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Venerdì 21 dicembre 2012 Venerdì 21 dicembre 2012 C U LT U...

Date post: 29-Jul-2020
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Venerdì 21 dicembre 2012 22 Venerdì 21 dicembre 2012 23 CULTURA & SPETTACOLI IL LIBRO «LA DOPPIA VITA DEI NUMERI» DI ERRI DE LUCA, AMBIENTATO IN UNA NAPOLI ANCORA GRAVIDA DI MEMORIE DI EDUARDO Ma poi a che cosa serve aspettare la mezzanotte? Una tombolata di San Silvestro, tra ricordi e ombre del passato La «bela kuga» (peste bianca) è il basso tasso di natalità del Paese (1,3 figli per donna) L’AUTORE Lo scrittore di origini napoletane Erri De Luca F ilm muti, documentari dell’Isti- tuto Luce e molte pellicole che hanno fatto la storia del cinema rischiano di sparire per sempre: si tratta di un milione di ore di film in tutta Europa che giacciono nelle cine- mateche nazionali dove i loro supporti si stanno deteriorando. Se non verranno digitalizzate scom- pariranno dal pa- trimonio culturale dei Paesi europei. L’allarme lo ha lanciato ieri la Commissione dell’Unione euro- pea, che avverte i governi: tra sette anni tutto quel ma- teriale sarà inuti- lizzabile. L’impatto cultu- rale della scompar- sa di un milione di ore di film è «cau- sa di enorme preoccupazione» per Bruxelles, che già anni fa ha in- vitato i Paesi ad avviare l’opera di digitalizzazione delle proprie cinematografie nazionali. Una mossa che le renderebbe anche fruibili online, obiettivo della commis- saria all’agenda digitale Neelie Kroes: «È ridicolo che i nostri film siano invisibili nel XXI secolo, nel 2013 farò una pro- posta per aiutare gli Stati e i soggetti interessati a unire gli sforzi». Perché il problema resta sempre il finanziamento: finora, con risorse statali date con il contagocce, istituti di cinema e cinema- teche sono riusciti a trasferire su sup- porto digitale solo l’1,5% del patrimonio europeo. Una goccia in mezzo al mare, che non riesce a fermare l'emorragia di 1200 film che ogni anno vengono persi a causa del deterioramento dei supporti. [Ansa] IL CASO VANNO DIGITALIZZATI I FILM, MA MANCANO I SOLDI «Il cinema muto svanisce per sempre» Sos dell’Unione Europea: fra 7 anni UN DISCO-PUB A BELGRADO È fra le capitali europe della vita notturna. In basso, Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat con l’ex premier serbo Mirko Cvetkovic. A sinistra, cartina della Serbia con l’indicazione della città di Kragujevac, della quale si parla nell’articolo di Napoli IL VICINO EST COME IL FAR WEST LA STORIA D’UNA GIOVANE COPPIA CHE HA LASCIATO BELGRADO PER KRAGUJEVAC, VICINO LA ZASTAVA FIAT C’è chi tiene in Serbo un sogno pugliese di DIEGO ZANDEL N on è un romanzo l’ultimo li- bro di Erri De Luca, ma una pièce teatrale, in tre parti, dal titolo La doppia vita dei numeri, edito, come quasi tutti i libri di questo autore, da Feltrinelli. Si tratta di un’opera molto legata al Natale, o me- glio alla notte di San Silvestro e con un suo profilo autobiografico crediamo ab- bastanza spiccato. Protagonisti della pièce sono solo due personaggi, un uo- mo e una donna sulla sessantina, si verrà presto a sapere che sono fratello e sorella, riuniti per trascorrere insieme l’ultima notte dell’anno e l’inizio del nuovo. Nessun altro con loro, se non, più tardi, i fantasmi dei genitori, morti da anni. Si presenteranno, per così dire, nel corso della nottata, mentre i due fratelli, come già in passato, quando erano due ragazzi, attendevano il nuovo anno giocando a tombola in famiglia. Prenderà così vita un gioco delle parti carico di nostalgia per un tempo e per- sone amate che non torneranno più. Una nostalgia evocata in particolare dall’estrazione dei numeri per la tom- bola, ciascuno con il suo significato al- legorico, e capace di mettere in campo ricordi, momenti e, soprattutto, storie che l’uomo inventa lì per lì sulla base dei numeri estratti. Tra queste storie, brandelli di vita dei due fratelli, ricordi dei genitori, che «rivedranno» i loro figli invecchiati, non più certo nell’età che avevano quando tutti insieme aspet- tavano giocando l’arrivo