Date post: | 10-Mar-2016 |
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Anno I - Numero II - Dicembre 2013
L’umanità o l’illegalità: chi vince?
Di SIMONA FABOZZO
Libera. Associazioni, nomi e numeri contro
le mafie
Di ALESSANDRO MARCHETTI
Apuane il teatro di un ecocidio
di RACHELE PELLEGRINI
La penna è più potente della spada
di MIA BELEN MARTINEZ
Debating Society
di EMMA RONCAGLIA
Legalizzazione della droghe leggere
Intervista ai rappresentanti d’Istituto
Vivere è convivere
di MARTINA ANDREINI
Alternativamente tutti uguali
di SILVIA GIORGETTI
L’altro volto del Cinema Italiano
di GIOVANNI GIANNINI
Hanger Games la Ragazza di Fuoco
di MATILDE DAL CANTO
A Thousand splendid suns
di FRANCESCA DALLE PIAGGE
Ultime uscite
Eventi a Lucca
di IRENE FIORENZA
Giochi
Graphic Novel di MARCO RIDOLFI
P. 4
P. 5
P. 6
P. 8
P. 9
P. 10
P. 12
P. 16
P. 18
P. 20
P. 22
P. 23
P. 24
P. 25
P. 26
P. 28
2
Indice
NON DIMENTICHIAMOCI DEL SUO ESEMPIO
P roprio nei giorni in
cui questo numero
stava andando in
stampa, il mondo è
stato scosso dalla notizia della
morte di Nelson Mandela. Dire
che la sua scomparsa è stata
improvvisa sarebbe una grave
offesa alla lotta contro la morte
che l’eroe sudafricano stava
conducendo negli ultimi mesi.
Non per questo però una simile
notizia può passare inosserva-
ta. Un simile esempio di corag-
gio non può essere così facil-
mente dimenticato, in un mon-
do spesso a caccia di ideali e di
esempi da seguire. Mandela era
l’ultimo sopravvissuto di quel
ristretto gruppo di “eroi” del
XXI secolo di cui facevano
parte anche Martin Luther
King, Gandhi e pochi altri.
Quel gruppi di eroi che ha, al
di là di proclami politici e
spesso partendo dalla semplice
azione, fatto realmente qualco-
sa per migliorare il mondo. Era
un uomo coraggioso, Madiba
(soprannome attribuitogli dal
clan di appartenenza) ed aman-
te della libertà: sin dalla gio-
ventù, lottò contro l’apartheid,
le leggi di segregazione razzia-
le promulgate in Sudafrica nel
1948. Fondò insieme all’avvo-
cato Oliver Tambo uno studio
legale che offriva assistenza
gratuita a molti che, a causa
delle leggi razziali, non aveva-
no diritto ad una rappresentan-
za legale. Partecipò poi in pri-
ma persona alla lotta armata e
fu arrestato nel 1963. Sarà poi
liberato 27 anni dopo. In quegli
anni gli fu offerta la libertà
diverse volte, al carissimo
prezzo della rinuncia alla lotta
contro l’apartheid. Rifiutò
sempre, dimostrando una coe-
renza e un coraggio assai diffi-
cili da trovare. Divenuto presi-
dente nel 1994, ha guidato il
suo paese sulla strada verso
l’uguaglianza e la pace. Ma più
che sulla sua storia, noi voglia-
mo soffermarci sull’uomo
Mandela e su come quest’uo-
mo sia divenuto un simbolo per
il suo paese e non solo. Madiba
è stato, negli anni in cui il
mondo era ancora scosso dalle
guerre prima in Vietnam e poi
nel Golfo del Messico, il sim-
bolo, l’ul-
timo di un
mondo più
giusto, di
un mondo
che lotta
senza armi
per i pro-
pri ideali,
di un
mondo
dove si è
valutati
per i pro-
pri meriti
e non per l’appartenenza o
meno ad una razza o ad una
parte politica. Per questo, la
morte di Mandela, nonostante
fosse ormai quasi attesa, ha
suscitato un così grande scal-
pore. In un mondo ormai privo
di eroi che lottano e forse an-
che di motivi per cui lottare,
uno sguardo al passato ha aiu-
tato meglio a riflettere, a com-
prendere. Non siamo nessuno
per giudicare se e quanto Man-
dela sarà ricordato in futuro,
sarà la storia a deciderlo. Intan-
to però, dopo questa triste noti-
zia con le sue deprimenti con-
siderazioni, lasciamoci con una
immagine che lascia ben spera-
re. Alla celebrazione pubblica
per la sua commemorazione vi
è stata un’inattesa stretta di
mano tra il presidente america-
no Obama e quello cubano
Raul Castro. Un semplice ge-
sto, ma carico di significato.
Forse Madiba, seppur defunto,
ha reso possibile il miracolo. O
forse era solo un’immagine a
beneficio delle telecamere.
Chissà. Anche in questo caso,
la sovrana sarà la storia.
Alessandro
Marchetti II C
3
Attualità
L’UMANITA’ O L’ILLEGALITA’: CHI VINCE?
C he il Sud Italia sia
culla e asilo per la
malavita è ormai un
luogo comune, e si è
abituati a guardare con estremo
distacco città preziosissime
come Palermo, Bari, Napoli,
Catanzaro e molte altre ancora.
E’ indubbio che la criminalità
organizzata sia una realtà co-
stante e per di più incombente
nel nostro paese, tuttavia sareb-
be doveroso da parte di tutti
noi fare un esame di coscienza:
uccidere il paese e la libertà
non si concretizza solo nello
sporcarsi le mani di sangue
piuttosto che nel chiedere il
pizzo o vendere droga, ma
l’omertà, il silenzio, il mene-
freghismo sono parimenti col-
pevoli.
Purtroppo, chi vive in realtà
come quelle del meridione si
trova ogni giorno a mettere alla
prova la propria integrità mora-
le, e non è sempre facile agire
coerentemente con le proprie
convinzioni. Nel Sud Italia in
generale, però non sono solo
l’omertà e il silenzio a gover-
nare; soprattutto la nuova ge-
nerazione si batte per una vita
all’insegna di una maggiore
presa di coscienza, attraverso
manifestazioni di protesta ed
eventi organizzati al fine di
consapevolizzare il resto della
cittadinanza riguardo i proble-
mi e le ingiustizie contingenti e
future.
A questo proposito va ricorda-
to il corteo svol-
tosi lo scorso 16 Novembre
nelle vie principali di Napoli,
che ha visto partecipare oltre
centomila manifestanti. Il mo-
tivo di questa mobilitazione?
La famosa “Terra dei Fuochi”,
così denominata perché luogo
di numerosi incendi per lo
smaltimento illegale di rifiuti
industriali, e comprendente la
zona di Giugliano, Villaricca e
Qualiano, è in questo momento
uno dei problemi che affliggo-
no maggiormente la città parte-
nopea. L’area tra Caserta e
Napoli, stuprata ogni giorno
con roghi di rifiuti speciali
provenienti da un sistema ma-
lato, racchiude oltre quaranta-
due comuni, per un totale di un
milione e mezzo di abitanti.
Più di dieci incendi al giorno
vengono appiccati in queste
zone, nelle quali l’acqua, il
suolo, l’aria si impregnano di
sostanze tossiche, inalate diret-
tamente dagli abitanti di tutta
la città di Napoli e addirittura
ingerite tramite prodotti agroa-
limentari coltivati nelle terre
campane. Purtroppo però la
lista nera non è finita: tra Ca-
serta e Napoli vengono smaltiti
anche rifiuti contenenti ingenti
quantità di amianto, di materia-
le tessile bisunto di solventi, di
percolato. Ognuna di queste
sostanze altamente nocive si
insediano nella terra che una
volta dava nutrimento a tutta
Italia e a gran parte dell’Euro-
pa e che ora porta numerose
vittime e malati.
Negli ultimi vent’anni in pro-
vincia di Napoli si è assistito
ad un incremento dei tassi di
mortalità dovuti ai tumori del
47% fra gli uomini e del 40%
fra le donne. Il numero di tu-
mori al colon retto, al fegato, ai
polmoni sta crescendo a vista
d’occhio.
È evidente come la corruzione
permei tutti gli ambiti della
realtà quotidiana e a tutti i
livelli. Alla luce di siffatti inac-
cettabili avvenimenti, sorge
spontaneo chiedersi quale sia
l’effettiva funzione dello Stato,
delle leggi, delle istituzioni nel
momento in cui non viene
garantito neanche l’inviolabile
diritto alla salute.
“Sfortunato quel popolo che
ha bisogno di eroi.” (Bertolt
Brecht): è questo il messaggio
da diffondere. Il singolo citta-
dino campano, come quello
siciliano o pugliese, non ha
nessuna colpa se non quella di
non poter rivoluzionare la pro-
pria terra natia da solo. L’indi-
gnazione arriva soprattutto da
questa gente, la quale in molti
casi è costretta a lasciare gli
affetti, la vita di sempre pur di
non vedere i propri figli mori-
re. Sfortunatamente, anche per
colpa della mancanza di infor-
mazione adeguata, chi non vive
in prima persona i problemi di
queste terre è molte volte por-
tato a giudicare e criticare sen-
za rendersi conto dei fattori
discriminanti presenti nel Sud
Italia, anche per colpa di una
4
Attualità
L’UMANITA’ O L’ILLEGALITA’: CHI VINCE?
mancanza di informazione
adeguata.
La forza dell’umanità non
è altro che la consapevo-
lezza individuale che la
felicità non risiede negli
aspetti venali della quoti-
dianità, ma nel contributo
al nostro mondo, ai nostri
concittadini. È questo che
manca all’Italia in un
momento di crisi morale,
economica e sociale come
quello che stiamo vivendo
ora, ed è solo dalle piccole
convinzioni ? che nascono
grandi cambiamenti.
