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Giornalino marzo 2014

Date post: 11-Mar-2016
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Anno II, Marzo 2014 La gazzetta dell’Alessi The Open Day! Il 25 gennaio abbiamo aperto le porte della Guido Alessi per un’oc- casione molto speciale: mostrarvi la nostra scuola e celebrare il Gior- no della Memoria. L’argomento era molto serio e lo abbiamo affronta- to con tutto l’impegno possibile. Abbiamo raccontato le conseguen- ze dell’odio, ma anche la forza di chi è sopravvissuto, la solidarietà di chi ha aiutato, l’amore per la vita e per i propri cari.
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Page 1: Giornalino marzo 2014

Anno II, Marzo 2014

La gazzetta dell’Alessi The Open Day!

Il 25 gennaio abbiamo aperto le porte della Guido Alessi per un’oc-casione molto speciale: mostrarvi la nostra scuola e celebrare il Gior-no della Memoria. L’argomento era molto serio e lo abbiamo affronta-to con tutto l’impegno possibile. Abbiamo raccontato le conseguen-ze dell’odio, ma anche la forza di chi è sopravvissuto, la solidarietà di chi ha aiutato, l’amore per la vita e per i propri cari.

Page 2: Giornalino marzo 2014

Per voi ci siamo fatti in quattro...

La gazzetta dell’Alessi

Tutti noi studenti abbiamo collabo-rato a questo even-to con letture di poesie, musiche e la presentazione di una mostra sulla persecuzione degli Ebrei in Italia.

In una classe

abbiamo recitato

varie poesie, in un’altra letto dei brani dal diario di Anna Frank e da Primo Levi, in un’altra ancora

i migliori “musicisti” della scuola hanno

suonato brani a te-ma, alcuni dei quali all’epoca proibiti dal

regime nazista.

Page 3: Giornalino marzo 2014

Vi è mai capitato di in-

ciampare su un sasso sconnesso trovato men-

tre camminavate sul mar-ciapiede?

A noi è successo! Durante un’uscita didatti-

ca lungo via Flaminia ci siamo fermati davanti al portone di un palazzo

perché siamo “inciampati” su delle strane mattonelle

dorate. Ci siamo chiesti come mai c'erano dei nomi incisi

sopra. La maestra ci ha spiegato

che quelle mattonelle si chiamano “pietre d'in-ciampo” e sono state

messe lì per ricordare delle persone che in quel-le case vivevano e che

sono state portate via: i nazifascisti li portarono nei campi di concentra-

mento e da lì non fecero più ritorno.

Tornati a scuola abbiamo fatto delle ricerche per

capire qual è la loro sto-

ria. Abbiamo scoperto che le pietre d'inciampo (Stolpersteine) sono state inventate da un artista

tedesco, Gunter Demnig, per ricordare i cittadini deportati nei campi di

sterminio nazisti. La “stolpersteine” è una

piccola targa d'ottone della dimensione di un sampietrino (10 x 10 cm),

posta davanti alla porta della casa in cui abitò il deportato, sulla quale

sono incisi il nome della persona deportata, l'anno di nascita, la data e il luo-

go di deportazione e la data di morte, se cono-sciuta, per ricordare chi si

voleva ridurre soltanto a un numero. Un inciampo non fisico, dunque, ma

visivo e mentale, per far fermare a riflettere chi vi

passa vicino. Percorrendo la via Flami-nia ci sono tante pietre

Le pietre d’inciampo

Marzo 2014 Anno 2

Memoria

a cura di Asia Minelli & Stella Solari

Verrà il giorno che ve ne pentirete

Beceri che strillate e muti che state zitti! Bertold Brecht

per ricordare: EVA DELLA SETA;

GIOVANNI DELLA SETA; MARIO LEVI;

ALBA SOFIA RAVENNA LEVI; GIOR-

GIO LEVI; LAMBERTO ROMANELLI;

G I U L I A D E L M O N T E ;

C A R L A R O M A N E L L I ;

MICHELE MARCO ROMANELLI;

L E O NE I T A L O V A LA BR E GA;

ANITA DI CAPUA VALABREGA

A l l ’ i n d i r i z z o w e b

www.memoriedinciampo.com si trova la mappa dei luoghi dove sono stati installati i sampietrini, fotografie, film e testimonianze,

lavori svolti dagli studenti, testi storici e critici relativi alla depor-tazione di ebrei, politici e militari,

una vastissima rassegna stampa.

IV B, Guido Alessi Primaria

L’iniziativa dell'artista tedesco è partita nel 1995, a Colonia, e ha toccato vari Paesi dell’Europa. A ini-zio 2010 erano installate più di 22.000 "pietre" in Germania, Austria, Ungheria, Ucraina, Cecoslovac-chia, Polonia, Paesi Bassi, Italia. In Germania nacque inizialmente un dibattito sul fatto che le "pietre" venivano poste davanti al portone di ingresso e il proprietario dell'immobile poteva non gradire l'idea di essere costretto a ricordare ogni giorno le atrocità naziste. A Colonia per esempio una "pietra" fu posta lontana dal portone principale, quasi al bordo del marciapiede, vicino alla strada. A Krefeld la contro-versia riguardò il fatto che le pietre ricordavano troppo il periodo in cui i nazisti usavano le lapidi delle tombe ebree come pavimentazione per i marciapiedi. Alla fine fu raggiunto un accordo: la scelta del luogo dove porre una pietra d'inciampo sarebbe stata subordinata all'approvazione del proprietario della casa e, qualora ci fossero, anche dei parenti delle vittime da ricordare.

Alessandro Persiani, 3 A Secondaria

LE FOTO DELLA

MOSTRA E DELLE PIETRE D’INCIAMPO

SONO STATE SCAT-TATE E RACCOLTE

DA ASIA MINELLI E

STELLA SOLARI.

I DISEGNI CHE ILLU-

STRANO LE ATTIVI-TA’ DELL’OPEN

DAY SONO STATI REALIZZATI DAGLI

ALUNNI DELLA V A PRIMARIA GUIDO ALESSI NELL’AMBI-

TO DEL PROGETTO

MEMORIA.

RINGRAZIAMO LE

MAESTRE MARCEL-LA MESSINA E AN-

NA RUSSO PER AVERCI AIUTATO A

RACCOGLIERE I MATERIALI.

Page 4: Giornalino marzo 2014

INCONTRO CON I TESTIMONI

D: Come si falsificavano

i documenti?

R: Si cercava di utilizzare

le prime lettere del no-

me e del cognome per

facilitare la falsificazione

e per non confondersi a

firmare i documenti.

D: In quale momento

hai sofferto di più e hai

avuto paura?

R: Da incosciente, come

tutti i ragazzi della mia

età, non ebbi mai molta

paura ma soffrii solo una

volta quando, tornando

da una passeggiata, una

mia cara amica mi chiese

di andare a casa sua; in

quell’occasione non an-

dai; dopo seppi che i

nazisti erano andati a

casa sua per cercarci. Il

tradimento della mia

amica mi fece molto

soffrire.

D: Come è stato non

avere la tua libertà e

vivere nascosta per tan-

to tempo ?

R: Sicuramente non bel-

lo perché tutti i ragazzi

amano la libertà; in

compenso ero felice

perché, a differenza di

altri, avevo vicino i miei

cari.

D: Hai visto soffrire del-

le persone care?

R: Tanta sofferenza in-

teriore nel vedere mia

madre sempre molto

preoccupata per la sicu-

rezza dei propri figli, ma

D: Come trascorrevi le tue

giornate prima della perse-

cuzione? R: Il mio posto preferito

erano i giardini pubblici dove

facevo lunghe passeggiate e

dove amavo guardare la sta-

tua della lupa che allattava

Romolo e Remo.

