i giovani italiani• 16mila i giovani brasiliani• 750 tra cardinali e vescovi• 14mila sacerdoti• 40mila volontari• 50.482.621 euro spesi per fi nanziare l’intero evento• 165 gli sponsor che hanno fi nanziato la GMG

insieme alle offerte dei giovani e delle singole diocesi.• 31,5 milioni di euro ricavati dalle iscrizioni dei pellegrini.• 16,5 milioni di euro arrivati dagli sponsor • 2,4 sono i milioni donati da privati a titolo personale.• 50 i media presenti alla GMG.• 2013: a Rio de Janeiro (Brasile) la prossima GMG

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PP rodotto dallo studio Ghibli del grande Hayao Miyazaki (autore, fra l’altro, del-la sceneggiatura), Arrietty si svolge nel

Giappone dei giorni nostri e racconta la storia di una ragazzina di 14 anni che vive con il padre e la madre sotto il pavimento di una casa di cam-pagna. Ebbene sì, sotto il pavimento, perché di una famiglia molto particolare si tratta: Arriet-ty e i suoi genitori sono infatti esserini di pochi

centimetri d’altezza, in (quasi) tutto raffrontabi-li agli umani, se non fosse per le dimensioni. I tre vivono all’insaputa dei “grandi” abitanti della casa, nutrendosi dei loro scarti e servendosi de-gli oggetti lasciati in disuso. Finché un giorno ar-riva Shō, un ragazzino malato e solitario, mite e gentile, che si accorge della presenza dei piccoli inquilini del piano di sotto. Dopo i primi timori, generati soprattutto dal divieto imposto dai ge-

nitori di venire a contatto con gli umani, Arrietty si affeziona a Shō, e i due dan-no vita ad una tenera quanto singolare amicizia.Arrietty è il racconto splendido e com-movente di un incontro tra due solitu-dini: quella di una ragazzina che vor-rebbe valicare i confi ni che la separano dall’avventura, e quella di un ragazzo sensibile che sa che l’ignoto chiede di essere conosciuto più che temuto. En-trambi giungono a sperimentare che

Clap clap cinemaL’amicizia L’amicizia la penala penavale sempre vale sempre

a cura di Luca Peloso

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chi sembra diverso è in realtà molto si-mile a noi, che forse proprio per questo ci fa paura ma che sempre ci può offri-re ciò che non ha prezzo. Miyazaki e il regista Hiromasa Yonebayashi ci lan-ciano questo messaggio mettendo in scena il contrasto tra gli umani, schia-vi dei beni materiali e dell’indifferenza reciproca, e la famiglia di Arrietty, che nella sua saggezza pratica sa che nulla va consumato e tutto, nel grande ciclo della natura, può essere riutilizzato. In tal modo gli autori mostrano che – specie in un mondo in cui dominano la diffi denza e la mercifi cazio-ne – le relazioni autentiche sono un bene ine-stimabile. A maggior ragione se avvengono tra persone “diverse” i cui sentieri sembrerebbero destinati a non incrociarsi mai. È davvero singolare il caso giapponese: un Pae-se prigioniero dell’economia e della fi nanza tan-to quanto l’Occidente; un Paese, tuttavia, con parecchi anticorpi, che quando si confronta con l’arte, la letteratura, il cinema è ancora in grado di parlare linguaggi universali. Si pensi, oltre al mae-stro Miyazaki, a uno scrittore come Murakami Haruki, nipponico pure lui. Benché sia sempre un

po’ rischioso generalizzare e l’erba del vicino sia sempre più verde, non è diffi cile rilevare come ar-tisti di simile levatura, oggi, siano per l’Italia solo un ricordo dei tempi andati, quando il cinema era grande grazie a Fellini, Antonioni, Visconti, e la letteratura pullulava di giganti come Montale, gio-colieri come Calvino, corsari come Pasolini. Con-frontare questi pochi nomi coi tanti che affollano oggi il panorama della cosiddetta “cultura italia-na”, lo confessiamo, ci mette addosso un po’ di nostalgia. Speriamo allora non tanto di trovare i nostri Miyazaki, quanto piuttosto di assistere alla nascita di qualcuno che dei maestri di casa no-stra sappia mettere a frutto la lezione …anche se di eredi, almeno per ora, non se ne vedono.


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