La situazione devastante e
inaccettabile del Sud Italia
è purtroppo provocata da
tutto il sistema italiano, a
partire dal governo stesso,
che molte volte fa dei
diritti umani uno strumen-
to lucroso. Nella “Terra
dei Fuochi” non vengono
bruciati solo i rifiuti indu-
striali provenienti da tutta
Italia: con loro vengono
distrutte anche le speranze
dell’umanità intera.
.
Simona Fabozzo II B LC
5
Attualità
P er combattere la crimi-
nalità organizzata non è
necessario diventare
magistrato, giudice e
seguire l’esempio di uomini co-
me Falcone e Borsellino “martiri
del XX secolo”. Ognuno di noi
può, nel suo piccolo, dare il suo
contributo, anche semplicemente
rifiutando di dimenticare le oltre
novecento vittime innocenti delle
mafie. Magistrati, giornalisti,
membri delle forze dell' ordine,
sacerdoti, imprenditori ma anche
semplici cittadini. È con questo
scopo che, nel 1995, don Luigi
Ciotti ha fondato “Libera. Asso-
ciazioni, nomi e numeri contro le
mafie”, associazione che negli
anni si è ingrandita e che oggi
conta oltre 1500 associazioni,
gruppi, scuole e realtà locali. Il
primo impegno di questa associa-
zione è stata una raccolta di un
milione di firme per una proposta
di legge che prevedesse il riutiliz-
zo sociale dei beni confiscati alle
mafie, che poi venne tradotta in
norma con la legge 7 marzo 1996
n. 109. Adesso Libera non gesti-
sce direttamente i quasi 10000
beni confiscati ma si impegna
affinché questi vengano riutiliz-
zati per il bene delle varie comu-
nità locali. Ed è interessante nota-
re come, nonostante la maggior
parte di questi beni, perlopiù
terreni agricoli, si trovi nel Sud
Italia, ve ne sia un gran numero
anche nel Nord, con una grande
concentrazione in Lombardia,
segno che la criminalità organiz-
zata non è solo una piaga del
meridione. Nell’ambito di questa
riqualificazione territoriale, Libe-
ra organizza anche “E!state Libe-
ri!”, un’esperienza di volontariato
in questi campi durante la quale i
giovani partecipano attivamente
alla rivalutazione del bene e, allo
stesso tempo, conoscono meglio
il fenomeno della criminalità
organizzata grazie ad incontri con
i familiari delle vittime. Però,
senza dubbio, le iniziative più
partecipate e conosciute di Libera
sono le “Giornate della memoria
e dell'impegno in ricordo delle
vittime delle mafie”, durante la
quale vengono organizzate una
marcia e un evento commemora-
tivo delle vittime. Quest’anno la
manifestazione è stata ospitata a
Firenze il 16 marzo. Per chi,
come me, ha partecipato, sono
indimenticabili quei tre colori,
l’arancione, il viola e il giallo
della bandiera di Libera, la can-
zone “I cento passi” che ricorda
l’omonimo film dedicato a Peppi-
no Impastato, ma soprattutto il
silenzio, nello stadio Artemio
Franchi, rotto da quei novecento
nomi scanditi come una litania.
Eravamo in centocinquantamila.
Centocinquantamila che hanno
creduto, anche solo per un gior-
no, che sconfiggere la mafia è
possibile e che ognuno può dare
il suo piccolo contributo. A volte
basta semplicemente non dimen-
ticare. E Libera, come dice il suo
stesso statuto, insegna soprattutto
questo: a non dimenticare.
Alessandro Marchetti II C LC
APUANE: IL TEATRO DI UN ECOCIDIO
“ Mira spettacolo novo,
gli Iddii appariti su
l'Alpe di Luni subli-
me!( ..) Candore dei
marmi lontani, statua non na-
ta, la più bella!(..) Oh Alpe di
Luni, davanti alla faccia del
Mare la più bella, rupe che
s'infutura, (..)sostanza delle
forme eterne!” (giugno 1902.
lirica 26 D’Annunzio)
400 km quadrati di pura bellez-
za che si estende tra la valle del
Magra e quella del Serchio,
fino a stringere la mano della
dorsale appenninica . 1.946
metri di montagne che, subito
prima di toccare il cielo, na-
scondono i molti nidi dei più
nobili signori delle nuvole.
54.327 ettari di una superficie
su cui hanno trovato casa 3.000
specie di fiori, più della metà
di quelle esistenti in Italia. Un
paesaggio unico al mondo che
ha affascinato i più grandi
autori che il nostro paese possa
vantare, quali Dante, Ariosto,
D’Annunzio e Pascoli e meri-
tato l’attenzione dello sguardo
internazionale tanto da essere
dichiarato patrimonio dell’U-
NESCO. Questo e molto altro
sono le Alpi Apuane e così
come dal mare sono sorte mi-
gliaia di anni fa, oggi dal mare
ce le stanno portando via, su
enormi barconi da carico che
ogni giorno salpano dal porto
di Luni senza concedere a loro
né a noi la speranza di vederle
un giorno torna-
re a prendere il loro posto.
Ecocidio, il più grande disastro
ambientale d’Europa, arte,
progresso, tradizio-
ne, economia… con
qualunque nome voi
preferiate chiamarla
o mascherarla, non
impedirete a me di
definire l’escavazio-
ne del marmo Apua-
no una vergogna, e
seppur ancora oggi i
grandi imprenditori
del settore tentino di
giustificarla con essi,
i termini industria-
lizzazione, sviluppo
e civiltà non sono
propriamente utiliz-
zati quando vengono
associati a distruzio-
ne, scempio, profitto,
interessi e mafia.
Perché guardare con
disprezzo la dilagan-
te malavita del sud-
Italia quando permettiamo a
uno dei comuni più vicini al
nostro, quello di Carrara e agli
altri 21 facenti parte del parco
nazionale Apuano, di restringe-
re ogni anno i confini della
zona protetta così da gettare
sempre più montagne in pasto
alle trivellatrici e alle altre
macchine di morte, sotto la
pressione dei grandi industriali
svizzeri, russi, indiani e cinesi?
Non è forse questa criminalità
organizzata? Non è forse sfrut-
tamento di innocenti in nome
del dio denaro? Oggi sono
nove milioni le tonnellate di
marmo che annualmente ven-
gono portate via alle nostre
montagne, trasportate su ca-
mion non a norma e privi degli
adatti copertoni, attraverso le
strade della città in modo che
gli abitanti debbano vivere con
finestre e porte siliconate per
evitare la penetrazione in casa
delle polveri tossiche, rilasciate
dal marmo frantumato, e per
preservare sani almeno i pol-
moni dei loro figli. Strano
come le autorità interessate
preferiscano spendere 130
milioni nella costruzione di più
agevoli vie di comunicazione
per il passaggio dei camion
6
Attualità
APUANE: IL TEATRO DI UN ECOCIDIO
trasportatori e altrettanti capita-
li nell’acquisto di “più efficien-
ti” macchinari o di quintali di
dinamite in nome del
“progresso” mentre si ostinano
attoniti a non spillare un cente-
simo per dei semplici copertoni
che potrebbero garantire una
vita sana ai propri concittadini.
Ancora qualcuno imperterrito e
cieco continua a difendere
questa pratica in virtù dell’in-
troito locale, della tradizione o
dell’arte, quando di locale,
tradizionale e artistico non è
rimasto niente. Le migliaia di
tonnellate di montagna perduta
annualmente, le trecento sem-
pre più grandi cave che ferisco-
no le Apuane, le cime di monti
ormai violentemente abbattute
senza rispetto con esplosioni
artificiali e le sorgenti
d’acqua pura, che scorro-
no nelle cavità del sotto-
suolo, perennemente
intaccate e distrutte, non
hanno come scopo un
rivale del David o della
Pietà; tre quarti del pro-
dotto viene infatti utiliz-
zato per la produzione di
carbonato di calcio,
esportato in tutto il mon-
do e squisitamente pagato
affinché ognuno di noi
possa ritrovarselo qualche
mese dopo nel proprio
dentifricio o nel mangime
per cani che acquistiamo
quotidianamente; il resto
finirà probabilmente co-
me pavimento nella son-
tuosa dimora di qualche
sceicco orientale. Non
pensate dunque a uomini
di montagna temprati dalla
fatica quando parlo di cavatori
né a scalpelli quando cito gli
strumenti di escavazione, per-
ché i primi ormai non esistono
più mentre le seconde sono
decisamente più invasive di
qualche martelletto.
Il pregiatissimo e invidiato
marmo bianco è solo nostro, e
NON è una risorsa rinnovabile,
semplicemente finirà come
stanno finendo le nostre mon-
tagne, le madri dei nostri primi
uomini, il rifugio di chi per
primo colonizzò la nostra terra,
e il risultato sarà che i nostri
nipoti dovranno limitarsi a
gustare la magia delle Alpi
nell’amaro dei loro dentifrici.
Ma non basta, perché a causa
dell’insaziabilità della loro
fame gli usurpatori fanno sì
che, già decapitate, le monta-
gne vengano anche svuotate
dall’interno e il loro irregolare
profilo che noi amiamo ammi-
rare al tramonto come faceva
D’annunzio, oggi non è che
l’involucro vuoto di un colosso
buono ingiustamente violentato
e poi sfruttato dalle grandi
multinazionali di automobili-
stica o moda che ne dissacrano
il cadavere per organizzarvi
all’interno suggestive esposi-
zioni o costose sfilate. Loro, le
Apuane, adesso riportate alla
primordiale verginità grazie
alla neve che delicata ne rico-
pre i traumi, gridano silenzio-
samente pietà, mentre io chie-
do forte a voi di aiutarci a dar
voce ai nostri giganti.