D: Che età avevi a quel tem-

po?

R: Avevo 17 anni e mia so-

rella 10. Nel 1938 promulga-

rono le leggi razziali e fui

costretta a smettere di an-

dare a scuola; in quel mo-

mento fui ben felice di farlo.

Mi nascosi ad Assisi con la

mia famiglia e un vescovo ci

aiutò a falsificare le carte di

identità. Io presi il nome di

Vincenza Varelli.

Memoria

In occasione della “Giornata della Memoria” abbiamo avuto l'opportunità di ospitare nella nostra

scuola la signora Graziella Viterbi che, in seguito alle leggi razziali del 1938, è stata costretta a

lasciare la casa di Padova e a rifugiarsi con la famiglia ad Assisi. Qui, grazie all'aiuto del vescovo e

di altri sacerdoti, sotto falso nome, si sottrasse alla furia antisemita scatenata dal nazismo.

Noi ragazzi della 5°A, durante l'incontro, le abbiamo rivolto alcune domande.

Page 5: Giornalino marzo 2014

Memoria

fisica no perché, per esem-

pio, non ho mai assistito a

un rastrellamento o a una

deportazione.

D: Per quanto tempo sei sta-

ta perseguitata?

R: Dal 1938 al 1942.

D: Cosa mangiavi?

R: Si mangiava quello che si

poteva trovare senza grandi

pretese; un giorno uscii a

fare la spesa e riuscii a com-

perarmi un maritozzo; men-

tre lo gustavo dolcemente

vidi mia madre venirmi in-

contro e, tra le lacrime, mi

disse di aver appreso che

mio zio e i miei cugini di Mo-

dena erano stati deportati ad

Auschwitz-Birkenau. Pur-

troppo loro non sono mai

tornati... ricordo ancora il

sapore amaro del maritozzo.

D: Si sapeva che nei campi di

concentramento dalle doc-

ce anziché acqua in realtà

usciva il gas mortale?

R: Non si è mai saputo nul-

la fintanto che, con la libe-

razione delle truppe ameri-

cane e russe, i campi di

concentramento furono

aperti.

D: Avevi amiche del cuore?

R: Non ho mai avuto ami-

che del cuore per i tempi

difficili in cui vivevamo,

sempre attenti a non rive-

lare le nostre vere identità.

Ricordo, in quel periodo

vissuto ad Assisi, la figlia

del Podestà che, nonostan-

te fosse stato eletto dal

potere fascista, si era offer-

to di proteggerci in quanto

persona di cuore.

D: Dopo la fine della guer-

ra hai ripreso gli studi?

R: Sì, ho ripreso a studiare;

sono diventata assistente

sociale e ho lavorato per

10 anni con bambini che

avevano problemi psicolo-

gici.

La signora Graziella ha

concluso la sua intervista

con queste parole:

“Oggi, voglio dire grazie a

tutti coloro che mi hanno

fatto sentire che la vita

anche nei momenti più

oscuri può essere bella se

qualcuno ti è vicino, ti ten-

de una mano o, semplice-

mente, anche con il suo

stesso silenzio, è insieme a

te: se qualcuno con la sua

presenza rompe il guscio

della tua solitudine e della

paura.”

V A Guido Alessi Primaria

A fianco, il dise-

gno rappresenta “Un ebreo appe-na entrato nei

campi di concen-tramento”;

il nazista gli inti-ma: “Muoviti,

Ebreo!”

Page 6: Giornalino marzo 2014

La mostra

presentata nella

nostra scuola

Come tanti altri cittadini italiani molti ebrei aderiscono al Fascismo e spesso ricoprono

incarichi di rilievo. Nemmeno l’iscrizione obbligatoria al Partito Nazionale Fascista rap-

presenta un problema: i bambini ebrei andavano al Tempio e poi al sabato fascista

(ricordiamoci che non tutti gli ebrei sono ortodossi, fanno parte di una cultura diversa

ma non sempre sono osservanti).

Memoria

1938-43:

negazione

dei diritti

degli Ebrei

1943-45:

negazione

delle vite

Il 16 gennaio 2014 noi

ragazzi delle Terze

medie abbiamo incon-

trato la professoressa

Daria De Carolis, che

ha tenuto una lezione

sulla mostra itinerante

e ci ha proposto dei

documenti da analizza-

re. La mostra, che noi

abbiamo presentato a

nostra volta all’Open

Day, approfondisce il

periodo 1938-43 e la

persecuzione degli

Ebrei in Italia. Gli

Ebrei erano parte in-

tegrante della società

italiana e molti hanno

partecipato al Risorgi-

mento e alla vita poli-

tica (si parla di Assimi-

lazione). La comunità

più numerosa e antica

era quella romana:

nelle formelle dell’Ar-

co di Tito sono già

raffigurati gli Ebrei,

riconoscibili dall’Ame-

norah che portano

sulle spalle. A testimo-

niare questa impor-

tanza c’è il Tempio

Maggiore, costruito

agli inizi del Novecen-

to. Gli Ebrei vivevano

in quartieri diversi,

come a Trastevere, e

non tutti nel ghetto.

Page 7: Giornalino marzo 2014

Anno 2

La prima forma di razzismo del regime si manifesta nei confronti delle persone

di colore: ad esempio, durante la campagna d’Etiopia un giornalino a fumetti, Il

Balilla, raffigura “il cannibale antropofago”. Nei poster antisemiti gli ebrei sono

raffigurati con il pancione e il naso adunco. Lo stereotipo dell’ebreo ricco è un

falso storico: ci sono ebrei poveri ed ebrei ricchi.

Nel 1937 ha inizio la propaganda antiebraica

sul “problema della razza” attraverso i mag-

giori giornali italiani. Un gruppo di professori

universitari riceve l’incarico di stabilire che gli

ebrei non sono di razza italiana; escono il Ma-

nifesto della Razza e la rivista quindicinale La

Difesa della Razza.

Page 8: Giornalino marzo 2014

Memoria

I campi di concentramento furono mol-

tissimi, l’organizzazione capillare: si parla

infatti di “universo concentrazionario”. In

Italia si aprono campi di lavoro e si assi-

ste all’apertura del campo di Fossoli: isti-

tuito nel 1942 per i prigionieri di guerra,

diventa dal dicembre del ‘43, su ordine

del prefetto di Modena, un campo “di

transito” per ebrei e oppositori politici

in attesa della successiva deportazione.

Nel gennaio 1944, vi passa Primo Levi;

sarà imprigionato lì anche Pietro Terraci-

na.

Nel 1938 il Parlamento promulga le leggi antiebraiche, il re le firma, la

negazione dei diritti avviene nell’indifferenza generale. Essere ebreo,

secondo un discorso scientifico falso, diventa una questione di san-

gue. Si distingue ora tra ebrei e italiani. Viene proibito il servizio mili-

tare. Ma il primo provvedimento riguarda la scuola, sia alunni che do-

centi. Gli ebrei si organizzano classi loro con il permesso di fare poi

l’esame nella scuola pubblica: sulla pagella dovrà essere indicata l’ap-

partenenza alla razza ebraica.

I cittadini si adeguano e compaiono i primi car-

telli antisemiti sulle porte dei locali: “In questo

locale gli ebrei non sono graditi”.

Avvengono molti licenziamenti, che

colpiscono anche istituzioni presti-

giose come il Coro della Scala. Dai

manuali vengono eliminati i nomi

degli autori ebrei.

A fianco, scena in un cam-

po di lavoro obbligatorio a Gorizia.