del nuovo an- no. Erri De Luca ci entra con la cautela caratteriale che gli è propria, che ha in antipatia le situazioni omologate, im- poste dalle convenzioni, e di cui è por- tatore, nella pièce, l’uomo. Il fatto che l’autore metta molto di se stesso in que- sto personaggio è dato proprio dall’at- teggiamento simile, la stessa idiosin- crasia, che egli prova nei confronti di analoghe situazioni. Alla sorella – ed Erri De Luca ha una sorella - che lo obbliga all’attesa della fatidica mezza- notte risponde: «Mi urta i nervi la mez- zanotte. Per convenzione è diventata più desiderata, che so, delle undici. E poi non mi piace aspettare l’arrivo di un’ora. Non è un treno e non ho nes- suno da aspettare, tanto meno i minuti di un orario. Mezzanotte non è cima di niente, non è una vetta da dove si ve- dono le stelle più vicine. Io poi la salto tutti i giorni a occhi chiusi». Frase che rivela, da una parte la pas- sione dell’autore per le arrampicate di montagna e, dall’altra, la sua abitudine, nella vita di tutti i giorni, di andare a dormire presto la sera, per svegliarsi all’alba del giorno dopo e scrivere (an- che l’uomo della pièce è scrittore) o dedicarsi agli alberi da frutto che ha nella sua casa fuori Roma, verso Brac- ciano. Così come si viene a sapere che l’uomo è, appunto, capitato a Napoli, dalla quale ormai manca da anni, solo per l’occasione e, con i ricordi del quar- tiere di Montedidio a Napoli, dove lo scrittore è cresciuto (scenario di un suo romanzo Montedidio, appunto, del 2001), testimonia un suo distacco fisico, ma non spirituale dalla città. Così come rivela, in un passaggio, i suoi legami famigliari, per via di madre, con l’Ame- rica (per cui il suo chiamarsi Enrico è diventato Henry e perciò Erri). Il ri- chiamo a Eduardo De Filippo, alla sua Napoli Milionaria, quella di «Adda pas- sà a nuttata» è abbastanza esplicito, an- che se, in una significativa, quanto in- tensa, introduzione al testo De Luca ci- ta Le voci di dentro, in particolare il personaggio di zi’ Nicola, partendo da una considerazione preliminare: che «nessun napoletano nato nel 1900 può prescindere» da Eduardo. Quanto alla napoletanità, fortemente presente e vi- va in La doppia vita dei numeri è sim- bolicamente sottolineata sempre nella introduzione quando Erri De Luca fa riferimento a certi aspetti tipici di essa, come la mimica, da scrivere: «A Napoli la mimica è inflessibile, non si può sba- gliare l’angolo del polso, il raggruppa- mento delle dita, il ritmo sincopato del- la mossa che deve significare ‘Tu che bbuo’?’, tu che vuoi? Il forestiero si tra- disce subito, prima che apra bocca, non la sa eseguire. ‘Tu che bbuo?’ è un’ese- cuzione e lascia minimo scampo di ri- sposta». È il senso che si ricava da questa lettura, dopo la quale non c’è scampo alla scheletrica, essenziale ne- cessità di ogni battuta «dove la parola è palla di biliardo spinta a rimbalzare tra sponde, senza governo sulle sue caram- bole». l Erri De Luca, La doppia vita dei numeri, Feltrinelli, pag. 70, euro 8,00 di ALESSANDRO NAPOLI H a nevicato molto in que- ste due ultime settima- ne nel Nord della Ser- bia, da Belgrado in su. Per strada, anche di notte e come sempre, c’è però tanta gente, tante macchine, tanti taxi. Dal freddo ci si ripara e poi qui non è umido e si sopporta bene. Negli innumerevoli ristoranti, bar, pub, discoteche aperti fino a notte fonda il serbo è ovviamente la lingua che prevale, ma non ce n’è uno dove alla lingua nazionale non si affianchi il solito inglese-lingua-franca e sempre più spesso l’italiano. Italiani dapper- tutto, italiani di tutti i tipi e le età. Gli altri stranieri, per quanto sem- pre più numerosi, sono molto meno visibili. Una italijansko vece (se- rata italiana), a base di musica e snack offerti gratuitamente sta di- ventando un’istituzione in tutti i locali pubblici. Quelli che non ne hanno organizzata ancora una so- no a caccia di musicisti e animatori italiani disponibili. Di andare a caccia di clienti italiani e soprat- tutto italofoni o italofili non c’è bi- sogno: una serata italiana riempie