“Marmorea corona, di minac-
cevoli punte, le grandi Alpi
Apuane regnano il regno ama-
ro, dal loro orgoglio assun-
te.” (D’Annunzio)
Rachele Pellegrini II B LC
7
Attualità
LA PENNA E’ PIU’ POTENTE DELLA SPADA
S pesso, immersi nelle
nostre piccole realtà,
dimentichiamo di
pensare al di fuori;
senza renderci conto dell'im-
portanza di un nostro gesto e
dando per scontata la possibili-
tà di farlo e ripeterlo, molto
spesso agiamo, senza però
riflettere sugli eventi, le circo-
stanze, le avversità e le persone
che lo hanno reso possibile. Un
esempio? Lo studio.
Abituati a vederlo come un
dovere, fin da piccoli difficil-
mente accostiamo l'espressione
"andare a scuola" a verbi di
volontà o urla di gioia; molto
spesso avviene l'esatto contra-
rio, e tra gli sbadigli e il desi-
derio di tornare al più presto
sotto le coperte, varchiamo
silenziosamente la porta di
classe e ci sediamo al nostro
posto. Per i più fortunati di noi,
che vedono nella scuola un
luogo di arricchimento cultura-
le e sociale, un luogo di ritrovo
dove non solo si studia, ma si
cresce e si matura, le mattine
sono forse meno pesanti. Ma
che accadrebbe se ci fosse
negato, se chiudessero le scuo-
le ed emanassero una legge che
ci vieta di frequentarle e di
studiare?
Ecco cosa ha vissuto sulla
propria pelle Malala Yousa-
fzai, una ragazza di origine
pakistana la cui realtà è stata
travolta dalla guerra.
Nella valle dello Swat, precisa-
mente nella città
di Mingora, Malala aveva 12
anni quando iniziò a battersi
per i diritti delle donne e allo
studio; a causa del regime tale-
bano, questa giovane ragazza è
stata privata di un suo diritto
fondamentale: il diritto allo
studio. L'integralismo religioso
che guida questa fazione ha
privato lei e tutte le donne
della regione della possibilità
di crescere culturalmente, e di
fronte a quest'ingiustizia Mala-
la non ha potuto tacere.
Fin dai primi anni ha curato un
blog in urdu per la BBC, do-
ve documentava il regime dei
talebani pakistani e l'ansia che
lei e le sue compagne provava-
no ogniqualvolta dovevano
andare a scuola, e fin da subito
è stata bersaglio di minacce; la
sua tenacia e il suo desiderio di
vivere in un mondo dove ai
bambini siano garantiti i propri
diritti fondamentali, però, le
hanno dato la forza e il corag-
gio di continuare: “Ci penso
spesso e mi immagino chiara-
mente la scena. Anche se ver-
ranno a uccidermi dirò loro
che sbagliano. L’istruzione è
un nostro diritto fondamentale".
Il 9 ottobre dello stesso anno,
mentre tornava da scuola con
due amiche, le minacce, che
fino ad allora erano state solo
scritte, diventano realtà: un
talebano spara a Malala e il
proiettile la colpisce in fronte.
Aveva appena 14 anni e il
talebano che orgogliosamente
si prese il merito dell'attentato,
Ihsanullah Ihsan, sostenne che
la ragazza era il "simbolo degli
infedeli e dell'oscenità". Malala
è stata trasportata d'urgenza
all'ospedale militare di Pesha-
war, per poi essere ospitata dal
Regno Unito per tutto il perio-
do della riabilitazione.
Dopo aver quasi perso la vita e
aver visto sfumare ancora una
volta davanti ai propri occhi
tutti i progetti e le aspettative
per il suo futuro, Malala ha
voluto continuare la sua lotta: "I
terroristi pensavano di cam-
biare i miei obiettivi e fermare
le mie ambizioni. Ma nulla è
cambiato nella mia vita, tranne
questo: debolezza, paura e
disperazione sono morte; for-
za, energia e coraggio sono
nati. Io sono la stessa Malala.
Le mie ambizioni sono le stes-
se. Le mie speranze sono le
stesse. E i miei sogni sono gli
stessi".
Conosciuta in tutto il mondo, il
1 febbraio 2013 è stata candi-
data al Premio Nobel per la
Pace, la più giovane della sto-
ria, ha ricevuto il premio Sa-
kharov per la libertà di pensie-
ro e il 12 luglio scorso, in oc-
casione del suo sedicesimo
compleanno, ha tenuto un di-
scorso al palazzo delle Nazioni
Unite a New York. Con addos-
so lo scialle appartenuto alla
defunta Benazir Bhutto, nel
suo discorso Malala ha ribadito
l'importanza dell'istruzione per
i bambini, costretti a lavorare o
obbligati ad impugnare armi in
8
Cultura
DEBATING SOCIETY
molte parti del mondo. Por-
tando avanti con vigore il
pensiero secondo cui le
penne e i libri sono le armi
più potenti, Malala invita
tutti i governi a garantire il
diritto allo studio ad ogni
bambino del mondo, com-
battendo il terrorismo, l'i-
gnoranza, la povertà e l'a-
nalfabetismo in ogni Paese.
È necessario e doveroso da
parte di tutti garantire un
futuro di pace ai bambini di
ogni parte del mondo e
l'unico modo per riuscirci è
l'istruzione, perché "un bam-
bino, un insegnante, un
libro e una penna possono
cambiare il mondo".
Mia Belen Martinez II B
LC
F or the third year run-
ning, The ISI Machi-
avelli Debating Soci-
ety is back with a full
timetable spanning the period
December 19th 2013 to April
2014. This POF project
(created in 2011 by teachers L.
Raffaelli and D. Tocchini) has
been run by our English teach-
er, Mrs Delia Tocchini, for
over two years now, and it has
enjoyed the participation of
about 50 debaters and of an
even larger jury. During the
debates, four students, the
debaters, are divided into two
competing teams (each formed
by one captain and by one
cadet) who are asked to dis-
cuss in English a given motion
from two opposite standpoints
(one pro and one against).
During the previous editions,
motion topics ranged from
current affairs and governmen-
tal policy, to love and mar-
riage. All the students of the
school are welcome to come
and attend the debate as mem-
bers of a qualified jury that
will eventually have to vote
for the best debating team. The
jury will have to vote accord-
ing to the debaters’ communi-
cative skills and not on the
basis of the team’s position on
the motion. You are not voting
to defend your beliefs but to
nominate the best debaters! As
in the past editions, Mrs F.
Stelfox will be chairing this
year’s debates, while Mr C.
Tual will be coaching the two
teams again! Special thanks to
both for their generous and
unparalleled contribution to
this activity.
This year’s first debate took
place on Wednesday, Dec
18th , 2:30pm, Aula Magna
(liceo classico, via degli Asili).
There also was a special guest,
Mrs G. Cerulli, who teaches
English at Liceo Classico
“Gioberti” in Turin; Mrs Ce-
rulli is interested in the activity
and would like to see how our
school set it up.
The chosen motion for the
opening debate is “Italy’s
BRAIN DRAIN”, which was
defended by pro-team Isabella
Cammarota/Elena De Servi (IIA liceo classico), and at-
tacked by opposing team
Alessandro Agnitti (IIA liceo
classico)/ Martina Andreini
(IIIA liceo classico).
This is a great opportunity to
improve your English, to get
opinions concerning different
issues, and to develop your
communicative skills and good
judgement. If you participate
constantly and actively (your
presence will be noted down
on an attendance register),
you will get school credits at
the end of the year. So, come
numerous!
Emma Roncaglia II C LC
9
Cultura
Attualità
10
Queste due pagine contenevano un dibattito ed un articolo dedicati alla legalizzazione delle dro-
ghe leggere. I docenti hanno ritenuto che questi contenuti non erano stati adeguatamente svilup-
pati e perciò non è stata autorizzata la loro pubblicazione. Ringraziamo comunque gli autori di
questi articoli per la collaborazione.
11
Il Confronto
Queste due pagine contenevano un dibattito ed un articolo dedicati alla legalizzazione delle dro-
ghe leggere. I docenti hanno ritenuto che questi contenuti non erano stati adeguatamente svilup-
pati e perciò non è stata autorizzata la loro pubblicazione. Ringraziamo comunque gli autori di
questi articoli per la collaborazione.
2 Dicembre 2013 QUATTRO CHIACCHIERE CON I RAPPRESENTANTI
Oggi il primo consiglio d’Isti-
tuto dell’anno. Come vi senti-
te?
L: Importanti, impauriti… è
una responsabilità più che
altro.
Sentite la gravità del ruolo?
L: La sento, la sento.
Gi: Essendo al secondo anno
che faccio quest’esperienza,
che mi metto in ballo per que-
sto istituto, sì, la sento, è abba-
stanza pesante.
Ga: Per ora non si è sentita
molto perché non si è fatto
ancora molte cose. Io ho cerca-
to di parlare con la preside ma
non l’ho trovata e sì, oggi è il
primo giorno che sento la gra-
vità del compito.
A: La sentiremo sicuramente
andando avanti nel tempo
quando avremo da organizzare
qualcosa, ora siamo in fase di
progetto, quindi… Per ora
poco, poi piano piano aumente-
rà.
E’ la prima volta da alcuni
anni che i rappresentanti
sono solo maschi.
Ridono
L: Che devo dire? Boh, non lo
so davvero.
Ga: E’ pesante, è molto pesan-
te. (annuisce ironico)
Ridono
A: Io ho sempre detto che il
tocco femminile ci vuole do-
vunque ma siamo qua, quattro
uomini e ci troveremo a lavora-
re in quattro. Penso che sarà
uguale uomo o
donna!
Gi: Purtroppo è vero e sono
convinto che sia opportuno
avere sempre una presenza
femminile ma ci impegneremo
a tutelarla visto che l’istituto è
composto da 80% di ragazze.
