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PM di giugno 2011

Date post: 12-Mar-2016
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Il nuovo numero del PM in anteprima!
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ANNO 85 • n° 987 • € 3,00 • Poste Italiane s.p.a. • sped. in a.p. • D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 1, DCB VERONA il piccolo missionario giugno 2011 - n. 6 I li di DL 353/2003 ( i L 27/02/2004 ° 46) 1 1 DCB VERONA
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KataboomContro le A.D.M.

(Armi di Distrazione di Massa)

Giu 2011

GG iusto un anno fa avevo scritto su que-sta stessa rubrica un piccolo commen-to mio ad un grande problema che inte-

ressa tutti: quello dell’acqua. Si trattava, allora, di prendere coscienza sul fatto che questa pre-ziosissima risorsa venisse considerata un bene accessibile a tutti e non una merce per arricchi-re i soliti furbi e approfi ttatori.Ebbene, un anno dopo ritorno sull’argomento lanciando a tutti voi un forte, chiaro e caloroso invito: il prossimo 12 giugno accompagnate mamma, papà, sorelle e fratelli maggiori di 18 anni, zii, nonni e parenti a votare SÌ al referen-dum sull’acqua. Dite loro di non essere pigri e di non farsi distrarre dal bel tempo, dall’aria di vacanze che già si respira o dalla voglia di anda-re in spiaggia. Per una volta il mare può aspet-tare qualche ora: l’importante è che almeno 25 milioni di italiani e italiane prendano in mano la scheda e segnino con una bella croce i due SÌ stampati sopra.

Rinfresco la memoria a chi andrà a votare.Si vota SÌ:• per dire no a due leggi che vanno contro il

bene dei cittadini; per fermare la privatizza-zione dell’acqua potabile in Italia e impedire che si facciano affari con un bene che appar-tiene a tutti e non a poche società o imprese multinazionali;

• per ricordare a grandi e piccoli che “l’acqua non si vende” ed è un diritto umano univer-sale, tanto importante come la libertà, la de-mocrazia, la giustizia;

• per non dimenticare che in molti Paesi europei (vedi Francia e Germania) dove il servizio idri-co è fi nito nelle mani dei privati, si sono avute bollette più care, scarsità d’acqua e problemi nella distribuzione e nella qualità.

L’acqua deve rimanere un bene pubblico? SÌ, vi dico, due volte SÌ! Scrivetevelo bene in testa e poi sulla scheda, mi raccomando!

Tutti a votare sì

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Attualità a cura di p. Elio Boscaini

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UNHCR: è l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (United Nations High Com-missioner for Refugees ). Creata nel 1950, cominciò ad operare il 1° gennaio 1951, in favore di chi, per vari motivi, fugge o viene espulso dal proprio Paese e cerca ospitalità in un Paese straniero

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Piccolo rifugiato in un campo

del Nordafrica

20 giugno: Giornata mondiale del rifugiato

ÈÈ dal 2001 che il 20 giugno si ce-lebra la Giornata mondiale del rifugiato. Con una risoluzione

adottata all’unanimità, l’Assemblea generale delle nazioni Unite aveva de-ciso nel 2000 di dedicare una giornata mondiale ai rifugiati, con l’obiettivo di riaffermare i diritti dei milioni di per-sone che fuggono dal proprio paese in cerca di protezione e dell’impegno di governi e cittadini nell’accoglienza nei loro confronti.Sono molte le organizzazioni schie-rate a fi anco dei rifugiati, in particola-re l’Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), con sede a Ginevra, in Svizzera, che si occupa

di milioni di rifugiati e di altre perso-ne in diffi coltà bisognose nel mondo. La data del 20 giugno è stata scelta perché coincide con la data in cui si celebra la Giornata africana del ri-fugiato. È l’Africa, infatti, che ospita il numero maggiore di rifugiati e dimo-stra tradizionalmente estrema gene-rosità nei loro confronti. Per noi italiani il problema dei rifugiati è tornato d’attualità con gli sbarchi, so-prattutto a Lampedusa, di immigrati provenienti soprattutto da Tunisia e Libia o fuggiti da altri paesi afri-cani, in particolare Eritrea e So-malia. Puntualmente ci siamo divisi fra chi vuole gli immigra-ti, appellandosi alla solidarietà e chi gli immigrati proprio non li vuole, azzerando il dovere di solidarietà che dovrebbe distinguerci in quanto popo-

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Giu 2011

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Dall’inferno del proprio paese

al limbo dei campi

carestie, fame, guerre, disastri naturali, violen-za generalizzata contro la popolazione. L’Alto commissariato Onu per i rifugiati parla di oltre 67 milioni di persone in fuga da conflitti armati, persecuzioni etniche e religiose, dalla dittatura e dagli arresti arbitrari. E di questi, l’80% si trova nei Paesi del Sud del mondo.

