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Tavolo Tecnico Interaziendale Anno 2012 ASL Milano 1 - RSA ... · Van Gogh I Girasoli 1888 Le...

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1 Tavolo Tecnico Interaziendale Anno 2012 ASL Milano 1 - RSA – RSD Van Gogh I Girasoli 1888 Le Ulcere da Pressione nelle Strutture Residenziali Condivisione di un percorso clinico-assistenziale A cura di UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
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Tavolo Tecnico Interaziendale Anno 2012

ASL Milano 1 - RSA – RSD

Van Gogh I Girasoli 1888

Le Ulcere da Pressione

nelle Strutture Residenziali

Condivisione di un percorso clinico-assistenziale

A cura di UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie

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Presentazione

Il documento è il frutto della collaborazione, ormai consolidata, tra i Gestori di RSA/RSD e l’ASL Milano 1.

Il lavoro comune, tra professionisti della materia, trae origine dalla necessità di istituire momenti di confronto in merito al comportamento clinico - assistenziale adottato nelle RSA/RSD del territorio. La metodologia di approfondimento utilizzata è quella del gruppo di lavoro, intra o interdisciplinare, denominato per semplicità “Tavolo Tecnico Interaziendale ASL-RSA/RSD”.

Nel corso di questi anni sono stati affrontati diversi temi: gli aspetti contenutistici del Piano Assistenziale Individuale, le attese che hanno gli ospiti e i loro familiari nei confronti dei servizi offerti dalle RSA, la promozione della figura dell’Amministratore di Sostegno, il Consenso Informato all’atto medico, la valutazione dello stato nutrizionale dell’anziano e la valutazione della disfagia, la gestione dei disturbi comportamentali associati a quadri di demenza, la valutazione e la gestione del dolore.

Tutti gli argomenti sono stati oggetto di redazione di documenti o di eventi pubblici formativi.

Nei primi mesi del 2012 il gruppo di lavoro interaziendale ASL-RSA/RSD ha dato mandato a un nucleo ristretto di colleghi di redigere un documento che tracciasse gli elementi salienti della gestione delle ulcere da pressione nelle strutture residenziali, indicando anche i possibili approcci clinici-terapeutici ed assistenziali.

Come per tutti i documenti elaborati dai gruppi di lavoro ASL Milano 1-RSA/RSD non si ha la pretesa di esaurire in toto l’argomento oggetto della trattazione, né si ha la presunzione di redigere linee guida sostituendosi agli organismi scientifici preposti, ma ci si pone l’obiettivo di condividere atteggiamenti, buone prassi e comportamenti presenti nelle nostre realtà territoriali.

Dott. Giorgio Scivoletto

Direttore Generale ASL Milano 1

Il documento è reperibile sul sito:

http://struttureassi.aslmi1.mi.it/

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Sommario

Premessa...............................................................................................................................................4 Eziopatogenesi .....................................................................................................................................6 I fattori di rischio..................................................................................................................................7 La prevenzione delle ulcere da pressione ..........................................................................................12 L’approccio terapeutico .....................................................................................................................24 La terapia nutrizionale .......................................................................................................................49 Complicanze infettive delle lesioni cutanee croniche........................................................................50 Superfici antidecubito: caratteristiche, classificazione e orientamenti per la scelta ..........................54 La gestione del dolore ........................................................................................................................63 Programmi di formazione e miglioramento della qualità dell’assistenza..........................................70 I costi dell’assistenza .........................................................................................................................72 Bibliografia e sitografia .....................................................................................................................74 Allegato 1. Le Scale di Valutazione delle Ulcere da Pressione .........................................................77 Allegato 2. Strumenti e Parametri di Valutazione dello stato Nutrizionale.......................................87 Allegato 3. Superfici e Ausili Antidecubito: Categorie - Schede Tecniche – Tabelle riepilogative .92 Allegato 4. Schede di trattamento delle Ulcere da Pressione ..........................................................109 Allegato 5. Caratteristiche, indicazioni e controindicazioni dei principali prodotti di medicazione..........................................................................................................................................................114 Allegato 6. Immagini .......................................................................................................................116

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Premessa

L’ulcera cutanea da pressione è una lesione tessutale, ad evoluzione necrotica, che interessa la cute, il derma e gli strati sottocutanei, fino a raggiungere, nei casi più gravi, la muscolatura, le ossa e le articolazioni sottostanti (1).

Le ulcere da pressione rappresentano una condizione molto frequente, ma potenzialmente prevenibile in popolazioni ad alto rischio, quale quella anziana e quella dei soggetti con compromissione dell'autonomia funzionale, che può andare dall'ipomobilità sino all'allettamento completo. Tali lesioni rappresentano una delle più gravi complicanze che possano colpire il paziente anziano; la loro comparsa può rallentare il recupero funzionale e comportare complicanze cliniche gravi, nonché determinare comparsa di dolore e prolungare la degenza ospedaliera, con tempi di ricovero maggiori di 5-6 volte rispetto alle persone prive di lesioni. La loro presenza è inoltre riconosciuta come fattore prognostico sfavorevole, che si associa ad un aumento di circa il quadruplo, della morbilità e della mortalità. I pazienti che sviluppano un’ulcera da pressione, hanno una probabilità di ammissione in RSA, tre volte maggiore rispetto a coloro che non presentano tale problematica (2) (3)

.

L’incidenza e la prevalenza crescenti delle ulcere cutanee da pressione sono dovute a diversi fattori:

• invecchiamento della popolazione; • elevato numero di persone affette da malattie cronico-degenerative; • aumento della sopravvivenza ad eventi acuti, che esitano in situazioni cliniche invalidanti(4)

.

Negli USA si stima che le lesioni da decubito colpiscano circa 1,5-3 milioni di persone, nel 70% dei casi con età superiore ai 70 anni, comportando una spesa sanitaria annua di circa 5 miliardi di dollari. La stima delle ulcere da pressione, varia in relazione al setting assistenziale. Negli ospedali infatti, i valori oscillano tra lo 0,4% e il 38%, nelle RSA dal 2,2% al 23,9% e nell’assistenza domiciliare dallo 0 al 17%. Altri autori stimano la prevalenza delle lesioni in RSA, in valori compresi tra l’11% e il 30%. In Italia, si stimano, in ambito ospedaliero, prevalenze che oscillano dall’8,6% al 13% sino al 26,6%, in relazione allo stato di compromissione dei pazienti. Un altro studio, condotto in 15 RSA italiane, evidenzia una prevalenza complessiva di lesioni, pari al 6,9% con il 67% ad insorgenza durante il soggiorno in RSA e l’11% durante un ricovero temporaneo in ospedale (3).

Ad oggi non vi è una cura definitiva, né si è raggiunta uniformità nei comportamenti terapeutici ed assistenziali, malgrado i numerosi studi condotti sull’argomento, nonostante le varie figure professionali coinvolte e l'elevato numero e tipo di ausili e presidi impiegati, compresi quelli tecnologicamente più avanzati. L’unico dato certo è che un’adeguata prevenzione svolge un ruolo determinante nel limitare la comparsa e/o la progressione delle lesioni. La consapevolezza che prevalenza ed incidenza di tale problematica, direttamente correlata all'elevata spesa sanitaria, siano indicatori negativi della qualità della vita e dell'assistenza sanitaria erogata, rende necessaria una gestione globale del fenomeno che preveda politiche di prevenzione, diagnosi e cura sempre più efficaci ed appropriate, così come lo sviluppo di adeguati sistemi di controllo. Prevenzione e cura delle ulcere cutanee da pressione, richiedono lo sviluppo di una cultura professionale, che orienti l’operatore nella scelta e nell’utilizzo di metodi e strumenti adeguati, in grado di garantire standard assistenziali in linea con le evidenze scientifiche disponibili.

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Le Linee Guida esistenti in letteratura (5), forniscono raccomandazioni basate sulle prove di efficacia per la prevenzione ed il trattamento delle ulcere cutanee da pressione, che possano essere utilizzate dal personale sanitario e assistenziale. Le Linee Guida si prefiggono i seguenti obiettivi:

• migliorare la qualità di vita dei pazienti; • fornire una guida per la prevenzione ed il trattamento delle ulcere cutanee da pressione, allo scopo di uniformare i comportamenti assistenziali e terapeutici; • fornire una guida per la gestione dei pazienti, che costituisca uno strumento formativo/operativo, tale da accrescere la professionalità degli operatori e qualificare il servizio offerto; • ottimizzare l’intervento sanitario; • ottimizzare l’investimento delle risorse per la fornitura dei dispositivi medici e dei farmaci; • diminuire l’incidenza delle ulcere cutanee da pressione, privilegiando l’aspetto della prevenzione; • indicare un approccio razionale alla patologia, che valuti il soggetto nella sua globalità; • adottare strumenti di identificazione dei soggetti a rischio; • definire i cardini del comportamento preventivo; • correggere comportamenti terapeutici ed assistenziali inappropriati (5)

. Per garantire la continuità e l’appropriatezza delle cure, si sottolinea l’importanza dell’utilizzo di strumenti specifici e condivisi a garanzia di una corretta, puntuale ed uniforme documentazione delle rilevazioni e degli interventi assistenziali. Gli interventi necessari per la prevenzione ed il trattamento delle ulcere cutanee da pressione, presuppongono un approccio multidisciplinare improntato all’uniformità delle conoscenze, al fine di produrre sistematici miglioramenti nell’assistenza.

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Eziopatogenesi

Le modificazioni della cute e del sottocute, conseguenti al processo di invecchiamento, rappresentano condizioni favorenti la comparsa delle ulcere da pressione. Per invecchiamento si intende la perdita di strutture e funzioni dell’organismo, con conseguente declino della capacità di un organismo, di mantenere l’omeostasi in condizioni di stress. La cute rappresenta pertanto la spia dell’età di una persona e, dal punto di vista microscopico, va incontro a modificazioni che coinvolgono tutti i suoi componenti. Il mantello idrolipidico acido che ricopre la superficie cutanea, è costituito dallo strato corneo, dal sebo e dal sudore, le cui funzioni sono rappresentate dal mantenimento dell’idratazione, dell’azione batteriostatica e fungicida. Con l’avanzare dell’età questa barriera naturale perde di efficacia.

Figura 1: L’epidermide

L’epidermide si assottiglia, la giunzione dermo-epidermica risulta appiattita. Ciò comporta una diminuita resistenza alle forze, che tendono a separare l’epidermide dal derma. Anche il derma si assottiglia con l’età. Le alterazioni più evidenti sono rappresentate dalla diminuzione del contenuto totale in collagene e dalla progressiva degradazione delle fibre elastiche. La cute diventa pertanto meno estensibile. Nella cute dell’anziano, le anse vascolari del derma papillare si riducono del 37-40%. La diminuzione della densità capillare, è la principale causa dell’atrofia cutanea e del pallore che si osservano nell’anziano, ma l’effetto più importante causato dalla restrizione del letto vascolare, è rappresentato da un deficit funzionale che si estrinseca in una ritardata risposta ai vari stimoli e in una ridotta capacità di termoregolazione. Infine occorre ricordare che la cute ha anche una funzione di tipo immunitario (Skin Associated Lymphoid Tissue-SALT) e che l’invecchiamento comporta una riduzione di tale funzione, principalmente attraverso una riduzione della densità delle cellule di Langherans, la cui funzione consiste nella presentazione dell’antigene e nell’attivazione dei linfociti T (Fig. 2) (2)

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Figura 2 Cute del giovane e cute dell’anziano a confronto

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I fattori di rischio I fattori di rischio, che concorrono a determinare una lesione da pressione sono di tre tipologie: 1. Fattori locali

- pressione; - forza di stiramento; - attrito/frizione/sfregamento; - aumento della temperatura locale; - macerazione/umidità.

2. Fattori generali - età avanzata; - patologie che comportano l’accentuazione delle condizioni ischemiche e/o dell’ipossia locale, quali arteriopatie, broncopatie, cardiopatie, anemia, ipotensione, diabete, iperpiressia; - patologie che implicano un rallentamento dei processi rigenerativi tissutali, quali malnutrizione, ipoalbuminemia, neoplasie, infezioni; - patologie che riducono la percezione del dolore, quali neuropatia diabetica, emi-paraplegie, ictus, sedazione, demenze, stato comatoso; - incontinenza urinaria e/o fecale.

3. Fattori ambientali - umidità; - temperatura; - irradiazione. 1. Fattori di rischio locali

• Pressione La prolungata pressione è la causa principale di una lesione, che si verifica quando la forza di compressione, applicata per un tempo sufficientemente lungo, è maggiore della pressione del sangue nel distretto arteriolo-capillare, con conseguente ischemia tessutale. La pressione media arteriolare è pari a 32 mmHg e quella venulare di 12 mmHg; si ritiene che una pressione superiore a 32 mmHg sia causa di ischemia (Fig.3). In realtà tali dati hanno un valore solo teorico, per diversi motivi. Innanzitutto un paziente anziano, in condizioni generali compromesse ed ipoteso, ha spesso una pressione arteriolare cutanea inferiore a 32 mmHg. Inoltre la pressione varia nell'arco della giornata e generalmente è ancora inferiore di notte; in un paziente supino, la pressione arteriolare della cute è in media di 13 mmHg; se il paziente viene ruotato di 90°, può salire a 70 mmHg ma quella trocanterica scende a 9 mmHg. Si ritiene pertanto difficile effettuare un calcolo della pressione minima, al di sotto della quale si instaura una lesione.

Figura 3

Certamente le alterazioni cutanee legate all'invecchiamento, rendono la cute senile strutturalmente più predisposta alla lesione da compressione. In secondo luogo è essenziale la reazione pressione/tempo: in condizioni normali,

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una persona giovane distesa a letto, esercita sui punti d’appoggio una pressione che varia dai 120 ai 180 mm Hg. L’acidosi lattica su base ischemica che si determina, per il protrarsi di compressioni locali, stimola le terminazioni nervose provocando, anche nel sonno, un’automatica modifica delle posture assunte che, mediamente, avviene ogni 11 minuti, giungendo sino a 50 movimenti per notte, con conseguente decompressione dei punti di appoggio. L’età e la comparsa di patologie che comportano un’alterazione dello stato di coscienza, o di ridotta sensibilità locale, determinano il deterioramento di tale meccanismo e la diminuzione del numero di movimenti per notte. Si pensa che al di sotto dei 20 movimenti per notte, l'anziano abbia il 90% di probabilità di sviluppare una lesione. Gli studi evidenziano come sia assai meno dannosa, una pressione anche intensa esercitata per breve tempo, che una pressione più modesta esercitata per un tempo prolungato; anche per il rapporto pressione/tempo non vi sono riferimenti sicuri, sebbene si continui a fare riferimento alle osservazioni cliniche di Munro, per cui la superficie cutanea non può sopportare il peso del corpo per più di 2 ore. • Forza di stiramento

Forza esercitata parallelamente al piano di appoggio, determinata dallo slittamento dei segmenti corporei da una posizione ad un’altra, se non sorretti adeguatamente. Si produce in tal caso, una trazione dei tessuti molli superficiali, ancorati dalle fasce muscolari profonde, con effetto di stiramento, possibile angolazione, microtrombosi, ostruzione e recisione dei piccoli vasi, ipossia e conseguente necrosi tessutale profonda. Diversi autori, hanno rilevato come le forze di scivolamento che si producono in soggetti anziani allettati o costretti su sedia a rotelle, siano almeno tre volte superiori a quelle che si possono riscontrare in soggetti più giovani. Le forze di stiramento agiscono parallelamente al piano interessato e sono più intense a livello sacrale nella posizione semiseduta e nella posizione di Fowler. In tal modo il corpo tende a scivolare in avanti e in basso, la pelle tende ad aderire alla superficie del letto, provocando zone di stiramento dei tessuti superficiali su quelli profondi. Tali forze intervengono unitamente alla compressione e riducono in maniera significativa i valori pressori, necessari per determinare il danno tessutale (Fig. 4).

Figura 4 Rappresentazione delle forze che agiscono nella genesi delle ulcere da pressione

• Attrito/frizione/sfregamento E' la forza esercitata tra due superfici a contatto che si muovono l’una contro l’altra (lenzuolo o biancheria e superficie corporea); l’asportazione degli strati superficiali, rende l’epidermide

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più suscettibile agli eventi lesivi. Anche l'aumentata perdita transdermica di acqua, con l’accumulo di liquidi in superficie, comporta una diminuzione della resistenza della cute ai traumi. I fenomeni di attrito e stiramento si verificano anche quando la persona, in modo autonomo, scivola sul letto o sulla sedia, o quando si sposta sul letto spingendosi con gomiti e talloni. Anche la spasticità espone maggiormente ai danni causati dalla frizione (fig. 4). • Aumento della temperatura locale

L'aumento della temperatura locale, prodotta dagli effetti letterecci, amplifica i danni da ischemia. Può indurre anche sudorazione, con possibile conseguente macerazione cutanea. • Macerazione/umidità

L'eccessiva umidità può essere determinata dalla permanenza di liquidi biologici sulla cute, che generalmente si verifica a seguito dell’incontinenza urinaria e/o fecale, ma può essere favorita anche da sudorazione profusa. Rappresenta una delle cause più frequenti di danneggiamento della cute stessa, aumentando di circa sei volte il rischio di comparsa di lesioni, in quanto tali sostanze modificano il pH cutaneo rendendo la cute vulnerabile agli insulti meccanici, fisici e biologici. La totalità di tali fattori, concorre in vario modo alla genesi delle ulcere da pressione. Nelle aree a rischio di lesione, non solo la cute, ma anche i piani sottocutanei sono compressi. La lesione ischemica, in realtà, non inizia dalla cute ma dai piani sottocutanei. Tra le varie strutture sottoposte a compressione, quella più sensibile all'ischemia è il muscolo; l'ischemia comporta un danno endoteliale, con conseguente edema interstiziale, autolisi, necrosi cellulare ed accumulo di metaboliti tossici e acidosi tessutale. La cute è molto resistente all’ischemia, sia perché le cellule hanno minor fabbisogno di O2, sia per una maggior ricchezza di anastomosi arteriolari, sia per un sviluppato sistema di autoregolazione dell'apparato vascolare cutaneo. La necrosi visibile, cioè quella cutanea, rappresenta pertanto la “punta dell’iceberg” di una lesione molto più vasta: il danno ha uno sviluppo a cono, che si realizza dapprima negli strati profondi (muscolo, sottocute, derma, epidermide); la necrosi del sottocute è sempre più ampia di quella cutanea, e ciò è dovuto alla diversa resistenza all’ischemia dei tessuti coinvolti (Fig. 5).

Figura 5 Necrosi a punta d'iceberg

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Fattori di rischio generali

• Età avanzata L’invecchiamento determina diverse modificazioni delle caratteristiche cutanee quali: - diminuzione della produzione di sebo e sudore, con facilità alla secchezza; - diminuzione dell’elasticità cutanea; - diminuzione del pannicolo sottocutaneo; - diminuzione della massa muscolare; - diminuzione della percezione sensoriale e dei riflessi nocicettivi; - cambiamenti cardiovascolari che causano una riduzione della perfusione tessutale; - diminuzione della risposta immunitaria. • Riduzione della mobilità

Ogni malattia o condizione che riduca nel paziente l'abilità a muoversi liberamente, aggrava il rischio di insorgenza di ulcere da pressione. La riduzione e/o l’assenza di mobilità può essere determinata dalle seguenti cause:

o cause neurologiche sensoriali e motorie quali esiti di ictus, demenze in stadio avanzato, Morbo di Parkinson, paresi con associata atrofia muscolare e dimagramento;

o cause non neurologiche come la sedazione, presenza di apparecchi gessati, esiti di fratture ossee, interventi chirurgici, malattie neoplastiche.

• Ipoalbuminemia

In pazienti anziani con ipoalbuminemia (<3 g/dl), ipoproteinemia (<6 g/dl), leucopenia (<1000/mmc), diminuzione del peso corporeo >15%, la comparsa di ulcere da pressione si verifica nella quasi totalità dei casi. La principale causa di ipoalbuminemia è la malnutrizione, che risulta essere il comune denominatore in quasi l'80% dei portatori di lesioni. L’ipoalbuminemia e la conseguente riduzione della pressione oncotica, favorisce l’edema interstiziale, che aumenta la distanza delle cellule dai capillari; questo riduce il livello di diffusione di O2 a livello cellulare. Tale fattore, associato alla pressione che genera ischemia, è in grado di favorire la comparsa di necrosi. • Malattie vascolari, cardiocircolatorie e respiratorie

Qualsiasi situazione che riduca la circolazione ed il nutrimento della cute e del tessuto sottocutaneo, fa aumentare il rischio di ulcere da pressione. L'ipotensione ed in particolare la pressione diastolica <60 mmHg, è correlata ad una elevata frequenza di tali lesioni. Altri fattori di rischio sono rappresentati dall'aumento di viscosità della massa circolante ed elevati valori di ematocrito. Le persone affette da diabete mellito o alterazioni del microcircolo, come nei casi di insufficienza cardiaca, BPCO e anemia, hanno un'ipossia tessutale che determina l’aumentato rischio di lesioni. • Stati infettivi

Le turbe del sistema immunitario si ripercuotono sulla funzionalità cutanea, alterandone le caratteristiche e riducendone la capacità riparativa. L’ipertermia, spesso associata, determina un incremento delle richieste metaboliche pari al 10% per ogni grado (°C) di aumento della temperatura corporea. • Cause iatrogene

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L’utilizzo di sedativi, ipnotici, miorilassanti, citotossici, l’uso non corretto di materiali sanitari, quali soluzioni sgrassanti o irritanti, le frizioni ed i massaggi con sostanze alcooliche in zone compromesse, favoriscono l’insorgenza di ulcere da pressione. 2. Fattori di rischio ambientali

Tra i fattori di rischio ambientali si individuano: • tasso di umidità inferiore al 40%; • temperatura inferiore ai 18°C, che provoca ipotermia circolatoria tessutale; • surriscaldamento ambientale, che può portare a sudorazione profusa e conseguente disidratazione; • irradiazione, che avviene per emissione di radiazioni dannose per la cute. Tutti questi fattori possono esporre la cute a disidratazione e conseguente riduzione di elasticità ed integrità, predisponendola al rischio di insorgenza di lesioni cutanee (2)(6).

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La prevenzione delle ulcere da pressione

La prevenzione delle ulcere da pressione è attuata mediante l’identificazione dei soggetti a rischio (3), la valutazione dello stato nutrizionale, la cura della cute, la mobilizzazione. Le ulcere da pressione insorgono e progrediscono rapidamente, guariscono con difficoltà e, nella maggior parte dei casi si possono evitare, con un' accurata applicazione di misure preventive, finalizzate a mantenere la cute integra. Dal 2008 gli ospedali pubblici americani, non vengono più rimborsati per le spese dovute a diagnostica e trattamento delle ulcere da pressione insorte in ospedale, perché ragionevolmente prevenibili attraverso l’uso dei moderni mezzi di prevenzione (7). Si ritiene che le lesioni evitabili, insorgano quando l’equipe assistenziale non segue una o più delle seguenti raccomandazioni:

• iniziale e periodica valutazione delle condizioni cliniche individuali e dei fattori di rischio del paziente;

• definizione e messa in atto degli interventi conseguenti alle necessità individuali; • rivalutazione e monitoraggio dell’efficacia degli interventi e revisione degli stessi in

maniera appropriata. In alcuni casi tuttavia, nonostante la corretta applicazione delle misure preventive, non è possibile evitare l'insorgenza di lesioni, in particolar modo nei pazienti affetti da elevata instabilità emodinamica o patologie terminali, nei portatori di dispositivi inamovibili, che possano determinare pressione sulla cute, quali apparecchi gessati e maschere per la ventilazione, o in quelli che non aderiscono al protocollo di movimentazione, o di nutrizione artificiale. La prevenzione delle ulcere da pressione, finalizzata a modificare i fattori che concorrono alla loro insorgenza e sviluppo, consiste nell'identificazione dei soggetti a rischio e nella preparazione e messa in atto di un piano/protocollo personalizzato. Sia la valutazione, che la messa in atto degli interventi correttivi, sono azioni da stabilire ed effettuare in completa sinergia da parte dell'equipe assistenziale; nessun intervento preventivo risulterà efficace, se non sarà integrato con gli altri.

1. Identificazione dei soggetti a rischio Come citato, i soggetti a rischio sono coloro che, per la presenza di fattori locali e/o sistemici hanno più probabilità di sviluppare un’ulcera da pressione rispetto agli altri pazienti (8). In particolare sono ritenuti a rischio, i pazienti che hanno sviluppato in passato un’ulcera da pressione, e tutti quelli la cui mobilità è ridotta o assente, anche senza la presenza di altri fattori (9). All’atto della presa in carico del paziente, ai fini di una prevenzione efficace, è indispensabile valutare il rischio di insorgenza di lesioni e mettere in atto, entro 12 ore, le misure di prevenzione stabilite. Tutte le linee guida concordano nell'affermare che la valutazione del rischio di sviluppare un’ulcera da pressione, si determini con l'integrazione fra il giudizio clinico e i risultati ottenuti da un affidabile e validato strumento di valutazione, e che ogni azione debba essere documentata e messa a disposizione dell'èquipe di cura (10) (4) (11) (12) (8). Il giudizio clinico comprende la raccolta dell'anamnesi, la valutazione dello stato di nutrizione e di idratazione, l'esame obiettivo generale ed una accurata valutazione di tutta la cute, con particolare attenzione alle sporgenze ossee e a lesioni eventualmente presenti, al fine di ottenere una valutazione completa e obiettiva. Il giudizio clinico, può modificare il livello di rischio identificato dalla somministrazione delle scale di valutazione.

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L'esame quotidiano della cute è di fondamentale importanza, sia nella valutazione iniziale, che nel monitoraggio dell'efficacia delle misure intraprese. La rivalutazione del rischio, deve essere ripetuta con una frequenza stabilita in base alla valutazione iniziale ed alla gravità del quadro clinico del paziente, ad ogni modifica delle condizioni cliniche (riammissione dopo ricovero ospedaliero, allettamento protratto, malattie intercorrenti) e nei casi in cui intervengano modifiche dei parametri oggetto di valutazione, anche se relative ad un singolo dato, come la comparsa di incontinenza sfinterica e le variazioni dello stato di coscienza (5) (9). L'identificazione del rischio di lesioni, deve portare alla preparazione di un protocollo di prevenzione personalizzato, in cui siano esplicitate le misure di correzione da mettere in atto, le tempistiche di applicazione ed il monitoraggio dei risultati (8). Per la valutazione delle persone a rischio, si ritiene che lo strumento ideale debba essere affidabile, valido, sensibile e specifico: una scala di valutazione poco sensibile, porterà a sottostimare il rischio di sviluppare lesioni, una poco specifica a sovrastimarlo. La letteratura fornisce differenti strumenti di valutazione del rischio quali Norton, Waterlow, Knoll, Gosnell, Andersen, Reed, Norton Plus, Braden, Medley, Exton Smith, ma c'è ampio consenso nel ritenere che la Scala di Braden, il cui uso è consigliato dalle Linee Guida internazionali AHRQ e dall’European Pressure Ulcer Advisory Panel (EPUAP), sia la più completa e riproducibile, perché possiede la migliore capacità predittiva (13). Si differenzia dalle altre scale di valutazione, perché considera le forze di stiramento e di trazione, permette di discriminare i pazienti con alterazione della percezione sensoriale, intesa come disagio legato alla compressione, e valuta la quantità di alimentazione del paziente, anche in relazione alla nutrizione artificiale. Per ciascun indicatore è attribuito un punteggio da 1 a 4, in maniera inversamente proporzionale rispetto alla gravità del deficit indagato; la somma ottenuta, consente una stratificazione della gravità. La Scala di Braden si basa su parametri osservabili e oggettivi, e valuta i seguenti aspetti: la percezione sensoriale, l’umidità cutanea, la possibilità di movimento e di attività fisica, la nutrizione, la presenza di frizione e scivolamento. Limite della Scala di Braden, alla presa in carico del paziente, è la rilevazione di tipo anamnestico, per quanto concerne l’alimentazione ed il grado di umidità cutanea, che vanno rivalutati in maniera osservazionale dopo 12-24 ore. Considerata la quantità di variabili individuali, che possono determinare il rischio di lesioni, non è effettuabile un programma d’interventi che non sia a misura del singolo paziente. Nella tabella 1 si riportano le misure di prevenzione consigliate, in relazione alla classe di rischio di sviluppare ulcere a pressione. Tabella 1 Riepilogo delle misure di prevenzione in base alla classe di rischio

Rischio BASSO Rischio MEDIO Rischio ALTO Educazione sanitaria del paziente e/o

familiari Educazione sanitaria del paziente e/o

familiari Educazione sanitaria del paziente e/o

familiari Cure igieniche e protezione della cute Cure igieniche e protezione della cute Cure igieniche e protezione della cute Valutazione e sostegno nutrizionale Valutazione e sostegno nutrizionale Valutazione e sostegno nutrizionale

Monitoraggio per l’individuazione precoce

Presidi antidecubito a bassa tecnologia e mobilizzazione passiva

Presidi antidecubito (letto a pressione alternata o a cessione d’aria) e

mobilizzazione passiva

2. Valutazione dello stato nutrizionale Pur essendo una problematica ritrovabile in ogni fascia di età, sia la malnutrizione che il rischio di sviluppare ulcere da pressione, sono molto più frequenti nei pazienti anziani, pertanto si farà particolare riferimento ad essi. Nella tabella 2 è riportato il fabbisogno calorico rapportato all’età.

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Tabella 2 Fabbisogno calorico in base all'età

Soggetto Fabbisogno calorico giornaliero K/cal die

Uomo 60-74 anni 1900-2250

Uomo >=75 anni 1700-1950

Donna 60-74 anni 1600-1900

Donna > = 75anni 1500-1750

Relativamente alla persona anziana, si ritiene che debba assumere almeno 25-30 Kcal per chilo di peso ideale, per evitare deficit di nutrienti specifici. Nella tabella 3, è indicato il fabbisogno calorico dell’anziano, in relazione all’attività fisica svolta. Tabella 3 Fabbisogno calorico dell'anziano in base all'attività fisica

(14)

KCAL/DIE ATTIVITA' E SESSO

2000 Uomo con attività fisica moderata

1700 Donna con attività fisica moderata o uomo con scarsa attività

1500 Uomo allettato o donna con scarsa attività

1300 Donna allettata

Si definisce malnutrizione, uno stato di alterazione funzionale strutturale e di sviluppo dell'organismo, conseguente alla discrepanza fra i fabbisogni nutrizionali specifici e l'introito, o utilizzazione dei nutrienti essenziali e di calorie (10) (15). Il mantenimento o il recupero di uno stato di nutrizione ed idratazione ottimale, è un aspetto fondamentale della prevenzione delle lesioni da decubito; l'assunzione adeguata di calorie, proteine, vitamine e minerali, e un buono stato di idratazione, sono essenziali per mantenere l'integrità tissutale e prevenire le lesioni della cute. Uno stato di malnutrizione e/o di disidratazione, con perdita di peso non intenzionale, sia per ridotta assunzione di cibo e bevande, che per ipercatabolismo, è un noto fattore di rischio. Anche uno stato di malnutrizione in eccesso, con obesità, è un fattore predisponente sia per un aggravio delle pressioni, che per un aumento della macerazione e dell'umidità tissutale (16). Alla presa in carico del soggetto, è necessario effettuare una valutazione dello stato di nutrizione e monitorarlo periodicamente, per valutare le modifiche dello status e l'efficacia delle misure correttive applicate. La rilevazione del peso corporeo, da effettuare alla presa in carico e settimanalmente, è il modo più semplice ed immediato, per valutare se l'alimentazione è adeguata nei pazienti a rischio di malnutrizione o malnutriti. Per effettuare una valutazione accurata dello stato di nutrizione e idratazione del paziente, finalizzata ad intraprendere misure di correzione efficaci, bisogna prendere in considerazione i seguenti aspetti (17) (18) (16) (19): • l'anamnesi alimentare, per verificare un possibile calo ponderale uguale o superiore al 10% negli ultimi 6 mesi, oppure al 5% nell’ultimo mese, rispetto al peso abituale; • l’indice di massa corporea (Tab. 4), dato biometrico espresso come rapporto tra peso e altezza, è utilizzato come un indicatore dello stato di peso forma (rapporto del peso, espresso in chilogrammi e il quadrato dell'altezza, espressa in metri).

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Tabella 4 Valori di riferimento dell'indice di massa corporea

Sottopeso <18,5

Normopeso 18,5-24,9

Sovrappeso 25-29,9

Obesità lieve 30-34,9

Obesità moderata 35-39,9

Obesità grave >4

• Il riscontro di un introito alimentare insufficiente (<50% del fabbisogno per un periodo di almeno 7 giorni); • la presenza di ipercatabolismo, associato a uno dei precedenti indicatori; • l'esistenza di problematiche legate alla masticazione e alla deglutizione, o la necessità di assistenza ai pasti; • l'anamnesi patologica, per l'identificazione dei fattori causali di iporessia o catabolismo; • l'esame fisico per identificare segni clinici di malnutrizione e disidratazione (ipotrofia muscolare, cute e mucose secche, edemi declivi, alterazioni degli annessi cutanei) compresa la valutazione del cavo orale; • gli esami ematochimici, concernenti la rilevazione di albumina, prealbumina, transferrina, linfociti e colesterolo (Tab. 5).