Quest’anno abbiamo avuto
l’aggravante di essere tre scuo-
le diverse e di avere un rappre-
sentante per ogni scuola, forse
è stato quello a escludere una
ragazza.
Cosa cambiereste nel nostro
istituto?
L: Ci sono troppe cose da cam-
biare…
Ga: Sì appunto…
E se vi chiedessi i pregi?
Silenzio imbarazzante…
Proprio nulla?
A ( rivolto a Luca): Diciamo
che lui è in questo istituto da
poco, quindi deve ancora vede-
re…
Risata
A: Ho cercato di salvarlo! Pe-
rò… Ci sono alcune cose che
sono molto buone e che posso-
no sembrare scontatissime
come le “semplici” assemblee
che possiamo continuare (e
continueremo) a fare. E poi
quest’anno possiamo approfit-
tare del fatto che siamo tre
scuole diverse per completarci
l’un l’altra e vedere come una
cosa buona questo accorpa-
mento.
L: L’essere tre scuole molto
diverse con orientamenti molto
diversi tra di loro sicuramente
è un pregio perché possono
venire fuori tante problemati-
che viste sotto punti di vista
diversi.
Gi: Anche la libertà che abbia-
mo in quanto studenti per le
manifestazioni, le assemblee,
non tutti le hanno. A noi sem-
bra una cosa scontata ma non è
così. E poi fra noi possiamo
organizzarci in mille modi, con
la nuova preside abbiamo tante
libertà in più; speriamo di valu-
tarle tutte al meglio e di sfrut-
tarle.
Alcuni punti dei due pro-
grammi, con parole differen-
ti, esprimono il medesimo
concetto. Come vi comporte-
rete, invece, nei confronti
delle idee proprie di ciascuna
lista?
Ga: Per quanto mi riguarda,
sono determinato a realizzare
tutti i punti che ho fatto almeno
nella mia lista con Lorenzo e,
naturalmente, anche i punti che
hanno avuto gli altri, come i
miei che gli altri non hanno
avuto, si potranno fare comun-
que insieme. Penso che non ci
sia nessun problema, anche
perché va a vantaggio solo
della scuola, non di noi come
persone.
Gi: Per i punti ai quali sono un
po’ più restio, ci dovrà essere
un bel dibattito fra noi rappre-
sentanti così da trovare il me-
glio ed il peggio delle cose che
abbiamo deciso di attuare e
attuarle.
12
l’Intervista
2 Dicembre 2013 QUATTRO CHIACCHIERE CON I RAPPRESENTANTI
A: Come avevo detto all’as-
semblea quando presentai la
lista, uno dei nostri obiettivi
era appunto quello cercare di
realizzare i nostri punti insieme
agli altri rappresentanti e, chia-
ramente, anche noi dare una
mano a realizzare i loro perché
se si prendono cinque punti di
una lista e si fanno quel-
li o cinque punti di
un’altra, se ne fa solo
cinque. Se li mettiamo
insieme e ci mettiamo a
lavorare insieme, se ne
può fare dieci.
L: Penso anch’io che
mettere in comune tutti i
punti delle varie liste e
provare a realizzarli tutti
insieme, tenendo conto
delle necessità e del
“volere” dell’utenza, sia
la cosa migliore da fare,
senza prendersi dei pun-
ti fissi più a scopo personale
che collettivo e portarli avanti
per determinazione nostra, per
nostro volere e basta.
E da dove avete intenzione di
cominciare?
Ga: Fra i punti della lista, i
primi in ordine che si possono
fare, diciamo le merende e i
giornali che, oltre a essere
abbastanza una necessità, mi
sembrano quelli più vicini
perché l’appalto sta per scadere
e per i giornali basta fare un
accordo con “La Nazione”
veloce. Mentre il guadagno
dalle feste e dai tornei bisogna
aspettare perché non è che si
possono fare così, subito…
A: Da parte mia, intanto co-
minciare a riprendere un po’ il
rapporto con la scuola. Siamo
stati appena eletti e ci hanno
visto all’assemblea per la pre-
sentazione delle liste ma non ci
hanno ancora visto al lavoro.
Quindi importante intanto è
riprendere il rapporto, partendo
con un’assemblea dei rappre-
sentanti di classe. Poi ripartire
con le assemblee d’Istituto e
cominciare, come diceva Ga-
briele, a vedere i vari progetti
che si possono realizzare insie-
me subito e quelli un pochino
più complessi, dove c’è un po’
più di burocrazia, rimandarli
più in là… E comunque l’anno
scolastico è ancora lungo…
L: Io lo stesso, penso che pri-
ma di tutto bisogna prendere
un po’ confidenza con la scuo-
la, con gli alunni, quantomeno
con i rappresentanti di classe,
se non con tutti, e poi andare a
vedere nello specifico quelli
che sono i problemi che emer-
geranno dalle assemblee. Per
quanto riguarda me personal-
mente e la nostra scuola, un
problema gigantesco sono i
laboratori. E sicuramente farò
il possibile, faremo il possibile
per migliorarli, però
anche le altre problema-
tiche devono uscire
fuori dagli altri, cioè dai
ragazzi e dai rappresen-
tanti.
Gi: La prima cosa a cui
punto io è l’informazio-
ne, perché ho visto,
anche ora che sono in
quinta, che non sempre
le cose si sanno, non
tutti sanno cosa succede
in consiglio d’Istituto,
quindi puntiamo a fare
più assemblee con i
rappresentanti di classe per
fare in modo che ogni singola
classe abbia voce in consiglio.
Assemblee d’Istituto: avete
già cominciato a pensare alla
prossima?
L: La prossima sarà dopo i
primi consigli d’Istituto dove
noi avremo voce in capitolo
visto che questi alla fine sono
stati fatti solo per eleggere le
varie parti della componente e
dopo faremo prima una riunio-
ne con i rappresentanti di clas-
se per comuni-
care a tutti loro,
13
l’Intervista
che a loro volta comunicano
alle classi, quello che è stato
deciso e poi verrà fatta anche
un’assemblea d’Istituto. Però
come data non ne ho idea,
forse gennaio, penso. Prima la
vedo un attimino impossibile.
A: Dicembre non si può fare.
Ga: Neanche gennaio mi pa-
re…
A: Forse gennaio… Comunque
è un discorso sul quale dobbia-
mo parlare con la preside, par-
larne in consiglio. Gennaio non
la possiamo assicurare, cer-
chiamo di lavorare soprattutto
per trovare una modalità per
fare le assemblee che non costi
così tanto alla scuola perché, al
momento, il cinema costa tanti
soldi. Trovare intanto una ma-
niera diversa per organizzarle,
se non tutte, almeno una parte.
Trovata quella, poi possiamo
cominciare a parlare delle te-
matiche, di convocare le varie
assemblee, di incontrarci con i
ragazzi e decidere di cosa par-
lare come argomenti, non come
parte pratica…
E come alternativa al cine-
ma? Avete già in mente qual-
cosa?
L: O la fai tutta spezzettata ma,
secondo me, non ha un granché
senso…
Altri: No, siamo troppi, siamo
in milletrecento…
L: Infatti, non ha un granché
senso…
A: Si sente parlare del palaz-
zetto ma è tutta una cosa da
verificare… Sono tutte cose di
cui dobbiamo parlare, con la
preside, con il consiglio. Ve-
diamo un po’
come viene
presa e anche lì i costi, perché
neppure il palazzetto è gratuito
quindi dovremo un po’ vedere
sulla modalità
Gli altri annuiscono.
Da quest’anno il nostro isti-
tuto si è ingrandito nuova-
mente in termini di studenti.
Sotto la denominazione ISI
Machiavelli si raggruppano
tre indirizzi. Ma, sebbene
istituzionalmente siamo un
unico istituto, continuiamo a
pensare, in tutte le cose, per
scuole: quelli del Classico,
quelli del Socio, Scienze
Umane, quelli del Civitali.
Forse perché ci piace pensare
così.
Gi: È opportuno fare una diffe-
renza fra gli indirizzi ma l’isti-
tuto è uno solo. Non ci devono
essere disparità.
Ga: Beh, indipendentemente da
che siamo solo un istituto, c’è
da tenere conto che, alla fine,
siamo realmente tre scuole
separate perché ogni scuola ha
la sue esigenze e le proprie
necessità e quindi non puoi
ragionare come collettività
sempre, devi pensare anche al
fatto che la tua scuola ha esi-
genze diverse dall’altra. Però
naturalmente, abbiamo tutti a
cuore il bene comune dell’Isti-
tuto, quindi non è che una
scuola deve danneggiare l’al-
tra…
A: Tra l’altro siamo tre scuole
molto diverse perché c’è un
liceo classico, un liceo delle
scienze umane e un istituto
dove fanno moda e servizi
sociali… Però cerchiamo di,
nelle diverse esigenze, prende-
re sia le richieste e i bisogni,
ma anche il meglio e le oppor-
tunità che questa cosa può
offrire. Sicuramente ci sono.
Sarà un anno di prova per tutto
l’Istituto perché è la prima
volta che siamo insieme e fare
una serie di attività insieme
non sarà facile, ma cerchiamo
di prendere il meglio, di trovar-
ci e, tra qualche anno, proba-
bilmente non la sentiremo più
questa differenza, sarà sconta-
ta. Soprattutto per quelli che
hanno cominciato quest’anno a
studiare all’Isi Machiavelli…
L: Hanno detto tutto loro, pra-
ticamente!
Alla domanda cosa mancasse
davvero in questo Istituto,
due anni fa un rappresentan-
te rispose che scarseggiava
partecipazione ed interessa-
mento a qualsiasi attività che
non facesse saltare la scuola.