un locale (e le casse dei proprietari dei locali) senza bisogno di sforzi di comunicazione: basta il passapa- rola. Italiani di tutti i tipi, di tutte le età. In Serbia abbastanza difficili da distinguere dai serbi, perché ve- stiti quasi allo stesso modo. Mi- metizzati come camaleonti, a pro- prio agio come «nativi». Ci sono giovani che qui cercano di costruir- si una carriera che non riescono a costruirsi in Italia: nella cultura, nell’istruzione, nella consulenza a potenziali investitori stranieri, nel- la ristorazione, nei piccoli commer- ci. Ci sono tecnici e dirigenti man- dati dalle case madri di grandi banche, assicurazioni e industrie manifatturiere: dalla Fiat a Banca Intesa e a Unicredit, da Fondiaria e Generali a Benetton, da Geox a Pompea o a Calzedonia, solo per citare alcune delle imprese che han- no fatto della Serbia una base per entrare in un mercato più ampio oppure il proprio reparto-officina. A due passi da casa (cinque ore di autostrada separano Trieste da Belgrado). Ci sono poi i piccoli imprenditori che sognano di rifarsi una vita, anzi una storia, in un Paese dove il prelievo fiscale sui redditi d’impre- sa si ferma al 12% ma che quando arrivano in esplorazione capisco- no che la Serbia è sì un Paese estre- mamente aperto agli investimenti diretti esteri, ma non un Far West (o Near East, per la precisione). Sono quelli che ripetono «il guaio dell’Italia sono i politici, sono i sin- dacati, sono i miei colleghi che non pagano le tasse». Già, perché a non pagare le tasse sono sempre gli altri e perché si aspettano che «i politici» siano una specie umana perma- nentemente residente in una sorta di cabina di regia e selezionata per mettere tutto a posto, e soprattutto per elargire sovvenzioni. Riempio- no i voli low-cost dagli aeroporti del Nord Est a Timisoara o a Buda- pest, con trasferimento in macchi- na o minibus oltre frontiera. Non mancano i meridionali, so- prattutto pugliesi. Ci sono i piccoli imprenditori che sognano di piaz- zare o già piazzano merce sul mer- cato serbo e su quello degli altri Paesi dell’area di libero scambio dei Balcani Occidentali (CEFTA) o addirittura, attraverso un accordo di libero scambio fra Serbia e Fe- derazione Russa, producendo o as- semblando in Serbia e spedendo in Russia. C’è chi fa il lavoro tecnico che gli è stato assegnato, chi si met- te in discussione e rischia (con suc- cesso e soddisfazioni o con insuc- cessi e frustrazioni), chi viene, esplora e poi resta, anche a costo di enormi sacrifici e persino della fa- me. Colpito da una sindrome, il «mal dei Balcani», più persistente del vecchio mal d’Africa: una volta che ne sei colpito si cronicizza. Una volta qui, staccarsene diventa dif- ficile, soprattutto per i più giovani, appassionati da una vita con poche limitazioni, molte sfide, molti ri- schi. Milovan parla italiano. Quando mi conobbe gli bastarono una de- cina di minuti di conversazione (in serbo, non in italiano) per iden- tificarmi come barese: riusciva a cogliere qualcosa di non proprio facile da cogliere: la proiezione di un accento regionale italiano nella lingua del suo Paese. Sposato, è vissuto per decenni nella sua Bel- grado, dove era arrivato da bam- bino al seguito dei genitori. Aveva perso il lavoro negli anni più dif- ficili della transizione, mentre la moglie, cassiera in un supermer- cato, metteva insieme l’unico red- dito a disposizione della coppia. Passava il tempo a guardare le se- rie spagnole e quelle turche in te- levisione e i talk-show del pome- riggio sulle reti italiane. E poi le partite di calcio. Niente figli: questa coppia, come tantissime altre, ave- va deciso che non avrebbe mai po- tuto permetterseli. Vittima di quel- la che in Serbia si chiama bela kuga, letteralmente peste bianca, espressione che si usa per definire il bassissimo tasso di natalità del Paese (1,3 figli per donna). Con 30.000 dinari al mese (290 euro) Mi- lovan e la moglie non avrebbero mai potuto sopravvivere senza le incursioni di fine settimana al vil- laggio dei genitori in Serbia Cen- trale. Partenza con il portabagagli vuoto, ritorno