Tabella 5 Valore di riferimento dei markers bioumorali

Parametro Malnutrizione Lieve Malnutrizione Moderata Malnutrizione Grave

Albumina g/dl 3,5 – 3,0 2,9 – 2,5 <2,5

Transferrina mg/dl 200 - 150 149 – 100 <100

Prealbumina mg/dl 18 – 22 17 – 10 <10

Linfociti/mm3 1500 - 1200 1199 – 800 800

La colesterolemia può essere un indicatore di malnutrizione calorico proteica, quando presenta una diminuzione maggiore del 25% nell'ultimo anno. Emocromo, bilancio azotato e quadro elettrolitico, possono fornire ulteriori indicazioni con particolare riferimento alla stato di idratazione. I markers bioumorali di malnutrizione vanno valutati nel loro insieme, in quanto nessuno di essi, considerato singolarmente, possiede requisiti di elevata sensibilità e specificità.

• La somministrazione di una scala validata, quale il Mini Nutritional Assessment (All. 2). Questa scala è uno strumento importante, che consente di valutare con accuratezza, la necessità di fornire un adeguato supporto nutrizionale, individuando i soggetti anziani malnutriti o a rischio di malnutrizione. Lo strumento è costituito da un questionario di 18 domande, ripartite in tre ambiti: antropometria, alimentazione, stato cognitivo e disabilità. E' un metodo finalizzato all’individuazione precoce dei pazienti malnutriti, o a rischio di malnutrizione, ed è lo strumento più utilizzato per la valutazione nutrizionale nel paziente geriatrico. Il suo uso è raccomandato dalla European Society of Parenteral and Enteral Nutrition (ESPEN) e, in Italia, dalle linee guida per la valutazione della malnutrizione nell’anziano. La somministrazione si articola in due fasi: una

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preliminare di screening, che utilizza 6 variabili e prevede un punteggio massimo di 14 punti. Il punteggio uguale o superiore a 12 (cut off), indica uno stato nutrizionale soddisfacente, per cui non è necessario proseguire il test. La seconda fase, di valutazione, consta di 12 domande e prevede un punteggio massimo di 16 punti, il risultato finale si ottiene dalla somma dei valori ottenuti nelle due sezioni. Un’altra modalità di valutazione dello stato nutrizionale, denominata Modello MUST (Malnutrition Universal Screening Tool), è proposta dalla Bapen (The British Association For Parenteral and Enteral Nutrition) e pubblicata nel 2003 (All. 2). Si usa per identificare i soggetti adulti sottonutriti, o a rischio di malnutrizione e i soggetti obesi. Tale metodologia, suggerisce interventi correttivi a seconda della gravità dei problemi. Nei pazienti sottopeso è necessario identificare e, se possibile, correggere i fattori causali; deve essere fornito un supporto calorico, corretto con un'alimentazione adeguata. Particolare importanza riveste la somministrazione e l'implementazione dell'apporto idrico, per prevenire e correggere la disidratazione. Il fabbisogno idrico quotidiano nell'anziano normale, è di almeno 30-35 ml/kg di peso, pari a 1,5 l. d’acqua, oltre a quella contenuta negli alimenti, da incrementare in caso di febbre, vomito, diarrea, etc.. Il fabbisogno proteico è pari a 0.8-1 grammo/kg (14). L'alimentazione somministrata con qualsiasi tipo di dieta, deve tener conto delle necessità del paziente, che sono diversificate da fattori quali: età, sesso, costituzione, patologia di base, presenza di febbre, etc. E’ necessario adattare i vari tipi di diete al singolo paziente, valutando l'eventuale presenza di disturbi della masticazione, iporessia, scarsa collaborazione, malattie concomitanti. Importanti sono la preparazione, la presentazione del pasto e il modo di disporre le vivande; l’appetito può essere spento da sensazioni sgradevoli, è quindi importante che gli alimenti vengano disposti nel piatto, in modo visivamente gradevole e che il cibo sia caldo ed appetibile. Si riportano di seguito, i suggerimenti per la correzione della malnutrizione e della disidratazione:

• ricercare le cause dell'iporessia e dell'ipercatabolismo e correggere eventuali sintomi quali nausea, vomito, diarrea;

• assistere attivamente nell'alimentazione, tutti i soggetti che risultano avere necessità di aiuto durante ogni pasto, e registrare per iscritto l'effettiva assunzione di cibo e bevande (compilazione diario alimentare);

• modificare la consistenza degli alimenti, frullandoli, in presenza di disturbi della masticazione e usando addensanti e gelificanti, per addensare e rendere più scivolosi cibi e bevande in presenza di disfagia;

• aumentare la quota proteico-calorica della dieta, sfruttando gli alimenti normali; in presenza di disgusto per la carne, sostituirla con altri alimenti ricchi di proteine. Aggiungere carne o prosciutto frullati, o formaggio grattugiato, o tuorlo d’uovo alla pasta, al riso, ai passati di verdura, alle salse, alla verdura;

• aumentare la quota calorica nelle preparazioni alimentari aggiungendo olio extravergine di oliva alle minestre, ai passati di verdura, alla purea, alla pasta e al riso;

• richiedere l'assistenza, se necessario, di un consulente nutrizionista; • usare integratori: le linee guida dell'ESPEN, definiscono gli integratori orali come prodotti a

formulazione definita, da utilizzare come supporto nutrizionale ad integrazione dell'alimentazione comune, per fornire ai pazienti una quota aggiuntiva di nutrienti sufficiente a coprire il fabbisogno. Vi sono in commercio integratori nutrizionali in polvere, aromatizzati o non aromatizzati, che forniscono solo calorie, o solo proteine, o entrambe; si prestano bene all’integrazione di bevande e cibi a consistenza cremosa e semiliquida. Esistono anche bevande già pronte, bilanciate dal punto di vista calorico, proteico,

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vitaminico e minerale, in varie formulazioni con percentuali caloriche e proteiche differenziate, da somministrare fra un pasto e l’altro, o frazionati nella giornata per non causare iporessia al momento del pasto.

La scelta più idonea per migliorare lo stato di un paziente malnutrito, consiste nell'associare i cibi naturali con gli integratori (20). Nei casi più gravi, è necessario ricorrere all'infusione di fluidi per correggere la disidratazione e all'alimentazione artificiale enterale o parenterale, sia come integrazione, che come sostituzione dei pasti (21).

3. Cura della cute E' importante, sia per il benessere del paziente, che per una corretta prevenzione delle lesioni da decubito, effettuare una gestione corretta della cute (22)(4), osservando le seguenti indicazioni:

• ispezionare quotidianamente tutta la cute del paziente, con particolare attenzione alle prominenze ossee, annotando qualsiasi anomalia. E' necessario valutare la presenza di secchezza, fissurazioni, screpolature, edemi generalizzati o localizzati, arrossamenti. In presenza di eritema, occorre comprimere la cute arrossata per controllare che non si sia già in presenza di una lesione di Stadio I°;

• mantenere un stato di igiene ottimale, detergendo la cute appena si sporca e ad intervalli regolari con acqua non eccessivamente calda e detergenti non irritanti, a pH debolmente acido, risciacquando accuratamente, riducendo al minimo la forza e la frizione applicate e asciugando per tamponamento;

• mantenere una corretta idratazione; occorre prevenire il disseccamento della cute, applicando creme per il corpo ad azione idratante e nutriente. La crema va applicata ogni volta che si procede alla detersione, evitando di massaggiare le prominenze ossee. La scelta della crema è condizionata dal tipo di cute del paziente: se è normale, si applicheranno creme idratanti per il corpo, se è secca, olio o creme nutrienti;

• ridurre al minimo i fattori ambientali, che possano causare secchezza della cute, quali scarsa umidità ambientale ed esposizione al freddo;

• ridurre l’umidità e la macerazione della cute causate da incontinenza, scialorrea e traspirazione. Utilizzare un valido programma di presidi assorbenti, di idratazione e protezione con creme barriera, di evacuazione assistita, per evitare il contatto diretto della cute con l’urina, il sudore e gli escrementi. Prendere in considerazione l'uso di condom o catetere vescicale nei casi più gravi, evitare l'uso di indumenti intimi di tessuto sintetico e non traspiranti, utilizzare medicazioni preventive;

• gestire le superfici di appoggio e supporto, controllando che non vi siano pieghe o corpi estranei nelle lenzuola;

• adottare tecniche corrette di sollevamento, posizionamento, spostamento e rotazione durante le cure igieniche, per evitare l’applicazione di forze di stiramento e frizione e creare attrito tra il corpo del paziente e le superfici di contatto. E’ opportuno che le manovre siano effettuate da due operatori, avvalendosi di presidi quali teli ad alto scivolamento o di sollevatori;

• proteggere la cute fragile, con l'applicazione di idrocolloide sottile e scaricare la pressione dalle prominenze ossee, con idrocolloide a cuscinetti.

4. Mobilizzazione dei soggetti a rischio

La pressione prolungata è la causa principale della formazione di ulcere da pressione. Come citato, una pressione superiore a 32 mmHg applicata alla cute per un tempo superiore alle 2 ore, provoca l’occlusione del flusso capillare ed ipoperfusione dei tessuti sottostanti. In tabella 6 sono indicate le pressioni esercitate da alcuni sistemi di supporto.

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Tabella 6 Pressione esercitata dai sistemi di supporto standard (22)

Sistema di supporto Pressione esercitata in mmHg Cuscino di piume 36

Letto ad acqua 58 Materasso in schiuma di poliestere 68

Materasso in schiuma di poliuretano 140 Materasso a molle 164 Tavolo operatorio >260

Il danno è determinato dalle forze applicate al tessuto nel tempo, è quindi necessario, in ogni azione di prevenzione, ridurre e ridistribuire la pressione sulla cute. La modifica della postura frazionerà il carico e ridurrà la durata della compressione per una determinata area: la mobilizzazione attiva assistita o passiva, verranno effettuate ad intervalli non superiori alle 2 ore, più di frequente se richiesto dalla situazione del paziente (23). Arrossamenti cutanei, disagio e dolore legati alla postura, renderanno necessario un riposizionamento più frequente. Le condizioni cliniche, le necessità terapeutiche, lo stato di coscienza, la morfologia del soggetto e tutte le altre variabili individuali, non consentono l'attuazione di un protocollo di mobilizzazione standardizzato ed universalmente valido. E’ indispensabile una personalizzazione, perché possa essere realmente efficace. E’ necessaria, inoltre, la valutazione dei seguenti aspetti:

• elaborazione del programma posturale e scelta degli eventuali ausili necessari, effettuata dal personale deputato all’assistenza della persona;

• verifica della possibilità di realizzazione del programma; • condivisione da parte di tutti gli operatori; • istruzione degli operatori, sul corretto utilizzo degli eventuali ausili necessari; • corretta esecuzione dei trasferimenti posturali stabiliti; • verifica costante dell’efficacia del programma elaborato.

Figura 6 Zone a rischio di ulcere da pressione

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Figura 7 Zone a rischio di ulcere da pressione

Figura 8 Zone a rischio di ulcere da pressione

Figura 9 Zone a rischio di ulcere da pressione

Le zone a rischio di ulcere da pressione, dipendono dalla posizione in cui è sistemato il paziente (Tab. 7).

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Tabella 7 Posizione del paziente e aree di rischio (22)

Posizione Area a rischio

supino occipite -prominenze vertebrali- sacro-scapole -gomiti -talloni

laterale orecchio –spalla -gomito -torace -ala iliaca- trocantere -condili tibiali -malleolo esterno

prono orecchio- zigomi –clavicole- sterno- pube- creste iliache- ginocchia -dorso del piede

seduto su sedia dorso- sacro- spine ischiatiche –gomito-poplite -pianta dei piedi- talloni

In caso di rischio generico, senza coinvolgimento di zone cutanee specifiche, occorre movimentare la persona con la rotazione sul fianco destro, sinistro, ed in posizione supina.

Figura 10 Posture consigliate

Figura 11 Posture consigliate

Si riportano in tabella 8 le posture consigliate e quelle da evitare, in relazione alle sedi delle lesioni o aree di rischio.

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Tabella 8: Movimentazione per sede della lesione o area a rischio

Sede della lesione o area a rischio Posture consigliate Posture da evitare

Sacro laterale destra o sinistra a 30° supina

Ischio laterale destra o sinistra a 30° seduta

Trocantere Destro supina - laterale sinistra a 30° laterale destra

Trocantere Sinistro supina – laterale destra a 30° laterale sinistra

Tallone laterale destra o sinistra a 30° supina

Il programma di riposizionamento personalizzato, dovrà comunque rispettare le seguenti indicazioni:

• adottare ausili che assicurino lo scarico della pressione sulla cute, rispetto al piano d’appoggio;

• utilizzare sempre accorgimenti per evitare frizioni o sfregamenti, nel sollevare e ruotare il paziente;

• in posizione supina, adottare ausili in grado di assicurare che i talloni siano sempre sollevati dal piano d’appoggio;

• utilizzare archetti alza coperte; • in posizione supina, la testata del letto non deve superare i 30° di elevazione, per evitare lo

scivolamento. Se il paziente è posizionato seduto al letto per i pasti, bisogna mantenere la postura per il minor tempo possibile;

• usare un cuscino, per evitare il contatto fra due sporgenze ossee, quali ginocchia e malleoli interni;

• sistemare il paziente in posizione corretta e comoda, considerando le sue condizioni cliniche ed il comfort.

Figura 12: Mobilizzazione al letto

L’efficacia del programma di mobilizzazione per la prevenzione delle ulcere da pressione sul piano orizzontale, dipende anche dall’adozione di letti e materassi adeguati (23); la mobilizzazione e il posizionamento si rendono necessari anche quando i pazienti utilizzano un dispositivo in grado di ridistribuire la pressione (24). I vari modelli garantiscono gradi di prevenzione diversi e vanno utilizzati in base alla gravità dei fattori di rischio, ma non possono essere considerati sostitutivi degli interventi di mobilizzazione e riposizionamento della persona (23). I pazienti a rischio di lesioni da pressione, dovrebbero essere mobilizzati almeno ogni due ore, e per ogni paziente, dovrebbe essere realizzato uno schema di mobilizzazione e posizionamento scritto (24).

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I pazienti a rischio di lesioni conseguenti alla posizione seduta, perché costretti in carrozzina o su una sedia per gran parte della giornata, devono essere posizionati in maniera corretta su presidi idonei e forniti di strumenti per minimizzare la pressione. La carrozzina deve essere costruita e personalizzata in base alla morfologia, la patologia, e le condizioni del paziente, la scelta del modello, la prescrizione e le caratteristiche della stessa sono solitamente di pertinenza specialistica fisiatrica.

Figura 13: Posizionamento in carrozzina

Per prevenire le lesioni in queste persone, vi è la necessità di un programma d’igiene posturale che comprenda (23):

• l’uso di un ausilio specifico di appoggio per il bacino, solitamente un cuscino, che minimizzi la pressione sulle spine ischiatiche;

• il posizionamento corretto della persona sulla carrozzina, con la schiena ben appoggiata ed adesa allo schienale, ed uno spazio laterale e sotto le ginocchia non superiore a 2 cm;

• la mobilizzazione, da attuarsi ogni 15 minuti per alcuni secondi, va effettuata inclinando il tronco in avanti e di lato e variando l’appoggio sulle cosce per ridistribuire il peso.

Per i pazienti che trascorrono la maggior parte della giornata a letto e che sono a rischio di lesioni, perché gravemente ammalati o immobili, la durata del tempo da trascorrere in carrozzina, definito in base al programma personalizzato di prevenzione, non deve essere superiore alle 2 ore consecutive.

Figura 14: Mobilizzazione in carrozzina

Nel posizionare i soggetti immobili o non collaboranti in carrozzina, occorre fare attenzione all’allineamento posturale per migliorare la stabilità, favorire l’equilibrio e garantire la distribuzione del peso sulla più ampia superficie d’appoggio possibile; è necessario fare attenzione che presidi e dispositivi medici, non esercitino pressioni sulla cute. E’ necessario l’uso di sedie o carrozzine di

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misura adeguata, oltre al mantenimento dell’allineamento posturale, finalizzato alla correzione delle deviazioni laterali del rachide o del bacino, mediante l’utilizzo di ausili. È consigliabile posizionare la persona, con alcuni gradi di inclinazione posteriore della seduta, basculandola all'indietro in modo che l’angolo coxo-femorale sia compreso tra 90° e 120°, le gambe devono essere in scarico, appoggiate ad un supporto e i talloni liberi da appoggio. Poiché il rischio di sviluppare ulcere da pressione in posizione seduta, in questi pazienti, è maggiormente elevato rispetto alla posizione supina, è bene mobilizzare la persona ogni ora, evitando di mantenerla seduta senza riposizionamenti (23).

Figura 15: Posizionamento della persona seduta

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L’approccio terapeutico

Il trattamento delle lesioni da pressione, non può prescindere dalla valutazione globale della persona, poiché l’ulcera è l’espressione cutanea delle condizioni generali del paziente. Il trattamento delle ulcere da pressione, può variare in base a:

o valutazione globale della persona; o valutazione della lesione; o classificazione della lesione; o misure e monitoraggio della lesione.

Un corretto approccio terapeutico comprende inoltre, la preparazione del letto della lesione, il trattamento della lesione e della cute, il trattamento della cute perilesionale. 1. Valutazione globale della persona La genesi dell’ulcera da pressione è multifattoriale e, nell’ambito della medesima, giocano un ruolo fondamentale le condizioni generali della persona, considerato che la cute è l’organo bersaglio di meccanismi patogenetici non propriamente, e comunque non unicamente, cutanei. Sono molteplici, infatti, i fattori concomitanti sistemici che facilitano l’insorgenza delle ulcere da pressione. La lesione da decubito, rappresenta l’espressione di un’alterazione globale dell’equilibrio metabolico del paziente ipomobile, pertanto il trattamento deve essere necessariamente di tipo olistico, che preveda un inquadramento generale della persona, seguendo un approccio di tipo multidisciplinare, onde ricavare il maggior numero di dati possibili, che consentano di individuare le criticità che hanno determinato l’insorgenza dell’ulcera. I soggetti portatori di ulcera da pressione, dovrebbero essere quindi sottoposti ad una valutazione globale iniziale, che andrebbe ripetuta nel tempo. Per costruire una check list di valutazione, nei singoli setting di cura, dovrebbero essere considerati almeno i seguenti aspetti (4)(24)(25):

• stato di salute (es.: anamnesi recente e remota e pregressi danni da pressione); • valutazione nutrizionale; • segni/sintomi sistemici d’infezione in atto; • mobilità; • incontinenza/continenza urinaria e/o fecale; • presenza di dolore; • perfusione sanguigna; • terapia farmacologica in atto (compreso l’abuso); • livello di coscienza e stato cognitivo; • stato cognitivo; • fattori sociali; • monitoraggio della cute al fine di prevenire ulteriori ulcere da pressione; • fattori psicologici.

Alla comparsa della lesione, deve seguire una valutazione della causa, della sede (magari fotografando la lesione stessa), dell’aspetto della lesione (necrosi, granulazione, odore, colore ecc.), delle dimensioni (larghezza, lunghezza e profondità), del grado o stadio della lesione, della presenza di essudato e del tipo di essudato, dello stato della cute perilesionale, della presenza di segni locali d’infezione, di tratti sottominati, di dolore. Per tali registrazioni è utile l’uso di scale di valutazione.

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Figura 16: Progressione dell'ulcera da pressione

Una valutazione globale si basa sul seguente schema: - trattamento generale: volto al riequilibrio delle alterazioni metaboliche del paziente, che possono generare ritardo della riparazione tissutale. Fondamentale importanza assume il compenso della patologia di base e l’identificazione di condizioni morbose concomitanti, come ad esempio gli stati infettivi, la diarrea, l’anemia, la BPCO, l’iper/ipotensione arteriosa, il diabete mellito ed altre patologie. Nel paziente diabetico, il rischio di sviluppare un’ulcera da pressione, è più elevato a causa della microangiopatia e della neuropatia, che inducono una ridotta percezione del dolore. - Trattamento causale: finalizzato alla riduzione delle forze di pressione che gravano sulla cute lesa. Occorre verificare che i presidi in dotazione siano idonei alla situazione attuale del paziente, mobilizzare il paziente secondo un piano individualizzato, mantenere un’accurata igiene, ispezionare quotidianamente la cute sottoposta a maggior carico. - Trattamento locale: ovvero la messa in opera di interventi, volti alla correzione delle cause di ritardo di riparazione tissutale locale. Il compito dell’operatore sanitario, è quello di mettere in atto una serie di valutazioni, che conducano ad una scelta congrua del prodotto di medicazione da usare, avendo ben chiare le esigenze della ferita e del paziente. o controllare il dolore 2. Valutazione della lesione Le ulcere da pressione dovrebbero essere sottoposte ad una prima valutazione, al momento della loro insorgenza o alla presa in carico del soggetto. La rivalutazione dei progressi di guarigione, dovrebbe essere eseguita almeno 1 volta alla settimana. Se le condizioni del paziente o dell’ulcera si aggravano, si raccomanda la rivalutazione del piano di trattamento non appena si notino i segni di peggioramento. Le valutazioni effettuate vanno documentate. Un’ulcera da pressione detersa, dovrebbe mostrare segni di guarigione entro le prime 2-4 settimane dall’inizio del trattamento. I fattori da considerare, per la valutazione di una lesione da pressione e per la sua documentazione sono i seguenti:

• la classificazione per gradi; • la sede anatomica; • la dimensione (lunghezza, larghezza e profondità); • i tratti cavi; • il tessuto sotto minato; • la tunnellizzazione; • l’odore; • il letto dell’ulcera;

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• le condizioni della cute perilesionale; • i bordi dell’ulcera; • l’essudato (quantità e qualità); • il tessuto necrotico; • la presenza o assenza di tessuto di granulazione ed epitelizzazione; • la presenza di segni locali di infezione.

3. Classificazione della lesione Le ulcere da pressione possono essere classificate secondo criteri clinici, topografici e di stato. Nell’ambito dei criteri clinici , l’European Pressure Ulcer Advisory Panel (EPUAP) e l’Agency for Health Care Research and Quality (AHRQ), forniscono indicazioni universalmente accettate, che permettono di classificare le ulcere da pressione in quattro stadi clinici, ai quali l’NPUAP (National Pressure Ulcer Advisory Panel), ha aggiunto due ulteriori stadi: le lesioni non stadiabili e il sospetto danno degli strati tissutali profondi (3) (8) (Tab. 9, 10). Determinare lo stadio dell’ulcera, è importante al fine di utilizzare un linguaggio comune, che consenta agli operatori sanitari, di differente professionalità, di poter comprendere la tipologia di lesione e decidere con modalità integrata, le strategie terapeutiche in un’ottica di ottimizzazione delle risorse.

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Tabella 9: Classificazione delle ulcere da pressione NPUAP/EPUAP

STADIO I°

Eritema della cute integra che non scompare alla digitopressione, di solito localizzata in corrispondenza di

prominenza ossea. Rappresenta il segnale che preannuncia l’ulcerazione cutanea. Possono essere

presenti ulteriori segni di flogosi quali: edema, innalzamento della temperatura locale e, se il paziente non ha deficit di sensibilità, dolore. Questi parametri

possono anche essere utilizzati come parametri di valutazione, in particolare nei soggetti di razza scura.

Si tratta di uno stadio reversibile

STADIO II°

Lesione cutanea a spessore parziale con interessamento dell’epidermide, il derma o di entrambi; la lesione si

presenta clinicamente sotto forma di abrasione, di flittene o di leggera cavità asciutta o secca. La temperatura locale diminuisce e al tatto la cute può presentarsi

indurita

STADIO III°

Lesione cutanea a tutto spessore, che comporta il danneggiamento o la necrosi del tessuto sottocutaneo ed

è in grado di estendersi in profondità fino alla fascia sottostante senza, però, oltrepassarla; la lesione si

presenta clinicamente sotto forma di profonda cavità, associata o meno a tessuto circostante sotto minato.

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Tabella 10: Classificazione delle ulcere da pressione NPUAP/EPUAP

STADIO IV°

Lesione cutanea a tutto spessore, con distruzione estesa, necrosi del tessuto e/o danneggiamento del muscolo,

dell’osso e/o delle strutture di supporto (tendine, capsula articolare); la presenza di tessuto sotto minato e di tratti cavi, può essere associata a ulcere da pressione di IV° grado. L’escara, presenza di tessuto necrotico nerastro,

deve essere considerata come IV° grado

NON STADIABILE

Lesione che determina perdita totale dello spessore cutaneo; il letto della lesione è ricoperto da slough (giallo, marrone, grigio, verde o bronzeo) e/o da

un’escara (bronzea, marrone o nera). Fino a quando lo slough e/o l’escara non vengono rimossi per visualizzare il letto di lesione, la reale

profondità non può essere determinata, anche se si ritiene che si tratterà di una lesione di III° o IV° stadio.

Un’escara stabile sui talloni (asciutta, aderente, intatta, senza eritema o fluttuazione), va considerata come “la naturale copertura del corpo” e pertanto non dovrebbe

essere rimossa

SOSPETTO DANNO AI TESSUTI PROFONDI

Area localizzata di color porpora o marrone/rossastro di cute integra oppure vescica con contenuto ematico,

dovuta ad un danno dei tessuti molli sottostanti, determinato da pressione e/o da forze di stiramento.

L’area può essere preceduta da tessuto dolente, indurito, molle, spugnoso alla palpazione, più caldo o più freddo rispetto ai tessuti circostanti. Nelle persone con pelle

scura, risulta essere difficile valutare il danno dei tessuti profondi. Clinicamente potrebbe manifestarsi una sottile vescica, fino ad evolvere in un’escara sottile che ricopre

la superficie. Anche se trattata adeguatamente, l’evoluzione della lesione può essere rapida,

danneggiando i tessuti più profondi

La classificazione topografica, di particolare importanza dal punto di vista riabilitativo, considera la correlazione tra la posizione assunta dal paziente e le sedi anatomiche delle lesioni ulcerative. Si identificano al riguardo, le sedi anatomiche ove si svilupperanno, con maggior probabilità, le ulcere da pressione in rapporto alla posizione mantenuta dal corpo. Nella posizione supina, le sedi interessate saranno le seguenti: sacro, apofisi spinose vertebrali, spina della scapola, nuca e talloni.

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Figura 17: Sedi anatomiche in posizione supina

Nella posizione laterale: trocanteri, cresta iliaca, malleoli, bordo esterno del piede, ginocchio, spalla, gomito, padiglioni auricolari.

Figura 18: Sedi anatomiche in posizione laterale

Nella posizione prona: zigomi, regione temporale, padiglione auricolare, arcate costali, spina iliaca antero-superiore.

Figura 19: Sedi anatomiche in posizione prona

Nella posizione seduta: gomito, coccige, ischio, regioni compresse dai bordi della sedia, da cuscini e ciambelle.

Figura 20: Sedi anatomiche in posizione seduta

Tale tipologia di classificazione, permette di individuare la profondità dell’ulcera, descrivendone il progressivo aggravamento; inoltre, la valutazione della profondità della lesione mediante la stadiazione, fornisce un dato importante sulla probabilità di insorgenza di complicanze infettive;

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le lesioni a maggiori profondità, sono correlate ad una guarigione più lunga e gravata da frequenti episodi di infezioni(3). La classificazione in stato, considera la possibilità che l’ulcera da pressione, possa presentarsi in uno o più dei seguenti stati:

• necrotico • colliquato • infetto • fibrinoso • fibrino-membranoso • deterso • con tessuto di granulazione • emanante odore

La lesione può essere poco essudante, essudante, molto essudante e può presentarsi sotto minata e/o con tramiti fistolosi. La Scala di Sessing (26) permette di considerare specifici parametri, quali il fondo e il bordo della lesione cutanea, la presenza di essudato e il suo odore, l'escara necrotica, identificando sette livelli di gravità:

1. cute normale ma a rischio; 2. cute integra, ma iperpigmentata e arrossata (iperemia); 3. fondo e bordo dell’ulcera integri e non arrossati; 4. fondo e bordo dell'ulcera granuleggianti con presenza di modesto essudato ed odore; 5. tessuto di granulazione presente in limitata quantità, presenza di tessuto necrotico in zone

limitate, essudato in quantità moderate; 6. escara necrotica, essudato abbondante e maleodorante, bordi ischemici; 7. essudato purulento, intenso odore, tessuto necrotico, sepsi.

Alcuni autori hanno strutturato una classificazione delle lesioni, che si basa sull’analisi dei tessuti e sulla valutazione quantitative dell’essudato. Per quanto concerne i tessuti, si tratta di quelli presenti sul fondo della ferita e sono rappresentati da tessuti di infezione, tessuto di necrosi, tessuto di granulazione (Tab. 11). Tabella 11: Classificazione delle ulcere da pressione (Ricci-Cassino, 1998)

Tessuti Essudato Profondità Infetto Scarso/assente

Superficiale Necrotico Moderato

Deterso Elevato Profonda

In relazione alla quantità di essudato presente, le lesioni si suddividono in: asciutte, umide, iperessudanti (27)

. Il tipo di tessuto e la quantità di essudato, sono molto importanti al fine della guarigione della lesione, in quanto influenzano la scelta della medicazione da usare. Si considera infine, la suddivisione delle lesioni da pressione, secondo la classificazione che si basa sul concetto del colore (WCS - Wound Care Society, 1984), che ne differenzia il grado in relazione al colore del fondo (letto), come di seguito riportato.

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Colore Nero: Lesione con escara o necrosi secca.

Obiettivo: detergere e rimuovere la necrosi.

Colore Giallo: Lesione con necrosi gialla – slough (insieme di tessuti devitalizzati, materiale di sfaldamento cellulare, essudato, leucociti e batteri).

Obiettivo: sbrigliare, detergere, assorbire l’essudato e l’odore.

Colore Verde: Lesione infetta. Obiettivo: sbrigliare, detergere, assorbire l’essudato e l’odore.

Colore Rosso: Lesione con tessuto di granulazione. Obiettivo: fornire un buon isolamento termico, una protezione al tessuto neoformato e un

ambiente umido adeguato. Colore Rosa: Lesione in fase di riepitelizzazione (25)(28).

La sequenza della guarigione delle lesioni 4. Misurazione e monitoraggio della lesione L’aggiornamento delle misurazioni della lesione, riportate nel Fascicolo Socio Assistenziale e Sanitario della persona, consente di definire il progresso dell’ulcera verso la guarigione e l’effettiva efficacia della terapia intrapresa. La prima valutazione dovrebbe, quando possibile, essere corredata di misure, generalmente espresse in centimetri, ed immagini fotografiche. La lesione può essere misurata nella sua massima larghezza e lunghezza, utilizzando un righello. Tuttavia, avendo spesso dei margini irregolari, è preferibile riprodurre la forma dell’ulcera sovrapponendovi un foglio trasparente di acetato e disegnandone i contorni con un pennarello indelebile. Nelle lesioni cavitarie, la profondità è descrivibile come la distanza tra la superficie visibile della lesione ed il punto più profondo al suo interno. Tale parametro si può ottenere con l’ausilio di uno specillo. Nel caso di lesioni con tunnellizzazione, è opportuno descrivere anche la direzione e la profondità del tunnel stesso. Nel I° stadio, non è possibile misurare la profondità in quanto l’epidermide è intatta, sebbene il tessuto sottostante risulti danneggiato. Nel II° stadio, potranno essere misurati e documentati la lunghezza, la larghezza e la profondità, in quanto la lesione ha attraversato anche l’epidermide. L’operatore sanitario può documentare la profondità delle ulcere superficiali come inferiori a 0,1 cm. Ogni profondità uguale o maggiore di 0,1 cm, può essere misurata in maniera più accurata con l’utilizzo di specilli o applicatori di cotone. Nel III° e IV° stadio, si potranno misurare la lunghezza, la larghezza e la profondità. Le metodiche adottate per la misurazione, valutazione e monitoraggio delle lesioni, vanno dalla semplice traccia su griglia trasparente, che fotografa la dimensione della lesione, alla gestione computerizzata. Si riporta di seguito la Scala di PUSH (Pressure Ulcer Scale)(4) predisposta dal NPUAP, al fine di consentire il monitoraggio nel tempo, dell’evoluzione delle ulcere da pressione (Tab. 12).

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Tabella 12: Scala di PUSH

0 1 2 3 4 5

0 cm2 <0.3 cm2 0.3-0.6 cm2 0.7-1.0 cm2 1.1-2.0

cm2 2.1-3.0

cm2 6 7 8 9 10

Lunghezza x

Larghezza 3.1-4.0 cm2 4.1-8.0 cm2

8.1-12.0 cm2

12.1-24.0 cm2

>24.0 cm2

Punteggio parziale ____

0 1 2 3 Quantità di essudato assente scarso moderato abbondante

Punteggio parziale ____

0 1 2 3 4 Tipo di tessuto integro epiteliale

di granulazione

slough escara Punteggio

parziale ____

Punteggio

totale _____ Per misurare la lesione utilizzando la Scala di PUSH, è necessario:

• osservare e misurare l’ulcera, valutarla rispetto alla sua superficie, valutare la quantità di essudato e la tipologia del tessuto presente;

• registrare il punteggio parziale per ognuna delle caratteristiche riportate dalla Scala; • sommare i punteggi parziali per ottenere il punteggio totale; • confrontare i punteggi totali nel tempo per avere un’indicazione sullo stato della lesione

(miglioramento o peggioramento). I dati ottenuti dall’applicazione della scala, permettono la produzione di un grafico che facilita la visualizzazione dell’evoluzione della lesione trattata (4). 5. Preparazione del letto della lesione: Wound Bed Preparation La metodologia impiegata nella preparazione del letto della lesione, detta Wound Bed Preparation, prevede la rimozione delle barriere locali, che rallentano o impediscono i processi riparativi della lesione. La guarigione dell’ulcera da pressione, si ottiene rimuovendo il tessuto necrotico, controllando l’essudato, mantenendo bassa la carica batterica e rimuovendo l’eccesso di detriti batterici e di cellule morte o invecchiate (27)

.