Il COS potrebbe essere un
esempio emblematico: da
anni cercano in molti modi di
aumentare quella partecipa-
zione e quelle presenze che
14
l’Intervista
non ci sono, invano. Cosa
pensate voi di questo disinte-
resse ed indifferenza fra gli
studenti? L: Che ci sia è innegabile,
perché si avverte anche dalle
assemblee d’Istituto. Ci sono
trecento persone in una stanza
e parlano le solite tre oltre ai
rappresentanti d’Istituto. E
quindi diventa più un dibattito
interpersonale che un consesso
paritetico di persone. Si do-
vrebbe andare a smuovere
l’interesse delle persone, però
non abbiamo tutti questi mezzi.
Alla fine non possiamo costrin-
gere le persone ad avere inte-
resse nel venire a scuola. Pos-
siamo provare a fare progetti,
alternative ma sarebbero tutte
cose extrascolastiche che sin-
ceramente io non penso verreb-
bero adottate dalla maggior
parte degli studenti perché se
già non hanno voglia di venire
a scuola durante la mattina,
figuriamoci se ci tornano il
giorno! Quindi non saprei ve-
ramente come fare, io perso-
nalmente.
A: Neppure io. C’è chi ha una
concezione di scuola come
posto dove vai sia per studiare
sia per partecipare, per fare
qualcos’altro e c’è chi magari
ci va solo per studiare e chi
non ha neanche voglia di stu-
diare quindi…è un po’ un pro-
blema. Noi cerchiamo, sapendo
di non avere tante possibilità,
di re-interessare gli studenti,
partendo da un buon rapporto
con i rappresentanti di classe e
cercare di far sentire tutti parte,
sperando che magari qualcuno
che fino all’anno scorso non
gliene importava niente dica
“toh, c’è questa cosa, questa
possibilità, cogliamola!”.
Non possiamo garantire nul-
la, noi lanciamo le opportuni-
tà, se gli studenti le vogliono
prendere siamo contentissi-
mi.
Gi: Per qualunque attività
serve una partecipazione
perché noi si può organizzare
ma se la gente non partecipa,
non se ne fa nulla. Forse è
colpa dell’egoismo di ognu-
no, un po’ di menefreghismo,
perché diciamo che uno stu-
dente, magari anche per catti-
va informazione, non se ne
interessa e non se ne cura.
Con più partecipazione fun-
zionerebbe tutto meglio.
Ga: E’ dura perché lo studen-
te pensa ad esempio al Cos
come “niente di utile, non
posso andarci, perdo tempo,
sto a casa che devo studiare”
poi però si presenta all’as-
semblea, l’assemblea non gli
è piaciuta e la critica magari
sul collettivo, ce lo viene a
dire e cose del genere. E, per
evitare queste situazioni di
disagio alle assemblee, è
bene che tutti partecipino al
Cos. Ora…ho lanciato un
appello!
A: Speriamo venga colto!
Ga: Esatto!
Un saluto per i lettori! Ridono
L: Ciao!
Ga: Ciao!
A: Ciao!
Gi: Grazie a tutti quelli che mi
hanno votato, cercherò di fare
il massimo!
15
l’Intervista
La mia esperienza missionaria in Rwanda VIVERE E’ CONVIVERE
Q uest'estate assieme ad
altri quattro ragazzi
ho vissuto un'espe-
rienza che ha cambia-
to la mia vita, che ha lasciato
un segno indelebile e che sicu-
ramente mi ha aiutata molto a
crescere. L'idea è nata sponta-
neamente, da sempre desidera-
vo fare un viaggio del genere,
non una delle solite vacanze tra
spiagge bianche e acqua cri-
stallina, bensì volevo conosce-
re la realtà di un paese dal
vivo, attraverso gli occhi della
gente, che non fosse filtrato dai
frutti della globalizzazione; e
grazie ad alcuni incontri fatti lo
scorso anno con l'ufficio mis-
sionario di Lucca durante le
ore di IRC, questo piccolo
sogno si è trasformato in realtà.
Lo scorso 15 agosto siamo
partiti per il Rwanda pieni di
speranze, aspettative e curiosi-
tà, pronti ad accogliere tutto
quello che ci sarebbe venuto
incontro. Il Rwanda è un paese
affascinante, non è desertico
come mi aspettavo, infatti,
essendo nel Centro Africa,
proprio vicino all'Equatore, vi
coesistono sia la Savana che la
foresta pluviale, è fertile, colli-
nare e ricco di bananeti e ri-
saie. Ma la grande risorsa del
paese sono le persone: gente
fantastica, che ti sa accogliere,
ospitale e contenta di niente,
perché niente è tutto quello che
ha. I primi giorni quasi non me
ne ero accorta, vedevo tutti
questi bambini
che mi correvano incontro da
ogni parte, con i sorrisoni
stampati sulla faccia e pensa-
vo: "be', dai allora stanno be-
ne" ; poi piano piano ho visto
che erano sporchi, scalzi, pieni
di terra, con il moccio al naso..
Mi aspettavo di vedere la po-
vertà, la miseria: tutti conoscia-
mo le condizioni dei paesi del
Terzo mondo, ma essere lì,
sperimentare dal vivo le loro
sofferenze fa davvero un altro
effetto. Credevo che l'uomo
moderno fosse talmente assue-
fatto e abituato a conoscere i
mali del mondo che non sarei
rimasta tanto colpita, ma non è
stato così. Ho iniziato a riflet-
tere su cosa fosse realmente la
felicità, su come potesse ogni
persona alzarsi la mattina con
il sorriso stampato sulla faccia,
su come una mamma potesse
accontentarsi di crescere un
figlio in una baracca fatta di
fango, senza luce, senza mobi-
li, sporca e piena di insetti, su
cosa potesse aspettarsi dalla
vita una ragazzo con nient'altro
che i propri vestiti addosso,
eppure la loro allegria era così
contagiosa, quando prendeva-
mo per mano i bambini sem-
brava aver esaudito il più gran-
de dei loro desideri.
Poi ho realizzato che quello
che conta là non è vivere bene,
ma vivere insieme, nessuno è
mai da solo, anche se è siero-
positivo e i genitori lo hanno
abbandonato, anche se è mala-
to o povero. Là ognuno può
essere quello che è veramente,
non ci sono superficialità per-
ché niente è superfluo, tutto è
importante e la vita è più vera
perché c'è fede, fede che non
sia per forza quella in una reli-
gione ma in qualunque cosa:
nel domani, in un futuro mi-
gliore, in Rwanda chi è senza
fede è vuoto.
La maggior parte del tempo lo
abbiamo passato nel villaggio
di Nyarurema, nella parte nord-
orientale del paese, a casa di
Carla e Federico, due missio-
nari che vivono là stabilmente,
due persone da prendere sicu-
ramente ad esempio per la loro
immensa generosità e voglia di
aiutare gli altri. E da qui abbia-
mo visitato i diversi centri che
ci sono: il centro per la malnu-
trizione, la maison d'accueil
(un orfanotrofio per bambini
sieropositivi o malati di AIDS),
il centro per la cecità, quello
fisioterapico e la scuola di
Nyangara. Abbiamo avuto
specialmente l'occasione di
stare con i bambini, giocare
con loro, tentando di capirci tra
gesti, francese, inglese e qual-
che parola in kinyRwanda, tra
le quali certamente non si può
dimenticare "umuzungu", che
significa "uomo bianco". Infat-
ti per la prima volta nella mia
vita ho capito cosa significava
essere "diversi", eravamo delle
gocce di latte in un mare di
caffè, ma non era una cosa
16
Cultura
La mia esperienza missionaria in Rwanda VIVERE E’ CONVIVERE
negativa perché non c'era pre-
giudizio o presunzione, solo
curiosità e volta di conoscere
l'altro (qualche bambino aveva
addirittura paura, dato che si
racconta che il temibile "uomo
bianco" si pappa tutti i bambini
neri cattivi).
È stato un viaggio meraviglioso
che mi ha portato ad apprezzare
altre cose, che ha cambiato la
mia rotta per il futuro e che mi
ha fatto venire voglia di cam-
biare il mondo; da quando sono
tornata molti miei amici hanno
manifestato il loro desiderio di
vivere un'esperienza del genere
e ho capito che la mia testimo-
nianza deve servire anche a
questo: se siete interessati, ap-
passionati o semplicemente
curiosi, provate! Merita sicura-
mente. Per quanto mi riguarda
non vedo l'ora di tornarci e fino
ad allora di notte guarderò il
nostro cielo rovinato dall'inqui-
namento luminoso pensando a
quanto era affascinante e sugge-
stivo quello laggiù.
Martina Andreini III A LC
17
Cultura
La scuola di Nyangara è
nata come scuola materna
alla fine del 2005 per ini-
ziativa di un gruppo di
genitori ed è cresciuta gra-
zie all'intervento del Centro
Medico Martini, da cui ha
preso il nome di "Ecole
Maternelle Centre Martini
Amie d'infance"; nel 2009
accanto a questa è stata
costruita anche una scuola
elementare che offre edu-
cazione, accompagnamento
e assistenza alla fascia più
giovane della popolazione.
Poiché si tratta di una scuo-
la totalmente privata tutte
le spese sono a suo carico e
le entrate non vengono che
da due fonti: le donazioni
dall’Italia e le tasse scola-
stiche pagate dagli studen-
ti, queste si aggirano al
momento intorno ai 10.000
frw (1€=850frw), pochi se
si considera anche il pasto
di mezzogiorno ma rappre-
sentano comunque una
cifra notevole nell’econo-
mia di una famiglia comu-
ne. Questa scuola rappre-
senta l'orgoglio del paese
perché tiene lontani i bam-
bini dalla strada e perché
l'insegnamento impartito é
uno dei migliori. Noi ra-
gazzi ci siamo resi conto di
quanto sia importante l'i-
struzione: è l'unica arma
che può combattere contro
la miseria e per questo
abbiamo preso a cuore
questo progetto e, una volta
tornati, abbiamo deciso di
realizzare un calendario
con le foto migliori scatta-
te, il cui ricavato sarà inte-
ramente devoluto ai bambi-
ni dell'"Ècole Martini".