a Belgrado con il portabagagli colmo di uova, polli, formaggi, slanina (pancetta affu- nicata). Bene finché sono vissuti i geni- tori. A Milovan è rimasta la casa. In una settimana hanno chiuso ba- racca e burattini, chiuso con la vita da esclusi nella capitale e preso possesso della casa al villaggio ri- cevuta in eredità. Milovan ora si occupa dell’orto e del frutteto. Per ora niente lavoro sicuro. La moglie fa la cassiera al supermercato an- che qui. La macchina l’hanno ven- duta. In tre anni hanno fatto tre figli (altro che peste bianca). Vi- vono in un villaggio vicino a Kra- gujevac, proprio dove nell’ex-sta- bilimento Zastava Fiat Serbia pro- duce le Cinquecento. L’effetto-Fiat non è ancora arrivato nel villaggio dove vivono. Ma Milovan è con- vinto che stia per arrivare: «la mia vita cambierà». «Guarda, lì (e in- dica una specie di garage) aprirò un ristorante. Io di cucina italiana me ne intendo. Ci verranno le fa- miglie degli operai ricchi per fe- steggiare matrimoni, e poi gli ita- liani che vengono qui per control- lare che la fabbrica funzioni». E mentre fa buio, il sogno italiano arriva: mi piacciono gli italiani e soprattutto i pugliesi. Lavoratori e pieni di idee, li conosco bene». UNO SGUARDO SUI BALCANI «ITALIANIZZATI» Ristoranti, pub e discoteche: i nostri connazionali sono ovunque, espatriati per lavorare o fondare imprese. Fanno scuola in molti campi, a cominciare dalla cucina Vetrina SCARICABILE GRATIS, CONTIENE NOTIZIE E ARCHIVIO Nasce una «app» Cinecittà per iPad primo pacchetto dedicato alla Storia n Una nuova applicazione per la diffusione del cinema italiano. È la App Cinecittà per iPad, scaricabile gratuitamente da App Store, che permette di scoprire i migliori contenuti di Istituto Luce Cinecittà e avere aggiornamenti costanti da Cinecittà News direttamente sul proprio dispositivo. Uno strumento diversifi- cato per accedere alla «library» (cioè il ca- talogo) di film e documentari di Luce-Cine- città, ai filmati e foto d’Archivio. La App (di- sponibile anche in inglese) consente di acqui- stare contenuti extra. Il primo pacchetto, di- sponibile da oggi, è un omaggio alla nostra Storia: «Viva l’Italia», dedicato al racconto per immagini sulla nascita del nostro Paese. Ad aprire questa prima raccolta «Allonsanfan», il celebre film di Paolo e Vittorio Taviani; poi un raro gioiello di animazione come «La lunga calza verde», il film documentario di Gian- franco Pannone «Ma che Storia» e molto altro ancora. RODOLFO VALENTINO Il divo per eccellenza del cinema muto LA VICENDA LO ANNUNCIA LA CASA D’ASTE BOLAFFI: «HA PENALIZZATO I PRIVATI» Cimeli di Toscanini: ricorso contro il vincolo del Mibac L a casa d’aste Bolaffi po- trebbe presentare ricorso contro la decisione del mi- nistero per i Beni cultu- rali di vincolare alcuni dei cimeli del direttore d’orchestra Arturo To- scanini, battuti giovedì sera all’asta e in parte già acquistati dal Mi- bac. «I rigidi vincoli imposti dallo Stato hanno fortemente penalizzato il normale svolgimento dell’asta e impedito una leale competizione – ha spiegato Maurizio Piumatti, am- ministratore delle aste Bolaffi Am- bassador – hanno infatti escluso a priori tutti i clienti stranieri e limitato la partecipazione di molti soggetti italiani». Quindi la casa d’aste «non esclude di presentare ricorso al secondo gruppo di lotti notificati, anche se ciò compor- terebbe un onere non indifferente per la dilatazione dei tempi bu- rocratici». Sono solo 13 i lotti all’asta che non sono stati sottoposti al vincolo. Gli altri cimeli sono stati acquistati direttamente dal ministero mentre un secondo gruppo di oggetti, già venduto a privati, grazie alla di- chiarazione di interesse culturale nazionale potrà essere rilevato dal- lo Stato entro 60 giorni. Comples- sivamente l’asta Toscanini ha rea- lizzato 220mila euro, mentre la se- zione dell’asta di autografi e libri antichi ha totalizzato 650mila euro (230mila solo per quelli appartenuti a Toscanini).
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Venerdì 21 dicembre 201222 Venerdì 21 dicembre 2012 23