La Wound Bed Preparation considera inoltre, la valutazione di 4 aree cliniche denominate T.I.M.E. (28) (29): T (TESSUTO NON VITALE-NECROSI) ovvero le cellule non vitali che impediscono la guarigione. Occorre ripristinare il fondo della ferita e le funzioni della matrice extracellulare, attraverso lo sbrigliamento episodico o continuo; I (INFIAMMAZIONE-INFEZIONE) ovvero la presenza di elevata carica batterica o di prolungata infiammazione, che provoca un incremento delle citochine infiammatorie e dell’attività proteasica, con riduzione dell'attività dei fattori di crescita. In tal caso è necessario ridurre la contaminazione batterica e l'infiammazione, attraverso l'uso topico/sistemico di antimicrobici, antinfiammatori, inibitori delle proteasi, antisettici; M (MACERAZIONE SQUILIBRIO IDRICO) ovvero la disidratazione cutanea che rallenta la migrazione delle cellule epiteliali e l’eccesso di liquidi, che causa la macerazione dei margini della ferita. E’ necessario applicare medicazioni che mantengano il corretto grado di umidificazione tissutale e rimuovere i liquidi, utilizzando la compressione, la pressione negativa o altre metodiche;

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E (MARGINI DELL'EPIDERMIDE) i cheratinociti che non migrano e le cellule della ferita che non rispondono agli stimoli, impediscono la rimarginazione dei tessuti. Occorre pertanto assicurare la migrazione dei cheratinociti e la risposta delle cellule della ferita, prendendo in considerazione terapie correttive come lo sbrigliamento, i trapianti cutanei, i prodotti biologici. Occorre agire gradualmente sulla lesione, favorendo la rimozione dei tessuti necrotici, la regressione della colonia batterica, mediante il controllo degli essudati.

Tabella 13: Wound Bed Preparation: il principio T.I.M.E.

6. Il trattamento delle ulcere da pressione Nel 1962, con la pubblicazione degli studi di Winter, la medicazione assume nuovi presupposti, in particolare viene superato il concetto di essiccamento della ferita, proprio delle medicazioni tradizionali, sostituito da quello della guarigione in ambiente umido, principio di base delle medicazioni avanzate. Tali innovative medicazioni, hanno le seguenti caratteristiche:

• mantenimento di un microclima umido • rimozione di essudati e materiale necrotico • mantenimento costante della temperatura • permeabilità all’ossigeno • protezione dalle infezioni esogene • maneggevolezza • atraumaticità durante la medicazione • basso rapporto costo/beneficio • migliore prevenzione delle infezioni • favorire la riepitelizzazione • attività fibrinolitica • attività di detersione • minore traumatismo e dolore

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Qualsiasi tipo di trattamento, deve essere concordato con il soggetto e/o un suo delegato, specificando il tipo di medicazione, il tempo (che di norma varia da due a quattro settimane) e la durata tra un cambio medicazione e l’altro. In caso di cambiamento delle condizioni generali della persona, di peggioramento o miglioramento della lesione, la rivalutazione dell’ulcera verrà effettuata prima della data prevista. L’obiettivo principale, in presenza di lesioni, è quello di favorire le condizioni locali che permettano lo sviluppo dei processi di riparazione, quali la granulazione e la riepitelizzazione, ed evitare le condizioni che li rallentino come le variazioni di umidità, pH e temperatura. Nella scelta del trattamento più idoneo, devono pertanto essere considerati, alcuni principi generali che riguardano tali processi, in particolare:

• l’ossigeno: nei processi di guarigione delle lesioni, è stata da tempo dimostrata l’importanza della tensione superficiale di ossigeno, poiché la superficie della lesione tende ad essere ipossica; invece i processi riparativi dell’ulcera, necessitano di una maggior concentrazione di ossigeno. Sarà pertanto indispensabile tenere pulita la lesione dalla presenza di fibrina, tessuto necrotico o di escare, che sottraggono ossigeno;

• l’umidità : sotto una superficie asciutta, la rigenerazione dei tessuti epiteliali avviene nel giro di circa venti ore, mentre sotto una medicazione occlusiva ad umidità costante, il tempo si riduce di un terzo. La disidratazione rallenta quindi il processo di guarigione, anche se l’eccesso di umidità aumenta il rischio di infezione.

• la temperatura: una diminuzione della temperatura, anche di soli due gradi, è sufficiente ad inibire la motilità dei leucociti e l’attività dei fibroblasti. E’ preferibile evitare l’esposizione della lesione all’aria per lungo tempo, per evitare la dispersione di calore e l’esposizione agli agenti infettivi; pertanto, nell'ambito delle operazioni di medicazione, sono da evitare i cambiamenti di medicazione troppo frequenti, poiché possono ostacolare la guarigione;

• l’equilibrio acido-base: tutte le condizioni che determinano la variazione del pH locale, provocano modificazioni del processo di riparazione. La diminuzione del pH a livello della superficie della lesione, provoca la perdita dei movimenti ritmici, che generalmente si osservano sulla superficie delle cellule epiteliali. L’aumento del pH provoca immobilità e contrazione delle cellule (4) (5) (25).

La Wound Bed Preparation considera un approccio al trattamento dell’ulcera da pressione, che preveda le seguenti fasi: la Detersione (pulizia della ferita), lo Sbrigliamento, la Medicazione, il Controllo dell’Infezione (25). a. La detersione è la fase più importante e ripetitiva di tutto il trattamento ed ha le seguenti finalità:

- asportare l’eventuale tessuto necrotico; - diminuire l’assorbimento di tossine; - eliminare la fonte di moltiplicazione batterica; - ridurre lo sviluppo della flora microbica sul fondo della lesione; - alleviare il dolore.

La detersione della lesione è il presupposto del trattamento delle ulcere da pressione, in quanto l'asportazione del materiale infiammatorio e/o dei residui di precedenti medicazioni, riduce la colonizzazione batterica, abbassa il rischio d’infezione, velocizza i processi di rigenerazione dei tessuti e quindi la guarigione. E' inoltre una pratica indispensabile, per la valutazione del fondo della lesione e quindi per l'applicazione del protocollo d’intervento più appropriato. La scelta del tipo di detersione da attuare, dipende dai seguenti fattori: - la fase della lesione; - il meccanismo d'azione dei prodotti utilizzati;

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- la facilità d'esecuzione; - la tollerabilità del paziente; - i costi. La detersione deve essere eseguita ad ogni cambio di medicazione; solitamente vengono utilizzati la Soluzione Fisiologica sterile o il Ringer Lattato, ad una temperatura di circa 30°, per evitare di traumatizzare la lesione e per ridurre la proliferazione batterica della lesione. Da evitare, per la detersione, l’utilizzo di soluzioni contenenti iodopovidone, ipoclorito di sodio, clorexidina, soluzioni a base di perossido d’idrogeno o acido acetico, merobromina (mercurocromo) (4) (25). b. Lo sbrigliamento (o debridement), indispensabile per favorire i processi di guarigione, è una tecnica che permette di rimuovere il tessuto devitalizzato presente, spesso causa della crescita di microrganismi patogeni. Il tessuto necrotico va sempre rimosso mediante sbrigliamento; al riguardo deve essere scelto il metodo di sbrigliamento più adeguato rispetto alle condizioni del soggetto e agli obiettivi del trattamento. E’ necessario a tal fine: - valutare la lesione (tipo, quantità e localizzazione dei tessuti necrotici, profondità della lesione e quantità di essudato); - effettuare una valutazione generale della cute perilesionale; - valutare il rischio di effetti collaterali. Di seguito si riassumono le principali metodiche di sbrigliamento esistenti. • Metodo idroterapico Consiste nell'irrigazione della lesione con soluzioni di Ringer Lattato o Soluzione Fisiologica, a temperatura ambiente e con una pressione adeguata, mediante l’utilizzo di una siringa da 20-35 ml con ago di 19 G (gauge). Tale modalità permette di esercitare un'azione meccanica, senza danneggiare il tessuto di granulazione; una maggior pressione, rischierebbe infatti di far penetrare i batteri ed il liquido di irrigazione nel tessuto, mentre una pressione inferiore non sarebbe in grado di rimuoverne la presenza. Il Ringer Lattato è da preferirsi in quanto, contenendo sali di potassio, sembrerebbe migliorare il trofismo cutaneo. Tale operazione deve essere effettuata ad ogni cambio di medicazione, prima e dopo l'eventuale applicazione di antisettici, enzimi proteolitici e antibiotici, nonché precedere e seguire gli interventi di rimozione dei tessuti non vitali. • Metodo enzimatico È un metodo selettivo e consiste nell'applicazione di preparati topici contenenti enzimi proteolitici, che hanno il compito di digerire la fibrina e rimuovere il tessuto necrotico preservando i tessuti sani. Il metodo, trova indicazione nelle lesioni con abbondanti detriti necrotici, o dopo la toilette chirurgica, come proseguimento della terapia. L'enzima va applicato, in strato sottile, direttamente sul tessuto necrotico precedentemente inumidito con soluzione fisiologica. Sulla lesione va successivamente applicata una medicazione secondaria di copertura. E' importante che l'enzima non venga a contatto con la cute sana circostante la lesione, che deve essere adeguatamente protetta con creme barriera, quali ad esempio la pasta all’ossido di zinco. • Metodo autolitico E' un metodo selettivo e atraumatico, poiché agisce esclusivamente sui tessuti necrotici, sfruttando l’attività autolitica degli enzimi, normalmente presenti nei fluidi della lesione e l’eliminazione dei detriti e dei tessuti morti ad opera delle cellule fagiche. Per tale scopo, vengono utilizzati in modo particolare gli idrogel o gli idrocolloidi.

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• Metodo chirurgico Lo sbrigliamento chirurgico (che deve avvenire con tecnica sterile) è indicato: - quando vi è urgenza di rimuovere il tessuto necrotico; - in presenza di lesioni profonde; - in presenza di sepsi o di cellulite nell’area circostante la necrosi. La toilette chirurgica è un metodo selettivo, rapido ed efficace per rimuovere il tessuto necrotico o le escare secche, in lesioni di vaste dimensioni ed in presenza di infezione; possono essere necessarie più sedute distanziate di 48/72 ore, in lesioni di vasta entità. Fanno eccezione le escare secche dei talloni, che non vanno rimosse; solo in presenza di edema, eritema o segni d'infezione si deve procedere alla toilette chirurgica. La rimozione chirurgica deve essere eseguita con tecnica asettica, ed in modo tale da non traumatizzare il fondo dell'ulcera e ledere vasi sanguigni. In presenza di sanguinamenti di modesta entità, può essere sufficiente il posizionamento di una medicazione compressiva. L’utilizzo di medicazioni emostatiche va riservato nel caso di sanguinamenti abbondanti.

Figura 21: Sbrigliamento chirurgico

Particolare attenzione deve essere posta al controllo del dolore, da parte del paziente sottoposto a tale intervento che, secondo alcuni autori, può essere efficacemente gestito con la somministrazione di un analgesico un’ora prima dell’intervento. L’Agency for Health Care Research and Quality (AHRQ) fornisce specifiche raccomandazioni, in relazione alla fase dello sbrigliamento (4) (25) (Tab. 14, 15). Tabella 14: Raccomandazioni AHRQ per lo sbrigliamento delle ulcere da pressione

Rimuovere il tessuto devitalizzato delle lesioni da decubito, quando ciò sia opportuno rispetto alle condizioni del paziente e conforme ai suoi scopi. Evidenza C Si scelga il metodo di sbrigliamento più indicato alle condizioni e agli scopi del paziente. Le tecniche di sbrigliamento con strumento tagliente, sbrigliamento meccanico, enzimatico e/o autolitico, possono essere impiegate quando non esiste bisogno clinico urgente di drenaggio o rimozione di tessuto devitalizzato. Se sussiste un bisogno urgente di sbrigliamento, come nel caso di cellulite in progressione o sepsi, si dovrebbe adottare lo sbrigliamento con strumento tagliente. Evidenza C Utilizzare medicazioni pulite e asciutte per un periodo da 8 a 24 ore, dopo l’esecuzione dello sbrigliamento con strumento tagliente associato a sanguinamento; in seguito, ripristinare le medicazioni umide. Le medicazioni pulite si possono adottare anche in concomitanza di tecniche di sbrigliamento enzimatico o meccanico. Evidenza C Le lesioni ai calcagni con escara asciutta non devono essere sbrigliate, se non presentano edema, eritema, fluttuanza o secrezioni. Si esegua la valutazione giornaliera di queste ferite per monitorare eventuali complicanze che richiedono lo sbrigliamento (per es. edema, eritema, secrezioni). Evidenza C Prevenire o gestire il dolore associato a sbrigliamento in misura necessaria. Evidenza C Pulire le ferite all’inizio del trattamento e ad ogni cambio di medicazione. Evidenza C

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Figura 22: Lesione cutanea con tessuto necrotico

Figura 23: Tessuto necrotico rimosso con sbrigliamento chirurgico

Tabella 15: Raccomandazioni AHRQ per lo sbrigliamento delle ulcere da pressione

Non si esegua la pulizia della ferita da decubito con detergenti per la pelle o con agenti antisettici (es. iodopovidone, iodoforo, soluzione di ipoclorito di sodio, perossido di idrogeno, acido acetico). Evidenza B Applicare la minor quantità di forza meccanica possibile, quando si deterge la lesione con garza, panno o spugna. Evidenza C Non si esegua la pulizia della ferita da decubito con detergenti per la pelle o con agenti antisettici (es. iodopovidone, iodoforo, soluzione di ipoclorito di sodio - soluzione di Dakin, perossido d’idrogeno, acido acetico). Evidenza B Impiegate una soluzione fisiologica salina per la pulizia di gran parte delle lesioni da decubito. Evidenza C Utilizzare una pressione d’irrigazione sufficiente a migliorare la pulizia della ferita, senza causare trauma al fondo della lesione stessa. Una pressione d’irrigazione sicura ed efficace varia da 1,8 kg a 6,8 kg per 6,4 cm2. Evidenza B Prendere in considerazione l’idroterapia a vortice per la pulizia di lesioni da decubito, che contengono abbondante essudato, crosta o tessuto necrotico. Interrompere il vortice non appena la ferita sia detersa. Evidenza C

c. La medicazione ideale di un’ulcera da pressione, deve avere le seguenti caratteristiche:

- controllare l’essudato mantenendo il letto della lesione umido e la cute circostante asciutta e integra;

- consentire lo scambio gassoso; - fornire l’isolamento termico e mantenere stabile la temperatura della lesione; - proteggere la lesione dalla contaminazione di microrganismi esogeni; - mantenersi integra, senza rilasciare fibre né corpi estranei all’interno della lesione; - non causare traumi alla lesione al momento della sua rimozione; - proteggere dai danni meccanici; - permettere e favorire la rimozione di essudati e tessuti necrotici; - essere biocompatibile; - essere maneggevole; - avere un costo di gestione contenuto.

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Per effettuare una corretta medicazione, è necessario osservare le seguenti indicazioni: - utilizzare guanti monouso per limitare la contaminazione batterica; - evitare di lasciare esposta a lungo la lesione all'aria per diminuire la dispersione di calore e

l'esposizione ad agenti infettivi; - mantenere la temperatura ottimale di 37° C; - mantenere l'ambiente umido ad eccezione delle ulcere infette; - scegliere la medicazione più idonea, sulla base delle caratteristiche della lesione:

granuleggiante, necrotica, secernente, secca, contaminata, infetta; - non utilizzare la stessa medicazione durante tutta la durata del trattamento della lesione, la

medicazione va modulata in base all’evoluzione della ferita; - definire la frequenza della medicazione (4) (25) (Tab. 16).

Tabella 16: Raccomandazioni AHRQ per la scelta della medicazione delle ulcere da pressione

Utilizzare una medicazione in grado di mantenere il fondo della lesione costantemente umido. Le medicazioni “umide-asciutte” dovrebbero essere utilizzate solo in caso di sbrigliamento e non sono considerate medicazioni ad umidità costante come quelle a base di soluzione fisiologica salina. Evidenza B Usare giudizio clinico nella scelta del tipo di medicazione umida che sia indicata per quella lesione. Una serie di studi su diversi tipi di medicazioni umide non ha riscontrato differenze a livello di poteri curativi. Evidenza B Scegliere un tipo di medicazione che, contemporaneamente, mantenga asciutta la cute intatta circostante la ferita e umido il fondo della lesione. Evidenza C Scegliere un tipo di medicazione che controlli l’essudato, ma che non essicchi il fondo della ferita. Evidenza C Durante la scelta del tipo di medicazione, si prenda in considerazione la disponibilità di tempo del prestatore di cure. Evidenza B Eliminare lo spazio morto all’interno della ferita riempiendo liberamente le cavità con materiale per medicazioni. Evitare di imbottire eccessivamente la ferita. Evidenza C Monitorare le medicazioni situate vicino all’ano poiché è difficile mantenerne l’integrità. Evidenza C La medicazione di routine delle lesioni da pressione non infette può essere effettuata con tecnica pulita e non richiede l’uso di materiale sterile. Attualmente la ricerca non fornisce prove di efficacia conclusive, in merito a quale medicazione sia la più efficace, nella gestione delle lesioni da pressione. Un ambiente di guarigione ottimale può essere raggiunto utilizzando come medicazione primaria: - idrocolloidi o idrogel o film o silicone morbido per le lesioni poco essudanti o con escara; - idrofibra o schiuma di poliuretano semplice o con strato di contatto al silicone o alginato per le lesioni mediamente o molto essudanti. Le modalità di fissaggio della medicazione primaria devono tener conto dello stato della cute perilesionale e della sede anatomica della lesione. Si ribadisce la necessità di proteggere le lesioni da pressione da fonti di contaminazione. Le medicazioni dovrebbero essere lasciate in sede per il tempo necessario, in rapporto all’andamento clinico e alle specifiche del prodotto, poichè la rimozione frequente può danneggiare il fondo della lesione. Nel trattamento dell’ulcera da pressione non esistono metodiche standard d’intervento, in quanto la lesione è un processo dinamico e quindi le funzioni della medicazione devono adattarsi ad esso. E’ necessaria, pertanto, una flessibilità nella scelta dei prodotti da utilizzare. Vanno privilegiati prodotti che consentano di conservare l’integrità fisiologica della lesione. La medicazione ideale dovrebbe proteggere la ferita, essere biocompatibile e fornire l’idratazione necessaria. Qualsiasi trattamento topico, per quanto efficace, non può essere comunque sostitutivo di una corretta mobilizzazione e della cura della persona sotto l'aspetto igienico e nutrizionale; in

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mancanza di questo approccio globale, l'uso delle medicazioni avanzate non dà risultati efficaci (4)

(25). d. Disinfezione della lesione. La diagnosi d’infezione di un’ulcera da pressione è clinica. Il sospetto diagnostico d’infezione locale si effettua rilevando/valutando la presenza di almeno due dei seguenti parametri: - dolore; - arrossamento della cute perilesionale; - edema dei tessuti perilesionali; - aumento dell’essudato; - secrezione purulenta; - tessuto di granulazione friabile; - ipergranulazione; - odore; - calore; - nuove aree di slough (tessuto di colore giallo o biancastro che aderisce al letto della lesione, in filamenti o in ammassi ispessiti o mucillaginosi); - aumento delle dimensioni della lesione. Sulla cute integra è normalmente presente la flora batterica denominata "flora residente", che comprende aerobi ed anaerobi ed è quasi esclusivamente costituita da Gram positivi (cocchi e bacilli).

Figura 24: Medicazione di una lesione cutanea

L' insorgenza di una lesione da decubito modifica radicalmente le condizioni locali, compresa la stessa flora batterica che può variare in base a diversi fattori. Inizialmente essa è rappresentata soprattutto da batteri Gram negativi, mentre nella fase rigenerativa dell'epidermide si riscontrano quelli Gram positivi. La colonizzazione batterica dell’ulcera da pressione è un evento estremamente frequente, che non compromette tuttavia la riparazione dei tessuti. L'impiego di antisettici è controverso poiché questi, abbinando all'azione antibatterica un effetto lesivo nei confronti di qualsiasi cellula, anche sana, possono danneggiare le cellule deputate alla riproduzione tissutale. Possono inoltre causare reazioni allergiche e/o irritazione locale. L'uso di antisettici, non deve essere quindi una routine, ma deve essere riservato eventualmente alle lesioni chiaramente infette o in presenza di secrezioni necrotiche (stadio III° e IV°) e nelle fasi post-escarectomia (4) (25)

.

E' opportuno precedere e seguire l'applicazione con un lavaggio con Soluzione Fisiologica o Ringer Lattato. Nelle lesioni con segni d’infezione localizzata, è preferibile limitare l’utilizzo

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dell’antisettico locale, orientando la scelta verso quelli meno dannosi, per il tempo strettamente necessario, al fine di limitare gli effetti di tossicità locale e la possibilità di selezionare germi resistenti, anche se in misura minore rispetto agli antimicrobici sistemici (3). Quando è presente una colonizzazione critica o un’infezione, andrebbe considerato l’utilizzo topico dei seguenti prodotti: - medicazioni contenenti soluzione ipertonica salina; - medicazioni avanzate a base d’argento; - medicazioni non aderenti a base d’argento; - creme a base di sulfadiazina d’argento; - medicazioni antisettiche contenenti clorexidina; - medicazioni antisettiche contenenti iodopovidone; - sistema VAC. Deve essere sempre evitato l’uso simultaneo o consecutivo di un antisettico e di un sapone, per il rischio di inattivazione. La positività del tampone della lesione NON rappresenta un criterio per sospettare/diagnosticare un’infezione. Per la diagnosi eziologica, le tecniche colturali raccomandate sono le seguenti: - esame colturale del materiale bioptico (se effettuato); - esame colturale dell’essudato. La medicazione della lesione infetta deve avvenire con tecnica e materiale sterile evitando l’utilizzo di medicazioni occlusive. Il trattamento dell’infezione deve avvenire attraverso la detersione/sbrigliamento della lesione. La somministrazione di antibiotici per via generale, deve avvenire quando sono presenti segni di progressione locale dell’infezione o segni clinici di infezione sistemica (ad esempio: cellulite, osteomielite, sepsi). Quando si medicano più lesioni di uno stesso soggetto occorre lasciare per ultima la più contaminata. In presenza di secrezione purulenta e/o maleodorante è necessario effettuare la detersione/medicazione con maggiore frequenza, altresì occorre valutare l’opportunità di effettuare con urgenza lo sbrigliamento chirurgico. Non è raccomandato l’uso routinario di antisettici per ridurre la carica batterica della lesione. NON è raccomandato l’utilizzo topico di: - garza iodoformica, in quanto la sua efficacia clinica non è stata stabilita da solide evidenze; - antibiotici, in quanto inefficaci ed aumentano il rischio di sviluppare resistenze (30) (31) (32) (33) (34). Le ulcere infette complicate da problematiche locali, quali l’edema perilesionale, o patologie sistemiche, quali l’anemia e il diabete mellito, possono giovarsi della Vacuum Assisted Closure (VAC). La VAC è un apparecchio in grado di creare una pressione negativa di 25-250 mmHg, che si applica sull’ulcera tramite una spugna di poliuretano sterile, con modalità continua e intermittente. Tale metodica, controindicata in caso di osteomielite non trattata, tessuto necrotico con escara, organi o vasi sanguigni esposti, emostasi difficoltosa della ferita, determina una riduzione dell’edema, della carica batterica e una migliore perfusione dei margini della lesione con una crescita centripeta, con conseguente riduzione dell’ulcera (3). Prodotti in uso nel trattamento delle ulcere da pressione. I prodotti per la detersione sono rappresentati da: � SOLUZIONE FISIOLOGICA (NaCl 0,9%), soluzione salina utilizzata per la detersione ed

idratazione delle ulcere da pressione;

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� RINGER LATTATO SOLUZIONE, soluzione utilizzata per irrigare le ulcere da pressione. Essa contiene acido lattico, calcio cloruro, potassio cloruro, sodio cloruro e sodio idrossido; al potassio verrebbe attribuita la proprietà di favorire il trofismo cutaneo. 8

Alcuni autori (Ricci-Cassino, 1998-2011) classificano i prodotti per la medicazione delle lesioni in base alle caratteristiche merceologiche e di azione (27) (Tab.17). Si sconsiglia l’uso di prodotti di medicazione di cui non si conosca esattamente l’azione e, soprattutto, l’interazione con la lesione stessa. Tabella 17: Classificazione delle medicazioni

Classe di medicazione Tipologia di prodotto

Garze Garze grasse, Garze a bassa aderenza Antibatterici Ipoclorito di sodio, Clorexidina, Iodopovidone, Argento

Enzimi proteolitici Collagenasi Adsorbenti Alginati, Idrofibra

Favorenti la granulazione Alginati, Idrofibra, Collagene Medicazioni occlusive Idrocolloidi

Medicazioni semiocclusive Poliuretano Idrogel Idrogel

Biomedicazioni Acido Jaluronico, Maggots Therapy Derivati cutanei Autologhi, omologhi

Strumentali VAC, Warm Up, FREMS, BST Interattive ORC, Aminoacidi, Produttori di Ossigeno

Medicazioni nanotecnologiche Argento ionico � GARZE

In questo contesto ci si riferisce non alle garze in cotone o TNT, utilizzate come copertura o come medicazione secondaria, ma alle “garze grasse”, contenenti oli minerali (paraffina, petrolatum) o sostanze lipidocolloidali, ed alle “garze a bassa aderenza”, contenenti sostanze emollienti e/o antisettiche, veicolate in ambiente acquoso (27). � ANTIBATTERICI

Tutti gli antibatterici hanno una potenziale azione istolesiva nei confronti dei fibroblasti, irritanti per cute e mucose, e potrebbero rallentare i processi cicatriziali, ostacolando la riepitelizzazione, soprattutto se utilizzati in modo incongruo ed in concentrazioni elevate. Tra gli antibatterici che non hanno azione istolesiva e citotossica sui fibroblasti si ricordano le soluzioni di ipoclorito di sodio elettrolitico allo 0,05% (antisettici isotonici); inoltre, tra le medicazioni antibatteriche più efficaci, vi sono i derivati del cloro (clorexidina), dello iodio (iodopovidone) e dell’argento (ionico, metallico, nano cristallino) (27). Gli antibatterici sono prodotti che favoriscono la detersione della lesione, favorendo la riduzione della carica batterica e la produzione di essudato. Le medicazioni contenenti soluzione salina ipertonica, hanno la capacità di promuovere la rimozione del tessuto necrotico sbrigliato, pus e batteri, mediante l’azione osmotica. Quelle contenenti iodopovidone, hanno azione battericida a largo spettro e consentono il trattamento di lesioni infette; l’uso è controindicato in caso di ipersensibilità allo iodio. Il contatto con la lesione, può favorire un’azione istolesiva se utilizzate per lunghi periodi. Le medicazioni contenenti argento, presente in varie forme: argento metallico micronizzato, ioni argento e argento nano cristallino, hanno una spiccata azione antibatterica, sono indicate nel trattamento di lesioni infette e necessitano di medicazione secondaria di copertura. Sono controindicate nei soggetti con ipersensibilità all’argento.

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Figura 25: Medicazione con antibatterici

Indicazioni per l’uso delle medicazioni con antibatterici: • da applicare su ulcere da pressione a rischio elevato d’infezione, infette o fortemente colonizzate; • considerare l’applicazione di sulfadiazina d’argento, in ulcere da pressione fortemente colonizzate o infette fino alla completa attuazione di debridement; • evitare l’uso prolungato e interrompere l’applicazione quando l’infezione è controllata. Le medicazioni antisettiche devono essere sostituite ogni 24 ore nelle fasi iniziali; la permanenza in sede varia in relazione al tipo di medicazione utilizzata, da un minimo di 24 ore ad un massimo di 7 giorni. � ENZIMI PROTEOLITICI

Agiscono rimuovendo i frammenti necrotici dalle lesioni, per digestione enzimatica dei ponti di collagene denaturato. Le specialità medicinali di maggior impiego, contengono collagenasi o catalasi equina o fibrinolisina. Sono attivi in ambiente umido e vengono inattivati da acqua ossigenata ed antisettici. Il loro tempo di azione varia dalle 8 alle 24 ore, a seconda del principio attivo impiegato. Sono indicati su lesioni umide, o opportunamente inumidite, su aree necrotiche o su accumuli di fibrina e nelle fasi successive all'intervento di escarectomia. L’applicazione del prodotto, in strato sottile, va rinnovata dopo lavaggio con soluzione di Ringer Lattato o Soluzione Fisiologica, 1 o 2 volte al giorno, conformemente al prodotto impiegato. Per mantenere in situ il prodotto, è necessaria una medicazione secondaria. Il trattamento va protratto fino alla completa detersione della lesione. L’azione degli enzimi proteolitici non discrimina il tessuto sano da quello necrotico, si rende pertanto necessaria la loro applicazione esclusivamente sul tessuto necrotico, evitando il contatto con il tessuto sano. � ADSORBENTI

Si tratta di prodotti atti a rimuovere l’essudato in eccesso, differenziati in alginati, idrofibra e medicazioni con carbone:

- alginati, medicazioni a base di sali di calcio o calcio-sodio dell'acido alginico, un polisaccaride estratto dalle alghe marine, disponibili in forma di medicazioni piatte, nastri o tamponi; prima della loro applicazione, è necessaria una buona detersione della lesione. Sono caratterizzati da un elevato grado di assorbenza, per cui sono indicati nelle lesioni di III° o IV° stadio, in presenza di essudato abbondante. Sono controindicati nelle lesioni scarsamente essudanti, in quanto possono causare disidratazione della lesione e formazione di una spessa crosta, la cui rimozione risulta molto complessa.

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A contatto con l’essudato, gli ioni calcio si scambiano con gli ioni sodio presenti nell’essudato, formando un gel che impedisce l’adesione alla ferita, ne prende la forma e copre la lesione, mantenendo un ambiente umido. Gli ioni calcio, inoltre, attivano il fenomeno della coagulazione, esercitando quindi una valida azione emostatica. Gli alginati non sono autoadesivi, per cui richiedono una medicazione secondaria di fissaggio. Gli alginati in tampone sono adatti al riempimento di cavità. La medicazione va sostituita, una volta satura, generalmente ogni 24-72 ore, previa detersione.

- Idrofibra, medicazioni costituite da fibre di carbossimetilcellulosa sodica (CMC) pura, con un elevato grado di assorbenza, che gelificano a contatto con l'essudato trattenendolo senza rilascio. Sono indicate in lesioni cavitarie iperessudanti. Alcune medicazioni possono contenere fibre di alginato o argento ionico. Indicazioni per l’uso degli alginati e delle idrofibre:

- alginati e idrofibre per il trattamento di ulcere da pressione moderatamente o fortemente essudanti;

- alginati e idrofibre in ulcere da pressione infette, quando è presente una concomitante terapia sistemica dell’infezione;

- considerare un allungamento del tempo di cambio di medicazione, se la medicazione con alginati e idrofibre si mantiene asciutta, al momento del cambio programmato;

- applicare idrofibre su ulcere con fondo di lesione che presenta sanguinamento. - Medicazioni con carbone, medicazioni adsorbenti generalmente in TNT a base di carbone,

utilizzate per il trattamento di lesioni maleodoranti. Alcune medicazioni, oltre al carbone, possono contenere in associazione argento, poliuretano, fibre di alginato e idrofibra.

� FAVORENTI LA GRANULAZIONE Si tratta degli adsorbenti (sopra citati) e del collagene. Tali medicazioni, in virtù del mantenimento di un microambiente umido, favoriscono la crescita del tessuto sano e la neoangiogenesi.

- Medicazioni con collagene, dispositivo medico costituito da collagene eterologo di origine animale, liofilizzato sterile coadiuvante la cicatrizzazione. Fornisce una trama favorevole allo sviluppo dei fibroblasti ed è indicato nelle lesioni superficiali e profonde ben deterse, umide e granuleggianti, con ritardo di cicatrizzazione. Non va usato su lesioni asciutte o iperessudanti. Il prodotto si presenta in tavolette, polveri, gel, pasta e spray. Le tavolette si adattano facilmente a forma e dimensioni della lesione e vengono riassorbite dalla stessa. Vi sono inoltre medicazioni attive contenenti collagene, costituite da una matrice di cellulosa ossidata e collagene, favorente la formazione ed organizzazione di nuove fibre di collagene, attraverso la modulazione dei fattori di crescita. Sono indicate nel trattamento di lesioni superficiali e profonde ben deterse, umide e granuleggianti, con ritardo di cicatrizzazione. A contatto con l’essudato, la medicazione gelifica favorendo il mantenimento di un ambiente umido e viene riassorbita nell’arco di 48-72 ore. Necessitano di una medicazione secondaria.