Questo calendario verrà
venduto classe per classe e
per questo vi invito calda-
mente a comprarlo, una
cifra modesta per noi può
invece significare molto
per loro e per il loro futuro.
AIUTATE IL RWANDA
L’omologazione degli anni zero ALTERNATIVAMENTE TUTTI UGUALI
N egli ultimi anni un
fenomeno dilagan-
te sta approdando
in tutto il mondo: il
fenomeno degli hipster. Forse
molti di voi non sanno cosa sia
questo nuovo fenomeno sociale
che sta spopolando ovunque,
ma sono sicura che in non
molto tempo una grande quan-
tità di persone ne sarà a cono-
scenza. Sono infatti sempre di
più i ragazzi e le ragazze che
da ogni angolo del pianeta
abbracciano questo “stile di
vita”.
Ma facciamo ordine e cerchia-
mo di spiegare in modo più
chiaro possibile cosa sia il
fenomeno “hipster”.
Negli ormai lontani anni qua-
ranta col termine hipster veni-
vano identificati gli accaniti
fan di una branca della musica
jazz, il bepop, che si contraddi-
stingue da quest'ultimo per una
presenza di tempi molto veloci
e innovative elaborazioni ar-
moniche. Gli appassionati
erano fondamentalmente ra-
gazzi bianchi che emulavano lo
stile di vita dei jazzisti afroa-
mericani. L'origine del nome
“hipster” è incerta, ma l'ipotesi
più accettata è quella che lo fa
derivare da un termini gergale
della lingua Senegalese “Hip”
che significa “aprire gli occhi”.
I cosiddetti hipster infatti si
professano al di là di ogni con-
venzione sociale e contro a
tutto ciò che si può definire “di
massa”, creden-
do a volte che le persone con
gusti diversi dai loro sono co-
me pecorelle smarrite da ripor-
tare all'ovile e a cui far appunto
“aprire gli occhi”.
Il termine “hipster” viene ri-
spolverato negli anni novanta,
periodo in
cui il termi-
ne acquista
l'accezione
con cui è
conosciuto
adesso. In
questi anni
appunto la
parola viene
utilizzata
per descri-
vere ragazzi
di ceto
medio-alto,
spesso abitanti in grandi città,
che per cercare di sfuggire alla
consueta routine di ogni gior-
no, si appassionano ad una
cultura alternativa, cercando di
andare contro ogni tipo di mu-
sica, genere letterario o cine-
matografico che possa essere
considerato “mainstream”
ovvero troppo popolare o com-
merciale per le loro piccole
menti raffinate.
Dopo questa breve introduzio-
ne passiamo ad un altro punto
fondamentale di questa que-
stione: l'omologazione. Perché
anche l'andare contro corrente
a volte può portare all'essere
tutti uguali, specialmente se
l'andare contro corrente è “di
moda”. Ormai non si ricono-
scono più i veri hipster da co-
loro che semplicemente si
professano tali soltanto perché
“ora mi piace essere così”.
Come fare a sapere se davvero
siete hipster o solo qualcuno
che si professa tale?
Di solito gli hipster hanno dei
segni caratteristici che li con-
traddistinguono e che li rendo-
no ciò che sono.
Sei un vero hipster se:
1)Sai chi sono i Mumford and
Sons, gli Artic Monkeys, e gli
Imagine Dragons e conoscevi i
Bon Iver già da prima della
cover della canzone “Skinny
Love”, rifatta da Birdy e pre-
sente nella colonna sonora di
“The Vampire Diaries”.
2) Sei su Tumblr, unico social
network non ancora controllato
da nessun grande magnate del
web e luogo di ritrovo di ado-
lescenti frustrati in cui scrivo-
no pezzi criptici di canzoni di
cantanti alternativi che non
18
Musica
L’omologazione degli anni zero ALTERNATIVAMENTE TUTTI UGUALI
capiscono nemmeno loro, dalla
data di apertura e non da quan-
do è diventato “cool”.
3) Metti gli stivaletti
“Dr.Martens” perché realmente
ti piacciono e non perché sono
alternativi. Se metti i fiori nei
capelli perché pensi che richia-
mino il movimento hippie e
non perché lo fa Florence dei
Florence and the Machine.
4) Credi che la birra sia vera-
mente meglio del vino e non
solo perché la birra Heineken
sponsorizza l'Heineken Jam-
min' Festival, luogo di ritrovo
per gli appassionati di musica
alternativa ormai da decenni.
5)Principalmente sei un hipster
se non hai bisogno di leggere
questo articolo perché sai già
tutto di questo tipo di cultura.
Sei un hipster “della domeni-
ca” se: 1) Ascolti Lana Del Rey tutta
la giornata, criticando la musi-
ca dei Coldpay ormai diventati
“troppo commerciali”, ma di
sera preso da un estremo attac-
co di negatività metti i One
Direction a palla, cantando le
loro canzoni a squarciagola
saltando sul letto come se non
ci fosse un domani.
2) Metti la maglietta dei Joy
Divison senza sapere cos'è di
preciso perché “lo hai visto su
Tumblr e ciò che c'è su Tumblr
è Hipster a prescindere”.
3) Passi la giornata pigiando
tasti a caso su Tumbrl, Twitter,
Instagram, Foursquare e Pinte-
rest non capendo che il vero
scopo di una “cultura” hipster è
effettivamente farsi una cultura
su qualcosa.
4) Credi che “Noi siamo infini-
to” sia il film più bello mai
uscito solo perché contiene
nella colonna sonora due o tre
canzoni di David Bowie e una
canzone dei “The Smiths”.
Wow, allora sì che è un film
alternativo.
5) Leggi Nick
Hornby, Bukow-
sky e Kerouac
sentendo un di-
sperato bisogno di
ritornare alle tue
solite letture im-
pegnate che com-
prendono princi-
palmente libri di
Fabio Volo e Dan
Brown.
Ci tengo infine a
specificare che lo
scopo di questo
articolo, comun-
que, non è quello
di criticare nessun
tipo di moda, stile
di vita o mentalità
adottata da qualsi-
voglia persona,
ma è solamente
quello di cercare
di far riflettere, in
modo ironico, su
un fenomeno che
sta prendendo il
sopravvento e
forse non sempre in modo
postivo. Perché come non è
giusto discriminare una perso-
na perché “non è alla moda”,
allo stesso modo non è giusto
farla sentire inferiore perché
non troppo “negli standard”.
Prendete questo articolo come
una mera opinione e non come
un netto giudizio, poiché non è
questa la sua finalità.
Silvia Giorgetti II C LC
19
Musica
L’ALTRO VOLTO DEL CINEMA ITALIANO
Q uando si parla di cine-
ma italiano si ricorda-
no i nomi di grandi
registi come Roberto
Benigni, Federico Fellini, Ma-
rio Monicelli, Gabriele Salva-
tores e tanti altri che hanno
fatto la storia del cinema. Forse
qualcuno, amante di commedie
commerciali o “leggere”, ricor-
derà più facilmente i
“Cinepanettoni”, mentre gli
appassionati di polizieschi
penseranno a Michele Placido,
regista di Romanzo criminale.
Ma tutto questo è solo una
parte della storia del nostro
cinema, ed è un peccato che
noi italiani (come spesso acca-
de) non conosciamo completa-
mente il nostro patrimonio
culturale. Perché la cinemato-
grafia, come la pittura, la scul-
tura e la poesia, è arte, e come
tale è parte
integrante
della storia
del nostro
Paese. Po-
tremmo stare
a lungo a
disquisire
sull'impor-
tanza che il
cinema ita-
liano ha
avuto nello
sviluppo
della settima arte in tutto il
mondo, ma oggi vogliamo
parlarvi d'altro. Ciò che, con
orgoglio, intendiamo fare qui è
parlarvi del
cinema di genere italiano. In-
nanzitutto, che cos'è? Si tratta
di un particolare filone di film,
sorto in Italia negli anni ses-
santa e che aveva come obietti-
vo, almeno inizialmente, quello
di imitare il grande cinema dei
blockbuster americani, ma che
si sviluppò poi in modo del
tutto autonomo e originale,
influenzando considerevolmen-
te anche numerosi registi all'e-
stero. Il termine deriva dal
fatto che le pellicole prodotte
avevano caratteristiche spicca-
tamente di genere. Fanno parte
di questo filone la commedia
all'italiana, che sopravvive
ancora oggi in forme più o
meno commerciali; il polizie-
sco o “poliziottesco”, che si
rifaceva a vari fatti di cronaca
soprattutto degli anni '70 e
quindi importante per capire la
storia socia-
le del no-
stro Paese;
lo spaghetti
western o
western
all'italiana,
che ha fatto
scuola a
livello
mondiale
(cogliamo
l'occasione
per ricorda-
re con affetto l'attore Giuliano
Gemma, recentemente scom-
parso); l'horror all'italiana,
rappresentato a livello interna-
zionale da nomi come Mario
Bava e Dario Argento. Non si
può parlare dell'arte senza
parlare degli artisti, ed è così
che ho ora l'onore di presentar-
vi due grandi nomi del cinema:
l'inventore
di un genere
e il terrori-
sta dei ge-
neri.
Sergio Leo-
ne (1929-
1989) è
considerato
uno dei
massimi
registi nella
storia del
cinema
mondiale.