Page 9: Giornalino marzo 2014

Anno 2

La razzia del 16 ottobre 1943 non riguarda solo il ghetto: la città di

Roma fu divisa in 26 quartieri e gli ebrei furono prelevati ovunque. I

nazisti consegnavano un biglietto con l’elenco delle cose da portare e

molti pensarono di essere portati ai campi di lavoro. All’arrivo invece

avveniva la selezione. Roma era “città aperta”, secondo i patti con i

nazisti non doveva essere bombardata; gli ebrei razziati sono stati fer-

mi per 2 giorni al Collegio Militare di via della Lungara. Da qui furono

portati alla stazione Tiburtina: partirono 24 convogli. Destinazione:

Auschwitz. Molti romani compirono gesti individuali di solidarietà, le

istituzioni no.

Nei campi si perfezionava il processo di negazione. Marchiando il nu-

mero sulla pelle si negava l’identità.

Sopra, nelle parole di

Liliana Segre il ricordo della selezione pratica-ta dai nazisti all’arrivo

nei lager. A fianco e sotto, alcune

delle centinaia di sche-de di segnalazione di ebrei scomparsi raccol-

te dopo la liberazione di Roma e ingrandi-mento di una scheda; le parole sulla negazio-

ne sono di Primo Levi.

Nei campi, se le scarpe si rovinavano e si rimaneva senza, si rischiava la

morte; molti cercavano di nascondere i geloni o le ferite, perché veniva-

no curati solo gli ebrei utili, come è accaduto a Primo Levi, che era chi-

mico, mentre degli altri ci si liberava. All’inizio molti non credevano a

questa organizzazione di morte: i sopravvissuti si sono dati come obbli-

go morale quello di testimoniare. Il reintegro di chi è tornato è stato

molto lento e molto faticoso.

Page 10: Giornalino marzo 2014

Brecht scrive queste durissime poesie tra il 1938 e il ’41, in esilio: il regime nazista lo consi-

dera uno dei suoi principali avversari tra gli intellettuali e nel 1933 lui lascia la Germania.

Soggiorna in Svizzera, Francia, Danimarca, Svezia, Finlandia e infine in America. Tornerà a

Berlino nel 1948. Brecht indica Hitler con disprezzo come “l’imbianchino”, alludendo alla sua

passione giovanile per la pittura.

L’Imbianchino dice:

Quanti più cannoni saranno fusi

Tanto più a lungo durerà la pace

A questa stregua si dovrebbe dire:

Quanto più chicchi saranno seminati

Tanto meno sarà il grano raccolto.

Quanto più vitelli saranno macellati

Tanto meno ci sarà carne sul mercato.

Quanto più neve si scioglierà sui monti

Tanto più aridi saranno i fiumi.

Le poesie che abbiamo letto

Pagina 8

Viaggiando in una comoda auto

su una strada bagnata di pioggia,

vedemmo un uomo tutto stracciato sul far della notte

che ci faceva cenno di prenderlo con noi,

con un profondo inchino.

Avevamo un tetto, avevamo un posto e gli passammo davanti

e udimmo me che dicevo con voce stizzosa: no,

non possiamo prendere su nessuno.

Eravamo proseguiti un bel pezzo,

forse una giornata di cammino,

quando d’improvviso mi spaventai della mia voce,

del mio contegno e di tutto

questo mondo

Mentre la guerra si prepara a scoppiare, la propaganda alimenta l’odio e il pregiudizio.

Brecht ci racconta un episodio semplice, neanche particolarmente drammatico, qualcosa

che potrebbe accadere anche a noi in un qualsiasi giorno. Ma la poesia, letta guardando

allo sfondo delle persecuzioni che si stanno per scatenare, assume un sapore molto

amaro. In molti aiuteranno gli ebrei, in molti faranno finta di non vedere.

Page 11: Giornalino marzo 2014

Martin Niemöller era un

pastore protestante te-

desco, oppositore del

regime nazista: fu arre-

stato nel 1937 e per 8

anni rimase in un campo

di concentramento. Que-

sta poesia molto nota,

che parla dell’indifferenza

e dell’apatia politica e

all’inizio era stata attribuita

proprio a Brecht, era già

diffusa nel dopoguerra ma

viene pubblicata solo nel

1976. Il testo ha subito mol-

te varianti e l’autore stesso

non ne ha mai fornito una

versione sicura. Per questo,

se ne trova una versione

degli anni Cinquanta che

parla delle persecuzioni

contro i comunisti in Ame-

rica, ma con numerose va-

rianti è stata utilizzata nelle

più diverse manifestazioni e

battaglie per i diritti civili.

Una di queste varianti è in-

scritta nel Monumento

all’Olocausto di Boston.

Poi vennero per i comunisti E io non dissi nulla

Perché non ero comunista.

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari

E fui contento

Perché rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei E stetti zitto

Perché mi stavano antipatici

Poi vennero a prendere gli omosessuali

E ne fui sollevato

Perché mi erano fastidiosi

Poi vennero a prendere gli anarchici

E io non dissi niente

Perché non ero anarchico

Poi un giorno vennero a prendere me

e non c’era rimasto nessuno

a protestare

Poi vennero per i socialdemocratici E io non dissi nulla

Perché non ero socialdemocratico

Poi vennero per i sindacalisti E io non dissi nulla

Perché non ero sindacalista

Page 12: Giornalino marzo 2014

Dal lager

Dal lager

LETTERA ALLA MADRE, fram-mento […] Fili elettrici, alti e doppi, non ti lasceranno mai più ri-vedere tua figlia, Mamma. Non credere alle mie lettere censurate, ben diversa è la verità; ma non piangere, Mamma. E se vuoi seguire le tracce di tua figlia non chiedere a nessuno, non bussare a nessuna porta: cerca le ceneri nei campi di Auschwitz, le troverai lì. Ma non piange-re — qui c’è già troppa ama-rezza. E se vuoi scoprire le tracce di tua figlia cerca le ceneri nei campi di Birkenau: saranno lì — Cerca, cerca le ceneri nei campi di Auschwitz, nei boschi di Birkenau. Cerca le ceneri, Mamma — io sarò lì!

Monika Dombke, Birkenau, 1943

L’impegno della memoria

Continuo a dimenticare i fatti e le statistiche ed ogni volta ho bisogno di saperli

cerco nei libri questi libri occupano venti scaffali nella mia stanza

so dove andare per confermare il fatto che nel Ghetto di Varsavia c’erano 7,2 persone per stanza

e che a Lodz destinavano 5,8 persone ad ogni stanza

dimentico continuamente che un terzo di Varsavia era ebreo

e che nel ghetto stiparono 500.000 ebrei nel 2,4 per cento dell’area della città

e quanti corpi bruciavano ad Auschwitz all’apice della produzione

ventimila al giorno devo controllare e ricontrollare

ed ho sognato che il 19 gennaio alle 4 del po-meriggio 58.000 carcerati emaciati furono fatti marciare fuori da Auschwitz? ricordavo bene che a Bergen-Belsen dal 4 al 13 aprile 1945 arrivarono 28.000 ebrei da altri campi?

ricordo centinaia e centinaia di numeri telefonici

numeri che non chiamo da vent’anni sono immediatamente disponi-bili

e ricordo le conversazioni delle persone e quel che la moglie di qualcu-no ha detto al marito di qualcun’al-tra

che buona memoria hai mi dice la gente.

Lily Brett

L’Italia di Mussolini, l’Italia con un Duce ma neanche

con una luce.

Quando dicemmo che non sapevamo niente, anche se

poi c’è chi se ne è pentito.

Quando noi non vedevamo niente, ma il cieco sì.