� MEDICAZIONI OCCLUSIVE

Sono rappresentate soprattutto dagli idrocolloidi, medicazioni impermeabili all’ossigeno e al vapore umido. Gli idrocolloidi, disponibili nella formulazione in placche, sono rappresentati da miscele di polimeri naturali o sintetici, in granuli sospesi in una matrice adesiva, che hanno la proprietà di assorbire acqua in modo lento e controllato, per cui sono indicati elettivamente in lesioni asciutte o moderatamente essudanti. Questi prodotti favoriscono il mantenimento di un microambiente umido, non permettono il passaggio di ossigeno e favoriscono la detersione della lesione. L’impiego su ferite infette richiede un attento monitoraggio per l’eventuale presenza di microrganismi anaerobi. Aderiscono bene alla cute perilesionale sana e per la loro capacità di assorbire l'umidità, non

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provocano macerazione dell'epidermide. Quando la medicazione si idrata, si verifica una trasformazione fisica chiamata “inversione di fase”, con formazione di un gel che non aderisce alla cute lesa, consentendo di mantenere l'ambiente umido, oltre a promuovere l'autolisi, l'angiogenesi, la granulazione, favorendo il processo di riparazione tissutale. Durante l’inversione di fase è caratteristica la produzione di odore sgradevole che, in assenza di altri segni, non deve essere scambiato per un peggioramento della lesione; la variazione di colore del prodotto, può rappresentare l’indicazione al cambio di medicazione. Il tempo massimo di permanenza in sede, a seconda della quantità di essudato presente, può arrivare fino a 7 giorni; gli idrocolloidi rappresentano l'opzione di scelta nella cura di molte lesioni. Le placche idrocolloidali in commercio, hanno forme e spessori diversi (medicazione normale e sottile). Se la lesione è molto profonda la cavità può essere riempita associando gli idrocolloidi in pasta, indicati elettivamente per il riempimento di lesioni cavitarie profonde. Indicazioni per l’uso degli idrocolloidi:

- applicare gli idrocolloidi su lesioni granuleggianti di II° stadio e in parti del corpo dove la medicazione non si arrotola e non si scioglie;

- su lesioni non infette di III° stadio superficiale; - cambiare l’idrocolloide se il materiale fecale si inserisce all’interno della medicazione; - considerare l’applicazione di medicazioni di riempimento al di sotto dell’idrocolloide, in

presenza di ulcere profonde. Gli idrocolloidi sono disponibili anche in formulazioni sottili, indicate nella prevenzione delle lesioni da pressione, per proteggere sedi cutanee a rischio di lesioni da frizione o da trauma da cerotto.

� MEDICAZIONI SEMIOCCLUSIVE Sono caratterizzate dalla capacità di essere totalmente impermeabili a liquidi, fluidi e batteri, ma permeabili a gas e vapori umidi. Sono costituite da prodotti di derivazione poliuretanica in formulazione a films ed a schiuma.

- Film in poliuretano , sono pellicole normalmente trasparenti, in poliuretano, ricoperte da un sottile strato adesivo acrilico, permeabili ai gas. Non hanno nessuna capacità adsorbente,

sono utili per proteggere e medicare le lesioni asciutte, mantengono un microambiente umido e permettono il passaggio di ossigeno, ma non di liquidi e batteri.

Figura 26: Medicazioni in film di poliuretano

Possono essere impiegati come medicazione primaria nelle lesioni di I° stadio e nella prevenzione dei danni da sfregamento o da macerazione, per esposizione prolungata all'umidità. I film trasparenti permettono l'ispezione della ferita senza dover togliere la medicazione. La medicazione può rimanere in sede fino a 7 giorni.

- Schiume in poliuretano, sono costituite da materiali idrocellulari con una elevata capacità di assorbimento; vengono utilizzate per lesioni piane o cavitarie con essudato medio o abbondante, mantengono un ambiente umido e favoriscono lo sviluppo del tessuto

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cicatriziale. La loro struttura non deve consentire il rilascio dell’essudato assorbito, nemmeno sotto compressione.

Figura 27: Medicazioni in schiuma di poliuretano

Le schiume sono rivestite da uno strato morbido e perforato che non aderisce alla lesione, sono disponibili in forma di placche adesive e non adesive, tamponi circolari e tubolari. Sono disponibili schiume in associazione con: argento, carbone attivo, idrocolloide e assorbenti in fibra. La sostituzione della medicazione, previa detersione, deve avvenire a saturazione (da 1 a 7 giorni in base alla quantità di essudato). I tamponi richiedono una medicazione secondaria di fissaggio (ad es. pellicole semipermeabili). Indicazioni per l’uso delle schiume di poliuretano:

- applicare su ulcere da pressione essudanti di II° stadio e III° stadio superficiale; - su lesioni dolenti; - su sedi cutanee a rischio per lesioni da forze da taglio; - evitare l’applicazione di frammenti di schiume di poliuretano su ulcere da pressione

cavitarie essudanti.

� IDROGEL Sono sostanze poliglucosidiche ad alta saturazione d’acqua (minimo 70%), disponibili in forma di gel fluido o su supporto poliuretanico. Le formulazioni in gel fluido hanno la proprietà d’indurre una lisi del tessuto necrotico mediante iperidratazione, quelle su supporto poliuretanico favoriscono la riepitelizzazione. I vari tipi di gel disponibili possono contenere alginato di calcio o di sodio, argento colloidale (con azione antibatterica) e aminoacidi (con potenziamento dell’attività di granulazione ed autolisi). Sono indicati per il trattamento di lesioni coperte da fibrina e tessuto necrotico giallo (slough) e per la reidratazione delle escare secche. La loro principale funzione, come citato, consiste nell’idratazione dei tessuti necrotici favorendone l'autolisi; l’azione di debridement è riconoscibile dalla produzione di odore intenso e sgradevole. Il tempo d’impiego varia da 1 a 3 giorni. La loro capacità assorbente è limitata, per cui vanno usati su lesioni secche o lievemente essudanti. Richiedono sempre una medicazione secondaria (poliuretano in film o schiuma, oppure medicazioni idrocolloidali). Indicazioni per l’uso degli idrogel:

- applicare su lesioni superficiali; - utilizzare su ulcere da pressione minimamente essudanti; - impiegare su lesioni con fondo secco, per un’azione idratante; - applicare su ulcere dolenti; - considerare l’applicazione per ulcere da pressione non profonde o quando si vuole prevenire

lo spostamento della medicazione;

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- utilizzare su ulcere da pressione, che non siano infette, ma granuleggianti. � BIOMEDICAZIONI

Si tratta di medicazioni di origine biologica, in particolare animale, con funzione di copertura e/o liberazione di fattori di crescita e/o debridement. La medicazione biologica più nota è la “terapia larvale” (Maggots Therapy) che utilizza larve sterili, prodotte da una mosca, a scopo debridement. Vi sono inoltre bio medicazioni costituite da derivati dell’acido ialuronico. L’acido ialuronico, è uno dei principali componenti polisaccaridici della matrice extracellulare, presente nel tessuto connettivo dei mammiferi ed ha un ruolo significativo sulla riparazione tessutale e la cicatrizzazione. I derivati dell’acido ialuronico sono biomateriali di origine naturale, interamente bio assorbibili.

Figura 28: Medicazione con acido ialuronico

Le medicazioni sono realizzate in forma di compressa di TNT, di film trasparente, di microgranuli. A contatto con l’essudato della lesione, il biomateriale derivato dall’acido ialuronico, si trasforma in gel altamente adsorbente; il biomateriale cede acido ialuronico in modo protratto, favorendo il mantenimento di un ambiente umido. A seconda dei prodotti, la permanenza in sede di lesione può arrivare fino a 7 giorni. Necessita di medicazione secondaria. � DERIVATI CUTANEI

In questa categoria, oltre ai prelievi cutanei con tecniche di chirurgia plastica, sono comprese le tecniche di coltura cellulare di origine umana, costituite da derivati cellulari o tessuti autologhi o omologhi. I tessuti autologhi, possono essere ottenuti mediante colture cellulari o mediante prelievo (chirurgia plastica). I tessuti omologhi derivano da cellule coltivate, da tessuti o cute di cadaveri. � MEDICAZIONI STRUMENTALI

Come la VAC (Vacuum Assisted Closure) Therapy, terapia a pressione negativa che rimuove l’essudato in eccesso e rende ipertrofici i fibroblasti, la FREMS con azione antalgica e di potenziamento della vascolarizzazione, l’Induzione Elettrica (BST-Bed Sores Treatment) che induce una corretta migrazione dei fibroblasti e incrementa la vascolarizzazione, la Warm Up ossia terapia iperisotermica. � MEDICAZIONI INTERATTIVE

Quali la ORC (Oxydized Regenerated Cellulose), le miscele aminoacidiche veicolate da acido ialuronico, le molecole produttrici di ossigeno. Queste medicazioni interagiscono con i tessuti dell’ulcera e creano un microambiente favorevole alla crescita delle cellule deputate alla formazione di tessuto di granulazione e alla riepitelizzazione, favorendo la fisiologica riparazione tessutale.

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� MEDICAZIONI NANOTECNOLOGICHE Utilizzano argento ionico, ad azione antibatterica, cicatrizzante e di modulazione della flogosi. L’argento, non cedibile poiché unito alla base veicolante, non viene assorbito, con riduzione della possibilità di sviluppare allergie (4) (5) (25) (27). 7. Trattamento della cute perilesionale (4) (35)

Nella valutazione clinica di un’ulcera da pressione riveste grande importanza l’osservazione della cute perilesionale, intesa come la porzione di cute che si estende per 10 cm oltre il margine di lesione. L’osservazione della cute perilesionale fornisce al clinico importanti informazioni sullo stato generale della cute, informazioni che possono condurre ad ipotesi per prevedere il periodo di guarigione, che per stabilire il trattamento topico più idoneo, comprendendo nella medicazione anche la cute perilesionale stessa. Dal punto di vista clinico, la cute perilesionale può presentarsi: - integra: cute rosea, elastica, ben idratata. gli interventi sono mirati ad un’adeguata igiene e all’applicazione di creme emollienti e idratanti; - macerata: cute biancastra, ad umidità eccessiva, con aree di disepitelizzazione. Il trattamento prevede la gestione dell’essudato, dell’incontinenza sfinterica e la correzione dell’ambiente (uso di superfici cerate, temperatura ambientale). Si raccomanda l’applicazione di Paste all’Ossido di Zinco; - secca: cute squamosa, fissurata, pruriginosa con lesioni da grattamento. Il trattamento è volto all’aumento dell’idratazione, all’applicazione di creme idratanti ed emollienti; - eritematosa: cute iperemica, pruriginosa e calda. Occorre valutare la presenza di sostanze irritanti nella medicazione in uso e la presenza di mico-batteriosi. Il trattamento consigliato, prevede terapia topica con creme antimicotiche, antibiotiche, o contenenti cortisone.

Figura 29: La cute perilesionale

Frequentemente la cute perilesionale è sede di pregresse cicatrici, o è comunque coinvolta nel processo cicatriziale, dovuto alla riparazione della lesione presente. Particolare attenzione va data alla cura della cicatrice, che strutturalmente è poco elastica e quindi può essere soggetta a ulteriori lesioni. In tal caso può essere utile l’uso di creme emollienti e/o di idrocolloidi.

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Tabella 18: Patologie della cute perilesionale

Patologia Lesione Secrezione

Eczema Lesioni eritematose; Lesioni eritemato-vescicolose, pruriginose

Follicolite batterica Pustole sparse su base eritematosa, pruriginose Giallastra Intertrigine Eritema, essudazione, prurito

Epidermofizia Bordi netti, poco eritematosi, desquamati con aspetto figurato Candidosi Bordi frastagliati ed irregolari, lesioni eritematose e pustolose, pruriginose Grigiastra Eritrasma Chiazze irregolari color rosso mattone con bordi netti e desquamati

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La terapia nutrizionale

La terapia nutrizionale deve necessariamente far seguito alla valutazione dello stato nutrizionale del paziente e deve essere personalizzata. Stati di malnutrizione e/o stati pluricarenziali associati, quali anemia, ipoalbuminemia, ipovitaminosi, devono essere corretti. In presenza di ulcere da pressione l’apporto proteico dovrà essere adeguatamente incrementato, aggiungendo nella dieta le proteine nobili, ad alto valore biologico di origine animale (uovo, parmigiano, carne e pesce). E’ importante mantenere il più possibile la varietà della dieta, anche in presenza di difficoltà digestive e/o di masticazione (problematiche del cavo orale, disfagia). Particolare attenzione deve essere posta nella scelta e nella preparazione dei cibi:

- gli alimenti devono essere scelti tra quelli ad elevato valore nutrizionale; - devono essere utilizzati metodi di cottura facilmente digeribili; - in presenza di difficoltà masticatorie e/o disfagia i cibi devono essere schiacciati, tritati,

frullati, omogeneizzati. Il monitoraggio mensile del peso corporeo, insieme alla rilevazione quali-quantitativa dell’assunzione di cibo, permette di cogliere per tempo il rischio di incorrere in un cattivo stato nutrizionale e di porre tempestivi interventi mirati. E’ possibile calcolare il fabbisogno energetico con la Formula di Harris Benedict (36), a cui va sommato il fattore di correzione per attività, patologia o gravità con la Formula di Long, al fine di stimare i bisogni reali del paziente. Formula di Harris & Benedict (corretta con il fattore di attività): Uomo: 66,5 + (13,75 x P) + (5 x H) - (6,8 x A) Donna: 65,1 + (9,6 x P) + (1,8 x H) - (4,7 x A) (P = peso corporeo espresso in Kg / H = altezza (cm) / A = età (anni)

Formula di Long (oltre al fattore di attività va calcolato il fattore di gravità): Fattore di attività: paziente allettato = x 1,2 paziente non allettato = x 1,3 Fattore di gravità:

• intervento minore: x 1,2 • trauma: x 1,35 • sepsi: x 1,60 • ustione grave: x 2,10

E’ possibile calcolare il fabbisogno calorico giornaliero, moltiplicando il peso ideale del paziente per un coefficiente. Negli stati non ipermetabolici, il coefficiente varia da 25 a 35-40 Calorie/Kg/giorno; negli stati ipermetabolici il coefficiente va da 40 a 50, fino a 60 Kcal. Pertanto, in maniera empirica, è possibile stabilire il fabbisogno calorico giornaliero, moltiplicando il peso ideale del nostro paziente per 25, 35, 40, 50 fino a 60. La quota proteica minima raccomandata (RDA - Recommended Dietary Allowance), in condizioni normali, è di 0,8 g/Kg di peso corporeo. In presenza di ulcere da pressione l’apporto di proteine deve aumentare fino a 1,5 g per Kg di peso corporeo ideale. Qualora fosse necessario si ricorrerà alla nutrizione enterale o parenterale secondo le linee di indirizzo (37).

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Complicanze infettive delle lesioni cutanee croniche

Dal punto di vista microbiologico la perdita di integrità cutanea, che si verifica nelle ulcere da pressione e la conseguente esposizione del tessuto sottocutaneo, fornisce un ambiente ideale per la colonizzazione e proliferazione batterica. La presenza di microrganismi nelle ferite può essere ricondotta a quattro distinte situazioni, che possono anche succedersi temporalmente nella medesima lesione: • contaminazione: presenza nella ferita di microrganismi che non sono in attiva replicazione; comprende la maggior parte dei germi che si trovano nella lesione. • colonizzazione: presenza di microrganismi che si replicano ma che non danneggiano l’ospite. I più comuni commensali della cute sono lo Staphylococcus Epidermidis e il Corynebacterium Species; • colonizzazione critica: presenza importante di batteri in replicazione, che provoca un ritardo nella guarigione della ferita (39) (40) in assenza di una infezione vera e propria; • infezione: presenza di microrganismi in attiva replicazione accompagnata da danno tessutale. La contaminazione delle ulcere origina principalmente da 3 distretti: - l’ambiente esterno; - la flora cutanea; - la flora endogena (gastrointestinale, genitourinaria e della mucosa orale). Un microrganismo patogeno può inizialmente colonizzare la ferita senza danneggiare l’ospite; tuttavia, se la carica batterica aumenta, la colonizzazione a un certo punto si trasforma in una colonizzazione critica. In questa situazione, i livelli di concentrazione dei batteri sono inferiori a quelli necessari per un’infezione conclamata, ma, pur non accompagnandosi a danno tessutale esteso, la presenza dei batteri induce un ritardo nella guarigione a causa del rilascio di mediatori pro infiammatori. Ulteriori incrementi della carica batterica, possono determinare un’infezione conclamata oppure la sua disseminazione sistemica o sepsi (40). In una lesione cronica la continua presenza di microrganismi virulenti porta a una risposta infiammatoria massiccia e persistente, che alla fine contribuisce a danneggiare l’ospite. Si assiste infatti a una produzione di mediatori dell’infiammazione e a una costante migrazione di neutrofili, che rilasciano nella ferita enzimi citolitici e radicali liberi dell’ossigeno, principali responsabili del danno tessutale. Si realizza inoltre una trombosi localizzata, con il rilascio di metaboliti ad azione vasocostrittrice, che possono indurre un’ipossia tessutale, provocando un’ulteriore proliferazione batterica e distruzione tessutale (40). La varietà di microrganismi presenti nelle lesioni cutanee e la loro carica sono influenzate dalle caratteristiche della ferita quali: la profondità, la localizzazione, la perfusione tissutale e l’efficacia antimicrobica della risposta immune del paziente. Non meno rilevante la presenza di biofilm, che costituisce un ottimo substrato per la replicazione dei microrganismi e contribuisce a ritardarne la guarigione. In presenza di biofilm, infatti, si creano le condizioni affinché i singoli microrganismi interagiscano scambiandosi reciprocamente nutrienti e metaboliti, costituendo vere e proprie comunità batteriche organizzate. I biofilm rappresentano perciò focolai protetti di infezione e di resistenza batterica all’interno della ferita, offrendo protezione ai batteri dall’azione degli agenti antimicrobici (antibiotici e antisettici) (38). Anche la concomitanza di fattori legati all’ospite quali l’età avanzata, le patologie croniche (diabete mellito, arteriopatia obliterante cronica ecc.), lo stato nutrizionale, l’assunzione di farmaci e condizioni di immunodepressione, possono influenzare la comparsa delle ulcere da pressione. Nelle lesioni croniche i batteri patogeni più frequentemente isolati sono Gram (+), Gram (-) e anaerobi come riportato nella tabella 19 (41).

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Tabella 19: Specie batteriche patogene più frequentemente isolate nelle ulcere croniche

Pseudomonas Aeruginosa Staphylococcus aureus

Enterococcus Proteus mirabilis Escherichia coli

Enterobacter cloacae Acinetobacter species Enterobactyeriaceae

*Fonte: D. De Luca. Microbiologia delle ulcere cutanee Sono state osservate importanti differenze nelle specie dei microbi responsabili di infezione a seconda della patogenesi della lesione cronica e va ricordato che la flora microbica di una ferita cronica si modifica nel tempo. Pertanto, la sovra infezione batterica della ferita è da ritenersi polimicrobica. Identificazione clinica dell’infezione Le complicanze infettive delle lesioni cutanee croniche, si possono manifestare con differenti quadri clinici: - sovrainfezioni batteriche degli strati cutanei; - osteite ed osteomielite; - ascessi saccati; - sepsi e batteriemie (42). Sovrainfezione batterica: l’identificazione clinica di una lesione infetta non è sempre immediata, cosicché bisogna considerare più segni e sintomi in varia associazione. I più importanti di essi sono indicati nella tabella 20. Tabella 20: Segni e sintomi di infezione dei tessuti superficiali e profondi

Tessuti Segni e sintomi di infezione

Superficiali

Mancata guarigione Granulazione friabile e facile sanguinamento del fondo

Incremento dell’essudato e della secrezione Nuove aree di necrosi

Odore nauseante Linfangite satellite

Profondi

Dolore Aumento delle dimensioni

Calore Eritema perilesionale >1-2cm

Osso esposto o raggiungibile con lo specillo Cellulite satellite

Osteiti e osteomileiti: rappresentano circa il 10% delle complicanze infettive. Si parla di osteite se c’è l’infezione ossea senza coinvolgimento del midollo osseo, altrimenti si parlerà di osteomielite. Frequentemente, in caso di artrite purulenta, la cute si presenta arrossata, calda, dolente e si possono riscontrare anche gravi compromissioni dei capi articolari. In questi casi la radiografia del segmento osseo interessato, è essenziale per la valutazione del segmento osseo. Ascessi: originano dalla proliferazione batterica sotto i bordi della lesione, con conseguente colliquazione tissutale e scollamento dei piani cutanei. L’estensione della colliquazione fino al derma, tessuto adiposo e fasce muscolari, può dar luogo ad un flemmone; oppure può coinvolgere organi interni determinando la fistolizzazione.

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Sepsi: è la reazione sistemica dell’organismo alla presenza di batteri o delle loro tossine nel circolo ematico. Si tratta per lo più di complicanze gravi e tra i segni/sintomi si evidenziano: febbre, tachicardia, ipotensione, compromissione dello stato mentale. Agli esami ematochimici si evidenziano leucocitosi neutrofila e innalzamento degli indici di flogosi. L’emocoltura consente l’isolamento del patogeno e l’impostazione della terapia antibiotica mirata. Indicazione all’esame colturale In presenza di segni e sintomi di infezione in atto si raccomanda l’esecuzione dell’esame colturale. Secondo il Center for Disease Control and Prevention (CDC) (43), l’esame microbiologico deve essere realizzato tramite una coltura di fluido, ottenuto attraverso l’aspirazione con ago o biopsia del tessuto della lesione. Le modalità di raccolta del campione biologico in sede di lesione infetta sono: - biopsia profonda: è il metodo più efficace e sicuro, anche se il più invasivo, per identificare i germi patogeni. Deve essere sempre praticata quando si effettua il debridement della ferita o quando i prelievi superficiali siano negativi; - raccolta dell’essudato: in caso di ferite purulente-ascessualizzate con sufficiente quantità di fluido; - tampone superficiale: il più semplice, meno costoso e meno invasivo. Può essere rappresentativo solo della flora saprofitica e non dei germi invasivi (44). Nel caso di prelievo con tampone, si possono usare tamponi con punta di cotone o alginato di calcio. Il campionamento dovrebbe essere eseguito con movimento rotatorio e ondulante, per prelevare i batteri dalla maggior area possibile. Nel caso di lesioni estese, si può focalizzare il prelievo sulla parte che rappresenta i maggiori segni di infezione. Appena eseguito il prelievo, il campione dovrebbe essere posto in opportuno terreno di coltura ed inviato in laboratorio, per evitare problemi di essicamento e di inibizione della vitalità dei microrganismi anaerobi. Il campione biologico verrà successivamente sottoposto all’analisi batteriologica del prelievo, mediante l’utilizzo di terreni di coltura selettivi per aerobi, anaerobi e lieviti. In tal modo si ottiene l’isolamento, la determinazione quantitativa, qualitativa e l’antibiogramma delle specie microbiche presenti. Un fattore importante è il trattamento antibiotico al quale il paziente è sottoposto. L’analisi microbiologica del prelievo mediante tampone sarà influenzata significativamente dall’uso di disinfettanti ed agenti topici, mentre l’analisi della biopsia subirà maggiori influenze in caso di antibioticoterapia sistemica. E’ pertanto importante, al momento del prelievo, segnalare al laboratorio i dati relativi al tipo di antibiotico utilizzato e alla via di somministrazione, al fine di ottimizzare le procedure ed ottenere risultati attendibili.

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Trattamento dell’infezione Terapia antibiotica topica L’utilizzo di antibiotici topici è assai controverso e privo di chiare evidenze di efficacia. Dopo l’uso indiscriminato degli anni passati, attualmente vengono accuratamente selezionati e usati per brevi periodi. Vi sono fattori che limitano l’utilizzo di antibiotici topici quali: • il circoscritto spettro antimicrobico; • la difficoltà a garantire una concentrazione efficace sulla lesione, per i tempi necessari all’azione antibatterica e fra i cambi di medicazione; • la maggiore facilità allo sviluppo di resistenze talvolta crociate, con i prodotti sistemici; • la facilità di insorgenza di sensibilizzazioni allergiche, spesso crociate. Gli antibiotici topici non sono indicati nel trattamento delle lesioni infette, con invasione dei tessuti molli profondi o dell’osso, né in presenza di sepsi (45) (46) (47). Terapia antibiotica sistemica La terapia antibiotica sistemica dovrebbe essere il più possibile a largo spettro e comprendere anche i germi anaerobi. Scelta e gestione della terapia dipendono dalle condizione cliniche del paziente e deve tener conto che la maggioranza delle ulcere croniche, sono caratterizzate da una flora polimicrobica. Le linee guida della European Pressure Ulcer Advisory Panel (48) raccomandano di non utilizzare antibiotici per via sistemica per trattare ulcere che manifestano solo segni locali di infezione. L’antibiotico terapia sistemica andrebbe considerata solo nel caso in cui si manifestano segni clinici di infezione e dovrebbe essere mirata, in seguito ai risultati delle indagini microbiologiche. Pertanto, la gravità dell’infezione è il parametro chiave per la scelta del trattamento antibiotico. Va ricercata innanzitutto la presenza dei segni locali di infiammazione (arrossamento, gonfiore, dolorabilità), di essudato purulento, di fistole e di crepitazione. Quest’ultima è un segno importante, che può far sospettare la presenza di batteri anaerobi, in particolare clostridi, considerati i più efficienti distruttori di tessuti profondi. È inoltre importante verificare se è possibile raggiungere l’osso con una sonda, evenienza sospetta per osteomielite. Fondamentale è la valutazione dei segni indicativi di una condizione di infiammazione sistemica (febbre e alterazione della termoregolazione, aumento della frequenza cardiaca e respiratoria). Vi è indicazione alla terapia antibiotica sistemica in tutte le ferite croniche, in cui l’infezione abbia raggiunto un livello tale da non poter più essere gestita con il solo trattamento locale della ferita (45)

(46) (47).

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Superfici antidecubito: caratteristiche, classificazione e

orientamenti per la scelta La superficie antidecubito è un supporto o dispositivo, atto a ridurre o scaricare la pressione di contatto esercitata dal corpo su di una superficie, attraverso modalità diverse. Si riportano di seguito le diverse tipologie di superfici antidecubito.

• Sovra-materasso: superficie di supporto che viene posizionata sopra il materasso standard. Il materasso standard (o base di supporto) e la rete del letto su cui poggia il sovra-materasso, devono garantire un sostegno tale da consentire l’allineamento corporeo in tutte le posture. In presenza di letti non regolabili in altezza occorre porre attenzione al grado di elevazione del piano del letto che si realizza;

• materasso: superficie che sostituisce il materasso standard; • letto antidecubito: sostituisce il comune letto del paziente; • cuscino antidecubito: sistema di supporto per la posizione seduta, che distribuisce la

pressione e aumenta la superficie di contatto. Tali funzioni vanno sempre considerate congiuntamente, al fine di assicurare l’allineamento e la stabilità posturale migliore per la persona; l’obiettivo è quello di prevenire le deformità, diminuire il dolore e la spasticità, aumentando il comfort e facilitando la mobilità residua (49).

La posizione seduta è una postura fortemente a rischio per l’insorgenza di lesioni da decubito. I cuscini vengono pertanto utilizzati sopra sedie, poltrone, carrozzine, in quei soggetti che devono mantenere tale posizione per diverse ore. Sono in genere dispositivi statici, cioè non provvisti di alimentazione elettrica, che sfruttano il principio della ridistribuzione del peso; è recente la produzione di dispositivi elettrocomandati, che utilizzano il principio della pressione alternata o della cessione d’aria. Le caratteristiche antidecubito essenziali di un cuscino sono rappresentate: - dalla capacità di ridistribuire le pressioni di appoggio; - dalla diminuzione delle forze di taglio; - dal possedere uno spessore, che permetta di evitare l’affondamento completo (bottoming out) in tutte le posizioni assunte dalla persona seduta; - dall’avere una fodera con particolari caratteristiche.

Figura 30: Cuscini antidecubito

La scelta del cuscino antidecubito deve essere conforme alle necessità del soggetto, per il quale si richiede la diminuzione della pressione di appoggio in posizione seduta. Occorre considerare i seguenti aspetti: - il peso del paziente; - la base di appoggio che accoglierà il cuscino;

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- il tempo che il paziente trascorrerà seduto; - il peso del cuscino; - i fattori di rischio legati al paziente: patologie, età, disturbi della sensibilità, riduzione della motricità, presenza di dolore, stato di coscienza, incontinenza sfinterica; - i fattori di rischio legati all’ambiente (igiene di vita, ambiente sociale, luogo di vita). L’efficacia del cuscino dipende essenzialmente dalle caratteristiche della sedia su cui viene posto. Quest’ultima infatti, dovrebbe impedire o ridurre la possibilità di scivolamenti in avanti o laterali, da ritenersi molto dannosi per le frizioni di taglio che essi determinano. In linea di massima si sono dimostrate più efficaci le sedie o le poltrone provviste di braccioli che, a seconda dei casi, possono sopportare una quota variabile dal 5% all’11% del peso corporeo. Ulteriori elementi da considerare sono la possibilità di inclinare all’indietro lo schienale della sedia o della poltrona, la possibilità di tenere sollevati gli arti inferiori, avendo cura di conservare una posizione fisiologica dell’angolo caviglia/piede e di lasciare in scarico assoluto la regione dei talloni, la necessità che sia garantito, ove possibile, l’appoggio del piede attraverso un dispositivo che consenta di mantenere l’articolazione tibio-tarsica a circa 90°. • Altri presidi, sono rappresentati da: Talloniere e gomitiere: sistemi antidecubito appositamente studiati e sagomati per la protezione di talloni e gomiti. Il sollevamento dei talloni, mediante il posizionamento di un cuscino che sollevi l’arto inferiore (sotto il polpaccio) al fine di tenere i talloni sospesi, è ritenuto il miglior rimedio per evitare la comparsa di lesioni in tali sedi (8) (25).

Accessori: spessori o imbottiture per evitare il contatto tra prominenze ossee reciproche, fodere per materassi antidecubito, archetti alza coperte. Si consiglia di non utilizzare, allo scopo di prevenire le ulcere da pressione, traverse in vello di pecora sintetico, dispositivi circolari o ciambelle, guanti riempiti d’acqua (8) (25).

Figura 31: Talloniera

1. Caratteristiche delle superfici antidecubito Un presidio antidecubito, per essere definito efficace, deve intervenire attivamente sulle cause estrinseche, determinanti una lesione cutanea e quindi garantire:

- la riduzione della pressione del corpo sul piano d’appoggio; - la riduzione delle forze di attrito e di stiramento, la dispersione di calore e di umidità; - il mantenimento di una postura corretta.

Pertanto, nella scelta della superficie antidecubito, vanno valutate principalmente le seguenti caratteristiche:

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1. caratteristiche tecniche della superficie; 2. caratteristiche di comfort per il paziente; 3. caratteristiche di comfort per l'operatore; 4. caratteristiche delle coperture degli ausili (cover).

Figura 32: Superfici antidecubito

a. Caratteristiche tecniche delle superfici

Densità(50) (riferita alle superfici in schiuma): rappresenta la quantità di materia prima presente in un metro cubo di prodotto, ossia il rapporto tra il peso di tale materiale e il suo volume espresso in m3/kg. La densità dipende dal materiale di base usato per produrre la schiuma e dagli additivi utilizzati, sia per aumentare la densità stessa che per migliorare la resistenza alla combustione. L’aggiunta di additivi, pur aumentando la densità, non necessariamente determina un aumento della “durezza” della superficie; infatti dalla combinazione di differenti tecnologie chimiche e processi meccanici, si ottengono oggi prodotti che, se pur ad alta densità, presentano caratteristiche di “morbidezza”, garantendo comunque la riduzione delle pressioni di contatto. Per questo motivo si possono avere superfici con densità elevata e morbide al tatto.

Figura 33: Superfici antidecubito morbide

Le schiume ad alta densità, generalmente mantengono più a lungo le loro proprietà di prestazione e perciò possono offrire una durata di utilizzo maggiore. Le superfici di ultima generazione, possono realizzare densità diversificate per strati e/o per segmenti corporei; le zone del capo e dei talloni, in genere, hanno una densità minore rispetto alla zona lombo-sacrale. La densità è una caratteristica chiave e costituisce un importante indicatore delle prestazioni della schiuma: comfort, capacità di supporto, consistenza, durata. Consistenza e capacità di supporto condizionano direttamente il comfort, la capacità di distribuire le pressioni e la capacità di conformarsi alla sagoma del corpo. La consistenza esprime una valutazione “tattile” della schiuma, il supporto invece rappresenta la capacità della schiuma di respingere (push back) un peso prevenendo lo sprofondamento (bottoming out).