Nonostante l’alto nume-ro di rifugiati presenti in paesi come Germania (600mila) o Regno Unito (circa 300mila), in Europa sta maturando un’interpre-tazione sempre più restritti-

lo che ha avuto, in poco più di un secolo, milioni di emigrati in fuga dalla povertà in ogni parte del mondo.Nel nostro Paese, dove il diritto d’asilo è garan-tito dalla nostra Costi-tuzione, c’è un rifugiato ogni 1500 abitanti. Lo scorso anno l’Italia ha accolto soltanto 7mila richieste d’asilo, contro le 40mila della Francia e della Germa-nia o le 30mila della Svezia.

IN FUGA DALLA POVERTà

Noi italiani abbiamo, forse, scarsa consapevolezza di che cosa signifi chi essere un rifugiato, lasciare il proprio Paese per cercare un lavoro o fuggi-re perché si è stati oggetto di violen-ze, torture, oppressioni. Si fugge per paura di essere uccisi e per sottrar-si a persecuzio-ni politiche, per motivi rel igiosi, di appartenenza etnica o razziale. Ma sempre più si cerca riparo da

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La protesta di rifugiati sudanesi

in LibiaDIRITTO D’ASILO: «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Co-stituzione italiana, ha diritto d’asi-lo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dal-la legge» (articolo 10, comma 3)

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FORTEZZA EUROPA: Dal 1988 all’aprile 2011 almeno 16.265 giovani sono morti nel tentativo di entrare nella “fortezza Euro-pa”. Oltre alle migliaia di perso-ne morte annegate nella “fossa comune” del Mar Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico, sono stati 1703 i profughi che hanno perso la vita nel Sahara; 398 an-negati nei fi umi dell’Est Europa; 367 morti in incidenti stradali o nei TIR; 114 i morti di freddo nei valichi di montagna

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In viaggio verso il futuro: l’Europa

Sulle spiagge di Lampedusa si infrange il sogno

va del rispetto del diritto d’asilo. Forse anche per questo il nostro governo ha litigato con Francia e Germania riguar-do l’ultima ondata di immigrati. L’Eu-ropa rischia di vedere i propri confi ni o il mare nostrum trasformarsi in linee di respingimento e cimitero per tanti po-veracci, sebbene tra i principi conte-nuti nella Convenzione di Ginevra del 1951, ci sia il divieto di espellere o di rimandare indietro i rifugiati in territo-ri dove le loro vite e libertà sarebbero minacciate per varie ragioni.

PORTANDO RICCHEZZA

Attualmente sono meno di 50mila i rifugiati in Italia con diritto d’asilo. I principali paesi di origine dei richie-denti asilo in questi ultimi anni sono stati nell’ordine: Nigeria, Somalia, Eri-trea, Afghanistan e Costa d’Avorio. Dei rifugiati non bisogna aver pau-ra, perché, di solito, sono persone di notevole creatività, che portano con sé una grande reputazione o la con-quistano nel paese di accoglienza. L’esperienza, poi, viene a dimostra-re che, dal punto di vista economico e culturale, essi creano più ricchez-

za di quanta ne consumino. Qualche nome di rifugiati famosi, ossia di per-sone che hanno svolto un ruolo ecce-zionale per talento, esperienza o ricerca e sono entrati a pieno diritto nella storia della società che li ha accolti? Albert Ein-stein, Victor Hugo, Giusep-pe Garibaldi, Enrico Fermi, il Dalai Lama e molti altri. Vuoi scommettere che a contare sui rifugiati, ci guadagniamo tutti?