Quando hanno trovato le scarpe, e sicuramente sono

cadute da Marte.

Quando l’americano ci è entrato dentro, e noi dietro,

ma neanche un lamento.

Quando con questi occhi abbiamo visto e siamo restati

fermi, poi con gli stessi ci siamo pianti addosso.

Quando alla fine ci hanno scoperto, e il sasso avevamo

lanciato, ma in un attimo era tornato.

La poesia qui a fianco è stata scritta

da Simone Sansone della 3^ A e reci-tata al termine delle letture poetiche che avete potuto leggere in queste

pagine.

Page 13: Giornalino marzo 2014

Dal lager

Le poesie che abbiamo scritto:

V A Guido Alessi Primaria

Voi che avete visto

Ingiustizie, persone morte per la fame.

Parlate e raccontate

del dolore patito.

Voi che siete sopravvissuti

Testimoniate senza paura

perché tutti conoscano

quel tempo.

I ricordi annullati

nella mente

della gente

Paura e tristezza

nei loro cuori

pieni d’amore

per le cose che amavano,

rotti come un vaso di ceramica.

Enormi silenzi

nelle città,

solo il rumore delle bombe

e il pianto della gente.

Non verrà mai dimenticato

Quel tempo

Che ancora oggi viene ricordato.

Il fumo nero

si innalza nel cielo.

gli occhi dei bambini

sono vuoti,

i loro corpi

segnati con numeri,

sono pieni di fame e freddo.

I loro piedi

nel fango tremano,

e un filo spinato

avvolge le loro povere anime.

Tanti giorni per morire,

un solo giorno per ricordare.

Sotto, dettaglio di un disegno in cui un soldato nazista

incita un ebreo a muoversi e a recarsi alle docce.

Page 14: Giornalino marzo 2014

Dal lager

Voi che ricordate ogni giorno

la disgrazia

l’ingiustizia,

I bambini che non sapevano le cose che

accadevano.

Lavori forzati,

Uomini armati.

Dobbiamo ricordare,

e sperare

di non fare più

quello che giorni orsù

accadde,

anzi proteggere dobbiamo.

Quindi ricordiamo.

Milioni di persone

che vivono sperando

che quei cancelli si aprano;

per non soffrire più,

per non veder soffrire le persone

care;

per non morire tristi, infelici

e senza famiglia.

Magari queste persone

da piccole o a qualunque altra età

avevano un sogno: un sogno

per cambiare il mondo.

Tutte quelle anime innocenti che morirono

erano persone normali,

uguali a noi,

che sognavano la stessa cosa:

invece di pensare al lavoro,

gli uomini speravano di resistere

finché fossero aperti i cancelli;

invece di sognare il loro futuro,

i bambini sognavano che la guerra finisse

e che tutto tornasse come prima;

invece di sbrigare le faccende quotidiane,

le donne pregavano che i cancelli si spalancassero.

Tutti, proprio tutti,

sognavano la liberazione!

LILLI

Page 15: Giornalino marzo 2014

Dal lager

Impossibile dimenticare

quel fumo così grigio

che esce da un fabbrica

con macchinari che

umiliano, disprezzano, affaticano,

distruggono, demoliscono

persone come tutti noi.

Impossibile dimenticare

quelle facce così serie

senza un sorriso uno sguardo

che potrebbe sembrare insignificante

ma che per le persone come loro sarebbe

un dono, una felicità.

Impossibile dimenticare

il freddo, la fame

di affetto e di cibo,

i volti dei bimbi

sorpresi, indifesi,

innocenti, ingannati.

Impossibile dimenticare

quel che c’è stato

e sperare che mai riaccada.

Avvolti nella nebbia fitta

camion pieni di persone

viaggiano per le strade diverse

verso le mete sconosciute.

I volti spaventati

intorno al braccio un nastro giallo

molti guardando

l’ultima alba della loro vita.

Cammino anche io nella nebbia fitta

ma la mia strada porta a casa,

la mamma accanto, in una vita serena.

Nel cuore però rimane

un’ombra triste di quel bambino

con il pigiama a righe.

Page 16: Giornalino marzo 2014

Dal lager

La Musica della Memoria

Hitler amava la musica, purché fosse pura, cioè germanica, e non contaminata, cioè ariana: agli inizi degli anni

Trenta, molti celebri compositori, direttori d'orchestra, grandi solisti e cantanti, erano ebrei. Nelle orchestre più gloriose, moltisimi strumentisti erano di religione ebraica. Una vergogna che andava cancellata col massimo rigo-

re, come del resto tutto ciò che fosse «giudaico, bolscevico, negroide», cioè degenerato e subumano.

Per celebrare la Giornata della Memoria, abbiamo presentato un programma di musica DEGENERATA, sì, pro-prio quella musica vietata e proibita dal regime: canzoni ebraiche, jazz, canzoni da cabaret, tutta musica non degna di essere ascoltata dal popolo tedesco poiché fatta o eseguita da “razze inferiori, da menti depravate”. In pro-

gramma anche due celebri musiche da film vincitrici entrambe del premio Oscar come miglior colonna sonora.

JOHN WILLIAMS: SCHINDLER'S LIST

Schindler's List è la colonna sonora dell'omonimo pluripremiato film di Steven Spielberg del 1994.La firma

delle musiche è di John Williams; quest'album (con il film) è conside-rato uno dei capolavori della storia

del cinema e della musica per film.

ELIE BOTHOL : GAM GAM GAM

Fa parte della colonna sonora del

film Jona che visse nella balena di Roberto Faenza; nella pellicola, il canto viene insegnato dalla maestra a Jona e agli altri bambini nel lager.

Nella versione resa famosa dal film, l'arrangiamento è in uno stile musi-cale ritmato e con orchestrazione

complessa. Il canto è originario delle comunità ebraiche dell'Europa

centro-nord-orientale.

LILÌ MARLENE

Fu durante la Seconda Guerra Mondiale che questa canzone di-venne famosa tra i soldati di tutti i

fronti. L'emittente militare tedesca di Belgrado la trasmetteva ogni sera, poco prima delle 22.00: la ascoltavano con nostalgia non solo

i soldati tedeschi ma anche i loro nemici. E accadeva qualcosa che a molti sembrava un miracolo: ogni

sera per pochi minuti le armi tace-vano. In brevissimo tempo "Lili Marleen" divenne la canzone più

popolare tra i soldati di tutte le nazionalità. In realtà, ai nazisti non piaceva molto il testo, piuttosto

antimilitarista e disfattista: la storia del soldato che pensa con malinco-

nia al suo amore lontano non

era molto adatta a rafforzare lo spirito di combattimento. Fu persino vietata per un certo

periodo, ma le richieste dei soldati tedeschi di ascoltare la canzone ogni sera erano troppo

insistenti e così si ripresero le trasmissioni. La prima versione fu incisa nel 1938. L'attrice e

cantante tedesca Marlene Die-

trich, fuggita dai nazisti negli Stati

Uniti, la cantò per le truppe al-leate e con la sua voce rese il

brano famoso in tutto il mondo.

Page 17: Giornalino marzo 2014

GEORGE GERSHWIN:

SUMMERTIME

Il terribile Goebbels, ministro della propaganda e dell’infor-

mazione del III Reich, aveva bandito il Jazz. Provava repul-sione per quella “terribile ca-

gnara”: si accorse subito però che quei ritmi vivaci e coinvol-genti avrebbero potuto entu-

siasmare troppo il popolo e le piazze e questo non doveva

accadere!! Dalle radio e dalle sale da con-certo fu bandita tutta la musica jazz e soprattutto quella scritta

da un certo George Gershwin, americano, per di più ebreo, nato da genitori russi che, ap-

pena emigrarono in America, cercarono di far perdere le loro origini ebraiche cambiando

nome e cognome e così il fa-moso musicista, che in origine si chiamava Jacob Gershovwitz,

divenne George Gershwin!