Creatore dei
primi spa-
ghetti we-
stern, ha
canonizzato
l'iconografia
di un genere
(l'eroe soli-
tario, il
duello di
sguardi, le
grandi di-
stese deser-
tiche, le
stupende
musiche di
Ennio Mor-
ricone)
attraverso capolavori come Per
un pugno di dollari e Il buono,
il brutto, il cattivo. Un artista
che è riuscito a far rivivere
l'epica in un'ambientazione
20
Cinema
L’ALTRO VOLTO DEL CINEMA ITALIANO
moderna e suggestiva popolata
da personaggi memorabili,
come l'abile e coraggioso Uo-
mo senza nome (Clint East-
wood), il folle e crudele Indio
(Gian Maria Volontè), o l'astu-
to e simpatico Tuco (Eli Wal-
lach). Un narratore che, senza
bisogno di effetti speciali pac-
chiani, ha saputo raccontare
non solo il Vecchio
West, ma anche la
New York del proi-
bizionismo nell'im-
perdibile C'era una
volta in America.
Volete essere sicuri
di apprezzare appie-
no i rimandi e le
citazioni di capola-
vori del cinema con-
temporaneo come
Bastardi senza glo-
ria e Django Un-
chained? Non potete non guar-
dare i film di questo maestro.
Lucio Fulci (1927-1996), il
Poeta del macabro, è il regista
italiano di genere per definizio-
ne, in parte perché, a causa
della scarsa considerazione di
cui godette per quasi tutta la
sua vita, fu costretto a girare
film di qualsiasi tipo per motivi
di profitto, ma anche per una
passione e un amore più unici
che rari, riscontrabili solo nei
veri artisti. E' ricordato princi-
palmente per i suoi horror
(Zombie 2; ...E tu vivrai nel
terrore! L'aldilà), divenuti
famosi perché girati magistral-
mente nonostante gli scarsi
mezzi economici. Fulci è, al-
meno in Italia, troppo poco
conosciuto, considerando che
Quentin Tarantino si è ispirato
a lui in molti suoi film, e che I
guerrieri dell'anno 2072 (film
girato da Fulci nel 1984) ha
molti punti di contatto con la
celebre serie letteraria Hunger
Games.
Paradossalmente, il nostro
cinema di genere, eccetto po-
che fortuite eccezioni, è stato
apprezzato più all'estero che
nel nostro Paese, e ad oggi è
ormai passato di moda, contra-
riamente a quanto accade in
Francia o in Spagna. Perché?
Perché mancano le idee? Per-
ché manca il coraggio di pro-
porre qualcosa di diverso? O
perché il pubblico preferisce
“le solite cose”? A voi la rifles-
sione. Noi ci accontentiamo di
proporvi una citazione dal
gusto cult: quando un uomo
con la pistola incontra un uomo
col fucile, quello con la pistola
è un uomo morto!
Giovanni Giannini II C LC
21
Cinema
LA RAGAZZA DI FUOCO HUNGER GAMES
Q uesto mese, per la
gioia di tutti gli ap-
passionati e dopo il
grande successo ri-
scosso dal primo film, è uscito
nelle sale cinematografiche
“Hunger Games: la ragazza di
fuoco”, tratto dalla trilogia di
libri di Suzanne Collins (la
regia è passata da Gary Ross a
Francis Lawrence) .
Come il primo, anche questo
“sequel” è ambientato nel fan-
tascientifico stato di Panem, in
un’America post-apocalittica,
dove il presidente-dittatore
Snow, per mantenere potere e
ricchezza in mano sua e di
pochi e tenere in schiavitù la
popolazione, deve offrire mar-
chingegnosi giochi cruenti, che
arrivano all’eliminazione fisi-
ca.
Katniss Everdeen, giovane
donna vincitrice della settanta-
quattresima edizione degli
Hunger Games, affronta assie-
me al suo compagno di vittoria
Peeta, “il tour dei vincitori”,
che li porta attraverso i vari
distretti. I due, che si fingono
fidanzati, sono per gli abitanti
dei vari distretti, che comincia-
no a ribellarsi, simbolo di spe-
ranza e per questo il presidente
Snow li vuole eliminare. Per
riuscire nel suo intento, orga-
nizza una nuova edizione degli
Hunger Games, alla quale de-
vono partecipare i vincitori
delle varie edizioni. Cosi per
Katniss e Peeta ricomincia
l’incubo: i due
si trovano in un’arena, costretti
ad uccidere gli altri per soprav-
vivere. Si alleano con altre
coppie di ex-vincitori e si tro-
vano ad affrontare prove ardue:
devono fuggire per scappare da
una nube velenosa e letale,
devono uccidere degli animali
feroci, ma soprattutto devono
stare attenti agli altri nemici. Il
film ha una svolta nel momen-
to in cui, uno dei geniali alleati
dei due protagonisti, pianifica
un modo per eliminare gli altri
avversari. Dopo varie ed emo-
zionanti vicende, il film termi-
na lasciando tutti in sospeso e
con il cuore in gola. Io l’ho
trovato avvincente, appassio-
nante, con scene forti, ma
scorrevole; inoltre tratta
implicitamente del tema
politico (rivolte, popolo
ridotto alla fame, gli stra-
teghi che vivono nel lus-
so…). Il cast degli attori è
eccezionale e in particola-
re spicca per la sua
espressività, bellezza e
bravura Jennifer Lawren-
ce, che interpreta la fragi-
le e coraggiosa Katniss
Everdeen. Notevoli le
scende d’azione e gli
effetti speciali
(particolare quella in cui
l’abito della protagonista
prende fuoco).
La critica USA lo ha
accolto con favore, rite-
nendolo superiore al pri-
mo (anche a me è piaciu-
to di più); assai più tiepi-
da invece la critica italiana, ad
eccezione della recensione di
Roberto Nepoti su “La Repub-
blica”. Il pubblico ne è rimasto
entusiasta ed ora attende il
terzo film. Il richiamo agli
spettacoli degli antichi Romani
è evidente nel nome dello stato
(“Panem”, che ricorda la cele-
bre espressione latina “Panem
et circenses”, cioè pane e gio-
chi del circo), e nelle scenogra-
fie ispirate all’antica Roma.
Questo film è l’ultimo di nu-
merosi altri sui giochi violenti,
di cui il più celebre fu il primo
“Rollerball”, del 1975.
Matilde Dal Canto IV A LC
22
Cinema
LA RAGAZZA DI FUOCO A THOUSAND SPLENDID SUNS
K haled Hossein
ambienta questo
libro nella Kabul
durante gli anni
della guerra .
Le due protagoniste, Mariam e
Laila, sebbene la loro dif-
ferenza d’età e i due carat-
teri completamente diversi
si ritrovano insieme a vi-
vere una situazione che le
segnerà per sempre.
Il libro si apre con l’infan-
zia difficile di Mariam
intorno agli anni sessanta,
un’ infanzia caratterizzata
dal dolore e dall’abbando-
no da parte di un padre mai
presente. Mariam era la
figlia illegittima di una
serva e quando la madre
muore il padre la obbliga a
sposarsi , a soli 15 anni.
Ormai la vita di Mariam è
segnata. Un marito crudele
e violento che la considera
una schiava, e una serie di
gravidanze mai portate a termi-
ne fanno si che la piccola Ma-
riam soffochi tutti i suoi sogni
di bambina. Laila, nata nel
1978, è sempre stata innamora-
ta del suo migliore amico Ta-
riq, ma anche lui , come molte
altre famiglie, fu costretto dalla
guerra a fuggire dalla città. A
causa di un bombardamento e
la morte dei suoi genitori, Laila
viene ospitata nella famiglia di
Mariam e dopo diverso tempo
Rashid, il marito di Mariam,
decide di sposarla come secon-
da moglie. Ma Laila nasconde
un segreto, è incinta di Tariq.
Sposare Rashid però, significa
garantire un futuro a lei e alla
bambina soprattutto dopo la
falsa notizia della morte di
Tariq. La situazione nella fami-
glia è sempre più difficile per il
comportamento maschilista del
marito. Le vite delle due donne,
sebbene inizialmente in conflit-
to, erano destinate a incontrarsi
per riuscire a combattere i so-
prusi del marito e della società.
Grazie alle due gravidanze di
Laila, Mariam scoprirà le gioie
della maternità che a lei non
erano state concesse e dopo
tanti anni di soggiogamento
capirà realmente cosà vuol
dire essere una donna. Trop-
pi però sono i maltrattamen-
ti del marito e le due donne
intuiscono che è arrivato il
momento di agire.
Questo libro riesce a porci
in contatto diretto con una
società e un modo di pensa-
re molto diverso dal nostro.
E' una storia molto emozio-
nante che si intreccia tra una
giovinezza rubata e la vo-
glia di cambiare la condi-
zione femminile in cui le
due donne si ritrovano per
volere del destino.