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Giu 2011

La lotta per la libertà del popolo del Sahara Occidentale

“V“V oi occidentali pensate che il deserto sia solo sabbia, sole e morte. E invece vi

sbagliate. Per noi che da secoli vivia-mo qui, il deserto è la nostra terra, la nostra vita!”.Rimango di stucco nel sentire le deci-se parole di Brahim Ameidan, ado-lescente 14nne sahrawi. E mi chiedo come possa un ragazzo così giovane avere tanta consapevolezza e chia-rezza di idee riguardo la situazione che il suo popolo sta vivendo.

Un paese diviso Brahim appartiene ad una famiglia sahrawi che per anni è stata duramen-

te colpita da violenza, povertà e discri-minazione. Una situazione insoste-nibile, iniziata nel 1976, anno in cui la Spagna abbandona la sua colonia del Sahara Occidentale (vedi box 1) nelle mani del Marocco. “I miei nonni, mio padre, i miei zii e tutti i parenti più an-ziani della nostra famiglia hanno par-tecipato attivamente alla nascita del Fronte Polisario, il movimento che nel febbraio di quello stesso anno procla-mò l’indipendenza della Repubblica araba sahrawi democratica (Rasd). Da allora viviamo in una terra invasa dai militari di un altro stato, oppressi nel nostro stesso territorio, diviso da un muro (vedi box 2) di sabbia e di odio che spacca il deserto”.

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Bambine sahrawi

a cura di

Pablo Sartori

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Nonostante gli accordi del 1988 per un piano di pace tra Marocco e Polisa-rio e la missione delle forze dell’ONU che dal 1991 monitorano l’area per il cessate il fuoco, il popolo sahrawi è disgregato in un territorio controllato ad ovest dal Marocco, che continua ad amministrare i territori occupati come una sua colonia, e ad est dal Fronte Polisario, il governo sahrawi in esilio nelle tendopoli attorno a Tin-douf (Algeria). Una divisione fonte di dolore e sofferenza per una popola-zione – il Sahara Occidentale è l’ulti-ma colonia del continente africano – che da decenni soffre la durissima repressione di qualsiasi attività poli-tica, economica e culturale da parte della nazione marocchina.

Il vero problema“Sai qual è il vero nocciolo del proble-ma?”. Le parole di Brahim anticipano ciò che già sospettavo: le ricchezze naturali del deserto. Tutti sanno che il Sahara Occidentale dipende eco-

Campo profughi sahrawi in Algeria

Campo profughi di

El Aaiun (Sahara

Occidentale - Algeria)

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Unomicamente dal Marocco, il quale importa gli alimenti e le risorse ener-getiche di cui la gente del deserto ha bisogno. In più controlla le attività lo-cali come la pastorizia nomade (cam-melli, capre e pecore), la coltivazione delle palme da dattero nelle oasi e so-prattutto la ricca pesca nell’oceano. “Nella ‘zona liberata’ noi sahrawi la-voriamo come commercianti e pasto-ri di dromedari, sotto il pericolo co-stante di morire pestando una mina” ricorda Brahim.

Ad ovest del deserto

I l Sahara Occidentale (266.000 km2 di superfi cie) si

trova sulla costa atlantica dell’Africa del Nord, tra il

Marocco e la Mauritania. Il territorio, che comprende

la parte occidentale del deserto del Sahara, è pianeg-

giante e sabbioso a ovest, collinoso e roccioso a est.

Contrariamente a quanto si possa pensare, il Sahara

Occidentale è un paese ricco di fl ora e fauna, in cui gli

abitanti riescono a vivere di agricoltura, allevamento

e caccia. Il territorio è per due terzi sotto occupazio-

ne del Marocco, mentre il rimanente terzo è conside-

rato “liberato” dal Fronte Polisario. Gli abitanti sono

530.400, di cui 165.000 profughi in Algeria.