KURT WEILL:

L’OPERA DA TRE SOLDI

Kurt Weill è un compositore tedesco ebreo: con l’avvento del nazismo è

costretto a trasferirsi prima in Francia e poi negli USA.

“L’opera da tre soldi” è un’opera tea-trale scritta da Brecht e musicata da Weill. Lo stile della musica, totalmen-

te contrario al regime, ricalca il caba-ret e il jazz, forme musicali assoluta-mente vietate in Germania poiché

troppo “impure ed americane”.

BENNY GOODMAN:

SAIN LOUIS BLUES

Goodman nacque a Chicago da poveri

immigrati ebrei provenienti dalla Rus-sia.

Goodman fu indirizzato proprio per volontà del padre agli studi musicali e ben presto divenne un eccellente cla-

rinettista tanto che A dodici anni suo-nava già nell'orchestra del teatro ed in diverse orchestre da ballo della città.

Molti critici di musica sono oggi dell'avviso che Goodman ha avuto lo stesso significato per il jazz e lo swing

come per esempio Elvis Presley

per il Rock'n'Roll. Benny Good-man aveva l'obiettivo di avvici-nare il giovane pubblico bianco

alla musica "nera" e ha quindi collaborato per superare la discriminazione razziale negli

Stati Uniti, perché nei primi anni '30 musicisti jazz bianchi e di colore, secondo l'opinione

pubblica, non potevano suonare insieme nelle band. Anche per questo, oggi è ricor-

dato come "King of Swing".

NICOLA PIOVANI:

LA VITA E’ BELLA

Per questa musica Piovani è stato insignito dell'Oscar alla

migliore colonna sonora nel 1999. Il brano La vita è bella è stato successivamente ripreso

(con l'aggiunta del testo) dalla cantante israeliana Noa, con il

titolo di Beautiful That Way.

Page 18: Giornalino marzo 2014

In questo periodo il libro

che ho amato di più è stato

Se questo è un uomo di Pri-

mo Levi: l’ho amato per la

cura della scrittura e di ogni

minimo particolare con cui

l’autore è riuscito a racchiu-

dere, in duecento pagine, la

sua vita e le sue sofferenze

durante il soggiorno nel

campo di sterminio. In quel-

lo che all’apparenza sembra

un piccolo e semplice libret-

to viene descritta la storia di

un uomo a cui, insieme a

molte altre persone, venne

tolto tutto, il nome, gli abiti

ma soprattutto la quotidiani-

tà che, grazie a semplici ge-

sti, riesce a rendere bella la

vita. Per descrivere però il

contenuto non si riesce be-

ne a trovare le parole adatte

perché è e sarà sempre im-

possibile descrivere soffe-

renze così atroci da riuscire

a strappare la dignità a sem-

plici persone a cui però non

si potranno mai abolire i

ricordi. Levi ha soffocato i

ricordi proprio in questo

libro mettendo per iscrit-

to una terribile testimo-

nianza della vita dei lager

e facendo anche capire

che quando alle persone

viene tolto tutto non ci

possono essere più diffe-

renze: si ha la demolizione

dell’uomo.

Questo, secondo me, è un

libro stupendo che fa ri-

flettere su un argomento

che, nella vita di tutti i

giorni, viene accantonato

e non, invece, ricordato.

Lo consiglio veramente a

tutti perché riesce a tra-

sportare nel dolore e nel-

le sofferenze dell’ autore

provocando delle emozio-

ni contrastanti che vale la

pena provare.

Ludovica Supino, 3^ A Sec.

Memoria

I nostri consigli

di lettura

Se questo è un uomo è sta-

to scritto da Primo Levi

per testimoniare tutte le

cose orribili che ha visto e

che gli sono accadute nei

campi di concentramento

nazisti. E’ un racconto au-

tobiografico diviso in capi-

toli, non in ordine crono-

logico.

A me è piaciuto molto

perché cercavo un libro

che spiegasse dettaglia-

tamente cosa succedeva

e cosa si faceva nel cam-

po di concentramento.

Lo consiglierei a chi

vuole approfondire la

sua conoscenza sugli

orrori dei campi di ster-

minio nazisti.

Marco Blazevich, 3^ A Sec.

Nelle foto, il Monumento

all’Olocausto di Boston.

Page 19: Giornalino marzo 2014

Questo libro narra la storia

di Bruno, un bambino di 9

anni, appartenente a una

famiglia benestante di Berli-

no composta da lui, sua

sorella Gretel, sua madre e

suo padre, comandante

dell’esercito tedesco. In se-

guito a un incarico assegna-

to al padre, tutta la famiglia

parte per Auschwitz. Appe-

na arrivati, Bruno vede dalla

sua finestra un campo re-

cintato con all’interno tan-

tissime persone vestite allo

stesso modo cioè con un

pigiama a righe, la divisa del

campo. Un giorno, Bruno

decide di fare una delle sue

esplorazioni e, passeggiando

intorno alla rete, incontra

un bambino ebreo di nome Shmuel che si trova dall’al-

tra parte.

I due bambini instaurano un

vero e proprio rapporto di ami-

cizia e si incontrano sempre

più frequentemente. Un giorno,

però, la mamma di Bruno, in

disaccordo su quello che accade

nel campo, decide di partire

con i figli per Berlino. Bruno

saluta per l’ultima volta Shmuel

che gli confida di non trovare

più suo padre. Il giorno seguen-

te Shmuel porta a Bruno un pi-

giama a righe come il suo per

permettergli di entrare all’inter-

no della recinzione, senza esse-

re scoperti dagli ufficiali. Bruno

si cambia ed entra per aiutare

l’amico a cercare il padre.

All’improvviso, comincia una

marcia e gli ufficiali ordinano a

tutti di spogliarsi ed entrare

nelle docce. Il libro si chiude

con la morte dei due bambini. I genitori di Bruno lo cercheran-

no fino a quando il padre ritro-

verà vicino alla rete i vestiti di

Bruno e solo allora capirà di

avere ucciso lui stesso suo

figlio.

Questo libro mi è piaciu-

to moltissimo e credo sia

uno dei più belli che io

abbia mai letto. Anche se

la fine è tragica, la storia

è molto coinvolgente. Il

capitolo che mi è piaciu-

to di più è stato il penul-

timo, quando Bruno pri-

ma di morire stringe for-

te la mano di Shmuel; se-

condo me questo gesto,

anche se così semplice,

rappresenta un valore

molto importante come

quello dell’amicizia.

Chelsea Catigbac, 3^ B Sec.