C U LT U R A &S P E T TAC O L IIL LIBRO «LA DOPPIA VITA DEI NUMERI» DI ERRI DE LUCA, AMBIENTATO IN UNA NAPOLI ANCORA GRAVIDA DI MEMORIE DI EDUARDO

Ma poi a che cosa serveaspettare la mezzanotte?Una tombolata di San Silvestro, tra ricordi e ombre del passato

La «bela kuga» (pestebianca) è il basso tasso

di natalità del Paese(1,3 figli per donna)

L’AU TO R E Lo scrittore di origini napoletane Erri De Luca

Film muti, documentari dell’Isti -tuto Luce e molte pellicole chehanno fatto la storia del cinemarischiano di sparire per sempre:

si tratta di un milione di ore di film intutta Europa che giacciono nelle cine-mateche nazionali dove i loro supporti sistanno deteriorando. Se non verrannodigitalizzate scom-pariranno dal pa-trimonio culturaledei Paesi europei.

L’allarme lo halanciato ieri laCommissionedell’Unione euro-pea, che avverte igoverni: tra setteanni tutto quel ma-teriale sarà inuti-l i z z ab i l e.

L’impatto cultu-rale della scompar-sa di un milione diore di film è «cau-sa di enormep re o c c u p a z i o n e »per Bruxelles, chegià anni fa ha in-vitato i Paesi adavviare l’opera di digitalizzazione delleproprie cinematografie nazionali.

Una mossa che le renderebbe anchefruibili online, obiettivo della commis-saria all’agenda digitale Neelie Kroes: «Èridicolo che i nostri film siano invisibilinel XXI secolo, nel 2013 farò una pro-posta per aiutare gli Stati e i soggettiinteressati a unire gli sforzi». Perché ilproblema resta sempre il finanziamento:finora, con risorse statali date con ilcontagocce, istituti di cinema e cinema-teche sono riusciti a trasferire su sup-porto digitale solo l’1,5% del patrimonioe u ro p e o.

Una goccia in mezzo al mare, che nonriesce a fermare l'emorragia di 1200 filmche ogni anno vengono persi a causa deldeterioramento dei supporti.

[Ansa]

IL CASO VANNO DIGITALIZZATI I FILM, MA MANCANO I SOLDI

«Il cinema mutosvanisce per sempre»Sos dell’Unione Europea: fra 7 anni

UN DISCO-PUBA BELGRADO È fra lecapitali europe della vitanotturna. In basso,Sergio Marchionne,amministratore delegatodella Fiat con l’expremier serbo MirkoC v e t ko v i c .A sinistra, cartina dellaSerbia con l’indicazionedella città di Kragujevac,della quale si parlanell’articolo di Napoli.

IL VICINO EST COME IL FAR WEST LA STORIA D’UNA GIOVANE COPPIA CHE HA LASCIATO BELGRADO PER KRAGUJEVAC, VICINO LA ZASTAVA FIAT

C’è chi tiene in Serboun sogno pugliese

di DIEGO ZANDEL

Non è un romanzo l’ultimo li-bro di Erri De Luca, ma unapièce teatrale, in tre parti,dal titolo La doppia vita dei

numeri, edito, come quasi tutti i libri diquesto autore, da Feltrinelli. Si tratta diu n’opera molto legata al Natale, o me-glio alla notte di San Silvestro e con unsuo profilo autobiografico crediamo ab-bastanza spiccato. Protagonisti dellapièce sono solo due personaggi, un uo-mo e una donna sulla sessantina, siverrà presto a sapere che sono fratello esorella, riuniti per trascorrere insiemel’ultima notte dell’anno e l’inizio delnuovo. Nessun altro con loro, se non,più tardi, i fantasmi dei genitori, mortida anni. Si presenteranno, per così dire,nel corso della nottata, mentre i duefratelli, come già in passato, quandoerano due ragazzi, attendevano il nuovoanno giocando a tombola in famiglia.Prenderà così vita un gioco delle particarico di nostalgia per un tempo e per-sone amate che non torneranno più.Una nostalgia evocata in particolaredall’estrazione dei numeri per la tom-bola, ciascuno con il suo significato al-legorico, e capace di mettere in camporicordi, momenti e, soprattutto, storieche l’uomo inventa lì per lì sulla basedei numeri estratti. Tra queste storie,brandelli di vita dei due fratelli, ricordidei genitori, che «rivedranno» i lorofigli invecchiati, non più certo nell’etàche avevano quando tutti insieme aspet-tavano giocando l’arrivo del nuovo an-n o.