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Giu 2011

Ma il vero business del Sahara si chia-mano “fosfati”. “Pensa – continua il ragazzo – qui noi abbiamo i più grandi giacimenti di fosfati al mondo; la più vasta miniera del pianeta, che copre una superfi cie di 250 chilometri qua-drati, ed è collegata al mare con un

Il muro nel deserto

N el deserto il Marocco ha co-struito una serie di 8 muri che corrono da nord a sud del terri-torio in questione. La lunghezza totale di una simile barriera è di 2720 km, controllata da una posta-zione militare ogni 5 km, da un ra-dar ogni 15 e da un’infi nità di bun-ker, fossati e milioni di mine.

nastro trasportatore lungo 99 chilo-metri”. E poi, aggiungo io, ci sono im-portanti riserve di petrolio e gas, ma soprattutto – e non è una sciocchezza – sole ed acqua. Il sole alimenta già gli impianti solari dei campi profughi sahrawi in Algeria, dove viene svilup-pata un’importante tecnologia indi-

spensabile all’econo-m ia de l l a futura na-zione indi-penden te del popolo del deserto. E l ’acqua p o t a b i l e , presente in abbondanti quantità in una de l l e più estese

falde freatiche al mondo, attende di emergere nei numerosi pozzi, laghi e bacini che rendono verde il deserto.Così pure il popolo sahrawi attende da anni un referendum che proclami l’indipendenza defi nitiva del Sahara Occidentale, la fi ne dell’occupazione marocchina e la caduta del muro di silenzio della comunità internaziona-le che, per interesse, sembra essersi dimenticata delle drammatiche con-dizioni di vita dei fi gli del deserto.

Danza per la libertà

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Zoom a cura di Antonio Romero

Quando il sole “muore” Quando il sole “muore” e nasce san Giovannie nasce san Giovanni

DD a tempi immemorabili, la notte che precede il 24 giugno è considerata “particolare” e ma-gica, paragonabile, per importanza e fascino,

alla notte di Capodanno o a quella della vigilia di Nata-le. Una notte da sempre vissuta dagli uomini come un intreccio di forze ed energie in parte conosciute, che incutono paure e timori da sconfi ggere o dominare.Per i popoli precristiani, questa notte era collega-ta ai culti solari che celebravano il solstizio d’estate, nel passaggio tra il 21 e il 22 giugno. Festa del fuoco, elemento in cui si bruciavano le cose vecchie o marce;

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dei falò che allontanano le tenebre e gli spiriti cattivi e “danno forza” al sole che, a partire da quella data, diventa sempre più “debole” nell’accorciar-si dei giorni fi no al solstizio d’inverno. Notte di incantesimi, scongiuri e ora-coli, per assicurarsi un futuro sere-no e gioioso, nella speranza di avere cibo, denaro e salute in abbondanza. A questo scopo, si richiamano gli stra-ordinari poteri non solo della luce e del fuoco, ma anche quelli delle acque, della terra e dei suoi raccolti, della ru-giada, dei fi ori e delle erbe. L’artemi-sia, l’arnica, le rosse bacche del ribes, l’erica, il fi ore della felce, aglio, cipolla, menta, rosmarino, vischio, sambuco,

noci e iperico: rimedi naturali per il corpo e, per chi ci crede, an-che per lo spirito, pro-tetto da ogni forma di male psicologico ed interiore.

La Notte MagicaLa Notte Magica

L’ERBA DI SAN GIOVANNI

L’ iperico è detto anche “erba di San Giovan-

ni”, una piantina perenne dai bei fi ori gialli che sfrega-ti tra le dita emettono un se-crezione che colora la mani di rosso e perciò viene detta anche “sangue di San Gio-vanni”, versato al momento della decapitazione.

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La magica pianta dell’iperico, detta

“erba di san Giovanni” o “scacciadiavoli”

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Giu 2011

GIOVANNI IL BATTEZZATORE

In una notte così speciale (per durata di tempo è anche la più breve di tutto l’anno…) non poteva mancare l’elemento cristiano che “santifi ca” gli aspetti pagani e tradizionali di questa importante data. Ecco allora che qualche giorno dopo il solstizio d’estate, il calendario liturgico della Chiesa latina celebra il “natale” di san Giovanni Battista. Sei mesi prima della nascita di Gesù, a ridosso del solstizio d’inver-no, la tradizione cristiana colloca la nascita del cugino Gio-vanni (il precursore, “colui che precede”) in prossimità di un’altra festa del sole pa-gana, il solstizio estivo.Il Battista ha avuto l’onore di essere stato defi nito dallo stesso Gesù: “Il più grande tra i nati da donna”. Una fama ben merita-ta da questo profeta austero di 2000 anni fa che si nutriva di radici, erbe e miele sel-vatico, che vestiva poco eleganti pelli di cammello e che purifi cava le anime e i cor-pi con le acque del battesimo, diventato il modello per una vita più semplice, gene-rosa e legata ai ritmi della natura. Come re-