Memoria

Il bambino con il pigiama a righe di John Boyne, 2006

Page 20: Giornalino marzo 2014

Memoria

I nostri consigli di lettura

Lia Levi, Una bambina e basta

Prima Edizione: 1997

Questo libro mi è piaciuto mol-tissimo perché è stato il primo che ho letto in cui uno scrittore narra gli avveni-menti dal punto di vista di una bambina, tanto da non dirne mai il nome: in effetti, quando parliamo in prima persona, non diciamo il nostro nome. Gli avvenimenti in questione sono le vicende degli ebrei a Roma, durante le leggi razziali di Mus-solini e l’occupazione nazista: eventi sto-ricamente vergognosi. All’inizio, i genitori, per non turba-re lei e le sue due sorelle, non parlano davanti a loro di ciò che accade, ma le bambine capiscono che c’è qualcosa di diverso, e di preoccupante, dal fatto che i genitori comprano il giornale tutti i giorni, parlano di andare a vivere in Francia, e in estate le mandano a lezione di france-se. Poi, a settembre, cambiano scuola e vanno in una, riservata ai bambini ebrei: le maestre sono più simpatiche, e la pro-tagonista in particolare ci va più volentie-ri, però intuisce di aver cambiato scuola perché i suoi genitori sono stati costretti a farlo, non per scelta, e per questo forse non è stata una cosa buona. Poi il padre perde il lavoro, la mamma deve conse-gnare l’oro, le ritirano i documenti, e fare la spesa non permette di portare a casa nemmeno il necessario, soprattutto per gli ebrei, ai quali, di lì a poco, ritirano le tessere alimentari; gli eventi si susse-guono così veloci che i genitori non rie-scono più ad essere convincenti quando, alle domande delle bambine, rispondono “Niente, niente”. Infine la mamma, leo-nessa come tutte le mamme, decide di andare in un convento-collegio poco fuo-ri città: lì le suore proteggono le bambine ebree nascondendole tra le bambine del collegio e inoltre, stando in campagna, possono allevare animali da cortile e col-tivare un orto, in modo da avere verdu-ra, carne e uova.

La lettura è stata molto piacevole, perché la scrittrice ha usato un linguaggio sempli-ce, immediato, privo di qualsiasi introspe-zione, del resto impossibile per una bam-bina di 12 anni. Per certi versi, è simile al film “La vita è bella” di Benigni: lui è riusci-to addirittura a descrivere la vita nei campi di sterminio, facendo sembrare tutto un gioco, per non spaventare il figlio.

Anche Lia Levi fa dire alla bambina “mamma… fammi uno di quei cenni tran-quillizzanti a cui mi hai abituata”: i bambi-ni, come i cuccioli, gioiscono o si spaven-tano attraverso i genitori. Se loro sorridono vuol dire che c’è da sorridere, se loro sono preoccupati, bisogna preoccuparsi, e non importa capire di cosa si ride o ci si preoc-cupa. Molto bella e significativa la conclu-sione, quando ormai sono tornate a casa, e Roma è stata liberata dagli Americani: la bambina vuole scrivere una lettera per partecipare ad un concorso radiofonico e inizia “Cara radio, sono una bambina ebrea…”; la mamma straccia gioiosa quell’inizio di lettera e le dice che non è una bambina ebrea, è una bambina e ba-sta.

Una bambina e basta, una persona e basta, con i suoi diritti: diritto alla libertà, la prima cosa che i Nazisti hanno tolto agli ebrei, diritto al nome, che i Nazisti hanno sostituito con un numero tatuato sul brac-cio, diritto di fare la spesa, studiare dove si vuole e lavorare.

Consiglierei questo libro a tutti, per-ché riflettano; la vita non è sempre rose e fiori, i problemi non si risolvono con il cel-lulare o il computer; non bisogna accettare le discriminazioni, perché a volte possia-mo essere nel gruppo dei “non discrimina-ti”, ma altre possiamo farne parte.

Dobbiamo sempre rispettare il pros-simo: lo dicono il buonsenso, la legge, le religioni, la Storia.

Ilaria Nicodemo, 2^ C Sec.

Page 21: Giornalino marzo 2014

Memoria

Page 22: Giornalino marzo 2014

Dai nostri archivi: una pagella di Seconda elementare, anno scolastico 1937-38: tra le discipline, No-

zioni varie e Cultura Fascista –Storia e Cultura Fascista; sotto, l’annuncio della cerimonia di apertura

dell’anno scolastico 1937-38 nella sezione adibita a Scuola di Avviamento Professionale. Le alunne

sono invitate dalla direttrice a presentarsi in divisa dell’Organizzazione giovanile cui appartengono.

Page 23: Giornalino marzo 2014

In questo numero abbiamo deciso di parlarvi dei vari sport

e delle attività che noi e i nostri compagni pratichiamo nel

pomeriggio, dalla ginnastica artistica al paintball.

BUON DIVERTIMENTO!

A C U R A D I M I L I C A

D O K I C E I L A R I A

N I C O D E M O

La Gazzetta dell’Alessi

M A R Z O 2 0 1 4

La ginnastica ritmica

Il mio sport preferito è la

ginnastica ritmica: que-

st’anno la pratico nella

palestra della scuola nel

tardo pomeriggio. In que-

sto sport si usano alcuni

attrezzi, come la corda,

la palla, il cerchio e il na-

stro. Ci si diverte molto

soprattutto perché impa-

ro a fare cose nuove e

poi, quando vado a lezio-

ne, incontro una mia

amica che fa ginnastica

con me.

Cristina B., 2013

La farfalla sui pattini

La sua armonia subito mi colpì,

quando andai alla pista quel dì.

La campionessa leggera

sui pattini scivolava,

col fiato sospeso ci lasciava;

la sua grazia colpiva,

la sua bellezza ammutoliva;

io la osservavo estasiata,

dal suo passare la pista era ac-

carezzata.

Fu quando me ne andai,

che un timido sorriso le lasciai.

Lei, dolce, ricambiò

e il mio cuore di gioia scoppiò!

Ilaria Nicodemo

Page 24: Giornalino marzo 2014

La pallavolo

Il mio sport preferi-

to è la pallavolo. E’

uno sport un po’

difficile però mi

piace tanto. A pal-

lavolo vado già da

tre anni. Quando

ero piccola, guarda-

vo sempre le par-

tite di pallavolo in-

sieme a mio padre.

Il mio sogno è che,

un giorno, divent-

erò una giocatrice

di pallavolo. Faccio

pallavolo nella pa-

lestra della scuola

“G. G. Belli”. La sua

palestra non è così

grande come nella

mia scuola, però, lo

è abbastanza per

giocare. Abbiamo

due spogliatoi e

uno spazio dove

giochiamo a pal-

lavolo. Lì ho tante

buone amiche.

Quando abbiamo

delle partite, dia-

mo sempre il

meglio di noi e sia-

mo bravissime.

Con i miei com-

pagni ci passo

sempre ogni gior-

no, siamo sempre

insieme. L’attrezza-

tura che dobbiamo

avere sono i panta-

loncini o la tuta,

m a g l i e t t a a

maniche corte e le

scarpe. La nostra

insegnante di pal-

lavolo comprende

tutti i nostri errori e

ci aiuta. Quando

cado le mie com-

pagne mi aiutano

e dopo qualche

minuto tutto va

benissimo. Alla fi-

ne, voglio dire che

ognuno deve avere un suo

sport preferito, come me. Forse

un giorno diventerò una famosa

giocatrice di pallavolo!!!

Milica

L A G A Z Z E T T A D E L L ’ A L E S S I

Page 25: Giornalino marzo 2014

La ginnastica artistica

La ginnastica arti-

stica è uno sport

poco praticato,

perché poche per-

sone, soprattutto i

maschi, sono por-

tate. È molto impe-

gnativo, perché

quando passi in

serie C e stai per

andare in serie B,

fai 15 o 16 ore a

settimana. A me

piace molto questo

sport, perché è

pieno di acrobazie

che si vedono solo

nei film d’ azione,

se non più fanta-

siose. Io in pale-

stra ho molti amici,

simpatici e forti,

d’altronde come

me. Una delle cose

più belle che si

possono fare in

questo sport è che

si possono inventa-

re nuove figure,

che poi, appena

brevettate, prendo-

no per nome il tuo

cognome. Al mo-

mento, e non è

una cosa che

racconto a tutti,

sto inventando

un movimento

tutto mio, che se

mi riesce bene,

potrà essere bre-

vettato.