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Altezza: le superfici di supporto dovrebbero essere abbastanza alte e dense a sufficienza, per far sì che le prominenze ossee non tocchino il fondo della base del materasso(51). Per un'efficacia preventiva, le indicazioni, tratte dalle revisioni bibliografiche sull'altezza, prevedono per i sovra-materassi, un riferimento minimo di 10 cm(52)(53)(54)(55) e per i materassi di almeno 14 cm (56); maggiore è la densità, maggiore è il mantenimento dello spessore nel tempo. Per le superfici ad aria, il diametro delle celle, deve essere superiore a 10 cm. L'altezza del presidio va comunque correlata al peso del paziente e alla posizione prevalentemente assunta dallo stesso. Resilienza: è un parametro legato alla densità del poliuretano. La resilienza (o resa elastica) indica la capacità del polimero di essere elastico, supportando il peso. Le superfici in poliuretano possono essere costituite, negli strati inferiori, da schiuma ad alta resilienza (HR). Secondo riferimenti statunitensi(50) la schiuma ad alta resilienza deve avere, insieme ad altri standard specifici, una densità di almeno 40 Kg/m3. Memoria (si riferisce alle superfici morbide): capacità delle superfici di "ricordare" la forma dell'oggetto/corpo che le ha compresse, dopo che questo è stato rimosso. Maggiore è la velocità di ritorno della superficie alla forma originale (memoria "veloce"), maggiore è la pressione esercitata sulle zone corporee. Minore è la velocità di ritorno della superficie alla forma originale (memoria “lenta"), minore è la pressione esercitata sulle zone corporee. E' quindi preferibile avere una superficie con memoria "lenta" o con assenza di memoria, in quanto ricordando la forma del corpo, esercita una minor pressione sulla zona corporea ivi adagiata. Affondamento (bottoming out): indica il grado di "schiacciamento" della superficie determinata dal peso della persona; esso è in rapporto anche all'altezza e ad altre caratteristiche intrinseche del presidio. La compressione non deve essere tale da far "toccare il fondo", cioè i margini superiore ed inferiore della superficie non devono collabire. La verifica può essere effettuata, facendo scivolare una mano (con il palmo rivolto all'insù e le dita distese) sotto la superficie di supporto, in corrispondenza della zona anatomica interessata nelle diverse posture (seduto, supino, semiseduto). Si dovrebbero apprezzare circa 2,5 cm di superficie, interposta tra la mano dell'operatore e il paziente (57); maggiore è la resistenza incontrata, dalla mano durante l’inserimento, maggiore è l'affondamento. Questa verifica manuale, rappresenta un indicatore di adeguatezza della superficie, al peso della persona. Effetto amaca: è provocato dalla presenza di una copertura anelastica, che annulla in parte l’azione di ridistribuzione del peso, determinando una concentrazione della pressione sulle prominenze ossee; per evitarlo, la copertura deve essere sufficientemente elastica e di dimensioni adeguate al materasso. A creare l'effetto amaca contribuisce anche l'uso di lenzuola con angoli preconfezionati e l'azione di rimboccamento. Altre caratteristiche tecniche:

• portata massima; • modalità di sanificazione/sterilizzazione; • compatibilità con attrezzature esistenti (ingombro, peso, dimensioni); • presenza di allarmi (acustici/visivi) per segnalazione di irregolarità; • presenza di sensori (a regolazione manuale o automatica); • modalità di fissaggio/ancoraggio del sovramaterasso al letto; • modalità di stoccaggio; • tipo di manutenzione; • modalità di sgonfiaggio e gonfiaggio (es. rapidità per manovre d'emergenza); • silenziosità; • conformità alle norme di sicurezza; • autonomia di alimentazione in caso di disconnessione elettrica;

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• costo/efficacia.

b. Caratteristiche di comfort per l’utente • mantenimento della postura a letto e da seduti (non scivolamento o perdita di equilibrio); • facilità di spostamento posturale (letto-sedia, letto-lettiga, sedia-wc); • stabilità nella posizione, con assenza dell’effetto di galleggiamento/affondamento e assenza di sensazioni di instabilità/incertezza; • mantenimento dell’autonomia residua di movimento: il presidio deve infatti permettere la mobilità della persona; • comfort termico: il paziente non riferisce sensazioni di caldo o di freddo, di umidità; • silenziosità e assenza di vibrazione delle pompe.

c. Caratteristiche di comfort per l'operatore • facilità di eseguire le attività assistenziali di base (igiene della persona, movimentazione/cambio postura, rifacimento letto); • praticità di spostamento del paziente; • semplicità d'uso (maneggevolezza, sanificazione, ancoraggio); • ridotto peso e ingombro del presidio (D.Lgs 81/2008).

d. Caratteristiche delle coperture degli ausili (cover) • basso coefficiente di attrito e di frizione; • elasticità bidirezionale (per evitare l'effetto amaca); • permeabilità al vapore acqueo; • impermeabilità ai liquidi (la presenza di macchie sulla protezione, potrebbe indicare che questa non sia più impermeabile, in tal caso la superficie sottostante potrebbe diventare sede di microrganismi potenzialmente patogeni); • repellente agli odori e alle macchie; • lavabile in lavatrice, disinfettabile; • trattamento antibatterico/antimicotico certificato; • resistenza ai danni da abrasione ed ai lavaggi; • resistenza al fuoco. 2. Classificazione delle superfici antidecubito L’obiettivo principale di una superficie antidecubito è di tendere alla massima riduzione della pressione, che si ottiene prevalentemente attraverso la ridistribuzione delle pressioni stesse. L’effetto è ottenuto tramite l’adattamento della superficie alla sagoma del corpo, che determina in modo costante e continuo la distribuzione del peso su un’area maggiore. La classificazione dei presidi, attualmente maggiormente consolidata, prende in considerazione, quale elemento di suddivisione, il meccanismo di funzionamento, essendo quest’ultimo di facile comprensione e d’immediata applicabilità. Uno degli approcci attuali, suddivide i presidi rispetto ai seguenti criteri:

a. Movimento della superficie ed interazione con il paziente • Superficie “statica”: la superficie rimane “senza movimento”, tranne che in risposta ai movimenti del paziente che condizionano la ridistribuzione della pressione. In questa categoria si includono sia le superfici in schiuma, in fibra, in gel o altri materiali, sia quelle ad aria. Le superfici ad aria, possono richiedere o meno l’alimentazione elettrica ed adattare le pressioni grazie alla presenza di sensori, di valvole precalibrate, di compressori a turbina (materassi a cessione d’aria e letti fluidizzati), che permettono di adattare le pressioni al variare della posizione del paziente;

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• Superficie “dinamica”: la superficie “si muove” in modo ciclico, indipendentemente dalla presenza e dalle posizioni del paziente, grazie ad alimentazione elettrica. Tale categoria si identifica con le superfici a pressione alternata. Pressione alternata significa che la riduzione delle pressioni di contatto, è assicurata per circa il 50-60% del ciclo di funzionamento, ed alterna una fase di compressione ad una di decompressione. Questo meccanismo, ripropone il comportamento dell’individuo sano che cambia posizione, in seguito alla percezione di fastidio/dolore dovuto alla pressione. Questo tipo di presidio, può ulteriormente adattare le pressioni al variare della posizione del paziente grazie alla presenza di sensori. Alcuni modelli prevedono la possibilità di attivare la modalità statica di funzionamento, in cui tutte le celle sono permanentemente gonfie.

Figura 34: Superficie antidecubito ad aria

b. Livello di tecnologia costruttiva (58)

I presidi che ridistribuiscono la pressione possono essere suddivisi in dispositivi a bassa tecnologia (low tech) e ad alta tecnologia (high tech). • Superfici a bassa tecnologia: distribuiscono il peso del corpo su una superficie più ampia e includono i sovra-materassi/materassi in schiuma, in gel, fluidi, in fibra cava, ad aria statica.

Figura 35: Superfici a bassa tecnologia

• Superfici ad alta tecnologia, sono i sistemi che includono: - sovra-materassi/materassi a pressione alternata; - sovra-materassi/materassi/letti a cessione d’aria; - letti speciali: ad aria fluidizzata, letti cinetici.

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CLASSIFICAZIONE DELLE SUPERFICI ANTIDECUBITO

In base a

Movimento della superficie ed Livello di tecnologia interazione con il paziente costruttiva

Superfici statiche Superfici dinamiche SUPERFICI A SUPERFICI AD

(movimento dipendente (movimento BASSA ALTA

dalla presenza e dalla indipendente dalla TECNOLOGIA TECNOLOGIA

posizione del paziente presenza e dalle posizioni

del paziente)

□ Aria a pressione □ Schiuma □ Pressione statica PRESSIONE □ Gel alternata □ Aria con sensori ALTERNATA □ Fluidi viscosi □ Cessione d’aria □ Cessione d’aria □ Fibra cava □ Aria fluidizzata □ Aria fluidizzata □ Aria statica □ Letti cinetici □ Schiume □ Gel □ Fibra cava 3.Orientamenti per la scelta della superficie antidecubito Nella fase iniziale di presa in carico di un paziente è necessario effettuare un accertamento clinico, per valutare il rischio di contrarre una lesione da compressione. La scelta degli interventi da mettere in atto per la prevenzione e la cura si basa sulle raccomandazioni esistenti in letteratura che implicano, tra l’altro, anche la scelta di una superficie d’appoggio, che riduca o ridistribuisca le pressioni. Per effettuare la scelta della superficie di appoggio più idonea, è necessario valutare le indicazioni operative, il grado di rischio del paziente, il comfort, la pianificazione di un programma personalizzato di cambio posturale (4) e il contesto organizzativo. Come citato, per individuare la popolazione a rischio, esistono strumenti validati quali le scale di valutazione (Braden, Norton e altre)(13)(59), che permettono un’osservazione sistematica dei pazienti. Il giudizio clinico rimane comunque l’elemento imprescindibile per la scelta del presidio, anche di fronte al valore predittivo della scala utilizzata per la valutazione del rischio. Le linee guida RCN (Royal College of Nursing) del 2001, raccomandano che “la decisione per la scelta di quale presidio utilizzare, dovrebbe essere basata sulla valutazione complessiva dell’individuo e non solamente sul punteggio della scala di valutazione del rischio. Una valutazione olistica, dovrebbe includere il livello di rischio, il comfort e lo stato generale di salute” (60).

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L’esperienza clinica dimostra, infatti, che in un soggetto con un indice di rischio elevato, con grado di mobilità conservato e in assenza di malattia acuta, non sempre è certa l’insorgenza della lesione. Allo stesso modo i soggetti ad alto rischio, incontinenti e con ridotta mobilità, ma con stabilità clinica, non sempre sviluppano una lesione, pur poggiando su un materasso di schiuma (o su superfici che non hanno le caratteristiche ritenute ideali). E’ fondamentale l’ispezione quotidiana della cute e la messa in opera d’interventi di prevenzione e cura, ad ogni variazione dello stato clinico. I parametri di riferimento per poter definire il comfort del paziente, derivano sia da valutazioni soggettive della persona stessa, purché attendibile, sia dalle osservazioni cliniche rilevate durante le pratiche di assistenza. Il comfort offerto dalle superfici in schiuma è influenzato dalla compattezza/stabilità e dalla capacità di supporto della stessa. Relativamente al contesto organizzativo, è esperienza comune che il rischio di lesioni da decubito, per molteplici ragioni, è molto spesso maggiore in situazioni di istituzionalizzazione, rispetto al domicilio. In ospedale la possibilità di sviluppare lesioni è elevatissima, in quanto le acuzie cliniche, rendono massimi i fattori di rischio intrinseci ed estrinseci, pur in presenza di livelli di assistenza qualitativamente accettabili. Allo stesso modo, un paziente sottoposto ad intervento chirurgico, è maggiormente suscettibile d’insorgenza di lesioni da decubito, a causa di fattori quali la durata dell'intervento, l’ipotermia, le tecniche anestesiologiche, il posizionamento obbligato e il grado di complessità del decorso postoperatorio. Nelle strutture assistenziali residenziali per pazienti non autosufficienti (RSA), il rischio è proporzionale alla stabilità clinica del paziente, all’assegnazione di ausili, nonché alla qualità dell’assistenza erogabile. Anche al domicilio, il presidio viene scelto sulla base delle condizioni cliniche e delle esigenze individuali; si precisa che gli stessi utenti, possono anche presentare quadri clinici in fase terminale o di relativa instabilità. Sono da valutare inoltre altri fattori, che concorrono alla decisione del tipo di ausilio da applicare: lo spazio fisico in cui deve essere collocato, la tipologia di letto o di carrozzina (dimensioni, presenza o meno di snodi, altezza dello schienale e distanza sedile-pedane), l’impiantistica e la possibilità di sanificazione, l’autonomia motoria e margini di recupero delle condizioni di disabilità, il contesto domiciliare/condizione psicosociale, la non accettazione dell’ausilio da parte della persona. La presenza di apparecchio gessato, tipo pelvi podalico, non giustifica l’uso di ausili a pressione alternata. L’analisi dei contesti assistenziali rappresenta una condizione fondamentale per identificare la tipologia degli utenti e la tipologia dei presidi ad essi destinati, nonché la modalità di acquisizione e assegnazione appropriata degli stessi. La scelta dell’ausilio si basa su una valutazione complessiva della persona, e non solo sulla valutazione del livello di rischio (Tab. 21).

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Tabella 21: Tipologia di superficie antidecubito adeguata alle caratteristiche della persona

Caratteristiche della persona Tipologia di superficie antidecubito consigliata

o Cute integra o Basso rischio di sviluppare lesioni o Conservazione della mobilità residua, con cambi

posturali assicurati o In assenza di mobilità residua con cambi

posturali garantiti o Persona che trascorre seduta almeno 3-4 ore

consecutive o In previsione di allettamento di breve durata

(es. interventi chirurgici programmati) o In assenza di fattori il rischio aggravanti

(es. diabete, patologie neurologiche sensitive e/o motorie, anemia) o presenti, in forma cronica ma in fase di compenso

Materassi

o in schiuma, gel, fluidi viscosi, fibra cava, aria statica

o Moderato e alto rischio di sviluppare lesioni o Presenza di ulcere da stadio I° a stadio IV° o Mobilità residua molto ridotta o assente o Peso corporeo sino a circa 100 Kg o Presenza di fattori di rischio quali: anemia

marcata, malnutrizione, ischemia localizzata, alterazioni del sistema linfatico, deficit neurologici sensitivo e/o motorio, sedazione, ipotensione arteriosa

Sovramaterasso

o a pressione alternata o a cessione d’aria o a compensazione pressoria con sensori

o Moderato e alto rischio di sviluppare lesioni o Presenza di ulcere da stadio I° a stadio IV° o Mobilità residua molto ridotta o assente o Peso corporeo maggiore di 100 Kg o Ulteriori fattori di rischio aggravanti

(es. trattamenti farmacologici prolungati che agiscono sullo stato di coscienza)

o Traumi della colonna o del bacino

Materassi

o a pressione alternata o a cessione d’aria o a compensazione pressoria con sensori o valvole

precalibrate

o Presenza di ulcere di III° e/o IV° stadio estese e/o multiple

o Macerazione cutanea importante o Pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia

plastica ricostruttiva o Pazienti con dolore intenso o Inefficacia del presidio ad aria usato in

precedenza (comparsa di lesioni, peggioramento della lesione preesistente)

Letti

o ad aria fluidizzata o cinetici

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La gestione del dolore L’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP-1986) definisce il dolore come un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole, associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno. Il dolore va considerato in una componente percettiva, la nocicezione, e in una componente esperienziale. La nocicezione costituisce la modalità sensoriale che permette la ricezione, e il trasporto al sistema nervoso centrale, di stimoli potenzialmente lesivi per l’organismo; la parte esperienziale è lo stato psichico, che fa seguito alla percezione di una sensazione spiacevole. L’esperienza del dolore è influenzata dalla dimensione affettiva e cognitiva, dalle esperienze passate, dalla costituzione psichica e da fattori socio-culturali. Possiamo considerare il dolore come fisiologico, un sintomo vitale, un sistema di difesa, quando rappresenta un segnale d’allarme per una lesione tissutale, essenziale per evitare un danno. Il dolore diventa patologico quando persiste, perdendo il significato iniziale di informazione, e diventando a sua volta una malattia (61). Si ritiene che la percezione del dolore abbia tre diverse componenti: 1. sensoriale (legata a sede, tipo e caratteristiche dello stimolo doloroso); 2. cognitiva (vissuto soggettivo, esperienza del dolore modificata dai significati attribuiti, strategie di risposte); 3. affettiva (stimolo doloroso accomunato a vissuti emotivi). La dimensione sensoriale riguarda l’intensità ed il tipo di dolore che la risposta infiammatoria scatena in conseguenza del danno tissutale iniziale. Tale tipologia di dolore diminuisce nelle lesioni acute, mentre nelle lesioni croniche aumenta al protrarsi della risposta infiammatoria, incrementando la sensibilità dell’area interessata dal danno. Nelle ulcere da pressione il dolore ha una funzione protettiva, in quanto segnala la presenza di un danno, inducendo il soggetto ad assumere comportamenti finalizzati alla protezione dell’area interessata e la conseguente riparazione del danno stesso (4). Con l’approvazione della legge n.38 del 15 marzo 2010, che garantisce l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, viene sancito l’obbligo della rilevazione del dolore all’interno della cartella clinica, nelle sezioni medica e infermieristica. Nell’articolo 7 la legge sancisce che il dolore, dopo essere stato rilevato, venga trattato riportando la tecnica antalgica e i farmaci utilizzati, i relativi dosaggi e il risultato analgesico conseguito. Il dolore è sempre presente nei pazienti con ulcere da pressione, poiché la cute ha un’innervazione sensoriale maggiore di quella di ogni altro organo del corpo. A fronte di questo solo il 2% delle persone che riferiscono un dolore causato da ulcere da pressione riceve un pronto intervento farmacologico a scopo analgesico. Indipendentemente dall’età o dallo stato di salute del paziente il dolore causato da ulcere da pressione deve essere valutato e trattato, al fine di ridurne le ricadute fisiche e psico-sociali per il paziente, la famiglia e il personale sanitario. Il dolore può essere percepito come continuo o intermittente; può essere causato dall’effetto lesivo dei carichi sostenuti sui tessuti, dalla frizione sulla zona lesa, dall’infiammazione, dalle infezioni, dal danno alle terminazioni nervose, dai trattamenti in genere e da spasmi muscolari. Il dolore neuropatico e nocicettivo, indotto da ulcere da pressione, può manifestarsi in sindromi miste con prevalenza dell’una o dell’altra componente. Le algie possono essere acute o persistenti: il dolore acuto è determinato dalle procedure, come i cambi di medicazione, la pulizia, lo sbrigliamento chirurgico e il riposizionamento del paziente; il dolore persistente perdura tra una medicazione e l’altra, indipendentemente dalle manipolazioni delle lesioni. Tale problematica andrebbe prevenuta utilizzando sistemi di sollevamento o di spostamento del malato che riducano al

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minimo l’attrito sulla cute lesa. La persona andrebbe posizionata con modalità adeguata, al fine di ridurre la pressione sull’ulcera (61). Il paziente con ulcera cutanea deve essere sottoposto ad un inquadramento clinico generale, in quanto la presenza di dolore può alterare i parametri vitali della persona. E’ importante ricercare e trattare le patologie di base e le comorbilità eventualmente presenti, che potrebbero aumentare il dolore, o essere loro stesse aggravate dalla sintomatologia algica (62). Nell’inquadramento del dolore da ulcera è importante considerare i seguenti aspetti, quali possibili cause:

- eziologia: ischemia periferica, malattie autoimmuni, ipertensione, patologia oncologica cutanea;

- complicanza: colonizzazione/infezione dell’ulcera, compromissione della cute perilesionale, edema da stasi dell’arto inferiore;

- causa iatrogena: tecnica di medicazione traumatica o medicazione incongrua; - soggettività esperienziale: disagio psicologico ed emotivo (62).

Definire la diagnosi eziologica dell’ulcera e determinare la causa del dolore è indispensabile per stabilire il tipo di approccio terapeutico locale e sistemico da adottare. A tal fine è indispensabile valutare:

- l’aspetto dell’ulcera, tessuti ed essudato; - le alterazioni della cute perilesionale; - i segni di colonizzazione/infezione, locali/sistemici; - il tempo di insorgenza dell’ulcera; - l’eziologia dell’ulcera; - le condizioni sociali ed abitative della persona; - l’aspetto psicologico/emotivo; - la presenza e grado di compliance; - la storia clinica relativa all’ulcera e al dolore (62).

Valutazione dell’intensità del dolore Uno dei momenti sicuramente dolorosi per il paziente è la medicazione dell’ulcera; va pertanto prevista una valutazione di routine del dolore prima e durante le fasi di medicazione, oltre che negli intervalli tra le medicazioni (61) (8). La valutazione del dolore deve essere fatta con scale validate da somministrare ai pazienti per definire l’intensità del loro dolore. Gli strumenti self report rappresentano la valutazione più appropriata per le persone con facoltà cognitive e verbali intatte. Nei pazienti impossibilitati a comunicare verbalmente, come coloro che soffrono di deficit cognitivi, è necessario l’uso di strumenti di valutazione del dolore fondati sulle emozioni, che comprendono un’ampia gamma di indicatori, quali espressioni facciali, movimenti corporei, pianti o altri segnali vocali. L’osservazione del paziente, secondo le indicazioni dell’American Geriatric Society (AGS 1998-2002), dovrebbe focalizzarsi sulle seguenti sei categorie di indicatori comportamentali:

o espressioni facciali che esprimono disagio, sofferenza, paura; o verbalizzazione, in particolare lamento, pianto, urlo; o movimenti corporei finalizzati all’assunzione di posizioni antalgiche o alla protezione di

parti del corpo; o modificazioni delle relazioni interpersonali; o modificazioni nelle abituali attività; o modificazioni dello stato mentale.

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Nei soggetti affetti da demenza rivestono particolare importanza le modificazioni delle relazioni interpersonali, delle abituali attività e dello stato mentale che si verificano nel breve periodo (ore o qualche giorno) che potrebbero essere indotte dalla presenza di dolore (63). La valutazione del dolore nel paziente portatore di ulcera cutanea, effettuata sistematicamente con scale di valutazione validate, deve considerare sia gli aspetti quantitativi, per determinare la presenza e l’intensità del dolore, sia gli aspetti qualitativi, per identificare le caratteristiche che possono condurre al meccanismo fisiopatologico determinante. Le Linee Guida dell’Associazione Italiana Ulcere Cutanee (AIUC) e dell’Associazione Infermieristica per lo Studio delle Lesioni Cutanee (AISLEC) suggeriscono, per la valutazione quantitativa, l’uso della scala NRS (Numeral Rating Scale) e per la valutazione qualitativa il McGillPain Questionnaire (Evidenza B). Come citato, nelle persone che non sono in grado di comunicare il loro disagio a causa di situazioni patologiche correlate, occorre utilizzare scale di valutazione di tipo osservazionale (62). L’Agency for Health Care Policy and Research raccomanda di eseguire su tutti i soggetti con ulcere da pressione la valutazione del dolore provocato dalle lesioni o dal loro trattamento. Misurare il dolore, valutando il suo andamento nel tempo in relazione ai trattamenti ricevuti, è indispensabile per programmare un trattamento analgesico adeguato. Controllo del dolore: il trattamento locale Si riportano di seguito le indicazioni delle Linee Guida AIUC-AISLEC (62): 1. in presenza di ulcera cutanea è importante utilizzare una medicazione che garantisca un ambiente umido, nell’interfaccia tra medicazione e letto della ferita, anche al fine di prevenire il dolore (Evidenza A). 2. In presenza di dolore da ulcera è necessario evidenziare la eventuale presenza di colonizzazione/infezione e considerare, in tal caso, l’utilizzo di una medicazione con antisettico come primo approccio terapeutico. Gli antisettici consigliati sono: argento, iodopovidone e clorexina (Evidenza A). 3. Sulle ulcere cutanee non bisogna utilizzare mai agenti colorati, come mercurocromo (merobromina), eosina, fuxina fenica (tintura rubra di Castellani), violetto di genziana (cristal violetto) o antisettici in forma liquida (Evidenza E). 4. E’ importante utilizzare una terapia antibiotica sistemica in presenza di infezione dell’ulcera con compromissione dell’ospite (presenza di febbre). La scelta dell’antibiotico, la via di somministrazione e i tempi di trattamento devono essere valutati sulla base delle condizioni cliniche della persona e dell’ulcera (Evidenza A). 5. In assenza di segni clinici di colonizzazione/infezione si suggerisce di considerare l’utilizzo topico di medicazioni con FANS, oppioidi o anestetici locali (Evidenza B). 6. Si raccomanda di prestare attenzione al paziente immunocompromesso nel quale possono essere attenuati i segni di infiammazione (Evidenza B). 7. In presenza di flogosi della cute perilesionale è consigliato:

- effettuare una terapia locale con steroidi per brevi periodi, al fine di ridurre lo stato irritativo-infiammatorio;

- utilizzare creme emollienti; - utilizzare antistaminici e/o cortisonici per os per ridurre il prurito, in fasi iperacute di

irritazione (Evidenza C). In presenza di flogosi della cute perilesionale è sconsigliato:

- utilizzare medicazioni avanzate occlusive, semiocclusive, adesive, antisettici liquidi, antibiotici locali (Evidenza C).

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Altri autori consigliano l’uso dei seguenti farmaci per il trattamento locale del dolore da ulcera da pressione (64):

- cerotti di lidocaina che riducono l’intensità del dolore e la sensibilizzazione periferica dei nocicettori; il tempo minimo di applicazione è di 60 minuti e i livelli sierici della lidocaina non sono tali da creare problemi cardiologici;

- per procedure di piccola chirurgia si può effettuare anestesia locale con emulsione di lidocaina al 2,5%, applicata sotto un bendaggio, per almeno 1 ora, oppure iniettata sottocute.

Controllo del dolore: il trattamento generale Si ritiene importante, prima di procedere alla scelta del trattamento sistemico, effettuare una appropriata diagnosi del dolore. Al riguardo, la prescrizione del farmaco deve considerare i seguenti aspetti:

- la persona nella sua globalità; - i possibili effetti secondari; - i potenziali effetti favorevoli o sfavorevoli sulle comorbilità; - la necessità di un effetto analgesico rapido.

Le Linee Guida AIUC – AISLEC raccomandano, nel dolore acuto o limitato nel tempo, di seguire le indicazioni della scala analgesica della WHO (World Health Organization, 1996 – 1998), elaborata dall’OMS, basandosi sull’intensità del sintomo dolore, per la scelta del gradino terapeutico appropriato (Evidenza A) (62). Il trattamento del dolore lieve sarà basato sui farmaci non oppioidi con o senza adiuvanti (primo gradino). Il trattamento del dolore moderato si orienterà sugli oppioidi deboli, con o senza adiuvanti (secondo gradino) e quello del dolore severo sugli oppioidi maggiori, con o senza adiuvanti (terzo gradino). La somministrazione dei farmaci andrà programmata, in modo da praticare interventi dolorosi, solo dopo l’insorgenza dell’effetto analgesico. Nel dolore persistente o cronico i farmaci vanno somministrati a orario fisso, riservando l’uso al bisogno solo per la copertura di riacutizzazioni dolorose, e preferibilmente per via orale, personalizzando il trattamento alle caratteristiche del paziente. Sono da considerare farmaci di seconda scelta i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), a causa dell’allungamento del tempo di sanguinamento che provocano e della relativa frequenza di sanguinamenti gastrici che inducono, specie in assistiti anziani in precarie condizioni fisiche. Le sindromi dolorose croniche a prevalente componente neuropatica, non responsive a trattamenti tradizionali, possono richiedere un trattamento con anestetici locali e farmaci antiepilettici o antidepressivi (61). Gli oppioidi o gli anti infiammatori non steroidei potrebbero essere somministrati 30 minuti prima del cambio della medicazione e dopo gli interventi (8). Si raccomanda di non utilizzare i FANS per trattamenti prolungati (Evidenza E) (62). L’utilizzo degli oppioidi è raccomandato in caso di:

- dolore moderato-forte; - trattamenti prolungati; - controindicazioni/insuccesso all’utilizzo dei FANS (Evidenza A) (62).

E’ raccomandata la prevenzione di nausea, stipsi ed effetti secondari comuni degli oppioidi, con una precoce gestione dei sintomi (Evidenza B) (62). Si raccomanda, inoltre, di considerare l’uso dei farmaci oppioidi, deboli e forti, in diverse formulazioni e vie di somministrazione, al posto dei FANS. In particolare si invita ad utilizzare la Codeina o il Tramadolo per le algie croniche di grado moderato, l’Ossicodone e la Morfina per le sindromi algiche di grado moderato/forte.

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In caso di componente neurogena si raccomanda l’uso di Tramadolo (algie di grado moderato) o di Ossicodone (algie di grado moderato/forte), da soli o in associazione a farmaci adiuvanti (Evidenza B) (62). In particolari situazioni cliniche, caratterizzate dalla resistenza ai trattamenti farmacologici citati, è necessario effettuare un approfondimento diagnostico specialistico, considerando l’utilizzo di misure analgesiche avanzate quali procedure loco regionali, sia perilesionali che periferiche o tronculari (Evidenza B). E’ utile utilizzare farmaci adiuvanti per migliorare la performance degli analgesici, considerando la complessità del quadro clinico generale che va opportunamente indagato anche sul versante psichico (Evidenza B) (62). L’approccio assistenziale per il contenimento del dolore Il cambio della medicazione (specie in presenza di tessuto di granulazione) (65), così come lo sbrigliamento dell’ulcera, possono essere fonte di sofferenza per la persona (4). È evidente che la valutazione del dolore, la ricerca di appropriate modalità di intervento e la scelta di medicazioni non traumatizzanti rivestono un’importanza fondamentale (65). L’operatore sanitario dovrebbe cercare di evitare disagi al paziente o fare in modo di alleviarlo; al riguardo è importante effettuare una differenziazione tra dolore eziologico della lesione, e quello iatrogeno causato dal cambio della medicazione. Le manipolazioni ripetute delle lesioni dovute al cambio di medicazione possono essere la causa di ulteriori stimoli dolorosi. Durante il cambio di medicazione il soggetto può avvertire qualsiasi stimolo come doloroso (allodinia). L’alterazione dei nervi determinata dal danno tissutale può portare il soggetto ad avvertire sensazioni dolorose indipendentemente dall’intensità degli stimoli (dolore neuropatico); stimoli leggeri, come ad esempio modificazione della temperatura o spostamento dell’aria, possono generare sensazioni dolorose intense. In presenza di danno tissutale profondo con distruzione dei recettori nervosi l’intensità del dolore generalmente diminuisce. La gestione del dolore può richiedere diversi interventi effettuati in contemporanea e dovrebbe valutare l’efficacia dell’intervento, apportando aggiustamenti basati sulle risposte verbali, relazionali e fisiche del soggetto (4). E’ stato riscontrato in vari studi che le medicazioni nei soggetti affetti da lesioni croniche vengono cambiate spesso, esacerbando il dolore sofferto. Il cambio della medicazione è considerata l’operazione più dolorosa nella cura delle lesioni; il dolore viene inoltre ulteriormente aggravato, quando la medicazione rimane adesa alla lesione, e la rimozione provoca lacerazione della cute. Altre cause del dolore sono rappresentate dallo sbrigliamento della crosta e del tessuto necrotico, l’applicazione di disinfettanti e le procedure di detersione delle lesioni. Nonostante il problema dolore sia riconosciuto viene spesso ignorato o non affrontato adeguatamente al momento del cambio di medicazione (4). Un corretto approccio assistenziale delle ulcere da pressione dovrebbe considerare i seguenti aspetti:

1. organizzare l'erogazione della cura, assicurandosi che sia coordinata con la somministrazione dei farmaci per il dolore ed effettuata con minime interruzioni. E’ importante fissare le priorità per il trattamento;

2. incoraggiare i pazienti a riferire il dolore durante ogni procedura attuata; 3. le medicazioni asciutte, come le garze e i prodotti aderenti, sono quelli che con più facilità

causano traumi e dolore al momento della sostituzione. L’utilizzo di medicazioni che rimangono adese alla ferita (es. garze) provocano la trasmissione di una quantità maggiore di informazioni sensoriali dolorose ai nervi recettori della cute. Occorre ridurre il dolore dell'ulcera da pressione tenendo il letto della ferita umido e coperto, usando una

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medicazione non-aderente. Al riguardo si precisa che l'escara stabile, asciutta, di solito non viene inumidita;

4. usare medicazioni che determinino dolore con minor frequenza e/o quelle che richiedono con molta probabilità minori cambi, come idrocolloidi, idrogel, alginati, schiume con membrane polimeriche, spugne, medicazioni morbide al silicone. Le medicazioni umide, infatti, non aderendo alla lesione vengono rimosse delicatamente minimizzando il dolore (4) (8) (65);

5. durante le procedure che generano dolore è bene invitare il paziente, se cosciente e lucido, a stabilire i tempi e le pause dell’operazione, eventualmente tramite segnali non verbali (per esempio un movimento della mano (61) (65);

6. al momento di intervenire toccare la lesione delicatamente tenendo presente che anche il più lieve contatto può provocare dolore;

7. evitare di traumatizzare i bordi della lesione (65); 8. il coinvolgimento del soggetto risulta essere un presupposto fondamentale per una buona

gestione del dolore; qualora le condizioni cliniche lo consentano è necessario che lo stesso venga sempre informato sulle procedure che saranno messe in atto (61).

9. Per una gestione globale del dolore da ulcera cutanea occorre considerare la cura del contesto relazionale ed ambientale, ed instaurare un rapporto empatico con la persona (62);

10. permettere al paziente di eseguire l’automedicazione; 11. spiegare al paziente cosa sarà fatto e quale metodo verrà utilizzato; 12. disporre il paziente in modo da minimizzare il disagio (postura comoda); 13. offrire ai pazienti collaboranti tecniche di distrazione (conversazione, televisione, musica,

aromi) e tecniche psicofisiologiche (respirazione profonda, tecnica immaginativa) durante i cambi di medicazione;

14. prevedere un’interruzione nell’esecuzione della medicazione se è presente dolore; 15. assicurare ai pazienti un sonno ed un riposo adeguato, in quanto la perdita di sonno riduce

la soglia del dolore e aumenta la risposta emotiva al dolore stesso; 16. eseguire la medicazione senza fretta; 17. rispettare l’orario concordato; 18. preparare tutto il materiale necessario per non doversi assentare durante l’esecuzione delle

procedure (62); 19. invitare il paziente a concordare i tempi della medicazione offrendogli delle pause; 20. interrompere l’intervento se il paziente si preoccupa di non riuscire a comunicare,

stabilendo un segnale (4). Cause di dolore e misure preventive Nella tabella 22 sono indicate le cause più frequenti di dolore durante il trattamento di un’ ulcera da pressione e le possibili misure preventive per il contenimento dello stesso (4).

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Tabella 22: Cause di dolore e misure preventive

Cause di dolore Misure preventive

Essicazione della medicazione Effettuare il bagno della medicazione prima della sua

rimozione

Aderenza della medicazione alla lesione e utilizzo di prodotti traumatizzanti

Utilizzare medicazioni non traumatizzanti che provochino minimo dolore al momento della rimozione quali:

schiume, idrocolloidi, idrogel, idrofibre, alginati e siliconi morbidi ed in grado di permanere in situ il più a lungo

possibile e ridurre il numero dei cambi necessari.