“Imparalo adesso e impara-
lo bene, figlia. Come l'ago
della bussola segna il nord,
così il dito accusatore dell'uo-
mo trova sempre una donna cui
dare la colpa. Ricordalo, Ma-
riam”
Francesca Dalle Piagge II C
LC
23
Libri
ULTIME USCITE
MUSICA Britney Spears – Brit-
ney Jean – 03/12
Nick Cave – Live from
KCRW – 03/12
Zucchero – Una rosa
blanca – Cd+Dvd –
03/12
X Factor Cast – Ep con
gli inediti – 13/12
Black Dahlia – Frag-
ments – 15/12
Il Genio – Una voce
poco fa – Dic/2013
Lorde – Pure Heroine –
03/12
NH3 – Rise Up – 13/12
Yellow – Lol-A-Bye –
15/13
LIBRI - Una promessa nella notte
di Alexandra Harvey -
Tre60 - Quella volta a Londra di
Julia Quinn– Mondadori
- Il ciclo di Shannara di
Terry Brooks - Monda-
dori
FILM -Lo Hobbit- la desolazio-
ne di Smaug (12 dicem-
bre) fantastico
-Qui e là (12 dicembre)
drammatico
-Still Life (12 dicembre)
drammatico di Uberto
Pasolini
-Un fantastico via vai (12
dicembre) commedia di e
con Leonardo Pieraccioni
-Pussy Riot- A punk
prayer (12 dicembre)
documentario
-Molière in bicicletta (12
dicembre) commedia
-Il segreto di Babbo Na-
tale (12 dicembre) anima-
zione
-Il natale della mamma
imperfetta (17 dicembre)
commedia
-Frozen-il regno di ghiac-
cio (19 dicembre) anima-
zione
-Philomena (19 dicembre)
drammatico
-Spaghetty story (19 di-
cembre) commedia
-Colpi di fortuna (19
dicembre) commedia con
Christian De Sica
-Indovina chi viene a
Natale? (19 dicembre)
commedia con Diego Aba-
tantuono
-Bert Stern: l’uomo che
fotografò Marilyn (19
dicembre) documentario
-I sogni segreti di Walter
Mitty (19 dicembre) com-
media di e con Ben Stiller
-Piovono polpette2- la
rivincita degli avanzi (25
dicembre) animazione
24
Ultime Uscite
UDITE, UDITE!
Sabato 4 gennaio, alle ore 9:15 lo
studente e clarinettista Kevin Spa-
gnolo, della classe 2°B del Liceo
Classico, si esibirà insieme al piani-
sta Stefano Teani durante la diretta
del programma "Unomattina in
famiglia" su Rai 1, in un confronto
tra conservatori, in cui Kevin e Ste-
fano dovranno rappresentare il
conservatorio "Luigi Boccherini"
della nostra città. I due artisti suone-
ranno un frammento dal terzo episo-
dio dell' opera "La favola del
re Saltan" di Nicolaj Rimskij-
Korsakov:" Il volo del calabrone"
opportunamente trascritta da Stefa-
no Teani. Kevin e Stefano però
hanno bisogno del vostro aiuto per
far passare la selezione al conserva-
torio di Lucca: i due competeranno
contro un altro conservatorio e per
vincere avranno bisogno del vostro
televoto! Il numero a cui potrete
mandare fino ad un massimo di 4
messaggi (ogni messaggio corri-
sponderà ad un voto, dovrete digita-
re 1 o 2,in base al gruppo che volete
votare) vi verrà comunicato sul
gruppo dell'Istituto, su Facebook,
una settimana prima della diretta.
Chi invece è interessato a votare, ma
non ha un account Facebook può
direttamente rivolgersi a Kevin. Se
passeranno la prima selezione, po-
tranno farne altre, fino ad arrivare
alla finale che avrà luogo in prima-
vera. Ogni vittoria aumenterà il
prestigio di Lucca, in ambito musi-
cale e artistico.
A spettando le vacanze natalizie, pos-
siamo bearci di tanti altri eventi che
colorano il mese di dicembre. La
pista di pattinaggio sul ghiaccio
tornerà ad animare Piazza Napoleone, precisa-
mente da sabato 7 dicembre fino a lunedì 6
gennaio. E’ possibile pattinare con i propri
pattini o con dei pattini a noleggio, il prezzo è
di 7 euro, compreso il costo del noleggio, altri-
menti si riduce a 5 euro. Insieme a questa torne-
rà anche la giostra “belle epoque toscana”, nel
lato sud di Piazza Napoleone, e sarà aperta
anche a Capodanno fino a ora tarda.
Aprono anche i mercatini di Natale, realizzati
grazie alla collaborazione fra Comune di
Lucca - Assessorato al commercio e l‘Ascom
confcommercio, dove sarà possibile trovare
oggetti da regalare per ogni tasca. I giorni 7, 8,
21 e 22 dicembre si terrà il mercatino “Natale
nel Medioevo”, principalmente prodotti riguar-
danti l’epoca medievale, con laboratori didattici
ed altro. In Borgo Giannotti si terrà un mercati-
no di prodotti artigianali sabato 14 dicembre, in
Viale Puccini un mercatino dedicato alle calza-
ture e a chincaglierie di vario tipo domenica 15
dicembre; il “Mercatino di Arte e Ingegno” in
via San Paolino, il 12, 13, 14 e 15 dicembre e in
Piazza del Giglio un mercatino di oggetti arti-
gianali il 21, 22, 23 dicembre.
Tornano anche i "Giardini d'Inverno", ovvero
aiuole a tema allestite negli angoli più suggesti-
vi della città con pianticelle, pratini e alberi di
Natale.
Lasciando da parte il Natale e tutti gli eventi
che ne conseguono, il 7 dicembre, presso la
casermetta San Colombano, c’è stata la presen-
tazione del libro “Puccini e Catalani - il princi-
pe reale, il pertichino e l’eredità del Wagner”.
Sabato 30 novembre e domenica 1 dicembre a
Ponte a Moriano si è tenuta la “Fiera di S. An-
sano”, che è culminata il secondo giorno, con i
classici mercatini di prodotti tipici, ma anche
tante altre iniziative, come il mercato di Arti e
Mestieri, una mostra di auto storiche, una foto-
grafica, e nel pomeriggio ci sarà un programma
di divertimento, giochi e animazione per i più
giovani. Dal 23 novembre al 15 dicembre 2013
si tiene a Lucca il nuovo Photolux Festival, un
festival internazionale di fotografia a cadenza
biennale, che dedica la sua prima edizione alle
visioni urbane di grandi fotografi. Lucca si
riempirà di mostre, laboratori e dibattiti nelle
antiche e preziose location del centro storico.
Per tre settimane sarà un luogo di ritrovo per
uno scambio culturale e di formazione. Al
Lu.C.C.A. (Lucca Center of Contemporary
Art), dal 23 novembre al 26 gennaio, si terrà
una mostra intitolata “Alfredo Rapetti Mogol:
RE-WRITING LIVES”, dove verranno esposti i
dipinti del famoso artista, basati su una sorta di
scrittura universale, apparentemente senza logi-
ca; ma che, tramite oggetti di uso informale e
suggestive scelte cromatiche, da’ a ogni oggetto
un significato semplice e primordiale, capace di
abbattere le barriere linguistiche. Aperta dal
martedì alla domenica alle ore 10:00 alle ore
19:00, il prezzo intero è di 9 euro, quello ridotto
di 7 euro. Gratis per tutti i bambini fino a 6
anni.
Detto questo, auguro a tutti delle allegre vacan-
ze, sperando che questa elencazione di eventi
possa esservi stata in qualche modo di aiuto!
Irene Fiorenza IV A LC
NATALE A LUCCA
25
Cronaca Locale
26
Giochi
COME FUNZIONA L’ITALIA
Una società italiana ed una giapponese decisero
di sfidarsi annualmente in una gara di canoa,
con equipaggio di otto uomini. Entrambe le
squadre si allenarono e quando arrivò il giorno
della gara ciascuna squadra era al meglio della
forma, ma i giapponesi vinsero con un vantag-
gio di oltre un chilometro. Dopo la sconfitta il
morale della squadra italiana era a terra. Il top
management decise che si sarebbe dovuto vince-
re l'anno successivo e mise in piedi un gruppo di
progetto per investigare il problema. Il gruppo
di progetto scoprì dopo molte analisi che i giap-
ponesi avevano sette uomini ai remi e uno che
comandava, mentre la squadra italiana aveva un
uomo che remava e sette che comandavano. In
questa situazione di crisi il management dette
una chiara prova di capacità gestionale: ingag-
giò immediatamente una società di consulenza
per investigare la struttura della squadra italiana.
Dopo molti mesi di duro lavoro, gli esperti giun-
sero alla conclusione che nella squadra c'erano
troppe persone a comandare e troppe poche a
remare. Con il supporto del rapporto degli
esperti fu deciso di cambiare immediatamente la
struttura della squadra. Ora ci sarebbero stati
quattro comandanti, due supervisori dei coman-
danti, un capo dei supervisori e uno ai remi.
Inoltre si introdusse una serie di punti per moti-
vare il rematore: "Dobbiamo ampliare il suo
ambito lavorativo e dargli più responsabilità".
L'anno dopo i giapponesi vinsero con un vantag-
gio di due chilometri. La società italiana licen-
ziò immediatamente il rematore a causa degli
scarsi risultati ottenuti sul lavoro, ma nonostante
ciò pagò un bonus al gruppo di comando come
ricompensa per il grande impegno che la squa-
dra aveva dimostrato. La società di consulenza
preparò una nuova analisi, dove si dimostrò che
era stata scelta la giusta tattica, che anche la
motivazione era buona, ma che il materiale usa-
to doveva essere migliorato. Al momento la
società italiana è impegnata a progettare una
nuova canoa.
27
Giochi
Hanno collaborato a questo
numero:
Alessandro Marchetti
Marco Ridolfi
Martina Andreini
Annachiara Bressan
Mia Belen Martinez
Rachele Pellegrini
Simona Fabozzo
Giovanni Giannini
Silvia Giorgetti
Emma Roncaglia
Francesca Dalle Piagge
Iacopo Cotalini
Matteo Anastasio
Matilde Dal Canto
Irene Fiorenza
Seconda copertina: Riccardo Tursi
Copertina e vignette: Marco Ridolfi
Ringraziamenti speciali a
Prof.ssa Visconti Elisabetta
Prof.ssa Batistoni Donatella
Prof.ssa Tocchini Delia
Prof. Galletti Paolo
per la correzione delle bozze
Sig. Stefano Giampaoli
per la collaborazione in fase di
impaginazione
Sig. Giorgio Macchiarini
per la stampa del giornalino
30
Ringraziamenti
Per contattarci
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chiavelli Espresso Redazio-
ne
Email: gazzettascolasti-