Però oltre a que-

sto, a me piace

la ginnastica arti-

stica perché è

appassionante e

non è uno di

quegli sport mol-

to conosciuti.

A proposito, dimenticavo di dire che,

modestamente, sono io il più forte

della mia squadra!

Flavio Petreri

Page 26: Giornalino marzo 2014

Il paintball

Il paintball è uno sport il cui obiettivo è di eliminare

l’avversario con dei fucili ad aria compressa carichi di

vernice colorata. Lo sport viene praticato in un campo

all’aria aperta dove si trovano dei cuscinoni gonfiabili

che servono da riparo ai giocatori. L ‘attrezzatura com-

prende la maschera, i guanti, il giubbotto, il marcatore

e le palline di vernice.

Il vestito serve a protegge-

re il tuo corpo dai colpi, in

quanto la pressione dello

sparo è molto potente, cir-

ca 300 km orari; il marca-

tore è una sorta di mitra

dalla struttura semplice. Il

paintball si gioca a squa-

dre: il gioco inizia con una

sirena, i giocatori entrano

in campo e si appostano

nelle basi, poi i concorren-

ti iniziano a sparare con il

marcatore; i giocatori che

vengono colpiti o che fini-

scono i colpi si mettono la

mano sulla testa ed esco-

no dal gioco, cioè dal

campo. Io amo il paintball

e da ora in poi ci andrò

molto spesso!

Giacomo Fatello

Page 27: Giornalino marzo 2014

L’equitazione

L’equitazione è lo sport

che preferisco e pratico.

Lo adoro perché si sta a

contatto con la natura e

con gli animali. E’ uno

sport “speciale”, un’atti-

vità elegante e allo stes-

so tempo divertente.

Adoro i cavalli perché

non sono degli animali,

sono degli esseri umani,

anzi meglio! Mi sento in

confidenza con loro per-

ché sono tutti “amici” a

cui posso confidare

qualsiasi cosa. Ho un

feeling unico con i caval-

li. Per esempio Rita, la

mia cavallina preferita,

si fida ciecamente di me

e io di lei. Sa perfetta-

mente che le voglio un

mondo di bene. Mia ma-

dre mi ha raccontato

che fin da piccola avevo

questa grande passio-

ne. L’equitazione mi ha

cambiata.

Giulia G.

Il cavallo per me è un animale speciale. Uno in particolare mi

è rimasto nel cuore: Udinì, purtroppo andato in paradiso, il

cavallo con il quale ho imparato a montare. Era docile e in-

telligente, capiva come dosare la sua energia a seconda di

chi lo montava. Il suo mantello era color nocciola e a me

sembrava dorato. Riconosceva la mia voce da lontano, sem-

brava mi sorridesse appena mi vedeva. Avevamo un’intesa

davvero speciale e per questo lo penso ogni giorno.

Anita

Page 28: Giornalino marzo 2014

Il rugby

Come attività po-

meridiana io prati-

co il rugby: questo

sport fino a qual-

che anno fa era

praticamente sco-

nosciuto ma è da

un po’ di tempo

che scala il palco-

scenico internazio-

nale degli sport,

infatti le iscrizioni

per questa attività

in Italia sono au-

mentate vertigino-

samente. A me

non piace molto

vederlo, preferisco

praticarlo: quando

ci gioco sento

emozioni fortissime

e quando segno e i

tifosi (tra cui i geni-

tori) esultano il

sangue mi fa scop-

piare le vene men-

tre gli occhi mi si

illuminano.

La mia parte prefe-

rita dell’anno è

quando giro l’Italia

e l’Europa per fare

importanti tornei.

In conclusione per

me il rugby è uno

sport splendido

che consiglierei a

tutti di praticare.

Claudio De Roma

LA RICCARDEIDE

Raccontami, o Dea, di Riccardo,

giovane ricco d’astuzie e volontà,

che a lungo sopportò, dopo la verifica di Matematica,

anche quella d’Arte.

Di molti compagni egli conobbe la mente,

molti dolori patì per via del football americano!

lottando per la sua incolumità pel ritorno a casa,

sano e salvo.

Ma non tornò inerme,

bensì con una costola rotta!

Per follia di un suo compagno che lo placcò malissi-

mo, pazzo!

(che si beccò ben dodici inesorabili giri di campo)

E il coach con questi distrusse le sue gambe.

Anche a noi di’ qualcosa, o Musa, delle avventure

del giovane Riccardo, figlio di Carlo.

[Riccardo Lopizzo, 2012-13]

Page 29: Giornalino marzo 2014

Il calcio

Il calcio è uno sport di squadra:

nasce in Inghilterra nel XIX secolo

e oggi è senza dubbio lo sport più

popolare del mondo. Lo scopo del

gioco è quello di fare più reti (gol)

degli avversari tirando la palla nel-

la porta della squadra rivale.

Le regole sono molto semplici: la

palla può essere presa con le ma-

ni solo dal portiere; chiunque altro

sarà penalizzato dall’arbitro che

fischierà il fallo dandogli un cartel-

lino giallo. I cartellini sono usati

dall’arbitro in base alla gravità del

fallo commesso, il giallo è consi-

derato come un avvertimento e il

rosso caccia dal campo il giocato-

re che commette il fallo; la som-

ma di due cartellini gialli porta

anch’ essa all’espulsione del gio-catore che finisce la partita prima

del tempo lasciando la sua squa-

dra in inferiorità numerica.

Nel 1848, i college inglesi furono i

primi a stilare un regolamento di

gioco chiamato Regole di Cam-

bridge. Sempre in Inghilterra, nel

1857 nasce la prima società di

calcio della storia, appunto, a

Sheffield, fondata da Nathaniel

Creswick .

Io sono appassionato di calcio da

molti anni: mi piace andare allo

stadio a incoraggiare la mia squa-

dra e lo pratico anche fin da quan-

do avevo 5 anni.

Federico F. Zanatta

Vi consiglio Il manuale di calcio di Pelé:

parla delle esperienze e dei trucchi di

un grande ex calciatore brasiliano,

Pelé, che è riuscito a conquistare 3

palloni d’ oro. A me è piaciuto molto:

ho scoperto molte cose che non sape-

vo.

TACKLE: è un intervento in anticipo,

regolare, sul pallone controllato dall’av-

versario.

UN TIRO DI PUNTA: è un tiro meno bello

di altri, serve molta potenza nella gamba

e nell’appoggio altrimenti potrebbe veni-

re un tiro sballato o fuori dallo specchio

della porta.

TIRO D’ INTERNO: è molto complesso

perché con la pianta del piede devi dire-

zionare il tiro per concludere a rete devi

colpire il pallone con l’ interno del piede.

PALLONETTO E CUCCHIAIO: il pallonetto

è un tiro destinato a scavalcare il portiere

da posizione accentrata, mentre il cuc-

chiaio viene effettuato da posizione de-

centrate ovvero sulle fasce. Questi 2 tiri

vengono considerati “magie”.

Kelvin Lima Brito

Page 30: Giornalino marzo 2014

Il mio sport preferito è il

pattinaggio artistico su

rotelle. Mi sono iscritta

per provare un nuovo

sport, dopo la ginnastica

ritmica, e sono rimasta

entusiasta sin dalla pri-

ma prova. Mi piace per-

ché sui pattini mi sento

sicura e riacquisto tutta

la sicurezza e il caratte-

re che perdo quando

sono in classe. Lo prati-

co nel pomeriggio al Do-

polavoro dell’Aeronauti-

ca Militare, in un capan-

none tutto verde. Ci so-

no una o entrambe le

insegnanti. Lì trovo le

mie due migliori amiche.