cita questa antica preghiera della Val-sesia (regione Piemonte) invocata alla vigilia del 24 giugno: “Dio onnipotente ed eterno, che hai santifi cato nell’ute-ro di tua madre il beato Giovanni Bat-tista e nel deserto hai voluto nutrirlo di erbe, di radici e di locuste silvestri, degnati di benedire questi rami, i fi ori e le nuove biade, i frutti e le erbe che la gente raccoglie, affi nché siano una medicina per tutte le anime e per i cor-pi e abbiano potere contro le tenebre, le nubi e le malignità delle tempeste e contro le incursioni dei demoni…”.Una notte che continua ad affasci-nare milioni e milioni di persone in ogni parte del mondo, sia in Euro-pa (Italia, Spagna, Portogallo, Ger-mania, Finlandia, Svezia, Norvegia, Regno Unito) come in America (Bra-sile, Cile, Perù, Venezuela, Colom-bia). Radunate attorno ad un fuo-co, sulle rive del mare o di un fiume, rivivono la magia dell’eterna lotta contro il male, nella speranza che venga defi nitivamente sconfi tto dal-la forza dell’unione e dell’amore tra gli uomini.

La Notte Magica

Il paese di Monterosso Almo (RG) festeggia san Giovanni Battista

I cittadini di Alicante (Spagna) con gli abiti tradizionali per la “fi esta de san Juan” S

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1Miss Italia 1�

Art. 5 - La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.

N el mese di marzo, i l g io rno 17, abb iamo festeggiato i 150 an-ni dell’Unità d’Italia;

infatti in quel giorno, nel 1861 venne proclamato i l” Regno d’Italia”. In realtà l’Italia nasce come “al-largamento” del regno di Sarde-gna e quindi per volontà di un re (Vittorio Emanuele) non per vo-lontà democratica del popolo. Se questo non si può contesta-re perché fa parte della storia, bisogna dire che l’Italia si è poi unita nel tempo: con le lotte per i diritti dei lavoratori a fine ‘800, con la resistenza al fascismo, con la lotta dei partigiani, con la scelta della Repubblica al posto della monarchia e con la stesura della nostra Costituzione.

IL PLURALE DI CITTADINO?

IL PLURALE DI NAZIONE?

IL PLURALE DI ITALIA?

CITTADINI

NAZIONI

NON ESISTE!

per una sana e robusta costituzione

A cura di Marco Braggion e Claudio Bighignoli

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• La maggior parte degli Italiani ha fi ducia nel Presidente della Repubblica perché garantisce l’unità di tutti gli italiani.

• Durante la festa del 17 Marzo molte persone hanno appeso la bandiera italiana ai balconi.

• Molti scienziati italiani all’estero sono orgogliosi del loro Paese, anche se sono costretti ad uscire per lavorare

• Quasi tutti gli italiani sono orgogliosi di cantare il proprio inno nazionale.

• Restando unita l’Italia repubblicana ha ridotto moltissimo la povertà dei suoi cittadini.

LAVORO ALL’ESTERO MA RESTO ITALIANO...

17 MARZO... FACCIAMOLE PRENDERE UN PO’ D’ARIA...

robusta costituzione

Page 13: PM di giugno 2011

• Ci sono persone che vorrebbero dividere l’Italia solo per non spendere soldi per aiutare i più poveri.

• Il 17 marzo il partito della Lega Nord in molte parti d’Italia si è rifi utato di ascoltare l’inno nazionale.

• Purtroppo negli ultimi anni il Governo non è riuscito a garantire alle regioni del Sud lo stesso livello di servizi di quelle del Nord.

• C’è disuguaglianza tra le Regioni nel garantire lo stesso livello di cure mediche a tutti i cittadini.

• Ci sono persone di alcune Regioni che alimentano l’odio verso persone di altre Regioni.

NOI L’INNO NON LO CANTIAMO...

... ANCHE PERCHÉ NON LO SAPPIAMO...

E TU DOVE VAI DI BELLO?

A GENOVA. È UN’OTTIMA CITTÀ PER OPERARSI DI APPENDICITE...