Uso di medicazione non idonea al tipo di lesione

Cambiare tipo di medicazione se al momento della rimozione il paziente riferisce dolore e sono manifesti

segni di sanguinamento o traumi alla lesione o alla cute circostante e se al momento della sostituzione è stato

necessario bagnarla preventivamente.

Detersione e cura della lesione

Riscaldare i prodotti per la detersione prima del loro utilizzo (temperatura ideale 37 °C).

Irrigare la lesione con bassa pressione (modalità ideale a caduta).

Toccare la lesione delicatamente e il minor numero di volte possibile.

Evitare di esporre la lesione a correnti d’aria e/o all’esposizione prolungata.

Eliminazione del tessuto necrotico

Privilegiare l’uso di prodotti enzimatici o idrogel per favorire la detersione della lesione.

Effettuare un’analgesia di copertura, in caso di toilette chirurgica

Fattori psicologici ed emotivi

Parlare alla persona della possibilità di provare dolore ed individuare ciò che la persona considera come causa di dolore. Stabilire un segnale che indichi la sospensione

momentanea della pratica Si ritiene inoltre necessario:

1. usare un sollevatore o un telo ad alto scorrimento per minimizzare la frizione e/o le forze di taglio quando si riposiziona un individuo, mantenere lisce le traverse del letto;

2. ogni qualvolta sia possibile sarebbe opportuno non posizionare l'individuo sull'ulcera da pressione;

3. evitare posture che aumentano la pressione, come la posizione di Fowler con un’angolazione maggiore di 30° o la posizione laterale a 90° o la posizione semi-sdraiata;

4. minimizzare il dolore dell'ulcera da pressione maneggiando tutte le ferite dolcemente, lavando e non strofinando inutilmente durante la detersione, proteggendo la cute perilesionale (8).

Non controllare il dolore può significare: - ridurre la mobilità del paziente; - favorire lo sviluppo di una limitazione funzionale permanente (complicanze muscolo tendinee e

osteoarticolari da immobilità); - aggravare le lesioni.

Una precoce mobilizzazione e riattivazione della persona, consente di interrompere il circolo vizioso esistente tra dolore, immobilità e ulcere da pressione (64).

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Programmi di formazione e miglioramento della qualità dell’assistenza Le Linee Guida della Registered Nurses’Association of Ontario (RNAO) (66)(67) forniscono indicazioni in merito ai programmi di formazione, finalizzati ad una corretta gestione delle ulcere da pressione: - prevedere l’organizzazione e la realizzazione di giornate formative specifiche, accreditate per

operatori sanitari e assistenziali, che forniscano programmi educativi completi per la prevenzione delle ulcere da pressione e le loro recidive e per l’applicazione di protocolli di trattamento efficaci, finalizzati alla promozione della guarigione. Sarebbe auspicabile che gli incontri formativi, fossero organizzati per gruppi di 25-30 operatori, afferenti a strutture diverse, al fine di favorire la partecipazione e lo scambio delle informazioni. Utile la predisposizione di depliant/brochure, contenenti i principali remaind (scala di valutazione del rischio di sviluppo di ulcere da pressione, valutazione delle lesioni, criteri per l’assegnazione delle superfici di supporto) per infermieri e operatori assistenziali, al fine di favorire l’immediato accesso alle informazioni.

- sviluppare programmi educativi che si rivolgano in modo appropriato ai pazienti, ai famigliari, e ai caregiver. Le informazioni dovrebbero essere presentate con modalità appropriate alla tipologia di pubblico cui ci si rivolge, al fine di consentirne le comprensione e facilitarne l’applicazione pratica.

- l’elaborazione di un programma formativo, dovrebbe includere le seguenti informazioni concernenti il trattamento delle ulcere da pressione: o ruolo del team multidisciplinare; o eziologia e meccanismi patogenetici; o fattori di rischio; o programmi individualizzati per la cura della cute, qualità di vita e gestione del dolore; o terminologia univoca per effettuare la stadiazione della lesione, in base a specifici sistemi di

classificazione; o necessità di accurata, costante e uniforme valutazione, descrizione e documentazione

dell’estensione del danno tessutale; o principi riguardanti la guarigione delle lesioni; o principi riguardanti la detersione, sbrigliamento e controllo dell’infezione; o principi riguardanti il supporto nutrizionale relativamente all’integrità dei tessuti; o selezione dei prodotti, in merito a superfici di supporto, medicazioni, prodotti antibatterici; o principi riguardanti la gestione della pressione; o principi di educazione del paziente relativi alla prevenzione, al fine di limitare la comparsa

di recidive. A

Le Linee Guida AIUC-AISLEC promuovono l’istituzione di specifici programmi, atti alla formazione degli operatori sanitari che si occupano di ulcere da pressione, in relazione alle migliori pratiche di prevenzione, misurazione e trattamento del dolore. I programmi educativi devono consentire l’acquisizione di conoscenze, abilità, atteggiamenti corretti da parte dei professionisti, per quanto riguarda la valutazione e la gestione del dolore, anche al fine di garantire un supporto per l’applicazione di nuove pratiche (Evidenza B) (62).

Nella tabella 23 sono citate le raccomandazioni dell’Agency for Health Care Research and Quality (AHRQ), relative al corretto approccio per lo sviluppo dei programmi di educazione sanitaria.

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Tabella 23: Raccomandazioni AHRQ per i programmi di educazione sanitaria

RACCOMANDAZIONI AHRQ Strutturazione e organizzazione di programmi educativi completi per la

prevenzione delle lesioni da decubito, diretti a tutti gli operatori sanitari, ai pazienti, ai loro famigliari ed ai prestatori di cura (Evidenza A)

Il programma educativo per la prevenzione di lesioni da decubito dovrebbe comprendere informazioni riguardanti i seguenti aspetti: � eziologia e fattori di rischio per le lesioni da decubito � strumenti di valutazione del rischio e loro applicazione

� valutazione della cute � scelta e/o uso di sistemi di supporto

� sviluppo ed attuazione di un programma personalizzato di cura della cute � dimostrazione delle tecniche di posizionamento per ridurre il rischio di

cedimento del tessuto � istruzione sulla documentazione accurata dei dati pertinenti

Il programma educativo dovrebbe identificare i responsabili della prevenzione di lesioni da decubito, descrivere il ruolo di ciascuno di essi ed essere adeguato al suo

pubblico in termini di livello dell'informazione presentata e di partecipazione prevista. Il programma educativo dovrebbe essere aggiornato regolarmente al fine di

incorporare tecnologie e tecniche nuove e già in uso (Evidenza C) I programmi educativi dovrebbero essere sviluppati, attuati e valutati usando principi

di apprendimento degli adulti (Evidenza C)

Nei programmi educativi rivolti agli operatori è importante inoltre focalizzare l’attenzione sul mantenimento/recupero dell’autonomia della persona a rischio, evitando l’utilizzo sistematico di pannoloni per l’incontinenza e favorendo la persona autosufficiente, nell’espletamento delle attività di vita quotidiana. Al fine di perseguire il miglioramento della qualità dell’assistenza, le Linee Guida della Registered Nurses’Association of Ontario (RNAO) suggeriscono (66)(67)

:

- di garantire la disponibilità, nei diversi contesti assistenziali, di risorse per l’assistito e per il personale, quali appropriati prodotti idratanti cutanei, prodotti con effetto barriera, medicazioni, sistemi di documentazione, accesso ad ausili\presidi e a clinici esperti;

- di inserire nelle procedure per l’individuazione dei fornitori (Decreto Leg. 231/01) che questi siano regolarmente registrati come professionisti della salute;

- predisporre, nelle schede di accoglienza/inserimento dei nuovi ospiti ed in caso di trasferimento/dimissione, una sezione specifica per le lesioni da pressione, al fine di favorire il “continuum assistenziale”.

Si ritiene inoltre utile: - prevedere nel Progetto Assistenziale Individualizzato (PAI) una sezione specifica per la

valutazione e la gestione dell’ulcera da pressione, così da favorire il confronto all’interno del team multidisciplinare, al fine del miglioramento continuo della qualità;

- programmare un progetto di ricerca per il monitoraggio della qualità dell’assistenza; si potrebbe prevedere ad esempio uno studio di prevalenza, prima di introdurre le LG/raccomandazioni aziendali, ed uno a distanza di 6-12 mesi.

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I costi dell’assistenza I costi delle cure e della prevenzione delle ulcere da pressione, sono in gran parte non conosciuti, probabilmente a causa del fatto che si tratta di una condizione in gran parte secondaria ad altre patologie. Nel 1993, il governo britannico ha commissionato allo studio Touche-Ross, atto a fornire un preventivo dei costi che il SSN inglese sosteneva, per la cura delle ulcere da pressione (68). La valutazione dei dati disponibili ha indotto ad ipotizzare un costo teorico di prevenzione e di trattamento delle ulcere da pressione, in un setting ospedaliero, su una media di 600 posti letto. Diversi modelli sono stati proposti, a seconda che l'ospedale fosse ad alto o a basso costo, e a seconda che vi fosse una strategia di prevenzione attiva con trattamento, o il solo trattamento. Le stime finali hanno indicato costi variabili, per il solo trattamento delle ulcere da pressione, da 901.000 € /anno, a 1.614.000 €/anno (dati del 1993). La relazione finale dello studio evidenziava che il costo della prevenzione e del trattamento delle ulcere da pressione, sarebbe costata al servizio sanitario britannico, circa il 0,4-0,8% del totale del bilancio economico annuo. Si precisa in merito che si trattava di costi stimati in setting per acuti (ospedale); lo studio non è stato in grado di quantificare e di stimare i costi per il domicilio ed altri setting di cura del territorio. Uno studio più globale del costo delle ulcere da pressione è stato effettuato nei Paesi Bassi, ed ha analizzato i costi della cura effettuata in assistenza domiciliare, in RSA, negli ospedali generali e universitari (69)(70). I dati sono stati elaborati con il parere delle società scientifiche olandesi al fine di determinare il tempo del personale necessario, i giorni supplementari di cura, l'uso di letti speciali e del materiale sanitario. Si è rilevato che i costi variavano al variare del setting di cura. I costi giornalieri delle ulcere da pressione di stadio II° sono risultati maggiori se trattati in un ospedale universitario (da € 1,6 a € 110,2), minori se trattati negli ospedali generali (da € 23,7 a € 25,1 - con fattore di conversione € 1 = US $ 1,3). L'assistenza domiciliare ha comportato costi simili a quelli degli ospedali universitari. Gli autori hanno stimato costi annuali di gestione delle ulcere da pressione, compresi in un range tra 371 milioni di euro/anno e 1.695 milioni di euro/anno, per un paese con una popolazione di appena 16,5 milioni, ovvero l'1% del bilancio della sanità olandese (70)

.

Nel Regno Unito è stato sviluppato più recentemente un modello di costi sulle ulcere da pressione, che ha adottato un approccio più epidemiologico. Tale studio ha esaminato diversi stati di salute per le ulcere da pressione, ovvero la guarigione normale, la colonizzazione batterica e l’osteomielite. Ad ogni stato di salute relativo ad un grado di ulcera, è stato attribuito un costo, in considerazione delle prove di ricerca e/o del parere degli esperti. Il costo medio di guarigione dell'ulcera da pressione, relativa alla stadiazione, è stato stimato essere pari a € 1.489 per il I° stadio, € 6.162 per il II° stadio, € 10.238 per il III° stadio e € 14.771 per il IV° stadio. Nel Regno Unito, su una popolazione di 60 milioni di persone, l’incidenza annuale (nuovi casi) è stata stimata in 140 mila casi per le lesioni di I° stadio, 170 mila casi per il II° stadio, in 50 mila casi per il III° stadio e 50 mila casi per il IV° stadio. In assistenza domiciliare il dato era risultato simile sia in relazione al numero dei casi, che alla combinazione dei costi medi stimato pari a 214 milioni di euro per il I° stadio, 1.047 milioni di euro per il II° stadio, 544 milioni di euro per il III° stadio e 670 milioni di euro per il IV° stadio, per un costo totale di tutte le ulcere da pressione di 2.473 milioni di euro. Ciò equivale a circa 2,6% del budget totale del SSN Britannico. Come previsto, il maggior costo (90%) è stato associato con il tempo di assistenza infermieristica.

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I costi per gli antibiotici, le medicazioni e le attrezzature antidecubito, sono risultati relativamente bassi (71). Un altro studio è stato effettuato per calcolare il costo delle ulcere da pressione, in relazione al tempo di guarigione. Al riguardo, sono state trattate 45 ulcere, per un totale di 5.200 giorni di assistenza, ad un costo totale pari a $ 122.887. Il costo medio per lesione era di $ 2.731 (72). Altri autori hanno dimostrato che un paziente che sviluppa un’ulcera da pressione in ospedale ha una durata media di degenza di due giorni in più, con un incremento di costi di $ 1.500, rispetto ai pazienti che non hanno sviluppato lesioni. Questo dato economico non comprende i costi relativi al trattamento (73). L’instaurarsi di un’ulcera da pressione durante un ricovero ospedaliero determina un incremento del tempo di assistenza infermieristica, con conseguente aumento dei costi. Le ulcere da pressione indagate in ambiente sanitario comportano un aumento dei costi medi, compresi tra $ 1.119 e $ 10.185 per trattamento, mentre la gestione delle ferite gravi, può costare sino a $ 55.000 (73). Anche se il costo della prevenzione delle ulcere da pressione rimane sfuggente, i costi associati al loro trattamento sono stati stimati in misura variabile da $ 500 a $ 50.000 per ulcera, con costi maggiori per i pazienti con lesioni più gravi. Questi ultimi, infatti, sono risultati significativamente più costosi da gestire rispetto a quelli con ulcere in stadio di minor gravità. Attualmente circa 1,5-3 milioni di adulti soffrono di ulcere da pressione (75). Di grande rilevanza sono gli studi che dimostrano che “i costi relativi alla prevenzione, sono inferiori al costo del trattamento per le ulcere da decubito”. Tali studi affermano, inoltre, che l'intensità delle misure preventive applicate deve considerare il livello di rischio relativo allo sviluppo dell’ ulcera, al fine di giustificarne i costi (76).

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Allegato 1. Le Scale di Valutazione delle Ulcere da Pressione

La valutazione del rischio La valutazione del rischio di poter sviluppare lesioni da pressione è l'elemento base per la pianificazione dell'assistenza infermieristica, orientata principalmente alla prevenzione. La misurazione del rischio fornisce inoltre informazioni che aiutano l'infermiere e, in senso più allargato l'équipe o il team di cura, a dimensionare correttamente i tempi assistenziali da garantire alla persona, necessari per prevenire l'insorgenza delle ulcere da pressione. La valutazione iniziale del rischio permette di procedere al successivo monitoraggio e alla rivalutazione periodica; in tal modo, risulta possibile verificare l'efficacia degli interventi assistenziali. Le associazioni infermieristiche scientifiche che si occupano di questo settore, sia in ambito nazionale che internazionale, raccomandano di valutare il rischio di sviluppare ulcere in tutti gli utenti che non sono in grado di muoversi autonomamente, allettati o costretti in carrozzina. Viene anche consigliato di considerare nella valutazione altri fattori che, se presenti, aumentano il rischio quali: l'incontinenza sfinterica, l'immobilità, la malnutrizione, la situazione dello stato mentale. Tutti le persone che presentano uno o più fattori di rischio, devono quindi essere valutati al momento della presa in carico e nel corso delle verifiche periodiche. E’ bene ricordare che le responsabilità penale, amministrativa e disciplinare, per la prevenzione e il trattamento delle ulcere da pressione, ricadono sull’infermiere, in seguito all’abrogazione del “Mansionario” (DPR n. 225 del 14.03.1974), all’approvazione del DM n. 739 del 14.07.1994 e a quella della Legge n. 42 del 26.02.1999. Pertanto, in base al processo di nursing, ogni infermiere ha “l’obbligo dei mezzi”, per evitare l’insorgenza di lesioni da pressione. Nel momento in cui una persona giunge alla nostra osservazione è indispensabile procedere alla sua valutazione, che può essere fatta in modo formalizzato (cartella infermieristica), in modo informale (scheda di valutazione) o in modo soggettivo (analisi individuale). Il metodo migliore per la valutazione della persona, che costituisce la base per la stesura del piano assistenziale individualizzato, è quello di analizzare il soggetto attraverso “indici di valutazione” ben definiti e precostituiti, eliminando la soggettività che può derivare da valutazioni personali. L’uso di scale di valutazione per l’identificazione del rischio di contrarre ulcere da pressione rappresenta un mezzo efficace per utilizzare al meglio le risorse, ottenendo il miglior rapporto costo/beneficio. Si precisa che nessuno strumento è stato costruito secondo modelli statistici, che permettono di scegliere e pesare i fattori più predittivi d’insorgenza di una lesione. Tuttavia, sebbene non sia possibile affermare scientificamente che la capacità predittiva di una scala sia superiore alla valutazione clinica, il suo impiego consente di valutare in modo sistematico l’importanza dei possibili fattori di rischio. Qualunque sia la scala di valutazione adottata non dirà mai se quell’individuo svilupperà nel futuro ulcere da pressione, ma indicherà che un individuo, piuttosto che un altro, è più “a rischio” di contrarre lesioni, permettendo di focalizzare meglio le attenzioni e le risorse. Non tutte le scale di valutazione vanno bene per qualsiasi setting di cura; in genere i setting di lungodegenza o con persone affette da patologie croniche conseguono buoni risultati con la scala di Braden e di Norton, mentre nei reparti ospedalieri, in cui vi sono persone affette da patologie acute, si utilizzano più agevolmente la scala di Waterlow o di Knoll. Per concentrare gli interventi di prevenzione sui soggetti che hanno una maggiore probabilità di sviluppare lesioni da pressione è necessario, quindi, individuare i pazienti effettivamente a rischio.

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La valutazione del rischio deve essere effettuata al momento dell’inserimento della persona in struttura. Si consiglia di aggiornare la valutazione ogni settimana ed ogni qualvolta si modifichino le condizioni cliniche della persona. Per ottenere un elevato grado di oggettività nell’utilizzo degli strumenti di valutazione, si raccomanda di prevedere dei percorsi formativi per tutti gli operatori sanitari coinvolti. In questo allegato sono considerate le seguenti scale di valutazione: BRADEN (1987), NORTON (1962), NORTON PLUS (1975), NORTON MODIFICATA (1985), WATERLOW (1985), KNOLL (1975).

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SCALA DI BRADEN (Bergstrom, Braden et al., 1987) La Scala di Braden considera i seguenti indicatori:

1. percezione sensoriale, 2. umidità, 3. attività fisica, 4. mobilità, 5. nutrizione, 6. frizione e scivolamento.

A ciascuno di questi indicatori viene attribuito un punteggio da 1 (elevata compromissione) a 4 (assenza di compromissione) con eccezione della frizione/trazione che prevede un punteggio da 1 (frequente) a 3 (assente). La somma dei punteggi di ciascun item, determina il punteggio totale della Scala di Braden (range 6÷23): il punteggio relativo al soggetto a massimo rischio è 6; il punteggio che corrisponde al rischio minimo è 23. Il cut-off per il rischio di lesione è 16. Per l’interpretazione del punteggio, è proposta la seguente classificazione:

>18 = assenza di rischio

18 – 16 = basso rischio

15 – 13 = rischio moderato

<13 = rischio elevato

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INDICATORI VARIABILI

PUNT. = 4 PUNT. = 3 PUNT. = 2 PUNT. = 1 PERCEZIONE SENSORIALE

Abilità a rispondere in modo corretto alla

sensazione di disagio correlata alla pressione

Non limitata Risponde agli ordini

verbali. Non ha deficit sensoriale che limiti la capacità di sentire ed

esprimere il dolore o il disagio

Leggermente limitata Risponde agli ordini verbali ma non può

comunicare sempre il suo disagio o il bisogno di

cambiare posizione oppure

Ha impedimento al sensorio che limita la capacità di avvertire il

dolore o il disagio in 1 o 2 estremità

Molto limitata Risponde solo agli stimoli

dolorosi. Non può comunicare il proprio disagio se non gemendo e agitandosi

oppure Ha impedimento al sensorio che limita la percezione del

dolore o disagio almeno per la metà del corpo

Completamente limitata Non vi è risposta (non geme, non si contrae o afferra) allo stimolo doloroso, a causa

del diminuito livello di coscienza o alla sedazione

oppure Limitata capacità di

percepire dolore in molte zone del corpo

UMIDITA’ Grado di esposizione della pelle all’umidità

Raramente bagnato La pelle è abitualmente asciutta. Le lenzuola

sono cambiate ad intervalli di routine

Occasionalmente bagnato La pelle è occasionalmente umida. Richiede un cambio di lenzuola extra 1 volta al

giorno

Spesso bagnato Pelle sovente ma non sempre umida. Le lenzuola devono essere cambiate almeno 1

volta per turno

Costantemente bagnato La pelle è mantenuta

costantemente umida dalla traspirazione, dall’urina,

ecc. Ogni volta che il soggetto si muove o si gira

lo si trova bagnato ATTIVITA’

Grado di attività fisica Cammina

frequentemente Cammina al di fuori

della camera almeno due volte al giorno e dentro la camera 1 volta ogni

due ore (al di fuori delle ore del riposo)

Cammina occasionalmente Cammina occasionalmente

durante il giorno ma per brevi distanze con o senza aiuto. Trascorre la maggior parte di ogni turno a letto o

sulla sedia.

In poltrona Capacità di camminare severamente limitata o

inesistente. Non mantiene la posizione eretta e/o deve

essere assistito nello spostamento sulla sedia o

sulla sedia a rotelle

Completamente immobile Costretto a letto

MOBILITA’ Capacità di cambiare e

di controllare le posizioni del corpo

Limitazioni assenti Si sposta frequentemente

e senza assistenza

Parzialmente limitata Cambia frequentemente la

posizione con minimi spostamenti del corpo

Molto limitata Cambia occasionalmente

posizione del corpo o delle estremità, ma è incapace di fare frequenti o significativi cambiamenti di posizione

senza aiuto

Completamente immobile Non può fare alcun

cambiamento di posizione senza assistenza

NUTRIZIONE Assunzione usuale del

cibo

Eccellente Mangia la maggior parte del cibo. Non rifiuta mai

un pasto. Talvolta mangia tra i pasti. Non necessita di integratori

Adeguata Mangia più della metà dei pasti, 4 porzioni o più di

proteine al giorno. Usualmente assume

integratori oppure

Si alimenta artificialmente con TPN, assumendo il quantitativo nutrizionale

necessario

Probabilmente inadeguata Raramente mangia un pasto

completo, generalmente mangia la metà dei cibi

offerti. Le proteine assunte includono 3 porzioni di carne

o latticini al giorno, occasionalmente integratori

alimentari oppure Riceve meno quantità ottimale di dieta liquida o enterale (con

sondino)

Molto povera Non mangia mai un pasto

completo. Raramente mangia più di un terzo di qualsiasi cibo offerto 2 o

meno porzioni di proteine al giorno. Assume pochi

liquidi e nessun integratore oppure

E’ a digiuno o mantenuto con fleboclisi o beve

bevande per più di cinque giorni

FRIZIONE E SCIVOLAMENTO

Senza apparenti problemi Si sposta nel letto e sulla sedia in modo autonomo ed ha sufficiente forza

muscolare per sollevarsi completamente durante i

movimenti

Problema potenziale Si muove poco e necessita di assistenza minima. Durante lo spostamento la cute fa attrito con le lenzuola o con il piano

della poltrona, occasionalmente può slittare

Problema Richiede da una moderata ad una massima assistenza

nei movimenti. Frequentemente scivola nel

letto o nella poltrona. Frequentemente richiede riposizionamenti con la

massima assistenza. Sono presenti spasticità,

contratture, agitazione che causano costante attrito

contro il piano del letto o della poltrona

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SCALA DI NORTON (1962)

Per riconoscere i pazienti che hanno la maggiore probabilità di sviluppare ulcere da pressione, la Scala di Norton propone una relazione lineare tra punteggio ottenuto dalla valutazione della persona e lesioni da decubito. Nella scala vengono considerati i seguenti parametri:

1. la condizione fisica generale, 2. lo stato mentale, 3. la deambulazione, 4. la mobilità, 5. l'incontinenza urinaria e/o fecale.

Per ciascun parametro viene attribuito un punteggio variabile da 1 a 4. Il livello più elevato corrisponde ai migliori risultati osservati, mentre al punteggio più basso si correlano le condizioni peggiori. Un punteggio totale inferiore o uguale a 12, denota un elevato rischio di ulcere da pressione.

CONDIZIONE FISICA

STATO MENTALE DEAMBULAZIONE MOBILITA’ INCONTINENZA

BUONA 4

VIGILE 4

NORMALE 4

AUTONOMA 4

ASSENTE 4

MEDIOCRE 3

APATICO 3

CAMMINO CON AIUTO

3

RIDOTTA 3

SALTUARIA 3

SCADENTE 2

CONFUSO 2

COSTRETTO SULLA SEDIA

2

MOLTO LIMITATA

2

ABITUALE 2

MOLTO SCADENTE

1

INCOSCIENTE 1

COSTRETTO A LETTO 1

IMMOBILE 1

DOPPIA 1

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SCALA DI NORTON PLUS (1975)

Integrazione della Scala di Norton con altri parametri ed assegnazione di 1 punto ad ogni elemento di positività. Valori <10 indicano un rischio elevato Valori tra 10 e 14 = rischio medio Valori > 14 rischio nullo

Cognome Nome Data Buone: Condizioni cliniche stabili, appare sano e ben nutrito 4 Discrete: Condizioni cliniche stabili, integrità tissutale e stato nutrizionale compromessi

3

Scadenti: Condizioni cliniche instabili 2

Condizioni Generali Condizioni cliniche attuali

Pessime: Condizioni cliniche critiche 1 Lucido: Vigile e orientato 4 Apatico: Passivo, mancanza di motivazione 3 Confuso: Disorientato nel tempo e nello spazio 2

Stato Mentale Livello di coscienza e

orientamento Stuporoso: Non risponde agli stimoli di varia natura 1 Normale: Si alza e cammina da solo 4 Cammina con aiuto: Richiede assistenza di una persona 3 Costretto su sedia: Riesce soltanto a sedersi in poltrona 2

Deambulazione Capacità di camminare

Costretto a letto: Allettato 1 Piena: Indipendente nel movimento delle estremità 4 Moderatamente limitata: Necessita una minima assistenza 3 Molto limitata: Necessita una maggiore assistenza 2

Mobilità Capacità di muoversi nel

letto Immobile: Incapace di cambiare posizione 1 Assente: Non incontinente oppure incontinenza urinaria gestita con catetere vescicale

4

Occasionale: Sporadica incontinenza urinaria e/o fecale 3 Abituale urine: Incontinenza abituale di urine e occasionalmente di feci

2 Incontinenza

Controllo di feci e urine

Doppia: Totale incontinenza sia di urine sia di feci 1 Totale Punteggio A

Per determinare l’elemento “rischio” di lesioni da decubito verificare anche l’esistenza di: (attribuire 1 punto per ciascuna risposta SI) Data SI NO Diagnosi clinica di diabete Diagnosi clinica di ipertensione arteriosa Ematocrito basso (M:<41%) (F:<36%) Albuminemia < 3.3 g/dl Temperatura corporea > 37.6°C Modificazione dello stato mentale nelle ultime 24 ore con comparsa di confusione mentale o letargia

Totale Punteggio B Punteggio Scala NORTON PLUS Data Punteggio A-Punteggio B = punteggio finale Firma

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SCALA DI NORTON MODIFICATA SECONDO NANCY A. STOTTS (1985)

A ciascun indicatore (condizioni generali, stato mentale, deambulazione, mobilità, incontinenza) viene attribuito un punteggio da 1 (peggiore) a 4 (migliore); il rischio di sviluppare ulcere da pressione è lieve con un punteggio da 14 a 12 ed aumenta al decrescere del punteggio.

INDICATORI VARIABILI PUNT. = 1 PUNT. = 2 PUNT. = 3 PUNT. = 4

CONDIZIONI GENERALI

Livelli di assistenza per ADL, cioè relativi a cure igieniche, alimentazione, medicazioni,

movimenti

Pessime

Totalmente dipendenti su tutte le

ADL

Scadenti

Richiede assistenza per più ADL

Discrete

Necessita assistenza per alcune ADL

Buone

Abile ad eseguire le proprie ADL

STATO MENTALE

Risponde alle domande verbali relative al tempo, spazio e persone in modo

soddisfacente e veloce

Stuporoso

Totalmente disorientato. La

risposta può essere lenta o rapida. Il

soggetto potrebbe essere in stato

comatoso

Confuso

Parzialmente orientato nel tempo, spazio, persone. La risposta può essere

rapida

Apatico

Orientato nel tempo, spazio e

nelle persone, con una ripetizione della domanda

Lucido

Orientato nel tempo, spazio e

persone. Risposta rapida

DEAMBULAZIONE

Distanza e indipendenza nella deambulazione

Costretto a letto

Confinato a letto per tutte le 24 ore

Costretto su sedia

Cammina o si muove soltanto su

sedia

Cammina con aiuto

Deambula fino a quando è affaticato.

Richiede l’assistenza di una

persona per la deambulazione.

Può usare anche un presidio

Normale

Deambula fino a quando è affaticato.

Cammina da solo o con l’ausilio di

presidi

MOBILITA’

Quantità e controllo del movimento di una parte del

corpo

Immobile

Non ha indipendenza nel movimento o controllo delle

estremità. Richiede assistenza per il

movimento dio ogni estremità

Molto limitata

Limitata indipendenza ai movimenti e al controllo delle

estremità. Richiede una maggior assistenza di

un’altra persona. Può o non può

usare un presidio

Moderatamente limitata

Può usare e

controllare le estremità con la

minima assistenza di un’altra persona.

Può o non può usare un presidio

Piena

Può muovere e controllare le

estremità come vuole. Può o non

può usare un presidio

INCONTINENZA

Valutazione dell’insufficienza del controllo di urine e feci

Doppia

Totale incontinenza di urine e feci

Abituale urine

Incontinenza di urine più di 2

volte/die ma non sempre, e/o feci 2-3

volte/die ma non sempre

Occasionale

Incontinenza di urine 1-2 volte/die e/o feci 1 volta/die

Assente

Non incontinente di urine e/o feci.

Può avere un catetere

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SCALA DI WATERLOW (1985) I punteggi vanno rilevati come da tabella e successivamente sommati; possono essere usati più punti per categoria. STRUTTURA/PESO

PER ALTEZZA TIPO DI CUTE

AREE A RISCHIO VISIBILI

SESSO ETA’ RISCHI PARTICOLARI

Medio

Sopra la media

Obeso

Sotto la media

0

1

2

3

Indenne

Pelle incartapecorita

Disidratata

Edematosa

Freddo/Umido

Pallida

Lesioni di continuo

0

1

1

1

1

1

2

3

Maschio

Femmina

14-49

50-64

65-74

75-80

81+

0

2

1

2

3

4

5

MALNUTRIZIONE

Cachessia terminale

Insufficienza cardiaca

Patologie Vascolari Perif.

Anemia

Fumatori

8

5

5

2

1

CONTINENZA MOBILITA’ STATO

NUTRIZIONALE

DEFICIT NEUROLOGICI

Sempre cateterizzato

Occas. Incontinenza

Cateterizzato/incont.

alle feci

Incontinenza doppia

0

1

2

3

Completa

Agitata

Apatica

Limitata

Immobile / trazioni

Limitata, sedia a rotelle

0

1

2

3

4

5

Sufficiente

Insufficiente

Sondino/solo

Fluido

Anoressia/Nutriz. parenterale

0

1

2

3

Diabete, scl. multipla, ictus

Paraplegia sensitivo-motoria

4 6

GROSSI INTERVENTI CHIRURGICI/TRAUMI

Ortopedici dalla vita in giù Soggetti spinali Chirurgia addominale Permanenza su l tavolo operatorio > 2 ore

5 5 5

FARMACI

PUNTEGGIO SCALA da 10 a 14 = RISCHIO da 15 a 19 = ALTO RISCHIO da 20 = RISCHIO ALTISSIMO

Steroidi, citotossici Alte dosi di antinfiammatori

4 4

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SCALA DI KNOLL (1975)

Il punteggio massimo raggiungibile è pari a 33, ma già un valore numerico uguale o superiore a 12 è indice di rischio significativo.