Ci alleniamo sempre

insieme con Salti da

Mezzo giro, Semplici,

Tolup ... ed eseguiamo

anche diverse figure:

Angelo, Anfora, Seggioli-

no… Anche se siamo

tutte al secondo anno,

io sono di qualche salto

più avanti, infatti ho co-

minciato a fare quelli

più difficili: Stella e Fli-

pe. Hanno tutti molta

stima di me: in ogni co-

reografia, l’insegnante

dice di guardare me,

che intanto mi vergogno

a morte, e, all’ultimo

saggio mi ha definita

“corografa”. Si comin-

ciano delle piccolo gare

sin dal primo anno; vi

sono arrivata quinta,

una volta e prima la se-

conda. Ora stiamo pre-

parando la coreografia

per la gara del secondo

anno e ho molta paura,

perché è più complessa

delle precedenti. Stando

sui pattini, sembra di

volare veloci sulla pista.

Io so fare due tipi di trot-

tole: quella su due piedi

e quella su uno, anche

con la preparazione. Un

altro degli esercizi che

mi piacciono è la Pape-

ra: la si esegue in curva

mettendosi di profilo con

i piedi opposti l’uno

all’altro. Per me patti-

naggio è e sarà sempre

lo sport migliore del

mondo: mette insieme

danza, potenza, legge-

rezza, grazia ed elegan-

za; sembra difficile, ma

non lo è affatto. Scivo-

lando sulle rotelle, si

sente il loro rumore sulla

pista, che dà un’impres-

sione di uniformità.

Quando cado, le mie

compagne non ridono

del mio errore, ma si av-

vicinano chiedendomi

“Tutto a posto?”. Anche

io faccio così con loro e

le aiuto a rialzarsi. Il ton-

fo dell’atterraggio da un

salto risuona in tutto il

capannone e dà un’idea

di ampiezza, come un

universo infinito per pat-

tinare a mia disposizione

e delle mie compagne. Sia-

mo una vera e propria

squadra, compatta, dove

tutti ci aiutiamo a vicenda,

le maestre ci insegnano

molte cose e ci fanno da

guida.

Ilaria Nicodemo, 2013

Il pattinaggio

Page 31: Giornalino marzo 2014

L A G A Z Z E T T A D E L L ’ A L E S S I

Leggende di classi e alunni

Giacomeide

Le imprese del ragazzo ricco di vivaci-

tà narrami, o prof, che a lungo s’im-

pegnò dopo che ebbe saputo i voti in

pagella;

di tutti gli amici conobbe la mente,

molti dispiaceri provò dopo litigate,

che cercò di placare. E vi riuscì, ac-

contentando di tutti i desideri.

Anche a noi di’ qualcosa, o prof, del

Giorgide Giacomo!

Giacomo Passino

La Primeide

Della Primeide raccontami le sorti, o

Muta, che a lungo scrisse dopo che mi-

se a soqquadro il sacro laboratorio, di

molti professori vide i registri, molti ti-

mori patì nelle verifiche, lottando per i

suoi alunni che (pazzi) cancellarono i

compiti nel registro del prof. Boccaglio.

Anche a loro di’ qualcosa di questa

classe, o Muta, figlia di Sub.

Leonardo Fancello

La Classidea

La classe ricca d’astuzie raccontami, o musa,

che a lungo errò nelle verifiche

dopo che ebbero distrutto i professori,

di molti ragazzi le professoresse videro e

conobbero le menti.

Molti dolori patirono in cuore per i voti!

lottando per i dieci e pel benessere dei suoi.

Ma non vi riuscirono benché tanto ci provò

per loro furbizia si arrabbiarono perduta-

mente, pazzi!

che copiarono le risposte dal libro Sacro!

E i prof distrussero le verifiche

in cui un buon voto presero: anche a loro di’

qualcosa di questa catastrofe

o Dea, figlia del cielo!

Giulia Di Stefano e Janira Frias

In questa pagina vi presentiamo delle parodie scritte nel 2013 dai ragazzi dell’at-

tuale 2A e ispirate al modello dell’Iliade.

Page 32: Giornalino marzo 2014

L A G A Z Z E T T A D E L L ’ A L E S S I

Ecco la nostra visita al Bioparco di Roma…..

Appena trovammo davanti a noi l’arcata dell’entrata non vedevamo l’ora di inco-

minciare la visita. Come prima cosa conoscemmo la guida, che ci portò, senza per-

der tempo, davanti dalle giraffe spiegandoci che i cuccioli devono essere, perlome-

no, alti due metri per arrivare alle mammelle della madre. Il parto avviene in piedi.

LO SAPEVI CHE?

IL CUCCIOLO DI GIRAFFA CHE VIENE ALLATTATO

A differenza di quanto si crede, il collo della giraffa è composto da solo sette vertebre,

come nella maggior parte dei mammiferi, uomo incluso. Anche la sua caratteristica lin-

gua blu è molto lunga, e può essere estesa per ben 40 cm: serve per afferrare le foglie

delle piante di cui si nutre.

Proseguendo la visita arrivammo alla gabbia dei tapiri, dei canguri, degli emu (i fratelli

degli struzzi) e delle zebre asiatiche.

Page 33: Giornalino marzo 2014

TAPIRI ZEBRE ASIATICHE

I canguri adulti raggiungono i 50 km/h in

corsa, e fanno salti oltre i 5m.

LO SAPEVI CHE?

Curiosità… Al Bioparco di Roma molti degli animali presenti sono stati

salvati dal CFS (Corpo Forestale dello Stato) dal mercato nero e da zoo

privati. Un esempio può essere la storia di una piccola giraffa che è in

cura allo zoo. Lei è stata salvata da uno zoo privato (piccole aree private

legali finalizzate alla crescita degli animali)

Curiosità… Le tigri sono i felini più grossi del mondo. Il loro manto

(arancio a strisce nere) permette loro di mimetizzarsi fra l’erba alta in

modo tale da sorprendere alle spalle le prede. Le tigri sono in via d’e-

stinzione (circa 350 in tutto il mondo). Occupano più di 300 habitat.

Continuando il viaggio ci siamo imbattuti davanti agli elefanti. La guida ci ha

spiegato il perché gli elefanti si ricoprono di paglia e terra: serve per non esse-

re attaccati da zanzare e, durante l’inverno, per riscaldarsi.

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IL LABORATORIO

In via del tutto eccezionale il Bioparco ci ha aperto le porte al pronto soccorso degli

animali. Ci hanno spiegato l’utilizzo dei vari macchinari nel laboratorio. Inoltre ci han-

no mostrato un boa. Ci hanno detto che la pelle dei serpenti, se toccata, può portare

malattie. Poco più tardi il padre di un nostro compagno ci ha mostrato le “tronchesine”

taglia elefante e le cerbottane per addormentare gli animali più pericolosi quando van-

no curati.

Dopo aver visto l’ospedale degli animali la guida ci condusse ad una sala vicino

alla gabbia degli orsi. In quell’aula abbiamo toccato alcuni insetti, come l’insetto

stecco, ed un furetto (appartenente alla famiglia delle puzzole).

Giacomo Passino, Giulia Di Stefano,

Riccardo Lopizzo e Leonardo Fancello,

2^ A, gennaio 2014

Page 35: Giornalino marzo 2014
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A sinistra, Federico

presenta uno dei brani

del concerto a tema; a

destra, Elena si ripren-

de dopo aver presentato

a vari gruppi di visita-

tori una parte della

mostra sulla persecuzio-

ne degli Ebrei in Italia;

sotto, alcuni degli stu-

denti di Terza durante

le prove di lettura

espressiva di “Vennero

a prendere...”.


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