... ‘STI POVERI. SEMPRE A CHIEDERE SOLDI...

... PER FORZA. NON SI ACCONTENTANO DI QUELLO CHE

HANNO... BAH, BUONANOTTE!

debole costituzione

Page 14: PM di giugno 2011

Per questi e per tanti altri motivi, oggi l’unità della Repubblica è un principio fondamentale del nostro Paese come l’uguaglianza, la solidarietà che ab-biamo approfondito nei mesi scorsi. Chi non riconosce il principio dell’Uni-tà d’Italia va contro la Costituzione.L’articolo ci dice poi che “vengono ri-conosciute e promosse le autonomie locali”, cosa significa? Significa che non siamo tutti uguali, che ci sono delle regioni del nostro paese dove si parlano altre lingue oltre all’italiano, dove ci sono alcune usanze diver-se; ma la diversità, lo vediamo an-che nelle nostre scuole, deve essere sempre e lo è, una ricchezza, perché l’incontro con persone diverse da noi ci dona sempre qualcosa che non avevamo prima. Lo Stato dunque ri-conosce le diversità ma le vuole unire sotto un’unica bandiera, quella ver-de, bianco, rossa dell’Italia trasfor-mandole in ricchezza per tutti.

Poi si parla del decentramento am-ministrativo che vuol dire semplice-mente che lo Stato per essere vicino ai suoi cittadini ha bisogno di ave-re degli organi presenti in giro per il paese: i Comuni, le Province e le Re-gioni sono un esempio: danno servizi pubblici ed essendo più vicine ai cit-tadini conoscono di più i loro problemi potendo così dare soluzioni migliori per soddisfare i loro bisogni. Poi ci sono uf fici sparsi in tutte le province per le tasse, per controllare meglio che tutti le paghino, abbiamo uffici di polizia e carabinieri, per dare sicurezza ai cittadini e garantire il ri-spetto della legge e così via. Per fare tutto questo lo Stato deve “adeguare i principi ed i metodi della sua legi-slazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento” che in poche parole significa fare delle leggi che vadano incontro ai bisogni diversi dei vari territori della nostra Italia, perché problemi diversi hanno bisogno di so-luzioni diverse.

PoPooi i si p pparlaa ddel dedeeeececc ntntrarrrrrrrr mementttttn o o amamammmmmmmmm---mim nin stttraratitivovovo c ccheheheehh v vvuouooll didiireree sssemememplplp icici e-e-

COSA FA UN SINDACO?

FA DA PONTE FRASTATO E CITTADINI!

MACCHÉ UNITÀ D’ITALIA, MACCHÉ COSTITUZIONE...

... A PROPOSITO, COS’È LA

COSTITUZIONE?

Page 15: PM di giugno 2011

Chasqui

EE ra il 10 febbraio del 2000.

Quel giorno più di 15mila

indigeni di buon mattino

erano scesi dalle montagne del

Chiapas ed avevano invaso paci-

fi camente la città di San Cristobal

de las Casas per salutarmi. Qual-

che giorno prima, il 25 gennaio,

avevo festeggiato i 40 anni (dal

1959 al 1999) come vescovo in

quella che era da tutti conside-

rata la diocesi più “indigena”

di tutto il Messico. Arrivaro-

no i maya alla città “meticcia”

dai quattro punti cardinali,

vestiti con i loro coloratissimi

abiti delle grandi occasioni,

per esprimere il loro profondo

affetto verso di me, Tatic – pa-

dre, in lingua maya – Samuel,

che me ne andavo in pensione.

All’alba di quello stesso gior-

no padre Clodomiro Siller ave-

va aperto l’antico libro Tonal

pohuali per consultare il calen-

dario maya e conoscere i segni

(lo spazio e il tempo) della mia

giornata in qualità di festeggiato.

La data che ne uscì fu il 12 fi ore.

Il numero dodici formato da 3 per

4. Il quattro rappresenta la totalità

cosmica, il tre la mediazione del

vento, l’elemento tra cielo e terra.