Erri De Luca ci entra con la cautelacaratteriale che gli è propria, che ha inantipatia le situazioni omologate, im-poste dalle convenzioni, e di cui è por-tatore, nella pièce, l’uomo. Il fatto chel’autore metta molto di se stesso in que-sto personaggio è dato proprio dall’at -teggiamento simile, la stessa idiosin-crasia, che egli prova nei confronti dianaloghe situazioni. Alla sorella – edErri De Luca ha una sorella - che loobbliga all’attesa della fatidica mezza-notte risponde: «Mi urta i nervi la mez-zanotte. Per convenzione è diventatapiù desiderata, che so, delle undici. Epoi non mi piace aspettare l’arrivo diu n’ora. Non è un treno e non ho nes-suno da aspettare, tanto meno i minuti

di un orario. Mezzanotte non è cima diniente, non è una vetta da dove si ve-dono le stelle più vicine. Io poi la saltotutti i giorni a occhi chiusi».

Frase che rivela, da una parte la pas-sione dell’autore per le arrampicate dimontagna e, dall’altra, la sua abitudine,nella vita di tutti i giorni, di andare adormire presto la sera, per svegliarsiall’alba del giorno dopo e scrivere (an-che l’uomo della pièce è scrittore) odedicarsi agli alberi da frutto che hanella sua casa fuori Roma, verso Brac-ciano. Così come si viene a sapere chel’uomo è, appunto, capitato a Napoli,dalla quale ormai manca da anni, soloper l’occasione e, con i ricordi del quar-tiere di Montedidio a Napoli, dove loscrittore è cresciuto (scenario di un suoromanzo Montedidio, appunto, del 2001),testimonia un suo distacco fisico, manon spirituale dalla città. Così comerivela, in un passaggio, i suoi legamifamigliari, per via di madre, con l’Ame -rica (per cui il suo chiamarsi Enrico èdiventato Henry e perciò Erri). Il ri-chiamo a Eduardo De Filippo, alla suaNapoli Milionaria, quella di «Adda pas-sà a nuttata» è abbastanza esplicito, an-che se, in una significativa, quanto in-

tensa, introduzione al testo De Luca ci-ta Le voci di dentro, in particolare ilpersonaggio di zi’ Nicola, partendo dauna considerazione preliminare: che«nessun napoletano nato nel 1900 puòprescindere» da Eduardo. Quanto allanapoletanità, fortemente presente e vi-va in La doppia vita dei numeri è sim-bolicamente sottolineata sempre nellaintroduzione quando Erri De Luca fariferimento a certi aspetti tipici di essa,come la mimica, da scrivere: «A Napolila mimica è inflessibile, non si può sba-gliare l’angolo del polso, il raggruppa-mento delle dita, il ritmo sincopato del-la mossa che deve significare ‘Tu chebbu o ’?’, tu che vuoi? Il forestiero si tra-disce subito, prima che apra bocca, nonla sa eseguire. ‘Tu che bbuo?’ è un’ese -cuzione e lascia minimo scampo di ri-sposta». È il senso che si ricava daquesta lettura, dopo la quale non c’èscampo alla scheletrica, essenziale ne-cessità di ogni battuta «dove la parola èpalla di biliardo spinta a rimbalzare trasponde, senza governo sulle sue caram-bole».

l Erri De Luca, La doppia vita deinumeri, Feltrinelli, pag. 70, euro 8,00

di ALESSANDRO NAPOLI

Ha nevicato molto in que-ste due ultime settima-ne nel Nord della Ser-bia, da Belgrado in su.

Per strada, anche di notte e comesempre, c’è però tanta gente, tantemacchine, tanti taxi. Dal freddo cisi ripara e poi qui non è umido e sisopporta bene. Negli innumerevoliristoranti, bar, pub, discotecheaperti fino a notte fonda il serbo èovviamente la lingua che prevale,ma non ce n’è uno dove alla linguanazionale non si affianchi il solitoinglese-lingua-franca e sempre piùspesso l’italiano. Italiani dapper-tutto, italiani di tutti i tipi e le età.Gli altri stranieri, per quanto sem-pre più numerosi, sono molto menovisibili. Una italijansko vece (se -rata italiana), a base di musica esnack offerti gratuitamente sta di-ventando un’istituzione in tutti ilocali pubblici. Quelli che non nehanno organizzata ancora una so-no a caccia di musicisti e animatoriitaliani disponibili. Di andare acaccia di clienti italiani e soprat-tutto italofoni o italofili non c’è bi-

sogno: una serata italiana riempieun locale (e le casse dei proprietaridei locali) senza bisogno di sforzi dicomunicazione: basta il passapa-ro l a .