Parametri 0 1 2 3 Punteggio

Stato di salute generale

Buono Discreto Scarso Compromesso

Vigile Letargico Semi

comatoso Comatoso

Stato di

coscienza Raddoppiare il punteggio

Attività Deambula Con aiuto Carrozzina Allettato Mobilità Completa Limitata Molto limitata Immobilizzato

Incontinenza Assente Occasionale Urinaria Doppia Alimentazione Buona Discreta Scarsa Non si alimenta

Assunzione liquidi per os

Buona Discreta Scarsa Assente

Malattie predisponenti:

Diabete, Neuropatie,

Malattie vascolari, Uremie

Assenti Lieve entità Moderata

entità Gravi

Punteggio totale

Bibliografia 1. Palestini L. Gestione delle malattie croniche ad alto impatto assistenziale sul territorio secondo il chronic care model, al fine di ridurre la disabilità, il ricorso inappropriato all’ospedalizzazione e di migliorare la qualità di vita del paziente e del caregiver. Manuale di istruzioni per il set minimo di scale. Azienda USL di Ferrara. Settembre 2010. Reperibile al sito: asr.regione.emilia-romagna.it 2. Favale A., Airoldi M.T. et al. Sistema delle Cure Domiciliari ASL Milano 1. ADI VOUCHER Socio Sanitario. Manuale operativo 2011. 3. Galleazzi M., Scalise M.T., Ippolito A.M. Lesioni da decubito prevenzione e trattamento. Edizioni Minerva Medica 2012. 4. Unità Sanitaria Locale 2 dell’Umbria, Università degli Studi di Perugia, Azienda Ospedaliera di Perugia. Linee Guida per la Prevenzione e la Cura delle Lesioni da Pressione, Giugno 2006. Reperibile al sito: www.ausl2.umbria.it 5. Servizio Sanitario Regionale Emilia-Romagna. Azienda Ospedaliera Università di Bologna Policlinico S. Orsola-Malpighi. Azienda USL di Bologna. Linee Guida Prevenzione e Trattamento delle Lesioni da Pressione, Febbraio 2010. Reperibile al sito: www.evidencebasednursing.it 6. Wasson H. Sox et al. Clinical prediction rules. N. Egland J. med. 313:793-97. Towey A., Shirley m. Validity and reliability of an assessment tool for pressure ulcer risk. Decubitus 5-7. 7. Meehan M. National Pressure Ulcer Prevalences Survey Advances in Wound Care 7-3. 8. Hergenroeder P., Mosher C., Sevo D. Pressure ulcer risk assessment simple or complex? Decubitus 5-7. 9. Flanagan M. Predicting pressure sore risk. J. of district Nursing, March 1991. 10. Braden b., Bergstrom N. clinical utility of the Braden scale for predicting pressure sore risk. Decubitus 2-3. 11. Aronovich S. Investigation of the Knoll assessment scale in a tertiary care facility. Decubitus 5-3. 12. Wound Care society. Pressure sore development and prevention: educational leaflet n. 3. 13. Cremonese A. La piaga delle piaghe. Corriere della Sera, suppl. Salute. Gennaio 1996. 14. Wasson H. Sox et al. Clinical prediction rules. N. Egland J. Med. 313:793-9. 15. Towey A., Shirley M. Validity and reliability of an assessment tool for pressure ulcer risk. Decubitus 5-7. 16. Meehan M. National Pressure Ulcer Prevalences Survey. Advances in Wound Care 7-3.

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17. Hergenroeder P., Mosher C., Sevo D. Pressure ulcer risk assessment simple or complex? Decubitus 5-7. 18. Flanagan M. Predicting pressure sore risk. J. of district Nursing, March 1991. 19. Braden B., Bergstrom N. Clinical utility of the Braden scale for predicting pressure sore risk. Decubitus 2-3. 20. Aronovitch S. Investigation of the Knoll assessment scale in a tertiary care facility. Decubitus 5-3. 21. Wound Care Society. Pressure sore development and prevention: educational leaflet n°3. 22. Cremonese A. La piaga delle piaghe. Corriere della Sera, suppl. Salute, Gennaio 1996. 23. ASL Salerno1. Lesioni da decubito. Prevenzione e trattamento. Reperibile al sito: www.aslsa. 1.it

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Allegato 2. Strumenti e Parametri di Valutazione dello stato

Nutrizionale

VALUTAZIONE NUTRIZIONALE Mini Nutritional Assessmen t (MNA )

Cognome__________Nome__________Sesso___________Data___________Età__ Peso Kg___________Altezza cm__________ alt ginocchio cm_______________ Screening

a. Presenta una perdita dell’appetito? Ha mangiato meno negli ultimi tre mesi? (perdita dell’appetito, problemi digestivi, difficoltà di masticazione o deglutizione 0=anoressia grave 1=anoressia 2=nessuna perdita di peso �

b. Perdita di peso recente (<3Kg) 0= Perdita di peso >3Kg 1=non sa 2= perdita di peso tra 1-3Kg 3=nessuna anoressia �

c. Motricità 0=dal letto alla poltrona 1=autonomo al domicilio 2= esce di casa �

d. Nell’arco degli ultimi tre mesi: malattie acute o stress psicologici 0= si 1=no �

e. Problemi neuropsicologici 0=demenza o grave depressione 1=demenza omoderata depressione 2=nessun problema �

f. Indice di massa corporea 0= IMC<19 1=19<IMC<21 2= 21<IMC<23 3=IMC>23 �

Valutazione screening (totale parziale max 14 punti) 12 punti o più normale, nessuna necessità di continuare la valutazione 11 punti o meno possibilità di malnutrizione continui la valutazione Valutazione globale G. il paziente vive autonomamente a domicilio? 0= si 1=no � H. prende più di tre medicinali?

0= si 1=no � I.Presenza di decubiti, ulcere cutanee?

0= si 1=no � J. Quanti pasti completi (colazione, pranzo, cena, con più di due piatti) prende al giorno? 0=1 pasto 1=2 pasti 2=3pasti �

K. consuma almeno una volta al giorno dei prodotti caseari? Si No Consuma una o due volte la settimana uova o legumi? Si No Consumaogni giorno della carne, del pesce o del pollame? Si No 0=1 pasto 1=2 pasti 2=3pasti ���� L . Consuma almeno due volte al giorno frutta o verdura?

0= no 1=si � M. quanti bicchieri beve al giorno? (acqua, succo, caffè, latte, vino..) 1.0= meno di tre bicchieri 0.5= da 3 a 5 bicchieri 1.0= più di 5 bicchieri � N. come si nutre? 0=necessita di assistenza 1=autonomamente con difficoltà 2=autonomamente senza difficoltà � O. il paziente si considera ben nutrito? (Ha problemi nutrizionali) 0=malnutrizione grave 1= malnutrizione moderata o non sa 2= nessun problema nutrizionale � P. il paziente considera il suo stato di salute migliore o peggiore di altre persone della sue età? 1.0= meno buono 0.5= non sa 1.0= uguale 2.0=migliore � Q. circonferenza brachiale (CB in cm) 1.0= CB <21 0.5= CB<21 CB<22 1.0= CB>22 � R. circonferenza del polpaccio (CP in cm) 0=CP<31 1=CP>31 � Valutazione globale (max 16 punti) Screening Valutazione Totale (max 30 punti) Valutazione dello stato nutrizionale SCORE Da 17 a 23,5 punti rischio di malnutrizione Meno di 17 punti cattivo stato nutrizionale

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MUST (Malnutrition Universal Screening Tool) – BAPEN

(the British Association for Parenteral and Enteral Nutrition), 2003

STEP 1 STEP 2 STEP 3 IMC + perdita di peso + effetti di malattia acuta

STEP 4 Valutazione globale del rischio di malnutrizione

STEP 5 Gestione

IMC (kg/m2) punteggio

>20(>30 obeso) 0 18,5-20,0 1 <18,5 2

decremento ponderale non intenzionale negli ultimi

3-6 mesi decremento % punteggio

< 5 0 5-10 1

> 10 2

se il paziente è affetto da una malattia acuta e si è

verificato o si prevede per almeno 5 giorni un introito nutrizionale insufficiente

punteggio = 2

sommare STEP 1 + STEP 2 + STEP 3

punteggio 0 punteggio 1 punteggio > 2

basso rischio di malnutrizione medio rischio di malnutrizione alto rischio di malnutrizione

Basso Rischio Assistenza routinaria

Ripetere lo screening

• In ospedale: settimanalmente

• In istituto: mensilmente

• Al domicilio: annualmente

Rischio Medio Osservare

Documentare l’introito nutrizionale per 3 giorni nei soggetti ricoverati

in ospedale o in istituto. Se l’introito nutrizionale è adeguato,

ripetere lo screening nei tempi descritti, se l’introito è inadeguato ricorrere alle linee guida specifiche

Ripetere lo screening

• In ospedale: settimanalmente

• In istituto: almeno mensilmente

• Al domicilio: almeno nei successivi 2-3 mesi

Alto rischio Trattare*

Consultare il dietista e il team di

supporto nutrizionale o implementare le linee guida.

Perfezionare e aumentare l’intake nutrizionale.

Monitorare e rivedere il piano di cura:

• In ospedale:

settimanalmente • In istituto: mensilmente • Al domicilio:

mensilmente *(a meno che il supporto nutrizionale non abbia benefici o sia dannoso)

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ALGORITMO per la valutazione dello stato nutrizionale nel paziente in terapia nutrizionale di supporto

Nome e Cognome:_________________________________ Terapia:_________________________________________ NUTRIZIONE: Fisiologica □ Parenterale □ Enterale □ SNG □ PEG □ Digiunostomia □ Parametri

antropometrici

Data Data Data Data Data

Peso

Altezza

B.M.I.

PESO (Kg) / ALTEZZA 2 (metri)

Parametri

ematochimici

Data Data Data Data Data

Linfociti

Albumina

Transferrina

Ferritina

Creatinina urinaria

VALUTAZIONE DELLO STATO NUTRIZIONALE

Parametro Risultato suggestivo per malnutrizione

Calo ponderale in un mese > 5 %

Calo ponderale in sei mesi > 10 %

Albumina sierica < 2,8%

Transferrina sierica < 150 mg/dl

Conta dei linfociti < 1200 cell/mm

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GRADO DI MALNUTRIZIONE

Grado di Malnutrizione Lieve Moderata Grave

Calo ponderale (peso abituale) 5 – 10% 11 – 20% > 20%

Indice Creatinina/altezza 99 - 80 79 - 60 < 60%

Albumina (g/dl) 3,5 – 3,0 2,9 – 2,5 < 2,5

Transferrina (mg/dl) 200 - 150 149 - 100 < 100

Calo ponderale

Quando non sia acquisibile alcuna informazione sul peso abituale ci si può riferire al peso ideale

Peso ideale=h (cm) – 100 + (h (cm) – 150)

X

X = 4 uomo 2 donne

10 – 20% 21 – 40% > 40%

Linfociti totali (n°/mm) 1500 - 1200 1199 - 800 < 800

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INDICAZIONI SULL’USO RAZIONALE DI ALCUNI PARAMETRI BIOUMORALI NELLA VALUTAZIONE DELLO STATO NUTRIZIONALE

ALBUMINA proteina di sintesi epatica, datata di emivita di 20 gg; valori normali nel siero tra 3,5 e 4,5

g/dl. Essendo dotata di lunga emivita non è sensibile a variazioni rapide dello stato nutrizionale e la normalizzazione dei valori dopo terapia nutrizionale è lenta; ciò può far sottovalutare l’efficacia del trattamento stesso. Richiederne il dosaggio ad intervalli di almeno tre settimane. Può risultare ridotta anche in corso di: epatopatie, ascite, edema idiopatico, nefrosi, enteropatie, ustioni, eczema, ipotiroidismo, deficit di zinco.

TRANSFERRINA dotata di emivita di 8-10 giorni, valori normali tra 220 e 350 mg/dl. Indice più rapido del

precedente, il suo valore è alterato in corso di molte patologie: aumenta in corso di gravidanza, ipossia, trattamento estrogenico o con contraccettivi orali, carenza marziale, epatopatie, sindrome nefrosica, enteropatie, terapia steroidea. Dosare ad intervalli di almeno 10 giorni.

CONTA DEI valori normali > 2.000 mm. Può risultare alterata in corso di infezioni o in corso di terapie LINFOCITI TOTALI immunosoppressive. INDICE l’escrezione urinaria della creatinina nelle 24 ore è proporzionale alla massa muscolare, CREATININA riflettendo la quantità di creatinina depositata nel muscolo. La creatinina costituisce il ALTEZZA prodotto finale del metabolismo della creatina presente nel tessuto muscolare. In un soggetto

in buona salute di caratteristiche antropometriche normali che segua una dieta stabile e non abbia problemi renali, l’escrezione urinaria della creatinina è funzione della massa muscolare, con un rapporto approssimato di un (1) gr di creatinina urinaria per ogni 18 kg di muscolo.

Calcolo: [(creatinina urinaria 24 ore) x 100] ÷ Creatinina urinaria ideale Creatinina urinaria ideale:

altezza (cm)

uomini

creatininuria (mg/die)

uomini

altezza (cm)

donne

creatininuria (mg/die)

donne

160.0 1325 149.9 851

165.1 1386 154.9 900

170.2 1467 160.0 949

175.3 1555 165.1 977

180.3 1642 170.2 1076

185.4 1739 175.3 1141

190.5 1831 180.3 1206

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Allegato 3. Superfici e Ausili Antidecubito: Categorie - Schede

Tecniche – Tabelle riepilogative Categorie In relazione ai materiali costitutivi le superfici antidecubito possono essere raggruppate in tre categorie: • superfici “morbide” in schiuma, gel, viscoelastici, acqua, fibra cava; • superfici “ad aria” , a pressione statica, a compensazione pressoria, a pressione alternata, a cessione d’aria, ad aria fluidizzata; • superfici “ad acqua”. 1. Superfici “morbide”: a. Superfici morbide in schiuma Superfici costituite da polimeri sintetici, per lo più poliuretani, solitamente rivestite da fodere traspiranti, permeabili ai vapori e impermeabili all’acqua. Il poliuretano è costituito da molecole molto lunghe, intersecate tra loro; le molecole possono avere legami morbidi o rigidi e quindi consistenza variabile (fluidi viscosi/viscoelastici, gomma morbida, materiali “duri”). Queste superfici riducono la pressione di contatto, attraverso la distribuzione del carico su una superficie più ampia. Questa capacità è correlata alla densità, alla memoria, allo spessore e al grado di modellamento al corpo, determinata dalla temperatura o dal carico dello stesso. Tabella 24: Superfici morbide in schiuma

Caratteristiche Tipologia Vantaggi Svantaggi - A sezione unica o multipla - Di densità omogenea o differenziata per strati e/o per zone corporee - Di profilo e sagomatura varia (bugnata, a tronchi di piramide, liscia) - Composite, con inserti di altro materiale asportabili (es. celle d’aria) a strato “unico", o "multistrato", costituiti da uno strato base di supporto e uno strato superiore, che determina il vero principio di funzionamento del prodotto

Materassi Sovramaterassi

- Costo contenuto (potrebbe sostituire il materasso standard) - Facilità d’uso - Manutenzione minima - Comfort - Resistenza a forature

- Durata limitata (perdita delle proprietà antidecubito) - Difficoltà di sanificazione, se sprovvisti di fodera - Limite di portata - Costo della fodera - Difficoltà di stoccaggio - Difficoltà di trasporto per utilizzo territoriale

b. Superfici morbide in fluidi viscosi e gel Superfici costituite da diverse tipologie di materiali polimerici: combinazioni di poliuretano e oli siliconici, gel a base acquosa o siliconica, fluido viscoso caratterizzato da microsfere di silicio lubrificate con silicone, in immersione. La variabilità della consistenza, dipende dal rapporto di legami morbidi o rigidi esistenti tra le molecole. I materiali sono contenuti in una sottile membrana di PVC o poliuretano, rivestita a sua volta da una fodera esterna in poliestere, microfibra, lycra, neoprene. Ridistribuiscono la pressione di contatto grazie all’azione fluttuante, che si basa sulla legge di Pascal (il peso di un corpo posto su un sistema fluido, si distribuisce in modo uguale

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sull’intera superficie eliminando in tal modo i punti di pressione). Questa categoria viene denominata anche “Superfici ad immersione”(1)

.

Tabella 25: Superfici morbide in fluidi viscosi e gel

Caratteristiche Tipologia Vantaggi Svantaggi - Possono poggiare su una base in materiale poliuretanico - Possono avere consistenza da fluida a compatta - Hanno una bassa conducibilità termica - Trovano impiego in genere per i tavoli operatori, sedie e carrozzine - Hanno un’altezza di solito <10 cm

Sovramaterassi

- Facilità d’uso - Facile sanificazione - Manutenzione minima - Riparabilità - Durata

- Peso elevato - Costo elevato - Ridotto controllo della macerazione cutanea - Sensazione di freddo (anche con cover) - Sensazione di durezza (gel compatto)

Tabella 26: Superfici in fluido viscoso, con microsfere di silicio

Caratteristiche Tipologia Vantaggi Svantaggi - Poggiano su una base sagomata in materiale poliuretanico - Riducono notevolmente le forze di taglio e frizione

Materassi Sovramaterassi

- Facilità d’uso - Facile sanificazione - Manutenzione minima - Buona durata

- Costo molto elevato - Sconsigliato in pazienti con ustioni estese essudanti

c. Superfici morbide in fibra cava Superfici costituite da fibre cave di silicone, o di poliestere siliconate all’esterno, contenute in cilindri di cotone trasversali asportabili. La siliconatura delle fibre, consente lo scorrimento delle une sulle altre, evita il compattamento del prodotto, permettendo il ritorno alla condizione primitiva una volta cessata la pressione di contatto. Riducono la pressione di contatto, attraverso la distribuzione del carico su una superficie più ampia e permettono una continua aerazione della cute. Tabella 27: Superfici in fibra cava

Caratteristiche Tipologia Vantaggi Svantaggi Occorre considerare: - Il valore in denari (denari = unità di misura della fibra); di solito si considerano buoni i valori da 14 a 17 denari - La quantità di fibra cava per materasso, che per consentire una buona risposta al carico, dovrebbe essere intorno ai 6 Kg (12) - La presenza di una base di appoggio in poliuretano espanso, con o senza bordi laterali di contenimento - La possibilità di interscambio dei cilindri dei materassi

Sovramaterassi

- Comfort; - Facilità d’uso - Costo contenuto - Inserti asportabili lavabili in lavatrice (utili in assistenza domiciliare) - Durata - Permeabilità all’aria, se utilizzati con fodera in cotone - Manutenzione minima - Forature e tagli non compromettono l’utilizzo

- Instabilità in assenza di barre di contenimento - Portata limitata - Gestione dei percorsi di sanificazione all’interno di strutture ospedaliere - Difficoltà di trasporto per utilizzo territoriale - La siliconatura delle fibre non consente l’ignifugicità

2. Superfici ad aria Superfici costituite da camere uniche o da più celle riempite d’aria. In questo gruppo rientra un’ampia gamma di prodotti con caratteristiche, costo ed efficacia molto variabili.

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Per questo motivo i vantaggi e gli svantaggi sottoelencati, non sono sempre riferibili a tutti i prodotti in commercio. a. Superfici ad aria a pressione statica Superfici composte da celle in PVC, neoprene o poliuretano, ripiene d'aria interconnesse e gonfiate ad un livello definito di pressione, con pompa manuale o elettrica (presenza di motore). Tabella 28: Superfici ad aria a pressione statica

Caratteristiche Tipologia Vantaggi Svantaggi Costituite da camere uniche o da più celle (cilindri, bolle), il cui livello di pressione è determinato o dall’operatore sulla base dell’affondamento del corpo nella superficie, o da valori pressori pre impostati e controllati da un sistema di gonfiaggio. La forma delle celle può essere molto diversificata per forma, profondità e numero. Lo spostamento dell'aria attraverso le celle, distribuisce la pressione in modo uniforme sulla superficie di supporto, creando un effetto di fluttuazione e di immersione e aumentando la superficie di supporto

Materassi Sovramaterassi

- Facilità d’uso/trasporto - Costo contenuto, per alcuni modelli - Manutenzione minima - Facilmente sanificabili - Riduzione delle forze di frizione e di taglio

- Necessità di controllare il livello di pressione - Rischio di perforazione - Rischio di macerazione - Portata limitata, per alcuni modelli - Effetto amaca, se unica camera d’aria - I modelli alimentati elettricamente necessitano di manutenzione periodica

Si ritengono criteri di buona qualità, una buona altezza dei segmenti, che riduce il problema di “toccare il fondo” e un numero di celle elevato, che consente un controllo della pressione più selettivo, per le diverse regioni corporee. b. A compensazione pressoria Altre superfici interagiscono con il paziente e garantiscono la compensazione pressoria, controllata nel tempo, in relazione al peso e alle posture assunte, per mezzo di: a) Valvole precalibrate; b) Sensori; c) Sistema a cessione d’aria; d) Sistema ad aria fluidizzata. Le modalità con cui si realizza la compensazione pressoria, possono coesistere in un solo prodotto (sono disponibili ad esempio superfici a cessione d’aria munite anche di sensori).

• Valvole precalibrate Tabella 29: Superfici a compensazione pressoria con valvole precalibrate

Caratteristiche Tipologia Vantaggi Svantaggi Costituite da un nucleo composto da cuscini ad aria comunicanti fra di loro, la cui pressione è regolata da valvole precalibrate, che controllando il flusso d’aria in ingresso e in uscita, e compensano le variazioni pressorie. La struttura di base del materasso, è in materiale espanso. Il funzionamento si basa sulle leggi fisiche del comportamento dei gas (Boyle e Mariotte)

Materassi

- Variazione della pressione di contatto, indipendente dalla alimentazione elettrica - Facilmente sanificabili

Costo elevato

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• Presenza di sensori

Tabella 30: Superfici a compensazione pressoria con sensori

Caratteristiche Tipologia Vantaggi Svantaggi

Superfici dotate di sensori, che permettono l’adeguamento automatico delle pressioni,

in base alle necessità del paziente (distribuzione del peso, movimento, e

posizioni assunte).

Materassi e Sovramaterassi

Regolazione automatica personalizzata delle pressioni

- Rischio di foratura - Alimentazione elettrica - Rumorosità - Manutenzione periodica - Costo

• Sistema a cessione d’aria (low air loss)

Possono essere dotate di: - bilancia incorporata; - sistemi di rotazione/ inclinazione periodica; - pulsoterapia. In assenza di alimentazione elettrica, l’elevata permeabilità della superficie non permette l’autonomia di gonfiaggio, pertanto il materasso è dotato di una base di appoggio morbida antidecubito. Tabella 31: Superfici a cessione d'aria

Caratteristiche Tipologia Vantaggi Svantaggi Superfici composte da celle in materiale sintetico, a coefficiente elevato di permeabilità e riempite di aria, che consentono la fuoriuscita d'aria (3500-5000 litri aria/ora) per mezzo di un compressore a turbina. La cessione di aria filtrata, permette di contrastare la macerazione cutanea in quanto l’aria viene convogliata sul paziente. L’aria ceduta può essere riscaldata

Materassi Sovramaterassi

- Gestione macerazione - Gestione temperatura corporea - Regolazione automatica personalizzata delle pressioni

- Alimentazione elettrica - Rumorosità - Necessitano di manutenzione periodica - Costo elevato - Sensazione di instabilità (in alcuni modelli di sovramaterassi) - Difficoltà di movimento autonomo

Questa categoria non va confusa con la “superficie a microcessione d’aria”, la cui funzione è quella di disperdere l’umidità (200 gr/24 ore) dalla superficie stessa, attraverso l’immissione di un flusso di aria in quantità sufficiente, da permettere al corpo di regolare la temperatura cutanea, attraverso l’evaporazione dell’umidità.

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• Sistema ad aria fluidizzata (high air loss)

Tabella 32: Superfici ad aria fluidizzata

Caratteristiche Tipologia Vantaggi Svantaggi

Superficie ad alta tecnologia, composta da una vasca contenente microsfere siliconate (simili a sabbia), racchiuse da una fodera permeabile all’aria e fluidizzate attraverso l’immissione di un elevato flusso d’aria calda deumidificata, che le mantiene in continuo movimento. Pertanto, il corpo risulta “sospeso” in una condizione di fluttuazione (simile a quella di un liquido), attraverso l’immersione per i 2/3 nella superficie. Il telo di copertura della vasca, in associazione con l’effetto di sospensione, garantisce la gestione ottimale delle forze di frizione e di taglio. L’aria calda crea un ambiente asciutto, che controlla gli effetti della sudorazione, dell’incontinenza e della produzione di essudato da ferite e lesioni

Letti

- Gestione di grandi superfici cutanee macerate - Riduzione del dolore - Il paziente può giacere sulla parte lesa in virtù della “sospensione” Indicazioni: interventi di ricostruzione plastica, grandi ustionati, pazienti con lesioni di 3° - 4° stadio estese

- Peso elevato (circa 1 ton.) - Costo elevato - Alimentazione elettrica - Difficoltà di movimento autonomo del paziente, mantenimento delle posture, spostamenti, interventi di kinesiterapia difficoltosi - Sensazione soggettiva di isolamento e galleggiamento - Induzione di disorientamento - Possibile disidratazione della cute lesa - Effetti collaterali da perdita di microsfere (in caso di foratura) - Training del personale. Controindicazioni: pazienti con alterazioni neurologiche, lesioni midollari

c. Superfici dinamiche A pressione alternata Superfici alimentate da un motore elettrico, sono composte da celle riempite d'aria che si gonfiano in modo alternato. Alcuni modelli possono permettere: - la regolazione automatica della pressione, al variare delle posizioni del paziente tramite sensori; - la gestione separata di zone corporee; - l’attivazione della modalità statica di funzionamento.

Figura 36: Superfici dinamiche

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Tabella 33: Superfici dinamiche a pressione alternata

Caratteristiche Tipologia Vantaggi Svantaggi

Gli elementi che compongono la superficie, si gonfiano e si sgonfiano alternativamente, secondo un ciclo temporale definito, garantendo una riduzione o scarico delle pressioni di contatto, per almeno il 50% del tempo.

Materassi Sovramaterassi

- Simulano i movimenti naturali involontari del corpo - Semplici nel funzionamento

- Alimentazione elettrica - Rischio di foratura - Rumorosità - A volte mal tollerato - Controindicato nelle instabilità spinali e algie diffuse - Necessità di manutenzione periodica - Costo elevato per alcuni modelli

3. Superfici ad acqua Superfici costituite da una camera o più sezioni, in materiale plastico robusto, riempite d'acqua a 37°C. Riducono le pressioni di contatto, sfruttando il meccanismo di fluttuazione. Rappresentano una categoria di presidi in disuso, in relazione agli svantaggi che possiedono. Tabella 34: Superfici ad acqua

Caratteristiche Tipologia Vantaggi Svantaggi

- Solitamente dotate di una struttura di contenimento - La quantità di acqua deve essere proporzionata al peso del paziente (occorre eliminare l’aria residua durante il riempimento)

Materassi Sovramaterassi

- Facilità di pulizia - Manutenzione minima - Possibilità di riparazione - Costo contenuto

- Peso elevato - Rifacimento del letto difficoltoso - Impossibilità a sollevare la testata del letto - Spostamento e posizionamento del paziente difficoltosi - Manovre di rianimazione non eseguibili - Poco confortevole: senso di galleggiamento e di freddo - Temperatura dell’acqua non controllabile - Sostituzione periodica dell’acqua - Difficoltà a stabilire la quantità d’acqua in rapporto al peso della persona - Produzione alghe e proliferazione batterica - Rischio di foratura

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Schede tecniche MATERASSO IN SCHIUMA DI POLIURETANO A DENSITA’ DIFF ERENZIATA

Indicazioni d’uso I materassi sono concepiti per prevenire lo sviluppo di lesioni cutanee nei pazienti a rischio, o come superfici di supporto per i pazienti che desiderano un maggiore comfort. L’utilizzo del materasso è controindicato, per i pazienti con lesioni vertebrali non stabilizzate e trazioni cervicali. Descrizione generale Il presidio è sviluppato per permettere di ridurre le pressioni d’appoggio, garantendo un adeguato sostegno e mantenendo un alto livello di comfort del paziente. Questo risultato è ottenuto grazie all’utilizzo combinato di 5 diverse tipologie di schiume:

1) strato superiore che garantisce il confort del paziente; 2) bordi che rinforzano e irrobustiscono la struttura assicurando stabilità al paziente nei passaggi posturali; 3) settore centrale che garantisce la migliore ridistribuzione delle pressioni; 4) sezione a bassa densità studiata appositamente per proteggere la zona dei talloni; 5) zona a bassa densità per sorreggere la testa del paziente. Il materasso è stato sviluppato per rispondere alla diversa distribuzione del peso nelle cinque zone anatomiche. Nello zona centrale, è stata creata una serie di canali di decompressione. I canali variano per dimensione e distribuzione lungo tutta la superficie, consentendo così di rispondere efficacemente ai differenti carichi pressori.

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Per facilitare la sua movimentazione, la base del telo di copertura del presidio è dotata di 4 maniglie. Telo di copertura Il telo di copertura in Poliestere/Poliuretano (PES/PU), è caratterizzato da un basso coefficiente d’attrito, per contrastare le forze di taglio e d’attrito, risulta impermeabile ai liquidi, ma permeabile ai vapori. Grazie al trattamento a cui è stato sottoposto risulta essere un’efficace barriera antibatterica e antimicotica. La base del telo di copertura del materasso è invece in materiale, che garantisce una maggiore resistenza meccanica e un maggiore stabilità del presidio. SUPERFICIE ANTIDECUBITO A PRESSIONE ALTERNATA

Tipologia: Superficie antidecubito a Pressione Alternata.

Indicazioni d’uso Superficie terapeutica per la prevenzione delle lesioni da decubito, in pazienti valutati a rischio. Trattamento di lesioni fino al I° stadio. Controindicazioni d’uso L’utilizzo del presidio è controindicato, in pazienti con lesione della colonna vertebrale non stabilizzata e pazienti con trazioni scheletriche e/o cervicali. Descrizione generale La superficie prevede due modalità di funzionamento: pressione alternata (modalità 1:1) e funzione statica terapeutica. E’ costituita da 17 celle singole intercambiabili di cui tre celle a livello occipitale sono statiche. Unendo i due connettori d’aria, è possibile attivare la modalità trasporto. Questa funzione garantisce anche sicurezza al paziente, in caso di assenza di alimentazione elettrica. Il materasso è dotato di dispositivo CPR (tempo <10sec), semplice ed immediato, posto sul lato destro del paziente. Unità motore con display dotato di spie luminose, per una facile comprensione da parte dell’operatore, compatta e silenziosa, compatibile con tutti i letti ospedalieri. La sua struttura consente di ridurre vibrazioni e rumori durante il funzionamento, è predisposta per essere utilizzata anche su una superficie rigida posta orizzontalmente. Il comfort del paziente può essere ottimizzato, agendo sulla manopola posta sull’unità motore. Per garantire una maggior sicurezza del paziente, l’unità motore è dotata di allarmi. La base del presidio è in materiale antiscivolo, che garantisce una maggiore resistenza meccanica e un maggiore stabilità del presidio, anche nelle funzioni di nursing/rifacimento del letto.

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Telo di copertura Il telo di copertura della superficie antidecubito, è in materiale bi-elastico in poliuretano, impermeabile ai liquidi, traspirante ai vapori. Permette la naturale traspirazione della cute, non alterando la dispersione naturale della sudorazione. Grazie al trattamento a cui è sottoposto, risulta essere un’efficace barriera antibatterica e antimicotica. La base del telo di copertura del materasso, è realizzata con un materiale che garantisce una maggiore resistenza meccanica e un maggiore stabilità del presidio. CUSCINO A LENTA MEMORIA

Descrizione generale Cuscino antidecubito in materiale viscoelastico (poliuretano espanso), traspirante, con la caratteristica di prendere la forma del paziente, ma tornare lentamente alla posizione originaria quando non è sollecitato. Tale proprietà permette di distribuire il peso corporeo su tutta la superficie. Dotato di fodera con cerniera lavabile. Materiale della fodera Rivestimento in jersey a doppia elasticità nella parte superiore, rivestimento in jersey antiscivolo nella parte inferiore. Dotato di maniglia laterale. Il cuscino si inserisce senza difficoltà nella sua fodera; ha una semplice chiusura lampo; posato su una superficie liscia tipo melanina, il cuscino non scivola se lo si appoggia sopra leggermente. Caratteristiche Tecniche Dimensioni totali: cm. 40x40x5. Il poliuretano impiegato ha superato il test di irritazione cutanea, con un punteggio inferiore o uguale a 0. Il poliuretano e la fodera sono disinfettati con Surfanios diluito al 0.25%. Nessun elemento traumatizzante viene a contatto con l’utente; la chiusura lampo è posta nella parte inferiore della fodera. Comfort: il cuscino assume rapidamente la forma del corpo. Lavaggio: fodera impermeabile rimuovibile per il lavaggio a mano o in lavatrice a 60° C. Conservazione: fino a + 45°, ad un tasso di umidità relativa di 15-90%. Conservare il cuscino su un piano orizzontale e la sua fodera al riparo dal calore, dalla luce e dall’umidità. Assicurarsi che sia ben asciutto prima di riporlo. La prima prevenzione contro la comparsa di piaghe da decubito, causate dal mantenimento della posizione seduta per lungo tempo, consiste nel sollevarsi tutte le volte che sia possibile per limitare la compressione troppo prolungata dei vasi a fronte delle sporgenze ossee e per permettere la corretta irrigazione dei tessuti. Funzioni del prodotto: prevenire la comparsa delle piaghe da decubito, negli utenti che rimangono seduti più di 10 ore al giorno ed hanno un peso massimo di kg 90.

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CUSCINI DA POSTURA

CUSCINO TONDO

Cuscino che mantiene e sostiene in modo confortevole la testa del paziente. Inoltre viene utilizzato per la profilassi antidecubito laterale e si adatta alle posizioni sedute. Fornito con fodera supplementare bi-elastica in poliuretano. Gamma completa di cuscini per la postura antidecubito. Rivestimento bi-elastico in tessuto poliuretanico 185g/m2 con imbottiture di micro-particelle di polistirene. Lavabile con panno morbido e detergente non aggressivo.

CUSCINO CILINDRICO

Cuscino polivalente per il posizionamento addominale o per gli arti inferiori. Fornito con fodera supplementare bi-elastica in poliuretano. Rivestimento bi-elastico in tessuto poliuretanico 185g/m2 con imbottiture di micro-particelle di polistirene. Lavabile con panno morbido e detergente non aggressivo.

CUSCINO SEMILUNA Cuscino utilizzato come supporto dorsale e per il posizionamento antidecubito laterale. Fornito con fodera supplementare bi-elastica in poliuretano. Rivestimento bi-elastico in tessuto poliuretanico 185g/m2 con imbottiture di micro-particelle di polistirene. Lavabile con panno morbido e detergente non aggressivo.