L’abito da indossare in una giornata

come quella era il quetzal, lo splen-

dido uccello sacro dalle piume verdi

che non può restare imprigionato in

una gabbia: per questo lo chiamano l’

”uccello della libertà”. Per le migliaia

di indios maya presenti quella mattina

il segno fu chiarissimo: io, Samuel, ero il

mediatore, l’indomabile lottatore per la

libertà.

al

Tatic samuelTatic samuel

Page 16: PM di giugno 2011

Non era ancora suonata la campana del mezzogiorno,

quando feci il mio ingresso solenne in cattedrale por-

tando la bandiera del Jcanan Lum (protettore e guida

del popolo) che mi avevano regalato i popoli maya

della mia diocesi. Ero accompagnato da 13 anzia-

ni considerati i “saggi”, in rappresentanza delle

sette zone pastorali della diocesi.

Subito dopo iniziò la preghiera e la liturgia

in quattro differenti lingue maya (tzotzil,

ch’ol, tzeltal, tojolabal), in inglese e spa-

gnolo. Il popolo presente pregò per

me e per tutti quei catechisti e ani-

matori perseguitati, incarcerati e

uccisi. Pregammo anche per i “mi-

litari e i poliziotti che devono ese-

guire gli ordini, affi nché non si

accaniscano contro i loro stessi

fratelli”. In quel momento mi

ricordai del vescovo del Sal-

vador Oscar Romero quan-

do, pochi giorni prima di

essere assassinato da un

gruppo paramilitare, ebbe

il coraggio di implorare i

soldati con queste parole:

“Nel nome di Dio, vi chiedo,

vi ordino di porre fi ne alla re-

pressione!”.

Dopo molti anni ho capito che la mia vera missione pastorale era quella di rivalutare la ricchezza e i diritti delle culture indigene. All’inizio ero come un pesce che dorme con gli occhi aperti...

avevo gli occhi aperti, ma non vedevo la realtà... Vedevo gente pove-

ra, chiese piene, gente che cantava; sentivo che c’era una dimensione di

religiosità straordinaria... Ma un giorno mi riferirono che avevano tenuto un

indigeno legato a un albero e lo avevano punito, fustigandolo, proprio mentre

ero in visita in quel luogo... Se due bambini, uno grasso e l’altro magro, giocano sull’altalena a bilancia,

questa non si muove. Uno resterà fermo in alto e l’altro in basso e nessuno si diver-

tirà. E a nulla servirà che il mediatore si metta nel centro, ad equa distanza, sul per-

no della bilancia. Dovrà invece mettersi dalla parte del bimbo magro, alla “giusta”

distanza: allora sì, l’altalena si muoverà ed entrambi saranno felici. Nella mia vita ho capito che i poveri devono esistere affi nché possano esistere i

ricchi, e che il primo mondo esiste soltanto perché esiste il terzo. Non ci sono nemici, sono tutti amici: alcuni buoni e alcuni cattivi “Tatic, lascia qui due terzi del tuo spirito!” (Eliseo, amico di mons. Samuel).

verricche

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Parlane con ...PADOVAp. Daniele: [email protected]. Lorena: [email protected]

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Samuel Ruiz García, già vescovo di San Cristobal de las Casas, è morto il 24 genna-

io 2011, all’età di 86 anni. Figlio

di due immigrati illegali messicani negli

USA, a soli 35 anni di età fu nominato ve-

scovo e posto alla guida della diocesi che

fu del suo illustre predecessore del 1500

Fra Bartolomé de las Casas. Fin dagli

inizi della sua missione, si schierò decisa-

mente a fi anco delle popolazioni indige-

ne sfruttate e discriminate dai proprietari

terrieri e dalle forze dello stato messica-

no. Per il popolo povero del Chiapas don

Samuel divenne così il fratello, l’amico

“caminante” instancabile, il costruttore di

pace che ha saputo fare da mediatore tra

le parti che si affrontavano pensando di

risolvere i confl itti con le armi. Criticato e

avversato dai ricchi e dai potenti che non

gli perdonavano di “aver fatto alzare la

testa agli indios”, questo vescovo corag-

gioso fu nominato dai poveri loro “porta-

voce a vita”, esempio per tutti quelli che

“lottano per un mondo terreno più giusto,

più libero, più democratico, ossia per un

mondo migliore.” (da un comunicato del

Comando dell’Esercito zapatista di libe-

razione nazionale – EZLN – del Mes-

sico). Un mondo dove tutti siamo

chiamati a prendere posizione a

favore degli ultimi e di chi è in

diffi coltà.

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