Italiani di tutti i tipi, di tutte leetà. In Serbia abbastanza difficilida distinguere dai serbi, perché ve-stiti quasi allo stesso modo. Mi-metizzati come camaleonti, a pro-prio agio come «nativi». Ci sonogiovani che qui cercano di costruir-si una carriera che non riescono acostruirsi in Italia: nella cultura,nell’istruzione, nella consulenza apotenziali investitori stranieri, nel-la ristorazione, nei piccoli commer-ci. Ci sono tecnici e dirigenti man-dati dalle case madri di grandibanche, assicurazioni e industriemanifatturiere: dalla Fiat a BancaIntesa e a Unicredit, da Fondiaria eGenerali a Benetton, da Geox aPompea o a Calzedonia, solo percitare alcune delle imprese che han-no fatto della Serbia una base perentrare in un mercato più ampiooppure il proprio reparto-officina.A due passi da casa (cinque ore diautostrada separano Trieste daBelg rado).

Ci sono poi i piccoli imprenditoriche sognano di rifarsi una vita,anzi una storia, in un Paese dove ilprelievo fiscale sui redditi d’impre -sa si ferma al 12% ma che quandoarrivano in esplorazione capisco-no che la Serbia è sì un Paese estre-mamente aperto agli investimentidiretti esteri, ma non un Far West(o Near East, per la precisione).Sono quelli che ripetono «il guaiodell’Italia sono i politici, sono i sin-dacati, sono i miei colleghi che nonpagano le tasse». Già, perché a nonpagare le tasse sono sempre gli altrie perché si aspettano che «i politici»siano una specie umana perma-nentemente residente in una sortadi cabina di regia e selezionata permettere tutto a posto, e soprattuttoper elargire sovvenzioni. Riempio-no i voli low-cost dagli aeroporti delNord Est a Timisoara o a Buda-pest, con trasferimento in macchi-na o minibus oltre frontiera.

Non mancano i meridionali, so-prattutto pugliesi. Ci sono i piccoliimprenditori che sognano di piaz-zare o già piazzano merce sul mer-cato serbo e su quello degli altriPaesi dell’area di libero scambio

dei Balcani Occidentali (CEFTA) oaddirittura, attraverso un accordodi libero scambio fra Serbia e Fe-derazione Russa, producendo o as-semblando in Serbia e spedendo inRussia. C’è chi fa il lavoro tecnicoche gli è stato assegnato, chi si met-te in discussione e rischia (con suc-cesso e soddisfazioni o con insuc-cessi e frustrazioni), chi viene,esplora e poi resta, anche a costo dienormi sacrifici e persino della fa-me. Colpito da una sindrome, il«mal dei Balcani», più persistentedel vecchio mal d’Africa: una voltache ne sei colpito si cronicizza. Unavolta qui, staccarsene diventa dif-ficile, soprattutto per i più giovani,appassionati da una vita con pochelimitazioni, molte sfide, molti ri-s ch i .

Milovan parla italiano. Quandomi conobbe gli bastarono una de-cina di minuti di conversazione (inserbo, non in italiano) per iden-tificarmi come barese: riusciva acogliere qualcosa di non propriofacile da cogliere: la proiezione diun accento regionale italiano nellalingua del suo Paese. Sposato, èvissuto per decenni nella sua Bel-

grado, dove era arrivato da bam-bino al seguito dei genitori. Avevaperso il lavoro negli anni più dif-ficili della transizione, mentre lamoglie, cassiera in un supermer-cato, metteva insieme l’unico red-dito a disposizione della coppia.Passava il tempo a guardare le se-rie spagnole e quelle turche in te-levisione e i talk-show del pome-riggio sulle reti italiane. E poi lepartite di calcio. Niente figli: questacoppia, come tantissime altre, ave-va deciso che non avrebbe mai po-tuto permetterseli. Vittima di quel-la che in Serbia si chiama belakug a, letteralmente peste bianca,espressione che si usa per definire ilbassissimo tasso di natalità delPaese (1,3 figli per donna). Con30.000 dinari al mese (290 euro) Mi-lovan e la moglie non avrebberomai potuto sopravvivere senza leincursioni di fine settimana al vil-laggio dei genitori in Serbia Cen-trale. Partenza con il portabagaglivuoto, ritorno a Belgrado con ilportabagagli colmo di uova, polli,formaggi, slanina (pancetta affu-nicata).