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CUSCINO DECUBITO LATERALE

Questo cuscino si adatta alla morfologia dei pazienti. Mantiene e sostiene il paziente a livello delle spalle, del dorso, delle anche e delle ginocchia. Limita i fenomeni di frizione. Fornito con fodera supplementare bi-elastica in poliuretano. Rivestimento bi-elastico in tessuto poliuretanico 185g/m2 con imbottiture di micro-particelle di polistirene. Lavabile con panno morbido e detergente non aggressivo.

CUSCINO RELAX BRACCIA

Posizionati sulle ginocchia della persona seduta sostengono in relax le braccia. Fornito di fodera supplementare in poliuretano. Rivestimento bi-elastico in tessuto poliuretanico 185g/m2 con imbottiture di micro-particelle di polistirene. Lavabile con panno morbido e detergente non aggressivo.

CUSCINO SCARICO TALLONE

Fissabile al materasso del letto. Supporta la posizione dei piedi nella prevenzione di decubito ai talloni. Gamma completa di cuscini per la postura antidecubito. Rivestimento bi-elastico in tessuto poliuretanico 185g/m2 con imbottiture di micro-particelle di polistirene. Lavabile con panno morbido e detergente non aggressivo.

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Talloniera Medicazione idrocellulare conformata per il tallone, sterile, non adesiva, costituita da schiuma di poliuretano ad alta capacità di assorbimento. Dotata di nastro di fissaggio in schiuma di poliuretano. Per le sue caratteristiche strutturali, può essere usata anche a livello del gomito. Bibliografia 1. From Gaymar Industries. www.medicaledu.com/supportsurface.it

Tabelle riepilogative delle superfici antidecubito Regole generali: 1.utilizzare preferibilmente un sistema di supporto statico quando il soggetto può modificare la sua posizione, senza gravare sulla lesione e senza “toccare il fondo della superficie di appoggio”; 2.utilizzare preferibilmente un sistema di supporto dinamico se la persona: - ha ulcere da pressione multiple di Stadio III° o IV° in zone diverse del corpo; - non è in grado di cambiare la sua posizione; - “tocca” il fondo di un ausilio statico; - la lesione peggiora o non mostra segni di miglioramento. 3.assicurarsi che l’ausilio sostenga il peso corporeo della persona, in tutte le posizioni, senza che si verifichi il fenomeno del bottoming out (toccare il fondo); 4. assicurarsi che il sistema di supporto, non innalzi l’individuo ad un’altezza rischiosa (verificare anche in relazione alle spondine al letto, se in uso). I dispositivi necessitano di: -manutenzione periodica e/o straordinaria -sanificazione con acqua e detergente a pH fisiologico -sanitizzazione con sostanze specifiche (es. polifenoli 0,5%) E’ necessario seguire le indicazioni della ditte produttrici.

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Tabella 35: Caratteristiche, funzionamento, indicazioni delle superfici morbide

Presidio antidecubito

Caratteristiche tecniche

Modalità di funzionamento Indicazioni

Materassi di diversa tipologia: -Ventilato a 3 sezioni in gommapiuma

densità 30 -In poliuretano espanso ventilato a

quadretti e in un unico pezzo -Ventilato in espanso composito,

-In poliuretano a 3 sezioni -In poliuretano espanso a lenta

memoria - In polimeri viscoelastici

a sezione unica. Materassi costituiti da polimeri

sintetici, rivestiti da fodere traspiranti, permeabili ai vapori e impermeabili all’acqua. Realizzati con materiali di

diversa densità per garantire lo scarico differenziato delle pressioni a livello

delle specifiche zone corporee Materasso in Nylon e in Nylon/TPU

Costituito da materiale morbido ed elastico

Dispositivi a bassa pressione costante.

Agiscono adattandosi alla forma del corpo e ai

movimenti del paziente, riducendo la pressione di

contatto e ridistribuendola su una superficie più ampia.

I materassi a polimeri viscoelastici sono in grado di memorizzare la sagoma del

corpo. L’affondamento non deve essere tale da determinare l'appoggio diretto della

superficie a rischio sulla base d'appoggio del presidio

(toccare il fondo)

Sovramaterasso a bolle d’aria con microinterscambio

Composto da celle in PVC, neoprene o poliuretano

Le celle, piene d’aria, sono interconnesse e gonfiate ad un livello definito di pressione,

con pompa manuale Sovramaterasso a stampo unico o a celle trasversali intercambiabili, in PVC morbido, base in Nylon/PVC

Dispositivo ad aria dotato di compressore con regolatore di

pressione Materasso in fibra cava siliconata ad

inserti asportabili Costituiti da fibre cave di silicone, o di

poliestere siliconate all’esterno, contenute in 12 – 15 cilindri di cotone

trasversali asportabili, con fodera a cartucciera

Sovramaterasso in fibra cava siliconata

Costituito da fibre cave di silicone, o di poliestere siliconate all’esterno, contenute in cilindri di cotone

Riducono la pressione di contatto

attraverso la distribuzione del carico su una

superficie più ampia, permettono una continua

aerazione della cute. Alcuni autori ritengono che la

fibra cava siliconata non ha dimostrato

efficacia nello scarico delle pressioni

SUPERFICI MORBIDE

MATERASSI E

SOVRAMATERASSI STATICI

Superfici a bassa

tecnologia (low tech) costituite da materiale

morbido o fluido

Materasso ad acqua con bordo laterale di irrigidimento

Costituito da una camera o da più sezioni, in materiale plastico robusto,

riempite d'acqua

La capacità dell’acqua di permettere la ridistribuzione

delle pressioni risulta efficace, ma essendo necessariamente

racchiusa in un involucro impermeabile, non garantisce la dispersione dell’umidità né

il mantenimento di una temperatura costante,

poiché tende al raffreddamento

1. Per la prevenzione

delle ulcere da pressione

2. Per persone che possono

cambiare posizione

3. Per persone

che presentano un basso rischio di

sviluppare ulcere da pressione

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Tabella 36: Caratteristiche, funzionamento, indicazioni delle superfici ad aria

Presidio antidecubito

Caratteristiche tecniche

Modalità di funzionamento Indicazioni

Pressione ad aria

alternata (Alternating Pressure)

Ausili costituiti da tubolari trasversali al

piano di appoggio; mantengono una bassa pressione di contatto su

tutto il corpo dell’assistito in appoggio, anche nella

fase di massimo gonfiaggio dei tubolari

Superfici composte da celle/settori riempiti e

svuotati ciclicamente di aria, per mezzo di un

compressore elettrico. Le pressioni di appoggio

vengono scaricate in alternanza

1. Per persone a moderato e alto rischio di sviluppare

ulcere da pressione

2. Per persone con ulcere da pressione di Stadio I

Fluttuazione dinamica

d’aria (Air Flotation o

Continuous Low Pressure) Struttura gonfiabile

composta da un certo numero di celle che,

attraverso un sensore, adeguano costantemente il loro gonfiaggio al peso del

paziente ed alla sua posizione

Dispositivi a bassa pressione di contatto, dotati di sensori che

permettono l’adeguamento automatico delle pressioni, in base alle

necessità del paziente (distribuzione del peso, movimento e posizioni

assunte). Fodera interna con camere d’aria comunicanti e fodera

esterna con funzione di contenimento e traspirazione

1. Per persone a moderato e

alto rischio di sviluppare ulcere da pressione

2. Per persone con ulcere

da pressione fino allo Stadio II

SUPERFICI AD ARIA

MATERASSI E SOVRA -

MATERASSI DINAMICI

Dispositivi ad alta

tecnologia (high tech) costituiti da una struttura

gonfiabile e da un sistema di pompaggio dell’ aria

Cessione d’aria (Low Air Loss),

Ausilio atto a garantire una bassa pressione di

contatto continua su tutto il corpo dell’assistito in appoggio, creando in

maniera attiva un microcircolo d’aria diretto

verso il corpo della persona

Superfici composte da celle in materiale sintetico a

coefficiente elevato di permeabilità e riempite di

aria per mezzo di un compressore a turbina.

La cessione di aria filtrata permette di contrastare la macerazione cutanea in

quanto l’aria viene convogliata sul paziente.

Scaricano costantemente le pressioni di appoggio senza alternare le zone di scarico e carico. Migliorano il flusso sanguigno e linfatico; dotati di pulsoterapia, efficaci nella

gestione dell’edema e del dolore

1. Per persone ad alto rischio di sviluppare ulcere

da pressione

2. Per persone con ulcere da pressione di Stadio III e IV

I sistemi ad aria composti da celle con un diametro superiore a 10 cm sono più efficaci dei sistemi composti da celle più piccole, poiché permettono che il corpo dell'assistito sia sufficientemente sollevato. L'utilizzo di un sistema dinamico necessita di un uso corretto e di regolare manutenzione.

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Tabella 37: Caratteristiche, funzionamento, indicazioni delle superfici fluidizzate

Presidio antidecubito

Caratteristiche tecniche

Modalità di funzionamento Indicazioni

Fluidizzati (air fluidised) dispositivo che impiega la

circolazione dell’aria filtrata che, attraverso microsfere rivestite di

silicone, crea l’effetto di un liquido

Costo elevato Peso elevato

Superficie ad alta tecnologia, composta da una vasca contenente microsfere siliconate (simili a sabbia),

racchiuse da una fodera permeabile all’aria e fluidizzate attraverso

l’immissione di un elevato flusso d’aria calda

deumidificata, che le mantiene in continuo movimento. Il corpo risulta pertanto

“sospeso” in una condizione di

fluttuazione (simile a quella di un liquido)

attraverso l’immersione per i 2/3 nella superficie.

Il telo di copertura della vasca, in

associazione con l’effetto di sospensione,

garantisce la gestione ottimale delle forze di

frizione e di taglio. L’aria calda crea un ambiente

asciutto che controlla gli effetti della sudorazione, dell’incontinenza e della

produzione di essudato da ferite e lesioni

LETTI DINAMICI

Cinetici (letti per terapia rotazionale cinetica)

assistono il paziente nel cambiamento di posizione. La rotazione dovrebbe essere di almeno

40° da ogni lato, per consentire un efficace drenaggio polmonare.

Dopo la rotazione l’assistito potrebbe non

essere ben posizionato in relazione alla sua

posizione sulla superficie (rischio di contratture)

Letti articolati ad alta tecnologia composti da una superficie di controllo delle

pressioni di interfaccia (bassa pressione continua, cessione d’aria). Dotati, a seconda del

modello, di funzioni specifiche accessorie

terapeutiche quali: terapia rotazionale continua fino a 45°, programmazione della terapia cinetica, percussione toracica regolabile, rotazione in asse del corpo o dei diversi segmenti, sedia cardiologica, visualizzazioni grafiche delle

impostazioni terapeutiche, bilancia integrata, e in

aggiunta a seconda della superficie antidecubito, della

possibilità di avere il riscaldamento dell’aria

1. Per portatori di numerose ulcere da

pressione di Stadio III e Stadio IV

2. Per persone in cui la

guarigione è risultata fallimentare con

l’uso di un materasso ad aria

3. Per persone che non

possono assumere posizioni diverse, senza gravare con il peso del corpo sull’ulcera da

pressione, se l’umidità cutanea è un problema, o se

il paziente comprime appieno la superficie di

supporto statica (toccare il fondo)

4. Per persone sottoposte ad interventi chirurgici di ricostruzione delle ulcere

da pressione

5. Per persone con dolore intenso

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Tabella 38: Caratteristiche, funzionamento, indicazioni dei cuscini antidecubito

Presidio antidecubito

Caratteristiche tecniche

Modalità di funzionamento Indicazioni

Cuscino in gel fluido Costituito da gel a base

acquosa o siliconica Cuscino in fibra cava

siliconata Costituito da fibre cave di silicone, o di poliestere siliconate all’esterno

Riducono la pressione di contatto attraverso la distribuzione del carico su una superficie più ampia. Durante la posizione

seduta, la superficie di contatto aumenta e la

pressione di contatto si riduce

I cuscini costituiti da gel non automodellante e

quelli a fibra cava, non possono essere

raccomandati per la prevenzione delle ulcere

da pressione

Cuscino in materiale viscoelastico compatto

Cuscino costituito da polimeri sintetici, per lo più poliuretani

Riducono la pressione di contatto attraverso la

distribuzione del carico su una superficie più ampia.

Questa capacità è correlata alla densità, alla

memoria, allo spessore e al grado di modellamento

al corpo determinata dalla temperatura o dal carico dello

stesso. L’altezza dei dispositivi deve essere tale da far affondare i

glutei, senza che questi tocchino il fondo e senza

interferire con la stabilità e la sicurezza del paziente in

posizione seduta

In soggetti a rischio moderato, i cuscini

anatomici in schiuma viscoelastica,

permettono una riduzione delle pressioni e una posizione seduta

stabile

Cuscino composito con fluidi auto modellanti

Cuscino con base anatomica preformata o base con

formazione personalizzata, integrata, con

fluidi automodellanti

Ridistribuiscono la pressione di contatto grazie all’azione

fluttuante che si basa sulla legge di Pascal (il peso di un corpo posto su un sistema fluido si distribuisce in modo uguale

sull’intera superficie eliminando in questo modo i punti di

pressione)

I cuscini in gel o fluidi auto modellanti, associati

a basi anatomiche in schiuma, sono consigliati

Cuscino a celle, a bolle d’aria o con struttura a

micro interscambio Composto da celle in PVC,

neoprene o poliuretano, ripiene d'aria interconnesse e gonfiate ad un livello definito

di pressione

Necessita di controllo periodico della pressione di gonfiaggio

I cuscini a camere d'aria comunicanti (o a bolle

d'aria a microinterscambio

statici) sono i più efficaci per la prevenzione delle

ulcere da pressione

CUSCINI STATICI

Sistemi di supporto

per la posizione seduta

Cuscino ad acqua Costituito da una camera o da

più sezioni, in materiale plastico robusto, riempite

d'acqua

Scarsa praticità per il peso, dispersione termica ed instabilità,

scivolamento in avanti e diagonale

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Tabella 39: Caratteristiche, funzionamento, indicazioni di altre attrezzature antidecubito

Presidio antidecubito

Caratteristiche tecniche

Modalità di funzionamento Indicazioni

ATTREZZATURE SPECIALI

ANTIDECUBITO

Ausili indicati dal Nomenclatore Tariffario come idonei ad essere

applicati su zone specifiche del corpo

Protezioni per gomito, tallone e ginocchio, in

materiale sintetico e fibra cava siliconata

Questa tipologia di presidi agisce esclusivamente

sulla frizione e non sullo scarico della pressione,

inoltre il materiale sintetico probabilmente non

favorisce la dispersione del calore ed umidità,

fattori favorenti l’insorgenza di ulcere da

pressione

Non sono raccomandati nei soggetti allettati e

completamente immobili

Si precisa che i talloni devono essere sempre

sollevati dal piano del letto (fluttuanti). Occorre

posizionare un cuscino sotto la gamba (dalla coscia

alla caviglia), perché nessuna superficie anti

decubito riesce a ridurre efficacemente la pressione

sui talloni.

Occorre utilizzare supporti (cuscini, materiali

in gel o schiuma) per proteggere le piccole

prominenze ossee (ginocchia e caviglie) al

fine di evitarne il contatto diretto

Bibliografia 1. Servizio Sanitario Regionale Emilia-Romagna. Azienda Ospedaliera Università di Bologna Policlinico S. Orsola-Malpighi. Azienda USL di Bologna. Linee Guida Prevenzione e Trattamento delle Lesioni da Pressione, Febbraio 2010. Reperibile al sito: www.evidencebasednursing.it 2. Agenzia Regionale di Sanità della Regione Toscana. Indicatori di qualità dell’assistenza. Prevenzione trattamento delle ulcere da pressione, 2008. Reperibile al sito: www.ars.toscana.it 3. Progetto formativo 2008 per infermieri dipendenti ASL CN2. L’infermiere nella prevenzione e nel trattamento delle lesioni da decubito. Reperibile al sito: www.acropolismed.it 4. Assessment e Management of Stage I to IV Pressure Ulcers. Nursing Best Practice Guide Line. RNAO, Marzo 2007. Reperibile al sito: www.evidencebasednursing.it/traduz_RNAO/Gestione_LDD.pdf

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Allegato 4. Schede di trattamento delle Ulcere da Pressione

I° STADIO Eritema della cute integra non reversibile alla digito-compressione

OBIETTIVO Ridurre la compressione tissutale e contemporaneamente proteggere la cute da eventuali insulti esterni

Detersione - Soluzione Fisiologica - Ringer Lattato

Trattamento - Pellicola semipermeabile trasparente di poliuretano - Medicazioni idrocolloidali extrasottili

Frequenza - Mantenimento in situ fino a sette giorni - Cambio al bisogno

Area perilesionale - Crema base per cute grassa; - Crema emolliente e oli per cute secca - Crema all’acqua o allo zinco per prevenire e/o trattare la macerazione

cutanea

II° STADIO Ferita a spessore parziale che coinvolge l’epidermide e/o il derma; la lesione è superficiale e clinicamente si presenta come una abrasione, vescicola o

cratere poco profondo. OBIETTIVO Favorire la riparazione tissutale ed evitare il peggioramento della lesione

Detersione - Soluzione Fisiologica - Ringer Lattato

Trattamento

- Medicazione idrocolloidale - Schiume in poliuretano su giudizio clinico - Medicazioni non aderenti e garze impregnate

In presenza di flittene: - Forare con manovra asettica senza rimuovere il tetto e coprire

con schiuma di poliuretano

Frequenza - Mantenimento in situ fino a sette giorni - Cambio al bisogno

Area perilesionale

- Crema base per cute grassa - Crema emolliente e oli per cute secca - Crema all’acqua o allo zinco per prevenire e/o trattare la macerazione cutanea

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III° STADIO

Ferita a tutto spessore che implica danno o necrosi del tessuto sottocutaneo che può estendersi fino alla fascia muscolare senza attraversarla; la lesione si

presenta clinicamente come una profonda cavità che può presentare dei tratti sottominati.

OBIETTIVO Ripristinare la continuità del sottocute e della cute, controllando il processo necrotico e/o infettivo che spesso si associa

IV° STADIO Ferita a tutto spessore con estesa distruzione dei tessuti, necrosi o danno ai

muscoli, ossa o strutture di supporto (es. tendini, capsule articolari, piani ossei, ecc.)

OBIETTIVO Controllare l’infezione e prevenire e/o evitare eventuali complicanze anche a livello sistemico

Il trattamento delle lesioni di III° e IV° stadio varia in relazione al tipo di lesione presente come indicato dalle specifiche seguenti:

� LESIONE GRANULEGGIANTE

Detersione - Soluzione Fisiologica - Ringer Lattato

Trattamento - Medicazione idrocolloidale - Schiume in poliuretano

Frequenza - Mantenimento in situ fino a sette giorni - Cambio al bisogno

Area perilesionale - Crema base per cute grassa - Crema emolliente e oli per cute secca - Crema all’acqua o allo zinco per prevenire e/o trattare la macerazione

cutanea

� LESIONE GRANULEGGIANTE CON ESSUDATO Detersione - Soluzione Fisiologica

- Ringer Lattato

Trattamento

- Schiuma di poliuretano ricoperta con film semipermeabile - Medicazioni combinate (es. idrocolloidi e poliuretano, idrocolloidi

e alginato) - Medicazioni in fibra idrocolloidale - Medicazioni di alginato - Medicazioni contenenti esteri dell’acido ialuronico.

Questi ultimi tre prodotti vanno utilizzati con una medicazione secondaria (schiume di poliuretano, placca idrocolloidale o tamponi di copertura in TNT)

Frequenza - Ogni 24-72 ore - Cambio al bisogno

Area perilesionale - Crema base per cute grassa - Crema emolliente e oli per cute secca - Crema all’acqua o allo zinco per prevenire e/o trattare la macerazione

cutanea

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� LESIONE CAVITARIA CON ABBONDANTE ESSUDATO Detersione - Soluzione Fisiologica

- Ringer Lattato

Trattamento

- Tampone in schiuma di poliuretano ricoperto con film semipermeabile; - Medicazione in fibra idrocolloidale; - Medicazioni a base di alginato; - Medicazioni contenenti esteri dell’acido ialuronico.

Questi ultimi tre prodotti vanno utilizzati con una medicazione secondaria (schiume di poliuretano oppure placca idrocolloidale)

Frequenza - Ogni 24-72 ore - Cambio al bisogno

Area perilesionale - Crema base per cute grassa; - Crema emolliente e oli per cute secca - Crema all’acqua o allo zinco per prevenire e/o trattare la macerazione

cutanea

� LESIONE ESSUDATIVA NECROTICA O RICCA DI FIBRINA

Detersione - Soluzione Fisiologica - Ringer Lattato

Trattamento - Idrogeli da ricoprire con medicazione a base di schiuma di poliuretano - Fibra idrocolloidale ricoperta con placca idrocolloidale

Frequenza - Ogni 24-72 ore - Cambio al bisogno

Area perilesionale

- Crema base per cute grassa - Crema emolliente e oli per cute secca - Crema all’acqua o allo zinco per prevenire e/o trattare la macerazione

cutanea

� LESIONE EMORRAGICA

Detersione - Soluzione Fisiologica - Ringer Lattato

Trattamento - Medicazioni a base di alginato di calcio o calcio-sodio, da ricoprire con

garze sterili Attenzione: evitare la rimozione traumatica della medicazione

Frequenza - Ogni 8-24 ore - Cambio al bisogno, a seconda dell’entità del sanguinamento

Area perilesionale

- Crema base per cute grassa - Crema emolliente e oli per cute secca - Crema all’acqua o allo zinco per prevenire e/o trattare la

macerazione cutanea

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� LESIONE DETERSE CON RITARDO DI CICATRIZZAZIONE

Detersione - Soluzione Fisiologica - Ringer Lattato

Trattamento - Collagene - Matrice modulante di proteasi - Esteri dell’acido ialuronico (in lesione essudativa)

Frequenza

- Nella fase iniziale ogni 24 ore - Cambio al bisogno in base alla situazione clinica ed in relazione alla

medicazione avanzata utilizzata

Area perilesionale

- Crema base per cute grassa - Crema emolliente e oli per cute secca - Crema all’acqua o allo zinco per prevenire e/o trattare la macerazione

cutanea

� ESCARA

Detersione - Soluzione Fisiologica - Ringer Lattato

Trattamento

- Pomate enzimatiche (da rinnovare ogni 8 ore) e coprire con garze o film in poliuretano

- Idrogeli da ricoprire con film di poliuretano o placca idrocolloidale - Rimozione chirurgica graduale o totale

Attenzione: evitare la rimozione dell’escara secca del tallone se priva di segni di infiammazione/infezione

Frequenza - Ogni 24-72 ore - Cambio al bisogno

Area perilesionale

- Crema base per cute grassa - Crema emolliente e oli per cute secca - Crema all’acqua o allo zinco per prevenire e/o trattare la macerazione

cutanea

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� LESIONE INFETTA

Detersione - Soluzione Fisiologica - Ringer Lattato

Per l’utilizzo degli antisettici locali vedi sezione nel documento

Trattamento

- Medicazioni antisettiche contenenti argento - Medicazioni antisettiche - Medicazioni contenenti soluzione ipertonica salina - Sistema VAC

Note: 1. Le medicazioni non devono essere occlusive tranne in caso di infezione

da Pseudomonas, microrganismo non resistente in ambiente anaerobio 2. L’utilizzo del sistema VAC risulta efficace in quanto riduce la carica

infettante di 1000 volte in 48-72 ore 3. L’utilizzo di medicazioni contenenti carbone favorisce la gestione di

lesioni maleodoranti 4. L’utilizzo di antibiotici per via sistemica deve essere riservato solo in

presenza di infezione sistemica

Frequenza - Ogni 24 ore nelle fasi iniziali - Successivamente cambio al bisogno, su valutazione clinica ed in relazione

alla tipologia di sistema utilizzato

Area perilesionale

- Crema base per cute grassa - Crema emolliente e oli per cute secca - Crema all’acqua o allo zinco per prevenire e/o trattare la

macerazione cutanea

Bibliografia 1. Moolten S.E. Bedsores in the chronically ill patient. Arch. Phys. Med. Rehabil. 1972 Sep;53(9):430–438. 2. Regione Friuli Venezia Giulia. Agenzia Regionale della Sanità. Linee Guida Regionali, Programma di prevenzione e trattamento delle lesioni da decubito, 2006. Reperibile al sito: www.ass5.sanita.fvg.it 3. Servizio Sanitario Regionale Emilia-Romagna. Azienda Ospedaliera Università di Bologna Policlinico S. Orsola-Malpighi. Azienda USL di Bologna. Linee Guida Prevenzione e Trattamento delle Lesioni da Pressione, Febbraio 2010. Reperibile al sito: www.evidencebasednursing.it

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Allegato 5. Caratteristiche, indicazioni e controindicazioni dei

principali prodotti di medicazione

Descrizione medicazione

Caratteristiche tecniche

Indicazioni e tempi di permanenza

Controindicazioni

Soluzione fisiologica

Attività detergente della lesione durante la medicazione

Da versare direttamente sulla lesione, asciugare per

tamponamento Nessuna

Soluzione di Ringer Lattato

Attività detergente della lesione durante la medicazione,

modesta azione batteriostatica per elevato contenuto di potassio, non ha attività

istolesiva

Da versare direttamente sulla lesione, asciugare per

tamponamento Nessuna

Pasta Ossido di Zinco

Azione protettiva Protezione della cute

perilesionale e delle zone a rischio di lesioni

Ipersensibilità al prodotto

Medicazioni in acido

ialuronico

Medicazione a base di un proteolitico che favorisce la

rimozione di fibrina

-Lesioni deterse -Lesioni con accumulo di

fibrina

Sostituzione ogni 12 – 24 ore

Su lesioni asciutte può essiccare ed aderire al tessuto di

granulazione provocando dolore e sanguinamento alla rimozione

Medicazioni in collagenasi

Medicazione a base di proteasi che favorisce la rimozione della necrosi e gli accumuli di fibrina

-Lesioni con aree necrotiche -Lesioni con accumuli di fibrina

Sostituzione ogni 8 – 12 ore

Fenomeni di sensibilizzazione

Medicazioni in collageno

Medicazioni a base di collageno bovino liofilizzato

-Lesioni superficiali e profonde umide e deterse

Sostituzione ogni 48 – 72 ore

Di scarsa efficacia su lesioni asciutte, su lesioni iperessudanti

si ha un consumo eccessivamente rapido

Medicazioni in poliuretano

Medicazioni primarie e secondarie a base di

poliuretano. Si presentano in forma di film

sottili e trasparenti e in forma di schiuma

Film: -Protezione della cute

-Lesioni I° stadio -Lesioni con essudato minimo

Sostituzione ogni 7 giorni

Schiuma: -Lesioni con essudato

medio/abbondante -Lesioni di II - III stadio

Sostituzione da 1 a 7 giorni in base alla quantità di essudato

Film: -Lesioni con essudato

medio/abbondante -Lesioni infette

-Fragilità cute perilesionale -Allergia agli acrilati (adesivo)

Schiuma:

-Escara e necrosi secca -Su cute integra -Lesioni infette

Medicazioni in idrocolloidi

Medicazioni composte da miscele di polimeri naturali o sintetici, quali CMC sodica, pectina, lecitina, gelatina,

sospese in forma microgranulare in una matrice adesiva

-Lesioni in fase di granulazione -Lesioni con essudato medio -Lesioni con assenza di segni

clinici di infezione -Lesioni che necessitano di

sbrigliamento

Sostituzione ogni 2-4 giorni in fase di granulazione, ogni 5-7

giorni in fase di epitelizzazione

-Lesioni iperessudanti -Lesioni infette

-Fragilità cute perilesionale -Intolleranza ai componenti

Effetti collaterali: ipergranulazione

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Descrizione medicazione

Caratteristiche tecniche Indicazioni e tempi di

permanenza Controindicazioni

Medicazioni in alginato

Medicazioni primarie a base di sali di calcio e/o

sodio della miscela di acido mannuronico e acido

glucuronico (in diverse modalità e concentrazioni)

-Lesioni con essudato medio/abbondante

-Lesioni di III - IV stadio

Sostituzione ogni 48 - 72 ore

-Lesioni asciutte, non essudanti

-Lesioni con escara o necrosi secca

Medicazioni in idrofibra Medicazione sterile in

carbossimetilcellulosa con o senza arginato

-Lesioni con essudato medio

-Lesioni con iperessudazione

Sostituzione da 1 a 7 giorni

-Lesioni asciutte, non essudanti

-Lesioni con escara o necrosi secca

Medicazioni in idrogels

Medicazioni fluide a base di polimeri idrofili (in

genere dell’amido) con un contenuto di

acqua >70% (fino all’85%)

-Lesioni superficiali e di media profondità

-Lesioni con presenza di tessuto di granulazione

-Lesioni che necessitano di sbrigliamento

Sostituzione ogni 24 - 72

ore

-Lesioni iperessudanti -Lesioni ischemiche

-Lesioni infette

Medicazioni in argento

Medicazione in tessuto-non tessuto (o altro supporto) a prevalente base di argento,

che è presente in varie forme (argento metallico

micronizzato, ione argento, argento nano-cristallino)

-Lesioni ad evidente rischio di infezione

- Lesioni infette

Sostituzione da 1 a 7 giorni

Ipersensibilità all’argento

Medicazioni in carbone attivo

Medicazione sterile con carbone attivo su supporto assorbente e antiaderente

-Lesioni maleodoranti

Sostituzione ogni 48 - 72 ore

Nessuna

Medicazioni a base di antibatterici

Da usare solo nei casi in cui sia richiesta la

disinfezione

Da preferire: -Ipoclorito di sodio

-Clorexidina gluconato -Iodo povidone

-Argento

Se usati in modo incongruo e per lunghi periodi:

-Irritanti per cute e mucose -Inattivano l'azione degli

enzimi proteolitici -Attività citotossica

-Rallentano i processi cicatriziali ed ostacolano la

riepitelizzazione -Reazioni di ipersensibilità

Bibliografia 1. Agenzia Regionale di Sanità della Regione Toscana. Indicatori di qualità dell’assistenza. Prevenzione trattamento delle ulcere da pressione, 2008. Reperibile al sito: www.ars.toscana.it 2. Favale A., Airoldi M.T. et al. Percorso assistenziale sulle ferite difficili nella ASL Milano 1, 2011. 3. Regione Friuli Venezia Giulia. Agenzia Regionale della Sanità. Linee Guida Regionali, Programma di prevenzione e trattamento delle lesioni da decubito, 2006. Reperibile al sito: www.ass5.sanita.fvg.it 4. Servizio Sanitario Regionale Emilia-Romagna. Azienda Ospedaliera Università di Bologna Policlinico S. Orsola-Malpighi. Azienda USL di Bologna. Linee Guida Prevenzione e Trattamento delle Lesioni da Pressione, Febbraio 2010. Reperibile al sito: www.evidencebasednursing.it.

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Allegato 6. Immagini

(Per gentile concessione del Dott. Fabrizio Borsani)

n. 1 Lesione glutea I° stadio

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n. 2 Lesione glutea I° stadio

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n. 3 Lesione glutea II° stadio

n. 4 Lesione glutea II° stadio

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n. 5 Lesione malleolo II° stadio

n. 6 Lesione al tallone II° stadio

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n. 7 Lesione sacrale III° stadio, con iniziale necrosi

n. 8 Lesione al malleolo esterno III° stadio

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n. 9 Lesione sacrale IV° stadio, detersa

n. 10 Lesione sacrale IV° stadio, sottominata

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Progetto a cura di:

Silvano Lopez - Direttore Dipartimento P.A.C. - U.O.C. Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie A.S.L. Milano 1 Hanno collaborato alla stesura del documento: Gianluca Azi R.S.A. Casa Padre Pio Legnano Chiara Ballerio U.O.C. Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie A.S.L. Milano 1 Fabrizio Borsani R.S.A. Fondazione Ferrario Vanzago Gianna Carella R.S.A. Istituto Geriatrico C. Golgi Abbiategrasso Paola Cattin R.S.A. Ricovero F. Uboldi Paderno Dugnano Rosetta Condoleo R.S.A. San Martino Bollate Cristina Crivelli R.S.A.- R.S.D. Santa Caterina Settimo Milanese Davide Dell’Acqua R.S.A. Istituto Geriatrico C. Golgi Abbiategrasso Roberta Di Gennaro R.S.A. San Luigi Cesano Boscone Iago Fontana R.S.A. Ricovero F. Uboldi Paderno Dugnano Raffaella Gornati U.O.C. Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie A.S.L. Milano 1 Michele Lombino R.S.A. San Martino Bollate Savino Lo Russo R.S.D. Sant’Anna Cesano Boscone Francesco Manganelli R.S.A. Villa Arcadia Bareggio Stefano Mantovani R.S.A. Don Cuni Magenta Dolores Nuzzo R.S.A. Santa Caterina Settimo Milanese Paola Ranzani R.S.A. Fondazione Giuseppe Gemellaro Albairate Angelamaria Sibilano U.O.C. Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie A.S.L. Milano 1 Marina Zanzarsi R.S.A. Villa Arcadia Bareggio Si ringrazia:

Il Direttore Sociale A.S.L. Milano 1 Dr. Giuseppe Calicchio che ha favorito la realizzazione di iniziative di integrazione ASL Milano 1 - Territorio … ed in particolare Tutti gli operatori delle R.S.A. e R.S.D. del territorio dell’A.S.L. Milano 1 che quotidianamente assistono le persone più fragili.


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