Bene finché sono vissuti i geni-

tori. A Milovan è rimasta la casa.In una settimana hanno chiuso ba-racca e burattini, chiuso con la vitada esclusi nella capitale e presopossesso della casa al villaggio ri-cevuta in eredità. Milovan ora sioccupa dell’orto e del frutteto. Perora niente lavoro sicuro. La mogliefa la cassiera al supermercato an-che qui. La macchina l’hanno ven-duta. In tre anni hanno fatto trefigli (altro che peste bianca). Vi-vono in un villaggio vicino a Kra-gujevac, proprio dove nell’ex-sta -bilimento Zastava Fiat Serbia pro-duce le Cinquecento. L’e f fe t t o - F i a tnon è ancora arrivato nel villaggiodove vivono. Ma Milovan è con-vinto che stia per arrivare: «la miavita cambierà». «Guarda, lì (e in-dica una specie di garage) apriròun ristorante. Io di cucina italianame ne intendo. Ci verranno le fa-miglie degli operai ricchi per fe-steggiare matrimoni, e poi gli ita-liani che vengono qui per control-lare che la fabbrica funzioni». Ementre fa buio, il sogno italianoarriva: mi piacciono gli italiani esoprattutto i pugliesi. Lavoratori epieni di idee, li conosco bene».

UNO SGUARDO SUI BALCANI «ITALIANIZZATI»Ristoranti, pub e discoteche: i nostri connazionali sono

ovunque, espatriati per lavorare o fondare imprese.Fanno scuola in molti campi, a cominciare dalla cucina

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Nasce una «app» Cinecittà per iPadprimo pacchetto dedicato alla Storian Una nuova applicazione per la diffusione del

cinema italiano. È la App Cinecittà per iPad,scaricabile gratuitamente da App Store, chepermette di scoprire i migliori contenuti diIstituto Luce Cinecittà e avere aggiornamenticostanti da Cinecittà News direttamente sulproprio dispositivo. Uno strumento diversifi-cato per accedere alla «library» (cioè il ca-talogo) di film e documentari di Luce-Cine-città, ai filmati e foto d’Archivio. La App (di-sponibile anche in inglese) consente di acqui-stare contenuti extra. Il primo pacchetto, di-sponibile da oggi, è un omaggio alla nostraStoria: «Viva l’Italia», dedicato al racconto perimmagini sulla nascita del nostro Paese. Adaprire questa prima raccolta «Allonsanfan», ilcelebre film di Paolo e Vittorio Taviani; poi unraro gioiello di animazione come «La lungacalza verde», il film documentario di Gian-franco Pannone «Ma che Storia» e molto altroancora.

RODOLFOVA L E N T I N OIl divo pereccellenzadel cinemamuto

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LA VICENDA LO ANNUNCIA LA CASA D’ASTE BOLAFFI: «HA PENALIZZATO I PRIVATI»

Cimeli di Toscanini: ricorsocontro il vincolo del Mibac

La casa d’aste Bolaffi po-trebbe presentare ricorsocontro la decisione del mi-nistero per i Beni cultu-

rali di vincolare alcuni dei cimelidel direttore d’orchestra Arturo To-scanini, battuti giovedì sera all’astae in parte già acquistati dal Mi-b a c.

«I rigidi vincoli imposti dalloStato hanno fortemente penalizzatoil normale svolgimento dell’asta eimpedito una leale competizione –ha spiegato Maurizio Piumatti, am-ministratore delle aste Bolaffi Am-bassador – hanno infatti escluso apriori tutti i clienti stranieri elimitato la partecipazione di moltisoggetti italiani». Quindi la casad’aste «non esclude di presentare

ricorso al secondo gruppo di lottinotificati, anche se ciò compor-terebbe un onere non indifferenteper la dilatazione dei tempi bu-ro c r at i c i » .

Sono solo 13 i lotti all’asta chenon sono stati sottoposti al vincolo.Gli altri cimeli sono stati acquistatidirettamente dal ministero mentreun secondo gruppo di oggetti, giàvenduto a privati, grazie alla di-chiarazione di interesse culturalenazionale potrà essere rilevato dal-lo Stato entro 60 giorni. Comples-sivamente l’asta Toscanini ha rea-lizzato 220mila euro, mentre la se-zione dell’asta di autografi e libriantichi ha totalizzato 650mila euro(230mila solo per quelli appartenutia Toscanini).

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